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Full text of "L'Alessiade di Anna Comnena Porfirogenita Cesarea 1"

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L'ALESSIADE DI 
ANNA COMNENA 
PORFIROGENITA 

CESAREA: 1 




m 

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COLLANA 

DEGLI 

ANTICHI STORICI GRECI 

VOLGARIZZATI. 



I 



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-J 



COLLANA 



DEGLI 



ANTICHI STORICI GRECI 



VOLGARIZZATI. 



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: 1 



uiginze 



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I 



V ALESSIADE 



ANNA COMNENA 

I 

PORFIROGENITA CESAREA 

TRADOTTA 

PER LA PRIMA VOLTA NELLA ITALIANA LINGUA ' 



DA 



GIUSEPPE ROSSI 



TOMO PRIMO. 



5/,'V ■-' 




H*ANO 

DALLA STAMPERIA DI PAOLO ANDRBA MOLINA 
in Contrada dell'Agnello, N. «63 

1846. . 



I 



4 * 



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I 



PROLOGO 



I. Jl tempo irreparabilmente passando con 
sempre vigoroso discorrimento, porta, sconvolge 
e trascina seco, vincitore d'ogni indugio ed osta- 
colo, dal nascer loro tutte le cose, e mette in ob- 
blió\ senza distinzione, così lè meno come le più 
meritevoli di memoria, sospingendole in mortifero 
gorgo a sommersione; e con volubile ed incon- 
stante varianza (giusta la tragedia (i)) ora dalle 
tenebre sviluppa le ignote, ed ora avviluppavi le 
sapute da prima. Se non che la istoria, qual mole 
d'insuperabile fortezza, gli contrasta, non dirò già 
arrestandone il precipitoso corso, ma certamente 
impedendo che molte delle geste avvenute in esso 



(i) Sofocle - Aiace flag. 

Aura Commina. i 



i PROLOGO. 

i 

cadano in dimenticanza; sceltene pertanto alcune, 
ordinate e scritte, fa sì che non profondino nel 
leteo gorgo. 

II. Tali pensieri nella mia mente ravvolgendo 
io Anna, figlia degli imperanti Alessio ed Irene, 
nata e cresciuta nel Porpora (i), non ignara di 
lettere, e pervenuta con intenso studio ad impos- 
sessarmi della greca favella, ne affatto manche- 
vole de* rettorici ammaestramenti; versata di più 
nelle Aristoteliche arti in uno co' dialoghi Plato- 
nici, e non priva di alcuna delle quattro discipline 
onde sogliono elegantemente ornarsi le menti degli 
addottrinati (con buona venia siami accordato di 
così parlare, forse con soverchia arroganza, di me 
stessa e di facultadi, che derivatemi comunque o 
dal talento, o dallo studio, o dal favore del Nume, 
o da propizia ventura, pure non indarno in me 
riunironsi perchè potessi compilare e trasmettere 
alla posterità questa narrazione), ho deliberato di 
rendere pubbliche le geste del mio genitore, nè 
sok> quelle che, di già in trono, sotto de* proprj 
auspicj avvennero, ma le operate ben anche da. 
lui prima di porsi il diadema, e solo annuendo 

(i) {Uoftpvfx), Appartamento nelT imperiale palazzo desti- 
nato ai parti delie imperatrici. V. Conslantino Manasse nel 
Cronico. 



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PROLOGO. - , v ^3 

agli altri Principi, entrambe per verità immerite- 
voli di essere condannate al silenzio, e trasportate 
dalla corrente del tempo nel pelago dell' obblio. 
Scevera poi da ogni brama o speranza di osten- 
tare dottrina , solo funami di eccitamento a cosif- 
fatta impresa la brama di trasmettere alle genti 
future avvenimenti che in cotanto numero e di 
così varia natura concorsero ad ordire la vita 
di mio padre, nell'una e nell'altra fortuna spet- 
tatissimo personaggio; le cui opere e vicende ap- 
palesaronlo esperto non meno del comandare che 
dell'obbedire, fin dove sia lecito e necessario, ai 
comandanti. Che se queste cose e le altrettali co- 
munque non sieno ricordate dalle testimonianze 
degli scrittori vanno senza più smarrite infra le 
tenebre del silenzio. 

III. Per altro negli stessi esordj d'una così 
ardua impresa ed esposta alle spiacevolezze di con- 
trarie accuse , destasi in me la tema che nel nar- 
rare le imprese di mio padre al produrne di com- 
mendevoli non siavi chi reputi quanto dico ma- 
dornali menzogne, oltraggio alla verità, amore 
della domestica e propria gloria ; ed e converso 
se l'argomento mi porterà talora a rammentarne 
un che men degno di approvazione, abbianvi spi- 
riti inchinevoli alla maldicenza, i quali mi rinfac- 



• 



4 „ PROLOGO, 
ci no T esempio di Cam, figlio di Noè, propagatore 
della paterna sconvenevolezza (i). Se non che a ri- ». 
paro di cosiffatte insidie tesemi da ambe le parti pro- 
cederò con animo predisposto, e compatendo alle 
cieche menti l'impotenza di scernere infra il retto 
ed il turpe, e quel discorrer loro, tratte da invi- 
dia o brama di biasimare, coll'eguale precipitanza 
ogni argomento, ed aggravare di colpa, come dice 
Omero (2), gl'innocenti petti, mi terrò, a fe mia, 
entro i limili della storica professione, da cui 
viene interdetto sdegno o favore a chi procaccia 
di tramandare alla posterità colie lettere la me- 
moria delle cose operate, e comandato di essere ■ 
giusto dispensatore di biasimi ed encomj anche 
grandissimi verso de' meritevoli, e nullamente ar- 
rendevole all' amicizia ed alla consanguineità, alle 
nimicizie ed agli odj. 

IV. Laonde esorto i nemici a sperare ed i 
cittadini e gli amici a temere, promettendo trat- 
tare ognuno di essi a norma di quanto egli operò 
o rettamente, o in contrario modo. Esorto poi en- 
trambi, così quelli che dovrò offendere, perchè 
meritevoli di riprensione , come gli altri , v quali 



(i) V. Genesi, c. 9, y. 9. 
(a) Iliade, <T ?» 653. 

► 

1 

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s 

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PROLOGO. 5 
meco sì concilieranno allettati forse dalle com- 
mendazioni , di non trarre motivo di letizia o di 
lamentele anzi dal mio giudizio che dalla verità e 
fedeltà dell'esposto. Ne addosso di me chiosatrice 
d' una pubblica rimembranza, sotto la censura di 
testimoni oculari , parte de' quali esistono tutta- 
via, e parte furono de' viventi o -genitori o insti- 
lutori od avi, e fornita di valide pruove in con- 
ferma di quanto asserisco, opinino doversi versare 
la colpa di questa o quella piega che prenderà la 
mia narrazione, rispondente appuntino alla verità 
delle narrate geste. 

V. Ora m' è uopo manifestare per quale con- 
giuntura sienmi pervenute le più esatte notizie delle 
paterne imprese. Io ebbi a marito legittimo, Ni- 
ceforo Cesare, la cui schiatta retrocede infino ai 
Brienj, uomo ben superiore ad ogni altro de' suoi 
tempi e per venustà di forme, e per somma pru- 
denza, e per affinamento di dottrina , apparendo 
un vero prodigio a tutti coloro cui era da»o il ve- 
derlo ed ascoltarlo. Ma per non soverchiamente 
digredire torniamo a bomba. 

VI. Questi, sopra ogni altro chiarissimo, pre- 
stando i suoi militari servigi a Giovanni Augusto, 
mio fratello, in più guerre contro ai barbari, come 
pure in quella contro l'antiocheno presidio, e 



6 PROLOGO, 
mal comportando infra le guerresche fatiche stes- 
se di abbandonare le lettere , alla farragine di 
sue cure aggiugneva, come e quando venivagli da 
loro accordato, quella di far commenti; e di que- 
sto modo condusse a termine molte opere meri- 
tevoli d' encomj e di pubblicazione; ma principal- 
mente, animato dall'Augusta, si diede a scrivere 
le gesta di mio padre Alessio imperatore devo- 
niani. Allorché dunque le militari faccende ac- 
cordavangli un qualche agio e riposo e' dedica- 
vaio con fermo proposito a comporre diligente- 
mente i libri clve doveano serbare la memoria 
delle cose operale da Alessio, ed in ispecie di 
quelle eseguite da lui già in trono. Egli pertanto 
esordisce la sua narrazione dall'età di Diogene im- 
peratore de' Romani, giusta la domanda e il con- 
siglio avuto dalla nostra Augusta e, tenendo die- 
tro ai correre degli anni , si porta col suo dire a 
colui, che in ispezieltà erasi proposto di cele- 
brare. 

VII. E di vero imperante Diogene cominciò 
a svilupparsi l'ottima indole del mio genitore, a 
que' dì appena entrato nelT adolescenza , prima 
della quale età, se non vogliamo abusare del ripo- 
so e dello stilo commentando inezie e fanciul- 
laggini, va privo l'uomo di quanto può innalzarlo 



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PROLOGO. 7 
di maniera che sia grandemente celebrato. Tan- 
to egli si propose ad argomento e tema del suo 
scrivere; ma di tali speranze diedero in secco, 
non avendo potato condurre a termine tutto il 
divisato lavoro; conciossiachè giunto colla sua 
narrazione ai tempi dell'imperatore Niceforo Bo- 
taniato mancò ai vivi con grave danno della isto- 
ria e de* lettori , prive rimanendosi quelle geste 
della luce grandissima che acquistar potevano dal- 
l' ingegno di lui, e venendo meno il diletto che 
dallo svolgere l'eruditissima opera le addottrinate 
menti prendean giustamente fiducia di conseguire. 
Poiché tutti coloro cui fu dato l'assaporarne il 
pregio, leggendo brani di qualunque suo opu- 
scolo, di buon grado non gli rifiuteranno meco 
eleganza nella tessitura del discorso, e soavità di 
elocuzione e stile. 

Vili. Ita di questo modo in dileguo sì grande 
speranza, ad impedire che alle paterne imprese 
mancasse il suffragio d'un autore comunque, o 
che gli scritti del mio consorte, in paese stranie- 
ro, tumultuariamente ed infra lo strepito delle 
armi di fretta estesi, ne per ancora compiuti, ve- 
nissero così imperfetti avvolti in perpetue tene- 
bre, io stessa mi vidi inanimata, e meglio direi 
costretta, a far succedere in questo lavoro l'opera 



8 PROLOGO, 
mia a quella del perduto consorte. Il quale uni- 
tamente alle prefate scede portò seco dal campo, 
misera me! un irreparabile morbo, derivatogli 
forse dal crudo tenor di vita e dai molti disagj , 
inseparabili compagni della rigida sua professione; 
forse dai travagli e dalle assidue fatiche delle bat- 
taglie e cotidianc zuffe; e forse, aggiungerò, dal- 
l' incredibile affetto e premura verso la mia per- 
sona, venendo incessantemente molestato dalla 
brama di avermi accanto. Se pure non darei meglio 
in brocco dicendo che tutte queste cose in uno, 
la sua onninamente connaturale sollecitudine, le 
malagevolezze senza tregua, la varietà del clima 
e delle stagioni, i difficili eventi; così numerosi 
motivi congiurati alla rovina di tanta virtù abbian- 
gli porto , ah dolorosa rimembranza ! il mortifero 
nappo. 

IX. Checché ne sia, rimasosi con forte animo 
compagno e partecipe della spedizione contro i 
Sirii ed i Cilici, quantunque ne lo distogliesse il 
peggioramento della sua malsania, costretto non- 
dimeno a cedere all' aggravali tesi languore , ed a 
riparare da ultimo in patria, venne primamente 
tradotto così infermo e con enfiagione intestinale 
derivatagli dall'assidua tolleranza di tanto im- 
proba fatica, dalla Siria nella Cilicia, quindi nella 



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PROLOGO. 9 
Pamfilia , nella Lidia e nella Bitinia. In tale stato 
bramoso tuttavia di narrare gli eventi di quel- 
le sue geste, in parte non potè, impedito dal mor- 
bo, eseguirlo, ed in parte fugli da noi vietato, 
con ragione tementi non, per lo sforzo del favel- 
lare, la piaga , esacerbandosi , gli accelerasse 1' e- 
stremo fato. Ora a me, che torno qui a rammen- 
tare que' funestissimi tempi, l'animo riempiesi di 
tenebre , e torrenti di lagrime sgorgano dalle af- 
fievolite luci. 

X. Deh qual ottimo consigliere perdè la ro- 
mana repubblica in Cesare Brienio! Chi giunse 
mai dall' uso e dal maneggio degli affari a pro- 
cacciarsi maggiore esperienza? A simile, chi fu 
meglio di lui versato nelle scientifiche meditazio- 
ni, nella lettura e varia erudizione, vuoi quella 
fuori stato, voi quella presso di noi? Oltre di che 
quanta venustà risplendea in tutta la sua perso- 
na, diffusa per l'intera compage delle sue mem- 
bra ! avvenenza e forme degne non solo, come dir 
sogliamo, d'impero, ma tal quale divina maestà 
spiranti! 

XI. Ne sono io certamente inesperta de' mali, 
fatta bersaglio in tutta la mia puerizia di altre 
molte e gravi calamità; poiché, messo da banda 
lo splendore di nascere da augusti genitori, ed il 



io PROLOGO. 

i 

Porpora in cui m'avvenne di andar carpone, se 
taluno rivolge il pensiero alle altre cose nostre 
di leggieri verrà in chiaro che la propizia fortuna 
di colpo dalle regali culle e fasce, quasi dopo 
breve e perfido solleticamento, oscurato il suo 
volto non iscagliò in appresso nel resto del viver 
mio che nembi e procelle. Da quali e quanti flutti, 
in mia fe, non venni agitata, e da quanto intensi 
e crudeli urti e ripercotimenti non fui travolta ! 
È fama che Orfeo col suono della sua lira desse 
moto alle rupi ed alle selve, come pure alia ri- 
manente natura priva di senso; a simile, che il 
flautista Timoteo (0 coll'eseguire alla presenza di 
Alessandro Y Ortis (a), così tanto infili dagli imi pre- 
cordj lo commovesse da farlo correre precipito- 
samente alle armi ed alla spada. Ora io se proce- 
dessi colla narrazione delle mie sciagure spererei 
d'indurre l'uditore non al moto o al corso, nè 
alle armi o alla pugna, sì bene al pianto. Ma 
che dico l'uditore? gli stessi animali comunque, 
le cese stesse manchevoli di anima e di senti- 



(1) Il tebano, essendovi sialo un aldo flautista dello stesso 
nome. (Luciano). 

(2) Specie di sonata acutissima (Ptut.). 



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PROLOGO. 1 1 

mento sono d'avviso desterebbonsi con tale rac- 
conto a pietà de' casi miei. • ■ 

XII. Quantunque poi le sofferenze in mia vita 
sieno state molte e varie, pure la inopinatissiina 
perdita del mio Cesare cotanto le soprasta, e per 
lei tale una ferita m' è penetrata così profonda* 
mente nell'animo, che tutte le antecedenti scia- 
gure postevi a confronto soglio considerare non 
piò che una goccia o stilla d'acqua rimpetto al 
mare Atlantico ed agli Adriatici flutti. Quelli pro- 
dromi e rudimenti di sinistri preconizzavano ca- 
lamità assai più grande: erano essi il fumo di 
questo fuoco, ed in que'miei patimenti mi trava- 
gliava il solo precursore e tollerabile vapore d'un 
immenso e lontano incendio, la cui fiamma ora 
mi consuma. Oh fuoco ardente senza materia! 
fuoco ascoso con segreta facella sotto i più re- 
conditi penetrali dell'animo, e bruciante, in mia 
fe, ma non struggente ! Fuoco incendiatore del 
cuore senza offesa della persona , lasciandola 
in vita e gagliardia, massime quando la veemen- 
za della sua fiamma ebbe raggiunto ed ossa e 
midolle, e perfino l'ammezzamento dell'anima. 
Sentorai già da passioni di famiglia trasportata « 
lamentele opposte al divisato scopo, ed a ciò m'ad- 
dusse il mio Cesare fattosi per fortuita rimem- 



13 PROLOGO, 
branza presente al pensiero, mai sempre coll'a- 
nimo travagliato, composto a duolo eterno, e ad 
ogni maniera di conforto inaccessibile. 

XIII. Asciugherò impertanto le lagrime, e di- 
stolta come potrò la mente dal lutto e dai gemiti, 
la rivolgerò ad divisato lavoro, e sebbene V ese- 
guimento e la meditazione di esso addivengali mi 
cagione d'una seconda vena di pianto, mi procac- 
cerò tuttavia (giusta il tragico detto (0) doppie 
lagrime, dovendo quasi per alleviare il penoso sen- 
timento d'una morte passar colla mente ad altra, 
vo'dire a quella del padre mio, Nè v'ha dubbio 
che la sposizione stessa della vita di così grande 
imperatore e fregiato di tante virtù sia per ripro- 
durre tratto tratto il diletto di quelle ammirabili 
imprese, la cui vista ed utilità rendevano, lui vi- 
vente, beati i mortali; ed ora, con grave dolore 
perdutolo, mi struggono ed obbligano a versare 
continue lagrime, delle quali, m'è uopo credere, 
meco piglierà parte Torbe intero; poiché seb- 
bene il descrivere e sottoporre agli altrui sguardi 
l'imagine dell'imperio d'Alessio, rimembrando un 
domestico infortunio, debba riuscire a me spe- 



(i) F.mijmle, Lcuba , v. 5i8. 



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PROLOGO. i3 
cialmente un deplorabile argomento, lo sarà pu- 
re, considerato il pubblico danno, funesto e lagri- 
mevole agli altri. Ma diasi una volta, principio 
alla istoria delle geste paterne, e di là muova 
il discorso d'onde ottener possa evidenza storica 
maggiore. 




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* 

.. ^ 



ANNA COMNRNA PORFIROGENITA 

CESÀREA ALESSIADE 



LIBRO PRIMO 

% 

GESTE DI ALESSIO PRIMA DI ASCENDERE IL TRONO, 
E SUOI MOTIVI PER GUERREGGIARE RORERTO 

DUCA DELLA CALABRIA. 



SOMMARIO. 

sotto Romano Diogene Augusto; lo accompagna nella 
spedizione contro i Persiani, e tra via e da lui rimandato 
alla madre afflitta dal recente annunzio della morte 
di Manuele Comneno. - Urselio, terrìbile nel co- 
mando sotto Duca Michele e da umili natali col suo 
valore fattosi quindi potente, vince molti condottieri. - 
Alessio militante sotto la disciplina del fratello, dato 



I 



16 SOMMARIO. 

saggio di sua valentìa e addivenuto condottiero d* un 
esercito, mette alle strette Urselio. - Questi pro- 
cura di strigner lega col barbaro Tutac, il quale, 
prevenuto, vendelo ad Alessio con guarentigia del 
pattuito danaro. - Alessio scarso di pecunia chie- 
dene prestanza agli Amaseni, che, incitati per ciò 
a sommossa, dalla prudenza di lui sono ricondotti 
air ordine. - Si finge l accecamento d Urselio. - 
Gli Amaseni sborsano il danaro. - Alessio ricon- 
quista le città occupate armata mano da Urselio. - 
Stupore di Doceano al mirare Urselio veggente. - 
Niceforo Brienio, messo piede nell imperio, ne occu- 
pa tuttala occidentale frontiera ; sua figura, indole, 
vigoria. - Miserabilissima condizione delle romane 
truppe. - Alessio marciando contro Niceforo con 
pochi militi supplisce col senno il difetto loro. - Pa- 
rallelo infra Alessio e Brienio. - Schieramento d 'en- 
trambi gli eserciti. Battaglia. - 1 Brieniani cadono 
negli aguati. Fortezza di Giovanni Brierùo. Viene 
rotta la falange di Alessio , ed il costui precipitoso 
consiglio è corretto da Teodoto. - Gli Sciti vincitori 
dannosi al bottino. - Cagione della strage de Brie- 
nianù - Alessio impadronitosi del regalmente bar- 
dato cavallo di Brienio persuade i suoi della morte 
del duce, il che moltissimo contribuisce al consegui- 
mento della vittoria. - Una eccessiva sicurezza nuoce 

- 

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* 

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SOMMARIO. i 7 

i B rimani. - / Franchi passano air esercito di 
Brienio, il quale assalito dai Turchi ne riporta gra- 
ve danno, tenendosi male in guardia dopo gli otte" 
miti vantaggi. - Saggio della forza di Brienio, e sua 
prigionia in causa d'una sconfitta. - La clemenza 
addiviene pericolosa ad Alessio', ne si deve incolparlo 
dell'accecamento di Brienio. - Basilacio, sue notizie 
e potenza; padrone del tutto da Dirrachio a Tesjsa- 
lonica; sue doti fisiche e morali. - Accampamento 
con maestria posto da Alessio al fiume Bardaro. - 
Notturno assalimento del campo d'Alessio per opera 
di Basilacio. - Alessio perchè detto Bleso; questi 
per materno comando ebbe a compagno infino all'e- 
poca del suo matrimonio un venerandissimo ceno- 
bita. - Felice pugna notturna di Alessio contro Ba- 
silacio ; il primo con mente a maraviglia tranqidlla 
nel massimo fervore della battaglia. - Manuele fra- 
tello di Basilacio fatto prigioniero da Curtricio. - I 
Basilaciani riparano col duce loro a Tessalonica, 
la quale dopo breve tempo apre le porte ad Alessio.-. 
Basilacio ripara nella rocca, dove per tradimento 
de' suoi vien fatto prigione e consegnato ad Alessio; 
questi lo abbaìidona ai ministri di Botaniata , i quali 
privanlo della vista. - Alessio acclamato Sebasto dal 
senato. - Malaccorto consiglio di MicJiele Diwa im- 
palmando la pulzella di Roberto normanno al pro- 
Anma Comnena. 2 



i8 SOMMARIO. 

prio figlio. Patria , beni, indole, morali e fisiche doti 
di Roberto, il quale da masnadiere addiviene genero 
di Mascabele , duce molto potente in Italia ; quindi 
impossessatosene lo martoria , lo acceca ed occupane 
la signoria , dilatandone i confini. - Ambisce V impe- 
rio valendosi della coperta del monaco' Pseudo mi- 
chele da lui sedotto. - Gli eventi europei vantaggiosi 
a Roberto. - Il romano pontefice e V imperatore di 
Germania, nemici infra loro, bramano l amicizia di 
Roberto , il quale si confedera col pontefice e ne in- 
ganna le preghiere , intento solo alle proprie faccen- 
de. - Baimundo figlio ili Roberto somigliantissimo 
al padre. Occupa Aulonc, e mette a guasto larga- 
mente ogni cosa. - Animo virile di Gaita moglie di 
Roberto. Costui andata a Brindisi. - Raul, da Ro- 
berto spedito ambasciatore a Constantinopoli , di ri- 
torno, sconsigliando la guerra, ne volge contro di se 
lo sdegno , che evita colla fuga* - Impotenza del 
pseudo-monaco Rettore. - Astuta finzione di Rober- 
to, e numero de' suoi militi e delle sue navi. - Per- 
chè scelto Brindisi pel tragitto. - Corifa città occu- 
pata da Roberto. - Monomacato dalla fazione di 
Borilo e Germano spedito a Dirrachio. Nega il da- 
naro ad Alessio. Pone speranza in Roberto di ar- 
rendergli Dirracìdo. Si concilia i dalmati esarchi. 



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ANNA COMNENA, LIBRO PRIMO. 

ALESSIADE PRIMA 



L I/lMPERATORE ALESSIO, mio genitore, an- 
che prima di avere lo scettro del principato fu grande 
ornamento e sostegno del romano impero. Egli, compiuto 
appena il decimoquarto anno, si dedicò alla militare car- 
riera sotto Romano Diogene, al quale nella faticosissima 
non meno che malagevole spedizione contro i Persiani 
si fé 9 di pienissimo voler suo compagno ne' pericoli, ap- 
palesandosi a prima giunta indi d'allora di maravigliosa 
indole per le cose guerresche, assai pronto tiell' incon- 
trare ardui cimenti, e tale che al presentarsi l'occasione 
di battagliare coi barbari ne avrebbe valorosamente colla 
sua spada fatto grande strage. 

II. Se non che inoltratosi già nel cammino la pietà * 
ed il sovrano comando gl 1 imposero di tornare indie- 
tro. La madre addoloravasi pel trapasso del primo- 
genito , Manuele, giovane assai valente, come testé Io 
hanno con pubblico voto chiarito cose di altissimo ri- 
lievo da lui operate. Ora V imperatore ponendo mente 
alla materna doglia vietava ad Alessio il procedere più 
oltre seco, ondo non ne venisse aumento al cordoglio 
dell' afflitta matrona, la quale vedrebbesi al lutto priva 
di consolazione se mentre delibera ove tumular debba 
T uno dei figli vegga V altro guidalo agli incerti esili 
delle guerre, ed esposto parimente ad incoutrar morte 
laddove, tale essendo il caso delle remole pugne , nep- 



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3o ANNA COMNENA 

pure la notizia del luogo sarebbele pervenuta. Tanto 
bastò perchè Alessio retrocedesse, abbandonando tut- 
tavia a malincorpo e con ripugnanza la consorteria de 1 
commilitoni : ma il tempo avvenire aprì ben vasto campo 
alle sue belliche imprese. 

IH. E che tal sia; asceso il trono Michele Duca in vir- 
tù della rinunzia di Diogene, Alessio fe'pubblica mostra 
di sua valentia negli imprendimeli fidatigli contro Ur« 
selio. Questi, di gallica schiatta, da prima inscritto nella 
romana milizia, e fornito in grande misura, da propizia 
fortuna, di ricchezze e di arroganza, diedesi a guerreg- 
giare per sè stesso con propria e non dispregevole sol- 
datesca tratta fuori in parte dalP originario suolo , iti 
parte da altri luoghi comunque, e mirando niente meno 
che air usurpazione del supremo 1 seggio. Ed era accon- 
cio il tempo allo stabilimento «T una tirannide , poiché 
le romane faccende con declinamelo non dubbio vol- 
gevano a rovina, sospintevi dal fato colla recente vitto- 
ria de' feroci Turchi, e non altrimenti che il pugillatore 
cui sdruccioli il piede nelP arena e sia da braccio e da 
gagliardo urto sospinto, riuscivano appena ad evitare la 
caduta. In tanto sconvolgimento di cose la sua conna- 
turale ambizione , allettata dal solletico dell' opportu- 
nità, proruppe in manifesta audacia di occupare il regno. 

IV. Il perchè lo vedevi andare qua e là predando con 
pronta soldatesca, minacciante ognora, e con ostili scor- 
ribande corseggiare, quasi direi, le orientali regioni , da 
per lutto all'intorno recando violenza e terrore. 1 condot- 
tieri celebri per belliche geste mandatigli contro non fe- 
cero colle riportate stragi che aumentarne l'audacia, poi- 




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I 



LIBRO PRIMO. ai 

chè altri di essi, piombalo lor sopra con impreveduta ce- 
lerità, a foggia d' igneo turbine, erano stati da lui scon- 
fitti, ed altri, rafforzatosi cogli aiuti turchi, vennero con 
perfetto schieramento assaliti e sbaragliati, rimanendone 
alcuni prigionieri ; imperciocché le romane legioni non 
aveano forza bastevole per resistere all' invincibile fa- 
lange da Urselio stesso comandata. In questo tempo 
Alessio militava sotto gli ordini del fratello, subordinali 
essendo gli eserciti delle frontiere, orientale ed occiden- 
tale, alla prefettura di mio zio. 

V. L'imperatore Michele visto la repubblica precipi- 
tosamente rovinare, mettendo il barbaro a soqquadro o- 
gni cosa coti fulminea prestezza e devastazione , affidò 
al padre mio con assoluta autorità il comando dell'eser- 
cito, inculcandogli d'opporsi del suo meglio a così de- 
solante sciagura. Alessio, ricevuti i comandamenti e le 
truppe, si diede con tutta l'energia ed industria d'un 
animo solerte e d' un coraggioso petto a condurre bene 
la faccenda, e già rendeva in que' primi saggj d'uu gio- 
vane guerriero , le cui gote apparivano coperte appena 
di recentissima lanuggine , non dubbia simigtfenza di 
que' tanto famosi nomi romani Emilio e Scipione , e 
del cartaginese Annibale, studiandosi imitarne la gran- 
dissima tolleranza delle fatiche , e la più sollecita anti- 
veggenza così felicemente che fu il solo capace , entro 
il periodo di pochi giorni , di arrestare quell' Urselio 
precipitoso fin qui nel rapido corso delle sue vittorie, 
e dante colla sua spinta il crollo al romano impero , 
'trovandosi in lui maravigliosa perspicacia onde conoscere 



Q2 ' ANNA COMNENA 

di colpo ciò che fosse mestieri operare, e somma pron- 
tezza nelP eseguirlo. 

Vl.Inqual modo poiUrselio sia addivenuto prigionie- 
ro di Alessio molto diffusamente lo espone Cesare nel 
secondo libro della sua istoria; non di meno pur noi Io 
riferiremo fin dove la nostra narrazione possa trarne 
giovamento. Il barbaro Tulac erasi condotto dalle più 
lontane parti dell'oriente, con furie esercito e bramoso 
di bottino, ad assalire i romani confini allorquando Ales- 
sio, e colla propria industria e col valore delle genti poste 
a'suoi ordini, pigliato a combattere Urselio, quantunque 
fornito copiosamente di animose e ben armate schiere, 
andavalo a poco a poco riducendo a mal fine, ed occu- 
patine l'un dopo V altro i luoghi muniti non laSciavagli 
quasi più mezzo di farsi indietro. L'usurpatore, posta 
mente alla triste sua condizione e privo affatto di con- 
siglio, s'apprcsenfa alla per fine a Tulac, ed inescatolo 
ad amicarsi seco procura indurlo ad una comunanza di 
bellici piani e di truppe onde proseguire in società la 
guerra. A tale notizia il duce romano tosto risolvè d' im- 
pedire ad ogni guisa il compimento dell'udita confede- 
razione, al quale uopo cerca subito di preoccupare l'a- 
nimo di Tulac non risparmiando parole, doni, altri mezzi 
i ed artifizj comunque idonei a cattivarselo. Nè v' ha chi 
porgli a confronto 'per rispetto alla sorprendente sua 
bravura nell'escogitare e connettere smaglianti artifizj*, 
nè tampoco aveanvi cose della più grande malagevolezza 
che quella mente cotanto sagace e di provvedimenti fe- 
conda non conducessele a buon fine. Pruova di questo - 



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i 



LIBRO PRIMO. »3 

suo elevato ingegno l'abbiamo nelle seguenti parole da 
lui adoperate ad allettare e blandire il barbaro Tulac. 

VII. « Il tuo sultano edil mio imperatore hanno vin- 
» coli d'amicìzia infra loro: questo barbaro Urselio poi 
» agisce violentemente e guerreggia contro l'uno e l'altro, 
» da solo in pari guisa ad entrambi nemico. Non volere 
» adunque, credimi, attribuire a favore o riguardi verso 
n di voi il mirare che mentre ora gettasi armala mano 
» sopra di noi, spogliandoci a poco a poco e concul- 
» caudo il romano suolo , non molesti ad uno la Per- 
» sia} egli sì opera conoscendosi insufficiente colle at- 
» tuali sue forze a combattervi, ne va pertanto col lem- 
» poreggiare e cogli inganni raccogliendo \ ma lascia 
» che sicsi rafforzato , polendo , col debellarmi , ed in 
fi allora , franco da ogni timore de* Romani , lo avrai 
y> tosto nemico audacissimo contro. JNè io pretendo che 
fi tu concorra meco a togliere di mezzo un comune 
f> danno mediante Y unica mercede riposta nella pub- 
n blica utilità. Domanda pure danaro quanto ne vuoi , 
fi e questo sarà un altro tuo guiderdone se imprigionalo 
fi Urselio a noi lo consegnerai. Ora ben vedi se tu debba 
fi stare in forse nell' aderire a tale consiglio , dal quale 
» saranno per derivarli (re beni superiori ad ogni altro 
fi che lu bramar possa. Gonciossiachè ne avrai in pri- 
n mo luogo danaro quanto non giunse mai a guada- 
n guai ne alcun di voi \ ti procaccerai in grado eminen- 
fi tissimo l'imperiale benevolenza, coll'aiuto della quale 
fi li si appianerà in seguilo la via ad una prosperità 
n somma} farai da ultimo grandissimo piacere allo stesso 
n sultano, col rimirarsi, la tua mercè, libero da Urse- 



a4 ANNA COMNENA 

n lio, uomo di ambigua fede , già di sospetta potenza , 
» e testé nemico, il quale da lungo tempo e non senza 
» vicendevole pericolo tiene in iscompigiio e Turchi 
n e Romani. « 

Vili. Persuaso Tutac unitamente ai barbari seguaci 
di lui si compiè questa faccenda, pervia di messag- 
gi , dal padre mio duce del romano esercito col dare 
ostaggi scelti fra le più illustri famiglie a guarentigia del 
convenuto danaro e relativo pagamento. Dopo di che 
Urselio viene subitamente arrestato e condotto ad Ales- 
sio in Amasea, a norma del fallo accordo} ma da poi lo 
sborso della somma promessa patì indugio , mancando 
il duce di mezzi per adempierlo , e P imperatore non 
curandosene punto} il danaio adunque non solo proce- 
deva con tardo piede (come dice la tragedia), ma del 
tutto non veniva innanzi. Laonde Tutac co' suoi pigliò 
ad instare perchè o si numerasse V oro convenuto , o 
fosse restituito il prigioniero , andatane la compera 
a vuoto , rimandandolo nel luogo di sua partenza. 
Alessio, il quale neppure spogliatosi di tutto avrebbe 
potuto soddisfare del proprio il convenuto prezzo della 
cattiva merce , passata V intera notte iu affannosi pen- 
sieri , deliberò alla fine di chiedere in prestanza agli 
Atnaseni e con pronta colletta Y occorrente danaro. 
11 di che scomparse le tenebre, egli, sebbene compren- 
desse la molla difficoltà di quanto era per trattare , 
chiamò a consiglio tutti que 1 cittadini , ed in ispecie i 
più ragguardevoli per opuleuza ed autorità, e volgendo 
particolarmente ad essi la parola cominciò a dire : 

IX. « Affé di Dio che a voi sono manifesti i procedi- 



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LIBRO PR[MO. a5 

» menti d' Urselio contro tutte le città degli armeni con- 
» tini \ rammentatevi or dunque il numero di quelle da 
» lui guastate, dei cittadini multati ingiustamente, dei 
» liberi còrpi fatti bersaglio d' intollerabili pene , del- 
y» l'oro da voi strappato. Ecco non di meno appresen- 
» tarsi V occasione di liberarvi in un sol giorno , se 
» volete, da tutti i prefali mali gravissimi , e da quanti 
» ve ne sovrastano per opera di così molesto nemico ; 
» ed è se procaccerete oggi d' impedire ebe n'oi siamo 
» costretti a rimandare libero questo barbaro, che mercè 
» I' aiuto certamente divino ed il vostro favore qui cu- 
*» slodiamo prigioniero. Tutac , dal quale venne arre- 
» slato ed a noi venduto , ci chiede il pattuito prezzo 
» della sua industria e preda ; ma noi lontani dal pro- 
99 prio paese, ed avendo col diuturno guerreggiare con- 
» Irò de' barbari consumato quanto al partirci dai no- 
ti stri possedevamo , da senno che ora non siamo in 
» islato di seco lui sdebitarci. E piacesse al Cielo che 
99 questi volesse almeno accordare un idoneo respiro, 
99 poiché ini recherei di colta presso all' imperatore , e 
99 mi farei indietro, avutone il tempo, coll'urgente sòm- 
99 ma. Ora da tale esposizione dovete a bastanza chia- 
n rameute comprendere che , nulla di ciò essendo in 
» mia facoltà, l'unico mezzo di trai mi d'impaccio con- 
99 sisle nel voler essere voi condiscendenti a metter fuori 
» il danaro, certi di riaverlo tra poco e con molti rio* 
99 graziamenti dall' imperatore. » 

X. Tale proposta non solo fu accolla con gravissime 
offese e villanie, ma provocò eziandio a veemente tram- 
busta gli Àmaseni , disposti in vero ad una ribellione. 



a6 - ANNA COMNENA 

Nè infra la plebe mancavano seduttori , scaltrì artefici 
di scombugli , e pronti a vie più irritare gli animi già 
commossi ed infuriati sopponendo faci più del bisogno 
alla fervente sedizione. Divolgavansi intorno le costoro 
voci : doversi salvare e togliere dalle carceri Urselio , 
sgraziatamente sorpreso dalla forza ; così alcuni ; altri 
senza palesare una deliberata opinione agitavansi pur 
tuttavia e , come la minuta plebe suole in simiglianti 
casi, con istrepito e jaltanza ivano a romore. Alessio 
vedendo il popolo di questa guisa furente e le cose sue 
a mal partito non si perdè in aiun modo affatto d'ani- 
mo, e pieno di coraggio, rizzatosi . colla mano impose 
silenzio^ ottenutolo, avvegnaché tardi ed imperfetto, ri- 
voltosi alla plebe disse : 

XI. «é Stupisco, o Amaseni, che non comprendiate 
» ancora i macchinamenti di cotesti pravi incitatori. Vi 
» darete sempre colf opera vostra ed a vostra rovina 
» ad uomini pieni d 1 inganni, e solo inlenti a redimere 
° w la propria salvezza col vostro sangue ? Ascenda pure 
» quest' Urselio il trono, come andate con grida e mac- 
» clìinamenti dichiarando ; quale vantaggio ne trarrete 
» voi se non che stragi , accecamenti e mutilazioni ? I 
» promotori di cotanto vostro sdegno provvederanno 
» da prima alla salvezza ed alle cose loro cattivandosi 
» il favore del barbaro, ove poi vegganne dubbia la sorte, 
» fallisi prontamente al possesso dell'animo imperiale, 
» verseranno, a fe mia, sopra voi Podio e le pene della 
» ribellione, e sopra sè stessi la riconoscenza d'una co- 
» stante fedeltà, e grandissimi guiderdoni, quasi che ai 
» loro meriti unicamente sia dovuta la salvezza della 



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LIBRO PRIMO. a 7 
» città Amaseli», e la non avvenuta irreparabile sna per- 
fi dita. Eccovi con quale baldanza alcuni malvagi citta- 
» dini prendono a giuoco le vostre vite e sostanze , e 
» voi intanto , semplicioni come siete , ne secondate la 
99 frode e la malignità coli' aderire ai loro sediziosi im- 
99 pulsi \ nè comprendete die poscia eglino stessi con 
» perfide accuse accenderanno V ira imperiale contro 
9i di voi per quelle colpe che a loro persuasione avete 
» commesse. Laonde se mi credete meritevole di qual- 
99 che fede accommiatateli, e ritiratevi, ognuno, nelle 
» proprie case , ove , ponderate diligentemente le mie 
» osservazioni, di leggieri potrete giudicare se gli autori 
y» del ribellamento od il romano duce siavi largo di più 
» salutari consigli. » 

XII. Porlo orecchio a queste parole gli Amaseni ab- 
bandonarono nel foro, non altrimenti che un fragile va- 
sello caduto in terra, il divisamente» condotto seco dalle 
proprie case , e ciascheduno riparò sotto il suo tetto 
lasciando Alessio libero pel momento da timore , ma 
sempre in agitazione sull' avvenire. Conciossiachè egli 
ravvolgea nelP animo suo quanto la volubile plebe sia 
facile a cangiar d'opinione, presto abbandonando i con- 
cepiti progetti, e riprendendoli colPeguale celerità quan- 
do in ispecie abbiane incitamento da seduttori. Comin- 
ciò dunque a paventare non i tumultuanti ai soprag- 
giugnere delle tenebre tornati ad impazzire gli si faces- 
sero novamenle don t io per torre ad Urselio i ceppi e 
rimetterlo in libertà ; ad impedire poi il grave attentato 
ben sapevasi in difetto di truppe a bastanza coraggiose. 
Chiamalo a sè pertanto, in aiuto dell* impotenza sua, 



3 8 ANNA COMNENA 

un molto scaltrito Palamedese pensa di fingere P acce- 
camento del prigione , dandone P incarico al pubblico 
giustiziere , onde vengane con evidenza maggiore pro- 
palata la fama ^ al qual uopo armatolo del ferro da ca- 
vare gli occbi , fa gittare di forza a terra, porre supino 
ed incavalcare, quasi a sofferenza del supplizio, Urselio 
digrignante e gemente non meno d'imprigionato leone, 
operandosi in simulata guisa il tutto. Laonde quanti 
udiroone le acute ed incontinenti grida persuasero sè 
stessi e gli altri che quelle si fossero le dogliose voci 
di lui , addivenuto fiero al truce e minaccioso aspetto 
del carnefice, per P orrore dell' imminente supplizio. Il 
barbaro poi , quantunque dalla sola tema sopraffatto , 
agitava»! con forza ed orgasmo tali dà provare che la 
simulazione del gastigo avea oltrepassato i limiti dello 
spavento e delle minacce. Sparsasi dunque per la cit- 
tà la nuova del reale accecamento d'Urselio, e dilegua* 
tasi con essa ogni speranza iu lui, lutti e cittadini e fo- 
restieri dissimularono ossequio, recando ognuno, a fog- 
gia delle api % quel tanto danaro che gli si conveniva. 
Di questo modo riuscì ad ottimo fine il sagace consiglio 
del padre mio , togliendo con tali maestrie , simili a 
sceniche rappresentazioni , le concepite perverse spe- 
ranze ai vogliosi di novità, i quali , ponendo illimitata 
fiducia nell'ardire e nella potenza del barbaro, se avessero 
trovato mezzo, essendo ancor fresca la cosa, di trarlo 
sano e con vantaggio al partilo loro sarebbonsi dati a 
sperimentare anzi la forza che a sovvenire P addiman- 
dato presto^ quetamenle in cambio e di leggieri aderi- 
rebbero a cosiffatta prestanza, ove si persuadessero ebe 



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LIBRO PRIMO. q 9 

al destinato tla essi a duce o capo deila rivolta fossersi 
cavati gli occhi. 

XIII. Ora il portentoso condottiero della guerra ten- 
ue Urselio in carcere come leone in gabbia, cogli occhi 
coperti da certo congegno onde la fama dell' acceca- 
mento di lui si mantenesse in vigore. Nè fu pago del- 
l' operato, uè addormentossi dopo gli ottenuti prosperi 
eveuti quasi per godere delPabbondevoIc riportata glo- 
ria, ma, fermo nel pensiero che si dovessero con lutto 
l'impeto incalzare le abbattute fazioni, recossi contro le 
molte città e fortezze tuttavia in poter loro , nè depose 
le armi che dopo avere riconquistalo all' impero il tol- 
togli infili dai primi assalimenti del nemico. Riuscite a 
buon fine tutte queste cose venne condotto nella città 
regale, ove, mentre concedeva, fra la domestica quiete , 
alquanto ristoro a sè stesso ed all' esercito dopo le fa- 
tiche della malagevole spedizione, gli occorse di fare 
un miracolo simigliatile quello attribuito ad Ercole , il 
quale d'imppoviso restituì al re Admeto viva e fiorente 
la consorte, allorché egli lagrimavala morta (i). Era Do- 

(i) Era Admeto re di Tessaglia e prole di Fereo. I poeli 
fingono ch'egli fosse dalla morie immune, sempre che aves- 
sevi alcuno disposto a morire in sua vece. Ora giunto per 
malattia agli estremi, Aveste sua consorte e figliuola di l'elia 
offrì in cambio di lui la propria * i la. Se non che pervenuto 
Ercole in Tessaglia nel giorno medesimo in cui ella tenne 
sacrificata, Admeto lo rice\ette ed alloggiò cortesissimamente, 
ed il suo ospite per gratitudine intraprese di combattere colla 
morte* Disceso a tal uopo nell* inferno ricondussene Alcesle, 
a malincorpo di Plutone , e la restituì piena di vita al re. 
[Euripide, Nat. Coni.). 



3o ANNA COMNENA 

ccano , per parie di sorella, nipote d'Isaacio Comneno 
teslè imperalore , cugino di Alessio , ed uomo che per 
ischialla e dignità poteano ben pochi agguagliare. Que- 
sti , veduto Urselio imbavagliato coi menzogneri segni 
della sua sciagura e da mano altrui condotto, mandava 
profondi sospiri , e lamentando 1' indegna sorte di quel , 
valoroso non si ristette dal condannare la barbara cru- 
deltà di Alessio , il quale così miseramente avea disfor- 
mato, anziché guardare sano, il generosissimo eroe. 
Ed Alessio a lui : in altra occasione , o amatissimo , ti 
appaleserò i motivi di tale accecamento. Del resto ac- 
compagnatolo da li a poco in una casipola e quivi tolte 
dagli occhi d'Urselio le bende e le invoglie, comparvero 
essi fulgenti di vivida luce e pieni di vigore. Al che 
Doceano, instancabile nel farne le maraviglie , andava 
toccando i proprj quasi per isperimeutare se quanto 
vedea fosse una realtà o piuttosto un sogno, ovvero una 
illusione prodottagli da magici prestigi, o da nuova frode; 
ma quando finalmente ebbe riconosciuto ad evidenza la 
umanità di Alessio ne commendò l'artifizio, e, convertita 
io gaudio l'ammirazione, passò ad abbracciare e baciare 
più e più volte il cugino*, divulgatasene quindi la fama, 
tutta la comitiva di Michele ed anche lo stesso Augusto 
n'ebbero pieno contento. 

XIV. Alessio di qua viene spedilo altra fiata nell'oc- 
cidente dall'imperatore Niceforo, già in possesso del ro- 
mano scettro, contro Niceforo Brienio turbatore di tutte 
quelle provincie, e millantantesi, cinto la fronte del dia- 
dema, l'Augusto de' Romani. Gonciossiachè non appena 
Michele Duca ebbe a discendere dal trono e vestire, in 



% 

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LIBRO PRIMO. 3i 
luogo della fascia e della corona , la talare ed arcive- 
scovile epomide (i), Botaniate lo ascende, e congiun- 
tosi in matrimonio coli' imperatrice Maria, il che verrà 
esposto più diffusamente altrove , comincia a prendere 
le redini dell'impero. Se non che Niceforo Brienio, infili 
dai tempi dell'imperatore Michele, afforzatosi col duca- 
lo di Dirrachio (2), prima ancora del regno di Niceforo 
appalesavasi manifestamente candidato dell 1 impero e, 
per dir meglio , non attesane la vacanza erasi dato a 
sediziosi macchinamenli ; né qui m' è uopo indicare 
con accuratezza maggiore la causa ed i motivi di queste 
mene , avendovi io proposito il diligente commentario 
del nostro Cesare } impertanlo sembrami necessaris- 
simo di esporre brevemente in qual modo e con quale 
fortuna Brienio inoltratosi da Dirrachio, come dalla sede 
della guerra, sia riuscito a percorrere ed unire a' suoi 
dominj P intera occidentale regione, ed al postutto ve- 
nisse a cadere nelle nostre mani} dissi brevemente, poi- 
ché rimandiamo a Cesare chiunque ne bramasse più 
minuta ed ampia notizia. 



(1) Pallio. Sacro arnese, surrogante il soprumerale del 
sommo sacerdote dell'antica legge (Durando» Raiionale, lib. ìli, 
cap. 1 7), dal pontefice accordato ai patriarchi, ai metropolitani 
ed agli arcivescovi. E intessuto di candida lana d'agnello con 
alcune Croci ora nere, in altri tempi rosse. Indica poi la 
pienezza dell' ordine sacerdotale, e misticamente dinota la 
pecorella smarrita che il buon pastore, trovatala, pone sopra 
le sue spalle (Isidoro^ l*elus. , lib. 1 , ep. i36). 

(2) Ora Durazzo, città in Albania. 



3? ANNA COMNENA 

Xy. Era questo Niceforo Brienio, di cui favelliamo, il 
primo nell'arte guerresca, di nobilissimo leguaggio, com- 
mendevole per P elevata sua taglia ed avvenenza del 
volto, superiore di più ad ogni altro delP età sua e per 
ingegno e per vigoria. Principe assolutamente degno del- 
l'impero, la cui sola presenza, eziandio prima di trat- 
tarlo o di udirne la favella, si conciliava l'universale 
affetto, per guisa che tutti e militari e cittadini lo rico- 
noscevano e dichiaravano meritevolissimo non meno 
delP occidentale che dell' orientale corona. Il perchè 
presentatosi alle città veniva accolto a braccia aperte , 
e con plauso e pompa da ognuna di esse condotto a 
quelle vicine , pronte egualmente a riceverlo con giu- 
bilo. Di tali faccende attristavano tanto più Botaniata 
in quanto che sapevalo alla testa di grosso e valoroso 
esercito , e tenevano tutto P impero in bilico , incerto 
a chi dei due padroni alla fin line obbedirebbe. Da ul- 
timo piacque mandargli contro Alessio Comneno , mio 
genitore, ornato di fresco della dignità di gran Dome- 
stico delle Scuole (i) , fidandogli all' uopo tutta la sol- 
datesca pronta, quantunque ben poca, trovandosi il ro- 
mano impero a que' dì manchevolissimo di appresta- 
menti bellici, costretto a tenere gli orientali eserciti qua 
e là sparsi , e necessariamente alle stanze presso delle 
frontiere contro i Turchi usurpatori di vastissimo ter- 
reno , ed in possesso de' luoghi muniti in tutte le re- 
gioni di mezzo all' Eussino ed Ellesponto , rinserrale 



(i) Così appella vasi il prefetto de' militi pretoriani. 

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LIBRO PRIMO. 33 

è 

dall' una parte dall' Egeo e dall' altra dal siriaco mare, 
in ispecie poi da que'seni, i quali, trascorsa la Pamfìlia 
e la Cilicia , congiungonsi colP egizio mare. Quindi ne 
avvenne che mentre gli orientali eserciti si occupavano 
a tenere in freno i Turchi, e gli occidentali eransi uniti 
a Brienio , il rimanente della romana milizia sommasse 
ben piccolo numero. Gli altri poi erano tal maniera 
d' immortali, che ieri o ier P altro aveano cominciato a 
maneggiare le aste e le spade. Vi si annoveravano pure 
di quelli detti Comateni, radi anch'essi, ed alcune com- 
pagnie celtiche parimente scarsissime di numero. 

XVI. Tali furono le truppe che gli amministratori di 
Botaniate consegnarono al mio genitore, promettendogli 
inoltre turcheschi aiuti eh' e' aveano mandato a prez- 
zolare,- e ad un tempo gP imponevano di subilo muover 
guerra a Brienio, poggiando lor fidanza meno alla forza 
delP esercito che non al senno ed alla valentìa del con- 
dottiero. Questi , non attesi tampoco gli ausiliarj Tur- 
chi, alla nuova che il nemico facevasi innanzi abbandonò 
insiem colP esercito , ordinato come potè il meglio , la 
regale città e, presa la via della Tracia, andò a pian- 
tare il campo, senza fossa e vallo, presso del fiume Salso. 
£ siccome avea per udita essere P esercito di Brienio 
attendalo ne' campi di Cedotlo procurò con idoneo in* 
tervallo di rimanerne lunge , per tema non , ponendo- 
gli di contro le proprie truppe , il duce veuisse in co- 
gnizione della pochezza ed imperizia loro, e che le sue 
numerosissime ed esercitalissime combatterebbero con 
altre non molte e sore. Egli di più, non giudicando quello 
il tempo d'imprendere e di venire scopertamente, alle 

Ahha COMflENÀ. 3 



34 ANNA COMNENA 

mani in campo aperto , opinò doversi per allora con- 
tentare di procedere con accorgimento , e così fece. 
Ora prima di porre in una definitiva battaglia que- 
sti due valentissimi condottieri, nè per valore, né per 
tattica guerresca V uno al disotto delP altro, come nar- 
rava il nostro discorso , e prima di favellare dell' ordi- 
nanza d' ambo gli eserciti e dei primordj della pugna , 
sforziamoci di trarre dalla considerazione dei coman- 
danti loro qualche presagio diquanto sarebbe per avve- 
nire. Questi due personaggi erano d' una eroica bel- 
lezza e magnanimi; per valore poi ed esperienza di guer- 
ra se, quasi dirci, posti in bilancia, conlrappcsavansi , 
e quale de' bacini da ultimo , la fortuna premendolo, 
abbia dato il tratto or ora sarà manifesto. Brienio in- 
trattante) pieno di grandi speranze a sè arrogava la pal- 
ma , vedendosi alla testa di militi nella cut bravura 
polea meritamente conlare , ed essendo egli slesso pe- 
ritissimo tanto nell'arie di condurre la guerra, mercè 
del grande esercizio in essa , quanto in quella di ane- 
lare le truppe. Alessio in cambio, nulla polendo ripro- 
mettersi da' suoi , ogni speranza in sè stesso fondava , 
e solo rimaneagli da opporre agli antedelti vantaggi del 
competitore un talento accollo, e scaltrito degli strata- 
gemmi ed artifizj della guerra. Ambo di già comincialo 
aveano ad annasarsi vicendevolmente, ed era giuula 
l'ora di venire alle armi. Binino, il primo, sapevole 
che Alessio con celerilà aveagli tagliato la via per inol- 
trare ostilmente, gli muove contro presso Calaura , in- 
formalo dagli esploratori essere quivi a campo. 

XVII. Diviso egli avea le sue truppe iu due corni, il de- 



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LIBRO PRIMO. 35 
slro de'quali, sotto gii «ordini del fratello Giovanni, com- 
ponevasi di cinque mila Italiani all'incirca e delle rima- 
nenti (ruppe di Maniaco. Urcivansi pure ad esse i cava- 
lieri tessali, ed anche un certo numero di eteri (i) , 
gente non imbelle. Tarcaniote Catacalo comandava il 
sinistro corno , avendo seco tre mila Traci e Macedoni 
gravemente armali. Brienio slesso occupava il centro 
dell' ordinanza , circondato da fortissimi cavalieri ma- 
cedoni e traci, e dal fiore della pretoriana soldatesca. 
Tulli montavano cavalli tessali, e risplendt-an da lunge 
mercè le ferree loriche, le celate e gli ornamenti d'esse; 
il quale splendore, in ispecie delle celate, addivenuto 
formidabile e pe' cimieri cavallini elevati di su V orec- 
chio destro e pel fragore degli scudi pulsanlisi a vi- 
cenda, abbagliava i riguardanti. Nel mezzo vedevi Brienio 
stesso, qual Marte, o qual gigante, i cui omeri sorpas- 
savano per P altezza d'un cubito il resto della turba , 
in dubbio se fosse in lui più ammiranda V avvenenza , 
o terribile l'aspetto. Di là, due sladj o in quel torno, da 
tutta la moltitudine de'combatlenli aveanvi alcuni aiuti 
scitici armati alla foggia barbarica , i quali doveano al 
comparire del nemico, ed al primo squillar delle sue 
trombe circondarlo da tergo e lanciottarlo coll'estremo 
di lor possa, intanto che la falange di contro impetuo- 
samente con armi e forze unite giltavaglisi addosso ; 
Brienio con tale schieramento procedeva alla pugna. 



(i) Corpo di militi destinato alla difesa dell'imperatore 
e del palazzo, composto di soli forestieri (Persiani , Russi , 
Franchi, Angli ec.) Il comandante loro nomavasi Eteriarca. 



36 ANNA COMtfENA 

XVIII. Il mio genitore poi, Alessio Comneno, osservate 
da prima alcune valli ed approfittatosi della opportunità 
loro , fé' comando che parte delle sue truppe ivi si ac- 
covacciassero, ed il resto attelò rimpetto al nemico. Di- 
sposti così, a seconda del tempo e luogo , gli uni e gli 
altri , e privatamente esortatili con faconda loquela a 
comportarsi da prodi, ordinò a quelli posti negli aguati 
che non appena il nemico esercito inoltrato si fosse là 
dove eglino potessero batterlo dagli omeri, andassero 
con gagliardissimo strepito ed impeto ad assalirne il 
corno destro. Volle inoltre tenere presso di sè ed al suo 
comando i nomati immortali e pochi Celli , fidando i 
Comateni ed i Torchi al duce Catacalone coir ordine 
di non perdere di vista gli Sciti , e di ritenere sua par- 
ticolare irtcumbetiza V opporsi alle scorribande loro. 
Messe di tal modo in assetto le cose non appena l'e- 
sercito di firienio ebbe posto il piede laddove erano gli 
aguati, ecco ad un subitano cenno d'Alessio balzarne 
fuori i nostri, e parte con mai più immaginata guisa di 
nocumenti , parte con urto violentissimo e colla morte 
di quanti appresentavansi loro pervennero da prima a 
sconvolgerne lo schieramento e quindi a fugarlo. Ora 
Giovanni Brienio. fratello dei condottiero, mettendo op- 
portunamente a pruova lutto il suo grandissimo corag- 
gio , voltato il destriero , gitlò a terra ferito uno degli 
immortali che gli era sopra da tergo , ed arrestata la 
fuga de' suoi infuse nuovo spirilo nella falange, e messa 
atira fiata in punto la fe' marciare contro il vincitore, 
di modo respingendolo che gli immortali a vicenda in- 
calzati dagli omeri da' Brieuiani diedersi bruttamente 



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LIBRO PRIMO. 3 7 

a gambe. II mio genitore intanto , lanciatosi i ufi a da 
principio nel mezzo de' barbari , colle sue valorose 
azioni e coli' abbattere animosamente chiunque gli si 
parava innanzi , sconvolto avea la parte dell' ordinanza 
da lui assalita; nè si ristette dall'ardito intraprendi - 
mento, confidando mai sempre nella coopcrazione del 
proprio seguito, che quando ebbe a sapere da ultimo 
la sua falange rotta, sperperata e messa in fuga. A 
tale annunzio scelti i più intrepidi infra guerrieri ivi 
presenti, e furono sei di numero, risolve di condurli, 
impnguate le spade, contro Brienio, e, trovatolo , di 
assalirlo valorosamente, fermo d'incontrare vittoria, 
o morte. Se non che da un soldato, di nome Teodolo 
ed antico suo domestico, fu distolto da cotanto intem- 
pestiva arditezza , e porto orecchio al consiglio di que^- 
sto fido, sano di mente e dalla styssa puerizia sua 
molto provalo individuo, abbandonò il pensiero d'un 
mal accorto cimento, e ritirossi un poco dall'esercito 
di Brienio , per raccogliere ed a sè chiamare i di- 
spersi e più valenti suoi militi; quindi si pone di nuovo 
all' impresa. Ma prima eh' e' desistesse nell' antedetta 
guisa dal fatto proposito gli Sciti avventatisi coutro de' 
Comateni sommessi a Catacalone-, ed agevolmente spa- 
ventatili con molto strepito e con barbariche grida li 
aveano posti in fuga. Nè paghi di ciò eransi volti al sac- 
cheggio, e quando furono ben carichi di preda si fecero 
indietro negli accampameli, donde erano venuti, per 
metterla in luogo sicuro. E desso vizio solenne degli sci- 
tici guerrieri, i quali non appena veggono il nemico in 
fuga, mal ferma tuttavia essendo la vittoria, dannosi a 



38 ANNA COMNENA 

rapirne le spoglie , pervertendo Pavidità loro , come si 
fu in allora , il buon esito della pugna. Imperciocché i 
vivandieri , i bagaglioni e tutto l'altro scrvidorame del- 
l' esercito per non patire molestie dagli scilici predatori 
si unirono alla estremità dell'ordinanza de' Brieniani 
combattenti , e fu tale e tanto il concorso di quelli in- 
trodottisi nella falange per evitare i barbari, che dal 
mescolamento degli ordini, dalla susseguente confusione 
de' bellici segni e dall'addensamento, oltre il dovere, 
delle file, addossatisi gli uni agli altri, ne derivò grave 
io. 

XIX. Mio padre, come fu da noi esposto, era già 
penetrato nello schieramento nemico , e v' andava di 
tutta possa combattendo allorché vide , trovandosi per 
ventura sul fatto , altro de' palafrenieri di Brienio con- 
durre a mano un destriero coperto di porpora e splen- 
didamente ornato di bardatura e freno d'oro , nè da 
lunge seguirlo gli armali di quelli spadoni solili rima* 
«ersi ai fianchi dell'imperatore (quale vantavasi Brienio). 
Ora non appena aocchiatili , copertosi il volto colla vi- 
siera dell' elmo , procede con impeto ed in compagnia 
degli antedetti sei militi ad incontrarli, ed atterrato di 
leggieri il palafreniere s'impadronisce non pur del reale 
cavallo, ma ben anche delle spade , e colla preda fur- 
tivamente s' arretra. Pervenuto quindi in salvo invia a 
mostrare da per tutto ii cavallo bardamentato d'oro e 
le spade che rin attuatisi di continuo presso V imperiale 
persona, comandando in pari tempo ad un sonorissimo 
banditore di annunziare qua e là per l'esercito la morte 
di Brienio. Tale stratagemma riuscì oltre ogni cre- 



scombugl 



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LIBRO PRIMO. 3 9 

dere vaptaggioso al gran Domestico mio genilore, con- 
riossiachè a quella voce riunironglisi di colla i vaganti 
disertori , e gl'immobili nello schieramento vennero in- 
corali a tenzonare con perseveranza. 

XX. In questa i combattenti cavalieri d'Alessio pre- 
sentarono un nuovo spettacolo, i quali attoniti per l'an- 
nunzio volgendo lor teste , mentre le cervici equine 
eran di fronte al nemico, rimiravano indietro, tenendosi 
lungamente e pieni di stupore in tale posizione. Di ve* 
rità fu cosa inaspettata perdessi il vedere quelli Sciti, 
che testé aveanli soprastanti da tergo, arretrati di mol- 
to , ed anzi solleciti della patria , delle famiglie e di 
tuli' altro che della guerra, starsene lunge da ambo gli 
eserciti ed intorno al raccolto bottino. Nè recava sorpresa 
minore il ripercotimento nelle orecchie loro del bando 
promulgante ucciso e tolto di mezzo Brienio , al quale 
annunzio dava fede la presenza del destriero condotto in 
giro colle imperiali insegne, non bastando le sole spade a 
testimoniare che quegli per la cui guardia eransi. appre- 
state fosse caduto unitamente ad esse in nemiche mani, 
e da queste morto. Il riferito avvenimento valse altresì 
alcun poco a propagare il felice successo delle imprese. 

XXI. Capitò di poi opportunamente laddove era 
mio padre una coorte di Turchi ausiliarii, i quali dopo 
avere da lui udito V esito dell' antedetta pugna , addi- 
mandaronlo ove si slessero i nemici , ed egli menatili 
su d' un poggio loro accenuavali quasi da vedetta. E 
colai vista chiaro indicava non andasservi troppo bene 
le cose , poiché li miravi alla rinfusa e fuor di propo- 
silo mescolati insieme (non ricomposta peranche l'or- 



4o ANNA GOMNENA 

dinanza), ed in perfetta quiete, come se, vittoriosi nella 
prima tenzone , dispregiatori del nemico e pieni di sè 
non avessero più che temere. II quale aspetto rincorò i 
socj grandemente costernati e per gli altri infortunj sof- 
ferti , ed in ispecie pel disertamento de 7 Franchi. Im- 
perocché quegliuo di essi appunto, i quali volle mio 
padre compagni nella battaglia, dopo la prima fuga de' 
nostri passati erano per più riprese a Brieoio, e portisi 
a vicenda le destre (in conformità della patria costuman- 
za ), e scambievolmente obbligatisi fede , pochi da pri- 
ma, quindi altri, ed altri eranvi concorsi per attendervi 
la futura sorte delle armi. Tale sciagura, dalla fama pro- 
pagata sollecitamente nell'esercito, ridotto avea le cose 
a peggiori termini, essendo che, sua mercede, insinua- 
tasi la disperazione, veniva meno il coraggio agli Àles- 
siani e la costanza ai più valorosi guerrieri. 

XXII. Del resto osservatosi nelP antedetto modo Io 
stato de'nemici tanto dai Turchi di fresco venuti, quan- 
to da coloro i quali erano di già con Alessio, questi, 
preso dal tempo consiglio , divide i suoi militi io tre 
.schiere, e fattene colà rimanere due, manda la terza ad 
assalire il nemico. I Turchi dunque non tutti ordinata- 
mente in un corpo, né obbligali alle file procedevano , 
ma alla spicciolata per torme inoltrando, a qualche di- 
stanza le più folte di esse l'una dall'altra , di maniera 
che per singole sorprendevano il nemico spignendogli 
contro i cavalieri , e cou densissimo saeltamento al- 
leviando il peso de' loro turcassi. Da tergo seguiva chi 
mediante solo un consiglio erasi cattivato tulli questi 
militi, Alessio mio padre, in mezzo ai fuggitivi suoi di 



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LIBRO PRIMO. 4« 
arma comunque, i quali a vanvera incontrati potuto 
avea lusinghevolmente a sè trarre. Intanto uno degli 
immortali di compagnia con Alessio , uomo di grande 
coraggio e fidante nelle sue forze insino alla temera- 
rietà , spronato fuori dell' ordinanza il cavallo , diritto 
sen corre a briglia sciolta ad affrontare Brienio stesso , 
e di tutto impeto piagagli di lancia il petto. Ma l'of- 
feso prima che il ferro, trafitto il torace, vie più af- , 
fondasse, spezzò di subito Fasta, e gittò a terra, 
stroncato per intero dalla sommità dell'omero, il brac- 
cio dell' ofTendilore , quantunque munito di ferreo 
bracciale. I Turchi iutanto gli uni dopo gli altri aom- 
bravano i Brieniani con assidui nembi di strali. Que- 
sti a rincontro , sebbene alcun poco intimoriti dal 
repentino assalimento, riunitisi tuttavia e procedendo 
ordinatamente schermivansi colP estremo di lor possa , 
e sostenevano il grave peso della mischia esorlandosi 
per vicenda a far pruova di bravura. 

XXI 11. Di poi così i Turchi come il mio genitore, da- 
ta una breve carica, ritiraronsi, fingendo appostatamele 
la fuga , e traendo a sè il nemico finché lo ebbero con- 
dotto negli agnati. Giunti di questo modo i fuggitivi al 
luogo dove si rimaneva la prima schiera, rivolta di subito 
la faccia, prendono a combattere gli inseguenti , e ad 
un determinato segno q ne gli no delle insidie , a foggia 
di calabroni, chi qua, chi là spronan lor contro, con 
altissime grida e continuo trai* d'arco, togliendo gli orec- 
chi col non interrotto fracasso, e con nembi di strali 
coprendo i corpi de' Brieniani. Questi allora dovettero 
necessariameute , incapaci di più resistere , farsi indie- 



ii ANNA COMNENA 

tro, costretti e cavalieri e cavalli per le gravissime fe- 
rite a cercare altrove maggior sicurezza; fatto dunque 
precedere il segno tutti volgono le spalle al nemico. 

XXIV. Ma Brienio, avvegnaché molto faticato dalla 
mal riuscita pugna, e ridotto da forze di gran lunga mag- 
giori a cedere, mostrò quanto mai sempre fosse valoroso 
ed a sé slesso presente, riguardando a otta a otta in- 
dietro, ferendo chi vernagli da presso, e non perdendo 
in conto alcuno di vista, in conformità dell'arte guer- 
resca, una decorosa e nobile ritirata , assistilo in essa 
dal fratello e dal figlio , amendue prodi coadiutori , le 
cui geste di quel dì, senza esagerazione affatto eroiche, 
sembrarono vero miracolo perfino ai nemici. Poiché 
mancate le forze al destriero di Brienio per le molte e 
lunghe corse , ora fuggitivo ed ora persecutore, in ogni 
direzione, e ritenutolo agli estremi di sua vita , il duce 
smontato a piede e colle redini in mano di moto pro- 
prio sfidò i due più fieri de' vicini Turchi, l'uno de 1 
quali avventògli un colpo d'asta; ma prima di portar- 
gliene altro più grave fu da lui ripercosso in modo che 
ebbene a un trailo balzata la mano coli' impugnato 
dardo per terra. Il secondo. intanto di essi Turchi saltato 
con mirabil destrezza dal proprio cavallo sopra quello 
di Brienio occupavane prontamente l'arcione, e il duce, 
possessore tuttavia delle redini , cercava indarno con 
gagliardissimo sforzo di montarne, piegandosi a mo' di 
serpe , il groppone , e precipitarlo a basso ; ma fallita- 
gli V impresa cangia consiglio , e lenta ferirlo di spada, 
avvegnaché pur ora inutilmente, di continuo rincontrati* 
do vigorosa resistenza. A furia di vibrar colpi in fine 



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LIBRO PRIMO. i3 
stancatagli la destra, ed uscito di speranza d'uccidere 
il suo antagonista , si gittò in mezzo alla turba de 1 cir- 
costanti nemici, i quali fattolo prigioniero e rettamente 
credendosi apportatori di rilevantissimo oggetto, lo 
condussero a mio padre non lunge di là , ed occupato 
nelPinfervorare la imperiale falange ed i Turchi a dar 
pruova di coraggio nella pugna. Mandato pertanto da 
prima Pannunzio della riportala vittoria , quindi eglino 
stessi gli presentarono P illustre prigioniero , il quale 
eziandio vinto appariva , del pari che testé nella lotta, 
agli altrui sguardi tremendo. 

XXV. Alessio di poi spedì Brienio senza guastarne 
gli occhi alP imperatore Botaniate , ed a torlo grandis- 
simo diremmo il contrario, essendo mio padre di tempera 
tale da non poter salire in furore, dopo la battaglia, con- 
tro il nemico, e da estimare le calamità dei prigionieri 
al disopra d'ogni vendetta^, che anzi largheggiava gran- 
demente secoloro d'ogni maniera di cortesie, d'invili, 
di regali e di altre affettuose dimostrazioni. E di que- 
sta piacevolezza in allora soprattutto diede pruova , 
con -suo pericolo, a Brienio, poiché avendolo accom- 
pagnalo per non breve tratto di via insino al luogo 

nomalo , col proposito di mitigarne il dolore, 

ed inspirargli fiducia d' un men triste avvenire , dis- 
segli : perchè , scavalcati , non adageremmo un poco 
i nostri corpi sulP erba ed alla sotloposta ombra, on- 
de godervi qualche riposo t Così egli ; ed il prigionie- 
ro , avvegnaché in quel tempo nulla potesse accogliere 
con lieto animo, attendendosi ad ogni momento la 
morte, e quindi fosse implacabile, simile ad un furibon- 



44 ANNA COMNENA 

do, riè per ancora suscettivo d'un pensiero di buona 
ventura , avendo la vita stessa in. odio , piegatosi 
non di meno alla costumanza de 9 servi , ed in ispecie 
di quelli fatti in guerra , i quali non sanno dire di no 
ai loro padroni, consentì all' udita proposta. Smontati 
dunque a piede ambo i duci, mio padre s'addormentò 
sopra un verde letto di folta gramigna , ma a Brienio , 
quantunque avesse appoggiato il capo alla radice d'un 
alta quercia agitante sua chioma, pure non comparve 
il dolce sonno (come direbbe il soavissimo poeta) a ten- 
tarne le luci. Ora tenendosi, egli supino, al vedere, al- 
zali gli occhi , una spada penzoloni dai rami e libero 
il luogo all'intorno da testimoni, sentissi animato dal 
pensiero, avendone tutta l'opportunità, di uccidere 
Alessio. Nè sarebbe ristato dal farlo se non saprei qual 
divina forza (e mi ricordo averlo udito soventi volle da 
lui) non vi si fosse opposta, la quale, in buon punto 
ammansandone il Gero cuore , lo persuase a rimirare 
mio padre con occhio benigno ed asperso di tenera 
compassione. Potrà quindi ognuno di leggieri compren- 
dere che il Nume con particolare sollecitudine vegliava 
la salvezza di Comneno, di quel prezioso capo vo'dire, 
cui fin d' allora con manifesta deliberazione promet- 
teva l'impero ed il romano scettro. Che se col tratto 
successivo Brienio ebbe a patire aspro ed inumano trat- 
tamento è uopo incolparne 1' atroce consiglio di col li- 
giani potentissimi a que' dì presso dell'imperatore, non 
avendovi preso menomamente parte mio padre. 

XXVI. Di questo modo giunse a buon termine la 
Brieniana spedizione sotto gli ordini del gran Domesti- 



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LIBRO PRIMO. 45 

co mio genitore , destinato dal nascer suo a non avere 
tranquillità ed a passare da uno ad altro cimento. E 
che tal sia j il barbaro Borilo , in intima amistade con 
Botaniale , si fé' ad incontrarlo fuori della città, e cupi- 
damente ricevuto dalle mani di lui Brienio ( poiché a- 
vea già bramosia di eseguire , come effettuò in appres- 
so , 1' accecamento di cosi illustre personaggio ) , gli 
, consegnò Pimperiale mandato di guerreggiare Basilacio, 
pur questi cintosi il capo del diadema , e mettendo in 
iscompiglio Poccidente con mezzi non inferiori di forza 
e pericoli a quelli de' Brieniani. Era costui per valore, 
presenza di spirito , ardire e forza al di sopra d' ogni 
altro dell'età sua. Fornito inoltre dalla natura di così 
grande ambizione da pretendere P impero , tratto a- 
vea al suo partito i più illustri magistrati , procuran- 
done i suffragj ora col discorso e cogli artifìzj , ora 
usando autorità e forza, poiché , fattosi quasi erede e 
successore di Brienio , avea in sè concentrato tutto il 
credito di quella causa, e la stima, il favore, gli affetti 
e la propensione degli amatori di novitadi. Pigliate 
dunque le mosse da Epidanno (i), capitale dell'Illirico, 
marciò infitto alla città de'Tessali soggiogando ogni 
cosa. Di per sè poscia creatosi ed acclamatosi impera- 
tore, e conducendo alP intorno, ovunque attagliatagli, 
un randagio esercito, era con plausi e voci festive accolto 
da quella rozza e militare adunanza, la quale, non 



(t) Così della dal re Epidanno , che la fabbricò ; ora è 
ciltà dell'Albania, e nomasi Durazzo. 



46 ANNA COMNENA 

comprendendo forma di vera lode, e coll'acurae del suo 
ingegno non oltrepassando i) senso e V apparenza , 
veniva attraila dalle inorpellale virtù e speciose qualità 
di lui, dichiarandole abbondevolmente degne della por- 
pora e del diadema ; uomo per verità da non {sgomen- 
tarsi di qualsivoglia impresa, e d'una gagliardia, agilità 
ed elevatezza della persona veramente singolari. Arrogi 
al detto una mente imperturbabile e parata ad ogni 
evento , aspetto e sguardo spiranti un die di regale , 
voce altitonante e formidabile , acconcia a riempire le 
orecchie di tutto V esercito, potendo con solo un grido 
animarlo alla pugna , o cessarne V impeto, o intimargli 
la fuga. 

XXVII. Ricco di queste doti, dono della natura e 
della fortuna , ed avente seco elettissime legioni, Basi- 
lacio occupò la città de' Tessali, come narrava. Laon- 
de vennegli spedilo contro mio padre, Alessio Comneuo, 
il quale, non altrimenti che fosse per combattere il gran 
Tifone (i), o il cenlimano gigante (2), mise a prova ogni 
sua bellica perizia ed arte, apprestandosi da forte e ma* 
gnanimo non meno che se dovesse affrontare un cimento 



(1) Quarto figliuolo di Tilano e della Terra, famoso gi- 
gante, il quale ebbe V ardimento di scacciare Io stesso Giove 
dal Cielo ; ma questi sdegnatosi con un fulmine il percosse, 
e per abbassarne la superbia misegli sopra il corpo il Mon- 
gibello di Sicilia , come narra Ovidio , o V isola d 1 Ischia , 
come Virgilio scrivea. 

(a) Briareo. Pur egli gigante, il quale avea , secondo la 
favola, cento braccia e cinquanta busti. 



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LIBRO PRIMO. < 7 

ed un nemico degni di sè. Non levatasi pertanto da 
dosso neppur la polvere dell" antecedente lotta, nè an- 
cora terse dal nemico sangue la spada e le mani , get- 
tasi con impeto, qual fiero leone, sopra questo Basii a - 
ciò digrignante i suoi denti. E 1 dà principio alla guerra 
coir occupare il fiume nomato da' paesani Bardaro, che 
scorrendo dai vicini monti della Misia, dopo aver cir- 
condato molti luoghi , ed infra essi quelli di mezzo a 
Berrea e Tessalonica, dividendoli in due parti, occiden- 
tale vo' dire ed orientale , va a metter foce nel nostro 
mare di ponente. Imperciocché sogliono i maggiori fiu- 
mi dopo aver colmalo gli antichi alvei , adducendovi 
colle frequentissime alluvioni tanta quantità di melma 
da rimanerne eglino stessi alla per fine esclusi , inon- 
dare nuove sedi e col declivo lor corso formarsi altre 
vie, lasciando tra' due alvei qualche distanza. Mio pa- 
dre , osservato ciò relativamente al Bardaro , colla sua 
militare scaltrezza sceglie appunto il luogo , munito di 
naturali fosse , infra Puno e Pallio fiume , per mettervi 
il campo , essendogli Basilacio distante non più di due 
© tre stadj. Sembra in vero che ambo i duci venissero 
nelP eguale determinazione onde a vicenda schivare e 
tramare le notturne frodi. In amendue i campi a simile 
i militi prendevano durante il giorno riposo ed i qua- 
drupedi cibo, e nelle ore notturne ognuno si (enea de- 
sto ed in accurata guardia. Tale sistema ebbe principio 
da Basilacio, suggeritogli o dalla propria furberia, o da 
qualche straordinaria inspirazione , e lo seguì anche 
Alessio la mercè di sua prudenza, acquistata col lungo e- 
sercifcio nel guerreggiare, e di sua naturale avvedutezza. 



48 ANNA COMNENA 

Di più avendo congetturato dall'indole del suo avversario 
e dalla vicinanza dei campi la probabilità che Basilacio • 
tramassegli una sorpresa notturna , al calar delle tene- 
bre* fa comando a tutti i suoi, cavalieri e fanti, di uscir 
seco armati e disposti come per dare battaglia. Ingiunge 
parimente che si lascino da per tutto nella notte accesi 
i fuochi nel campo , onde meglio conseguire il divisato 
scopo. Da ultimo pone alla custodia della vittuaglia 
e delle vestimenta abbandonate nel proprio padiglione 
un suo famigliare, il vecchio monaco Gioannicio , e va 
insiem coli 1 esercito a collocarsi in luogo assai lontano 
e remotissimo dalla vista del campo , attendendovi 
Torà di compiere il suo proponimento. Conciossiachè 
sospettando egli, come fu il caso, che durante la notte 
Basilacio irebbe ad assalirgli il campo, ed in ispecie la 
tenda, ove le accese lampane darebbero indizio che vi . 
dormisse in piena sicurezza il supremo duce , e quindi 
potrebbesi a tutto beli' agio imprigionare ,- dimorava 
negli aguati in espettativa di quanto prevedea} uè andò 
errato. 

XXVIII. A notte ferma pronloBasilacio con diecimila 
combattenti, pedoni e cavalieri, lanciossi nel campo, ed 
ovunque vedendo fuochi accesi, ed il padiglione del con- 
dottiero, più alto e largo d'ogni altro, risplendentissimo, 
vi si diresse di lutto impeto e con provocatrici e tur- 
bolente grida. Ma non comparendo giammai Alessio, nò 
centurione o tribuno, come pareva il caso, dai luoghi 
prossimani al padiglione , uon rimastovi tampoco un 
guerriero , e non appressandoglisi che pochi sordidi 
ed abbietti individui del basso servigio, vie più gridava 



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LIBRO PRIMO. 49 
a tutta gola chiedendo ove stesse quel balbuziente, noma* 
to cosi da lui per ischerno il gran Domestico. E di verità, 
sebbene mio padre avesse un favellare sciolto ed anche 
fornito di qualche naturale facondia, la sua lingua tut- 
tavia lievemente s' impigliava uel proferire 1' R, e scor- 
rendo agevole per tutte le altre lettere , all' incontrare 
questo decimo settimo elemento (i) v'impuntava soffer- 
mandosi un poco. Basilacio. dunque, pigliato da questa 
imperfezione motivo di oltraggiarlo, iva gridando: il bal- 
buziente , ed in pari tempo ricercando , rimestando e 
sconvolgendo ogni cosa, forzieri, mense, vasi, ed infino 
lo stesso Ietto di lui per tema non vi si tenesse ascoso 
al disotto. Non di meno tratto tratto volgeva i suoi sguardi 
a Gioannicio (tale il uome del cenobita custode del pa- 
diglione di Alessio , la cui madre erasi data premura 
grandissima che ogni qual volta egli si partiva coli' e- 
sercito avesse di continuo al lato, in qualità di famigliare, 
alcuno de 1 più venerandi mouaci , ed il pio figlio se- 
condò la materna volontà non solamente ne 1 primi tempi 
di sua giovinezza , ma eziandio negli anni contigui alla 
virilitade, vo'dire all'epoca del suo matrimonio). Basilacio 
dunque assiduo nell' importunare Gioannicio colle sue 
interrogazioni, mentre ponea sossopra il padiglione del 
supremo duce scompigliando, arrovesciando ed investi- 
gandone tutte le suppellettili , niente meno che se 
avesse nell'animo d'indagare chi nascondeasi nell' Èrebo 
(il che Aristofane espresse con una semplice parola (a)), 



(i) ?* (R). Lettera decima settima dell'alfabeto greco, 
(a) 'Bpi/ 8 **'* 

Anna Co amerà. 4 



5o ANNA COMNENA 

così proseguì nelle sue indagini e diligenti ricerche iti- 
finoattantochè, sempre fermo Gioannicio nel dichiarare 
essere il gran Domestico un'ora prima uscito del campo 
con tutto l'esercito, si persuase di aver preso un solen- 
nissimo granchio, e cambiata all' istante favella : Siamo 
errati^ esclamava, o commilitoni, la guerra ed il cimento 
sovrastanti al di fuori. Nè avea ancora terminato 
queste parole che, al ritirarsi dal campo unitamente alle 
truppe , gli si fé' incontro e addosso mio padre Co- 
mneno Alessio, precèdendo pieno di coraggio la falange, 
con pochi de 9 suoi. Qui sol uno de' nemici , memore 
. della militare disciplina , mostrossi a comporre gli or- 
dini ed a richiamare gli sbandati. Dico sol uno, poiché 
gli altri tutti distolti dalla brama di predare mandavano 
ad effetto la speranza di mio padre , il quale a bello 
studio abbandonato avea il bottino del campo all' avi- 
dità de' barbari , acciocché , occupati nel raccoglierlo , 
addivenisse più agevole , all'entrarvi egli di furia co' 
suoi, l'ucciderli e sbaragliare. Alessio intanto pigliando 
sospetto , così per P altura della persona , come per la 
forbitezza delle armi, che ai riverberanti raggi degli astri 
ottimamente tramandavano blando splendore, non quel 
uno sforzanlesi di ricondurre all'ordine tutte le proprie 
genti fosse Basilacio medesimo, gli si accostò da presso, 
e con forte colpo fecegli cadere in terra la destra mano 
ed il ferro da lei impugnato; que' pochi in allora, i quali 
indotti dall' autorità e dalle esortazioni di lui aveano 
cominciato ad attelarsi, sopraffatti da gravissimo ten ore, 
novamente si dispersero: del restante quegli non era il 
vero Basilacio, ma altri chiarissimo de' suoi famigliari , 



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LIBRO PRIMO. 5i 
nè per coraggio ad esso inferiore. Comneno dà poscia 
addosso con ogni sorta di violenza ai trepidanti, per- 
colendoli da lontano colFarco, lauciottandoli da vicino, 
e spaventandoli a furia di grida ; col favor delle tenebre 
li rabbuffa , e si vale del luogo , del tempo e di mezzo 
comunque ad istrumento della vittoria, ponendo accon- 
ciamente in opera tutti gli oggetti giusta le proprietà 
dalla natura loro accordate. Oltre di che quanto più 
riempiva di confusione e terrore i nemici , tanto mag- 
giormente lo rimiravi tranquillo , col suo senno e col- 
P acume della sua intrepida mente tener Poccbio a che 
che sia, distinguere quanto appresentavaglrsi, essere di 
tutto memore, e di tutto curarsi, anche de' singoli indi- 
vidui , con soprabbondante premura; incalzare i fuggi- 
tivi se nemici, racquistarli se imperiali, senza cader mai 
in fallo, tra quel grandissimo perturbamento, sbagliando 
assisa , volto , o voce ; nè Ga discaro che a mostrare la 
prontezza del suo intelletto nelF osservare e dirigere le 
menome faccende stesse ne riferiamo qui alcuni esempj. 

XXIX. Aveavi un Gula cappadoce, Gdo servo di mio 
padre, pronto ad alzar le mani, e di un ardire al di là 
nei pericoli della guerra. Questi aocchiato avendo Ba- 
silacio , e ben lo conoscea , gli avventa un forte colpo 
sopra l'elmo-, se non che a lui eziandio sorvenne il caso 
dì Menelao, alle prese con Paride, andandogli la spada 
in tre o quattro pezzi , non rimasene che P elsa nella 
sua mano. Alessio vedutolo in tale stalo, lo sgridò acer- 
bamente, incolpandolo d' infingardaggine, siccome colui 
che si fosse lasciato portar via il ferro j ma egli si giù- 
slificò e ricouciliossi col suo padrone, mosti audogli Pim- 



■ 



5i ANNA COMNENA 

pugnatimi tuttavia dalla mano pendente. Un altro ma- 
cedone a simile, di nome Pietro e di soprannome Tor- 
nicio, avvenutosi nel mezzo de' nemici, n' andava occi- 
dendo molti, poiché la costoro falange si trovava all'o- 
scuro, durando peranche la notte, di quanto accadeva. 
Comneno osservata quella moltitudine ferma nel com- 
battere vi si lanciò con furia contro , occidendone chi 
gli si opponeva, quindi tornato a' suoi procacciava che 
tutti dessero opera a quanto era per imprendere, quelli 
da presso chiamando colla propria voce e mano, e spe- 
dendo messaggieri agli arretrati e lontani onde avvertirli 
che mentre egli dava dentro alla nemica falange lo 
seguissero di colta. In tale frangente , per dire tutto 
con brevità, uno dei Galli sotto le imperiali ban- 
diere, uomo pieno di coraggio e spirante guerra, veden- 
dolo per r antedetto divisamente» ritirarsi dal mezzo de' 
nemici , impugna la spada , bagnata e fumante di fre- 
sco sangue, credendolo probabilmente uno de' barbari, 
gli corre contro di tutta possa, e Io ferisce vicino al 
petto, e per poco nou lo scavalca. Ma egli tenendosi 
ben fermo in arcione , e chiamando per nome il mi- 
lite lo minaccia che gli farebbe saltar via la testa; se 
non che P offenditore coli' addurre a sua discolpa e ad 
impetrar perdono di sua reità la notte e queir orribile 
parapiglia, scontò la pena dell' imminente morte. 

XXX. Nella mattina del seguente giorno, pervenu- 
to il sole sopra l'orizzonte, i tribuni ed i duci di Basila* 
ciò si travagliavano pieni di sollecitudine a richiamare 
le truppe loro dalla preda , bramosi di riordinarle e di 
ricomporre la falange. Il gran Domestico in cambio , 



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LIBRO PRtMO. 53 
ntlelati di già i suoi , dirigevasi ad un nuovo assalto , 
quando taluni degli Alcssiani , da lunge rimirato aven- 
do altri de' militi nemici, erano proceduti con violenza 
grandissima a combatterli , e riusciti a disperderli e 
porre in fuga menavanne al duce loro alquanti pri- 
gionieri. In cotal mezzo Manuele, fratello di Basilacio, 
asceso un colle a piena gola incoraggiava i suoi gridan- 
do: Questo giorno è giorno e vittoria di Basilacio. Al 
che un Basilio di nome e di cognome Curlricio , fami- 
gliare e compagno del Brieuio Niceforo testé rammen- 
tato , uomo ardito ed intrepido ne' cimenti , partitosi 
dallo schieramento di Comneno salì quel colle. Manuele, 
vedutolo , muove ad incontrarlo a briglia sciolta , con 
tremendo cipiglio e colla spada in pugno \ ma Curtricio, 
anzi di bastone, penzoloni dalla sella, che di spada, col- 
pitolo fortemente in su la testa di botto lo scavalca , e 
fattolo prigioniero lo presenta come una spoglia a mio 
padre. Quindi tutte le rimanenti truppe di Basilacio 
dopo breve resistenza voltarono le spalle, primo il duce 
stesso a fuggire, e giunte a Tessalonica, perseguitale 
ognora dal nemico, i cittadini le accolgono, chiudendo 
le porte agli imperiali. Un tal procedere non isgomentò 
punto mio padre, il quale, senza svestirsi PusbergO, senza 
deporre P elmo , lo scudo e la spada, tosto preparossi 
a batterne le mura , e minacciò del saccheggio i citta- 
dini. Ma poiché bramava di prendere vivo e -servare Ba- 
silacio , stabilì di venire agli accordi seco mediante il 
cenobita Gioannicio, uomo di specchiata virtù, colla 
promessa che arrendendosi non patirebbe molestia al- 
cuna. Sordo Basilacio alla proposta, i Tcssalouicesi, zc- 



■ 



54 ANNA COMNENA 

lanti delle cose loro e temendone il saccheggio, aprirono 
le porte a Comneno , e Basilacio, uditone, passò dalla 
cìtlà nella rocca. Mandategli novamente dal gran Do- 
mestico le medesime condizioni, ebe non andrebbe, ri- 
peto, soggetto, cedendo, a gastigo comnnque , egli non 
volle sentir di pace ; macchinava in cambio sortile e 
certami, niente del tutto potendo le angustie del luogo 
e di quanto lo attorniava temperare lo stato dell'ardita 
sua mente , e la fermezza del suo valoroso petto. Se 
non che alla fine , cospirandogli coutro tutti gli abi- 
tatori e tutte le guardie della rocca , fu levato a forza 
di là, e consegnato, resistendo in vano, a mio padre; il 
quale inviò di subito un messo ad annunziare il prospero 
evento all' imperatore , dovendo egli rimanere ancor 
qualche tempo in Tessalonica per ordinarvi le pubbli- 
che faccende, e quindi tornare in patria ricco d* una 
splendida vittoria. Laonde quelli che per sovrano co* 
mandamento erangli camminali incontro lo raggiunsero 
intra Filippi ed Aofipoli, e presentatigli in iscritto i vo- 
leri di lui, si andò, obbedienti ad essi, a cavare gli 
occhi a Basilacio presso ad un luogo detto Clempina e 
ad una fonte , che dalP avvenlulovi nomossi e tuttavia 
nomasi fonte di Basilacio. Questa fu la terza fatica 
superata, alla foggia d'Ercole, dal grande Alessio pri- 
ma di ascendere il trono; né andrebbe certamente 
errato chi raffrontasse Basilacio al cinghiale d'Erinian- 
to (i), e mio padre al valorosissimo figliuolo di Giove 

(i) Ora Dimizana, monte, fiume e castello in Arcadia , 
ove da Ercole, prole di Giove ed Alcmena, fu domato il 
cinghiale, e portalo su gli omeri v'ito ad Adrasto. 



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LIBRO PRIMO. 55 

e di AIcmena. Tali furono le gloriose ed illustri sue 
imprese avanti di giugnere al supremo potere, ed eb- 
bene in premio dal sovrano P onoranza di Sebasto (i), 
acclamandolo siffattamente nel mezzo del senato. 

XXXI. Siccome ne' corpi mal fermi in salute le 
malattie non derivano sempre dalle stesse cagioni, ma 
talora dai succhi interni non bene assimilali, o da una 
disordinata abbondanza di umori, ed altre volte hanno 
esse origine dal concorso di cause circostanti , o dallo 
smodato uso di cibi insalubri, così di que' tempi la ro- 
mana repubblica ora si procacciò da sè stessa nel suo 
interno letali morbi , dir voglio i prefali Urselj , i Ba- 
silacj e quanti altri bannovene da essere annoverali 
nella moltitudine de' tiranni fervente in allora ; oltre 
poi cosiffatti sconcerti interni, ella soggiaceva parimente 
ad esterne sciagure, costretta a piegare il capo sotto 
fieri, molesti e barbari tiranni d'altronde venuti. Morbo 
insanabile di tale specie e d' irreparabile rovina dirò 
quel famoso campione di tirannica demenza, Pallerò ed 
assai polente Roberto , il quale , in mia fe , ebbe a ma- 
dre la Normandia , ed a levatrice e nutrice furberia e 



(i) Titolo eli sommo pregio nella constantinopolilana reg- 
gia, il quale solcasi conferire ai più stretti di sangue col- 
P imperatore, e significa venerando principe, o reverenda 
potestà. L' insignito di esso non di meno era un grado infe- 
riore al Despola, altro titolo di cui venivano decorali i figli 
stessi delP imperatore. Quindi era, secondo il Butingero, la 
lerza dignità dell' impero constantiuopolilano : Imperatore i 
Despota, Sebasto (Ztflws , veneratione dignus , augnstus), , 



56 ANNA COMNENA 

malizia d'ogni falla. Ma l'impero stesso armò e provocò 
a suo danno questo nemico mediante un improvido e 
mal accorto parentado , unendo insieme individui per 
natura incompatibili, Greci con barbari, nostrali con 
{stranieri , ond'ebbe a prole dal non lecito ed infelice 
matrimonio una sanguinosa e mortifera guerra. Di così 
grave male poi è mestieri accagionare V imprudenza 
dell'imperante a qu e' giorni, Michele della famiglia 
dei Duca, propagatore della schiatta donde trasse, dal 
materno lato , origine la mia. Del resto qui addimando 
la permissione , o piuttosto a diritto V assumo , di ri- 
prendere, occorrendo, eziandio coloro , i quali hanno 
meco vincoli di consanguineità, o di parentela, e certa- 
mente infiuoattantochè mi occuperò nel pubblicare 
senza frode la verità , fattami legge di questo intendi- 
mento e dovere , opino di pormi a riparo da ogni ri- 
chiamo in proposito di qualsivoglia persona. Or bene il 
prefalo imperatore Michele Duca unì in matrimonio al 
proprio figlio Conslantino la figliuola di questo barbaro, 
nozze sorgenti d 1 affannose sciagure e di pretesti ai ne- 
mici per rompere la pace, e provocarci ad una orribile 
guerra. Ma intorno a Conslantino, prole di Michele, 
a 1 suoi patti nuziali ed a quanto ha relazione con la 
contralta barbarica parentela , come pure ai delinea- 
menti ed alla statura del giovane mi riservo a parlare 
in più acconcio tempo, allorché, intendomi, lamen- 
terò le mie sciagure (o vero sia terminalo che abbia di 
esporre le cose riferenlisi a tale congiuuzione), tulli i 
mali che ne ridondarono, e le ultime stragi del barbaro 
esercito coll'cstreroa roviua della normannica tirannia, la 



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LIBRO PRIMO. 5 7 
cui forza e potentissima audacia Michele Duca volse 
sconsigliatamente contro il romano impero coli' aderire 
alle antedette nozze. Se non che, facendomi più indie- 
tro col discorso , innanzi tutto indicherò i principj di 
Roberto, donde egli abbia tratto origine, quanto il suo 
patrimonio si fosse, ed a qua! alto grado di potenza una 
serie, o, per meglio dire, un fortuito accozzamento di va- 
riati eventi lo abbiano condotto, e, per esprimermi più 
religiosamente , infino a qual punto la divina provvi- 
denza abbiagli permesso di giugnere , accordando con 
saggia dissimulazione alle costui maliziose geste ed arti 
un prospero successo. 

XXXII. Roberto fu di patria normanna, di bassi 
natali , d' indole tirannica , d' animo astutissimo , forte 
di braccio, rimirante con avido sguardo le ricchezze e 
le felicità degli ottimati, d'insuperabile violenza, e d'in- 
vincibile fermezza nel tener dietro a' suoi concepi- 
menti , allorché ostinavasi di mandarli a buon fine. 
Era poi di così elevata statura da non avervi, neppure 
a fronte degli altissimi, chi Io agguagliasse; la sua pelle 
tendeva al rosso , la chioma al biondo ; larghi avea gli 
omeri, e luci tanto vive che di vero sembravano scintil- 
lanti. Nella rimanente conformazione delle sue membra 
inoltre, laddove si conveniva prolungamento maggiore 
lo vedevi , senza trascorrere i giusti limiti , disteso \ e 
dove Puso e la proporzione delle forme addomandavano 
ristringimento l'avresti detto lavoralo al tornio dalla na- 
tura con certo qual artifizio da renderlo maravigliosa- 
mente disposto ; tale infine dalla pianta dei piedi alla 
sommità del capo , siccome ricordomi avere udito da 



58 * ANNA COMNENA 

molti conoscenti suoi per veduta , che indarno sareb- 
besi attentato di scoprire in lui il più piccolo neo, e dò- 
vellosi quindi ritenere quasi un ideale concetto. In quan- 
to alla voce, Omero per verità rammenta di Achille che 
parlando si pareva agli astanti udir voce di tumultuante 
volgo} ma le costui grida, come udimmo, avrebbero 
atterrito e messo in fuga miriadi intiere di persone. Do- 
tato di colanti pregi dalla natura , dalla fortuna e dal- 
l' indole dell 1 animo, era ad uno zelantissimo della pro- 
pria libertà, ed affatto alieno dal soggettarsi a chiunque, 
o dal prestare servile omaggio, carattere, dicono, delle 
grandi menti, avvegnaché umiliate dall' abietta lor con- 
dizione. Recatosi dunque a noia di vivere altrui som- 
messo abbandona il luogo natale , la Normandia , con 
cinque cavalieri e trenta pedoni al tutto , e va con essi 
ad occupare le foreste e le spelonche intorno ai disviali 
monti lombardi, ove, posti a ruba i viandanti, prov- 
vide sè stesso ed i suoi di cavalli, pecunia ed armi. 

XXXIII. Tali furono i principi e rudimenti del vi- 
ver suo contaminalo di stragi e di umano sangue. Quivi 
lungamente soggiornando vennelo a sapere Guglielmo (1) 
Mascabele, signore in allora di gran parte delle regioni 
adiacenti alla Lombardia, il quale raccogliendovi copiosi 
annuali tributi valevasene ad alimentare molle truppe, e 
ad acquistarsi con ciò larga rinomanza d'illustre potente. 
Questi avendo inteso levarsi a cielo le prefate doli, così 
dell' animo come del corpo, di Roberto, risolve impru- 
dentemente, e ne fe' pruova l'esito, di amicarselo per 



(i) Testo: riAiiA^cir Gcglielmo. 



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LIBRO PRIMO. 5g 
via di parentado. Impromettcgli dunque una delle sue 
figlie , e compiutesi dopo breve tempo le nozze vivea 
beato per gli stretti legami con un genero di cotanta 
forza ed esperienza nelle cose di guerra. Che poi l'ani- 
mo suo ne fosse oltremodo contento lo mostrò ad evi- 
denza cogli splendidissimi doni falligli , ceduto avendo 
a titolo di dote insiememente con più altre generosis- 
sime largizioni una delle sue città, ben lunge dal ripor- 
tarne tuttavia gli sperati e ben meritevoli frutti. Con- 
ciossiachè Roberto presto addivenuto invidioso del suo- 
cero cominciò a macchinargli contro, represse non di me- 
no il suo mal animo insinaltanlochè non videsi a bastanza 
forte. Ma non appena ebbe triplicato il numero de' suoi 
cavalieri e duplicalo quello de' fanti, sentendosi già for- 
uito di abbondanti armi , si leva la maschera e con a- 
perta e libera sfacciataggine dà principio agli assalimenti, 
piede innanzi piede procedendo in essi, e seminando e 
facendo sorgere gli uni dagli altri i pretesti delle sue 
nimicizie ; vero mascagno artefice di gittar semi da cui 
mietere contese e guerre. Ma dappoiché tanto per 1' e- 
sperienza, quanto pel numero de' suoi militi , rimpetlo 
alle schiere dell' avversario , e' riconobbesi di leggieri 
inferiore onde venire seco lui ad aperte gare , sapen- 
dolo uomo fornito di molle ricchezze e di copiosis- 
sime truppe , vollosi agli inganni , tornagli amico fin* 
gendo pentimento del testé operato } né cessa intrat- 
tanto dal tramargli insidie per giugnere colla buona riu- 
scita loro e colla frode a spogliarlo d'ogni podestà e di 
tutti i suoi beni e diritti. Fallosi pertanto a chiedere 
pace e riconciliazione domanda sia stabilito di comune 



60 ANNA COMNENA 

accordo un giorno ed un luogo per acconciarsi di pre- 
senza sopra ogni controverso punto. Mascabele, aman- 
tissimo della propria figlia , con giubilo accolta la spe- 
ranza di ricuperare il genero, condiscende come che sia, 
giusta il piacere di lui, al colloquio, e Roberto passa alla 
scelta. 

XXXIV. Aveanvi due colli estollentisi pressoché alla 
medesima altezza , e 1' uno di contro all' altro , il cui 
suolo nel mezzo essendo palustre e folto di arbuscelli 
e fruttici si reputò da lui idoneo agli aguati. Laonde 
quivi colloca quattro fortissimi e ben armati guerrieri , 
colPordine di tener 1' occhio dappertutto air intorno, e 
non appena lo avessero veduto alle prese con Mascabele 
dì correre subito in suo aiuto, sicuri di quanto passava 
in quel tratto di paese. Disposte colà non altrimenti le 
cose, il frodolentissimo Roberto non pose truppa co- 
munque sul colle fissato per venire ad un abboccamento, 
destinò invece, per V altro, a sua difesa, quindici cava- 
lieri e cinquantasei fanti , comandando loro di ascen- 
derlo e prenderne possesso, comunicato soltanto a po- 
chi dei principali tra essi ed in compendio il suo divi- 
samento, e prescritto in particolare ad ognuno di por- 
tar seco le proprie armi, lo scudo, Telmo e la scimitarra, 
onde senza indugio valersene all' uopo , ed unitamente 
ai quattro acquattali a basso prestargli assistenza al pri- 
mo segno di zuffa con Guglielmo. Questi per nulla sa- 
pevole delle ordite trame recasi nelP appuntalo giorno 
al sito indicatogli , e miratolo da lontano procedere 
alla sua volta , va ad incontrarlo affettuosamente , e 
lo reputa degno di saiuto c di cordiali amplessi. E' 



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LIBRO PRIMO. 61 

poscia giungono alla stazione destinata pel congresso , 
laddove P apice del colle comincia a declinare , e con- 
sumatovi qualche tempo in isludiati discorsi , Roberto 
si fa a dire .'Perchè, scavalcati, non ci adagiamo a con- 
fabulare sedendo sulP erba? Mascabele, tutto bonarietà, 
v' assente, ed imitando Roberto, disceso il primo, si as- 
side per terra, sostenendosi col cubito il capo e prose- 
guendo il discorso, intanto che I' altro , raddoppiale le 
sue menzognere ed officiose parole , prometlegli eter- 
na fede , e chiamalo più e più volte signor suo. I se- 
guaci di Mascabele poi , dal modo in cui vedevanli 
così famigljarraente ed amichevolmente adagiali , argo- 
mentando che andrebbe alle lunghe il colloquio , salta- 
rono giù pur essi d' arcione , e sentendosi alcun poco 
molestati dalla fame, dalla sete e dal caldo, giunto il dì 
al meriggio, pigliarono dal vertice del colle, battuto dai 
raggi solari , ov 1 eransi fermati , a discendere nelP om- 
brosa valle, e quivi taluni di loro, raccomandate le bri- 
glie de' cavalli ai rami degli alberi, si giacevano sul ter- 
reno a godere di quella frescura , ed altri si diressero 
alle proprie case. Tale operarono costoro} ma Roberto, 
pieno la mente del concepito misfatto, allorché lo giu- 
dicò a maturanza, cangiatosi tosto di voce e di volto, e 
ad un placido e sommesso sguardo fattone succedere 
altro tutto fuoco e sangue, osa eziandio porre le mani 
addosso al suocero, il quale ripone medesimamente ogni 
sua difesa nel braccio: nasce quindi una riotta, in cui 
sospingendosi con variati sforzi Pun Patirò per la china 
del colle, voltolaronsi eutrambi precipitosamente alPe- 
stremità di essa. I quattro guerrieri negli aguati non ap- 



62 ANNA COMNENA 

pena osservato quel certame, trattisi fuori della palude, 
frettolosi accorrono contro a Guglielmo, ed agevolmente , 
trascinanlo presso i cavalieri di Roberto , in attesa , 
come dicemmo, sopra V altro colle, i quali a simile 
rimirata da lunge la zuffa , di già avacciavansi per la 
declività del monte di raggiungerli. Ora i compagni di 
Guglielmo, lardi accortisi della frode, avauzano pur e* 
glino quasi vendicatori dell 1 offeso padron loro, se non 
che Roberto salito in arcione , copertosi colla celata , 
brandendo ferocemente V asta , e protetto dallo scudo 
piglia a combattere uno di essi e , feritolo , morto 
lo atterra, cessando così la foga dei compagni di lui, e 
distogliendoli dalla speranza di salvare il proprio signore. 
Eglino dunque all' istante, e vie meglio spaventati dalla 
vista de' cavalieri di Roberto che inoltravano colle mi- 
naccevoli aste lor contro , diedonsi a gambe. Il perchè 
Mascabele , qual misero prigione in ritorte , vien con- 
dotto via impunemente , e rinchiuso nella stessa città 
da lui ceduta, in dote della figlia, all'egregio suo genero, 
questa città così accoglieva in allora, sotto la vigilanza 
della guernigione, il signor suo , donde fu meritamente 
Frurion appellata, come dire presidio o rocca. 

XXXV. Ora nulla vieta il compiere la narrazione, 
di quanto rimane da esporsi intorno alla crudeltà di 
Roberto. Fattosi costui padrone del suocero gli svelle 
ad uno ad uno tutti i denti profferendo all'estirpazione 
d'ognuno di essi certa dismisurata somma di danaro, e 
costringendolo ad indicargli ove questa rinvenire si po- 
teva. Da ultimo, insiem coi denti esausto il danaro, se 
la prende cogli occhi cavaudoglieli barbaramente. Ar- 



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I 

LIBRO PRIMO. 63 
ricchitosi con tale spoglio accrebbe di giorno- in gior- 
no, mercè nuovi ingrandimenti, la sua potenza , aggiu- 
gnendo ciltadi a cittadi , danaro a danaro , sicché in 
breve tempo ebbe mezzo di ascendere alla ducale ono- 
ranza, intitolandosi duca di tutta la Lombardia. Per la 
qual cosa vie più suscitossi la generale invidia, che non 
di meno egli colonnata e consueta sua prudenza potè 
a beli' agio placare , ora con adulazioni e menzogneri 
omaggi adescando i più potenti degli avversaria ora di- 
sarmando con doni e liberalitadi in ispecie i plebei in- 
sortigli contro; tal volta poi, ove non arrivava Parte, 
adoperando la forza ed assalendo colle armi; finalmente 
quando con queste , e quando coli' acume del suo in- 
gegno s' appianò il sentiero per divenire stabile padrone 
della Lombardia, e di tutta la contigua regione. Di più, 
sempre intento col pensiero a cose maggiori , ed esli- 
mando la presente sua elevazione siccome grado per a- 
scendere ad altra bramata , osò ben anche aspirare al- 
l' impero de' Romani , valendosi della riferita opportu- 
nità per cimentarsi ad un tale passo; vo' dire la paren- 
tela che V imperatore Michele, né saprei con quale di- 
visainento, seco lui contrasse , accordando in matrimo- 
nio Costantino suo figlio alla pulzella , nomata Elena, 
del tiranno. 

XXXVI. Al rammentare poi questo giovincello torna 
l'animo mio a forte commoversi e la ragione a contur- 
barsi. Non uscirò tuttavia del proposito, nè qui inop- 
portunamente frammescolerò quanto lo riguarda, riser- 
vandomi a farlo, come diceva, in altro più adallo luo- 
go; ma pure non so temperarmi ora in passarne con si- 



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64 ANNA COMNENA 

letizio, sebbene conosca intempestivo V esporre come il 
giovinetto modellato si fosse a campione di bellezza dalla 
natura) adoperandovi costei tutto il poter suo nelP ese- 
guirlo^ anzi vie meglio dichiarerollo delle mani del Nume 
eccellentissimo lavoro, dal quale poteasi argomentare 
V industria dell' artefice , obbligato ognuno , al primo 
gittarvi gli ocebi sopra rimaso attonito, ad asserirlo ve- 
rissima propagiue dell' aurea generazione favoleggiata 
dai Greci, tanto in lui rifulgeva l'attraente forza d'un'as- 
solutissima bellezza. Nò lo scorrimento dei molti e molti 
anni da che più noi mirai giunse infin qui ad affievo- 
lire o cancellare nel mio animo così grande avvenenza, 
di guisa che neppur qui émmi dato il rammentarlo senza 
effusione di abbondanti lagrime. Raffreno tuttavia del 
mio meglio il pianto, serbandolo per gli acconci luoghi 
de' miei tempi, onde non iscon volgere l'ordine della 
storia mescendo insieme colla narrazione delle pubbli* 
che faccende le private lamentele delle proprie sciagure. 
Questo giovinetto , alcun poco di me più avanti negli 
anni, scevro da contaminazione comunque , prima che 
a' miei sguardi , s' appreseutasse il sole venne fidanzato 
ad Elena di Roberto. Erausi convenuti parimente infra 
di loro i conjugali patti, che, non oltrepassando i limiti 
d'una promessa, andarono in nulla tanto per la imma- 
tura morte di lui, quanto pel cambiamento della repub- 
blica, posti in obblio al salire in trono di Niceforo Bo- 
taniate ; ma , pur troppo accorgendomi di aver rotto il 
filo della mia narrazione, torno a rannodarlo. 

XXX VII. Roberto, da umili uatali pervenuto al sublime 
apice della fortuna, pensando nulla esservi al di là delle 



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LIBRO PRIMO. 65 
sue speranze cui non potesse aggiuguere colle ricchezze 
e colla forza onde vedevasi circondato , stabilì d' inda- 
gare se fossevi mezzo che lo conducesse a farsi eleg- 
gere imperatore de' Romani, e la parentela, di che te- 
nuto abbiamo discorso, lo fornì di speciosi pretesti per 
cominciare la guerra e le offese} come poi ne andasse la 
faccenda in doppio modo a noi venne dalla fama. Il 
primo e maggiormente avvaloratosi giunse , il confesso, 
alle mie orecchie come prendo a riferire: Un colai mo- 
naco di nome Rettore infintosi V impcrator Michele ri- 
parò a Roberto siccome ad affine e suocero di suo fi- 
glio , e lamentatosi delle sofferte caJamità gli addo- 
mandava soccorso , poiché questo Michele asceso il 
romano trono , spento Diogene , non avea potuto lun- 
gamente durarvi, balzato giù da Botamate, ribellatogtìsi 
contro , e costrettolo da principio a farsi monaco ve- 
stendone I 1 abito , cambiatolo poscia coli* arcivescovile 
talare e colla mitra. Che anzi divisato avea l'usurpatore 
di conferirgli perfino il pallio, a suggerimento di Ce- 
sare Giovanni suo zio, il quale osservala la vanezza di 
quel nuovo potente dottava non, addivenutogli sospetto, 
lo dichiarasse meritevole di sofferenze maggiori. 11 mo- 
naco adunque appellato Rettore, vero comico nel fin- 
t>cre altrui ed esperto negli inganni più di quanti mai 
verrebbero, mentì la persona di Michele, e sotto 
questa maschera presentatosi a Roberto nella qualità di 
suo consuocero lo fa partecipe dell'ingiuria cui dovette 
sgraziatamente soggiacere, vedendosi scacciato dal re- 
gio trono e ridotto a vivere con quell'abito ed in quella 
condizione } supplicavalo adunque, ricco essendo e po- 

AfWA CuMISEJNÀ. 5 



66 ANNA COMNENA 

lente , di fare le sue vendette contro Bolaniate; il qua- 
le commettendo la fellonia di ribellione avea offeso 
non solamente la persona di lui , Michele, ma ben an- 
che Roberto , di forza tratto avendogli il genero Co- 
stantino a parteggiare seco unitamente alla impera- 
trice Maria, e reso con tale scelleraggiue allo stato di 
vedovanza Elena sua prole. Il divolgamento in 6ne di 
questa nuova trasse agevolmente Roberto a moversi a 
sdegno, e a disporre tutto il bisognevole per guerreg- 
giare i Romani. Tali voci , come appunto sono da me 
riferite, ho inteso andare da per tutto intorno, né forte 
stupisco che abbianvi cotanto vili creature, le quali eoo- 
pransi della maschera, vantandosene impudentissima- 
mente, di personaggi per nascita ed onoranze illustri. 

XXXVUI. Altra voce poi , ed a vero dire più me- 
ritevole di fede, mi percuote d'ognintorno le orecchie, 
ed è che non avessevi monaco veruno contraffattore di 
persone, il quale, di sua posta usurpato i) nome del 
già imperatore Michele, ricorresse a Roberto ; frottole 
ed illusioni sono queste , nè ad altri vuoisi attribuire 
cotanta scelleranza che al tiranno medesimo fecondissi- 
mo artefice di studiate frodi. Egli stesso, a non dubitar- 
ne, concepita da gran tempo la brama di procacciarsi colle 
armi il romano impero, allorché vide a termine gli appre- 
stamenti per sì grand-opera incapace di contenersi, nic- 
chiava, macchinando intanto con tutte le forze di venir- 
ne furbescamente a capo. Conciossiachè ad un precipi- 
toso muover ingiusta guerra contro i cristiani oppone- 
yansi e molti de 1 principi suoi favoreggiatori , e la con- 
sorte stessa Gaita , i quali ogni volta che in lui scorgeva- 



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LIBRO PRIMO. 67 
no il pizzicore d' insultare al nome romano davanti in- 
cessantemente a dissuadamelo. Ora egli curaute dì 
trarli al parer suo mette in opera il seguente mezzo. 
Spedisce parecchi individui sapevoli de' suoi arcani a 
Crotone (1), soffiando loro negli orecchi che se rinve- 
nisservi qualche monaco disposto a passare dalla Gre- 
cia al limitare degli apostoli, e d'aspetto e conversazione 
adatto , giusta l'avviso loro-, a suoi macchinamene!, cer- 
cassero con mille officiosità di amicarselo , ♦ ad ogni 
modo glielo conducessero. Presentossi loro di fatto in 
buon punto il prefato monaco Rettore, uomo scaltro, 
e sommo nell' arte di fingere e dissimulare checché gli 
attalentava. Eglino pertanto, giudicatolo acconcissimo 
ai divisamenti di Roberto , mandano a costui lettera in 
Salerno (2), estesa giusta i suoi ordini, avvisandolo 
che il consuocero di lui Michele, scacciato dall'impero 
e profugo in Italia riparava in Crotone, bramoso di 
presentarglisi per averne assistenza. Roberto ricevuto 
il foglio e tenendolo in mano, come al momento aper- 
to, leggelo innanzi tutto alla moglie; quindi raccolti a 
consiglio i più illustri personaggi e d' alio affare della 
sua corte loro partecipa il contenuto in esso, e tutti 
prestandovi bonariamente fede convengono di non do- 
versi trascurare le sciagure d' un parente del signor 
loro, Questi allora , senza indugio, mandò chiamando 



(1) Città in Calabria, di ottima aria, ond'è venuto il 
proverbio: Crotone salubrùts per significare una cosa molto 
salutevole (R. di Napoli). 

(2) Citlà nel principato di Citra (R. di Napoli). 



68 ANNA COMNENA 

Rettore, il quale comparso con vesti e codazzo dicevoli 
alia persona da lui rappresentata , e non essendo in fe 
di Dio riè cattivo attore , nè obblioso , plausibilmente 
eseguisce in quel consistono col gesto, colle parole, col 
volto e portamento dell' abito la sua tragica parte, ad- 
ducendo che per opera del tiranno Botaniate vedesi 
privo del trono , della moglie e del figlio ; di più spo- 
gliato con ingiustizia somma della regia benda e del 
diadema posto aveangli in dosso la tonaca monacale. 
Il perchè, vittima di cotante offese , era costretto re- 
carsi loro innanzi nella forma di supplicante ; nè cosif- 
fatta esposizione del monaco Rettore, dettata da Ro- 
berto autore del dramma, era priva di eleganza } nè in- 
feriore ad esso per verità mostravasi Roberto nel porta- 
re fa sua parte, dichiarando apertamente che sembravagli 
degna azione il concorrere così egli come i suoi a riporre 
quest'uomo tanto]benemerito della sua persona sull'avito 
trono. Ornatolo dunque dello scenico apparato convene- 
vole a tale pompa, e' fingeva mai sempre di reputarlo me- 
ritevole dell'usurpatagli dominazione, del più elevato seg- 
gio c dell' onoranza sopra tutte grandissima; quindi nel 
discorso attribuivagli con istudio particolare i titoli 
proprj dell'antecedente sognata condizione. Quegli in 
contraccambio ora consolavalo del torto sofferto nella per- 
sona della figlia, ora esponeva che temperavasi dal ram- 
mentare tutte le sue sciagure pel rispetto dovuto al con- 
suocero, e per tema d'attristarne la pietà cotanto pro- 
clive a condolersi delle altrui disgrazie; ora finalmente 
in varie guise eccitava i conti e gli illustri duchi spetta- 
tori della farsa a guerreggiare senza uua minima esita- 



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LIBRO PRIMO. . 69 
zione i Romani, dal che ognuno di essi riporterebbe cu- 
muli di ricchezze, o per meglio dire monti d'oro. 

XXXIX. Con tale commedia indotta la persuasione 
negli animi de' presenti, e ricchi e poveri, ciascheduno 
a norma de' proprj desiderj, incoratisi a imprendere no- 
vitadi, Roberto si parte dalla Longobardia, o piuttosto 
seco traendo tutta la Longobardi*, e giunge a Salerno. * 
È questa la metropoli de' Melfii (1), ove celebrò le noz- 
ze delle due figlie tuttavia nubili (poiché la terza, come 
abbiamo esposto, vivea nella mestizia in Costantinopoli, 
addivenuta vedova infin dalle stesse prime sponsalizie, 
Pimpubere suo fidanzalo abborrendo e lei ed ogni men- 
zione di cosiffatto parentado come da' fanciulli sogliono 
detestarsi gli spettri e le mostruose larve)*, celebrò ivi , 
ripeto, le nozze delle due figlie , Puna con Raimondo, 
prole del conte di Barcellona (2), e P altra conEubulo 
pur egli nobilissimo conte. Procacciatosi non altrimen- 
ti le affinità di potentissimi personaggi, vantaggiose alla 
presente bisogna del guerresco apparato, da ogni selva 
raccolse prudentemente dardi, inducetido a prendere 
parte nella divisata milizia i Galli mercè la comunanza 
della stirpe, gli Spagnuoli e gli Italiani pel legame delle 
varie affinità , i sudditi suoi mediante la forza ed il co- 
mando, e gli altri con incredibili e mai più imagtnali 
artificj. Non è poi da passare con silenzio il perchè in 
allora i principi d'occidente lasciassero cotanto crescere 



(1) Regno di Napoli, Melfi ora capitale della Basilicata. 
{x) Città in Ispagna, edificata da Amilcare cartaginese per 
cognome Barca. 



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7 o ANNA COMNENA 

la pellegrina e dal nulla surta potenza di Roberto , ne 
permettessero allo sdegno ed ali 1 invidia, che infallan- 
temente portavaugli, di far pruova del poter loro onde 
sconvolgere ed abbattere questa nuova dominazione, 
fragile ancora ne' teneri suoi cominciamenti; nel che ap- 
parve ad evidenza un documento non comune della 
buona ventura di Roberto, uomo che la fortuna sopra 
tutti predilesse, e ad inalzarlo e dargli lustro impiegò 
sempre a larga mano il favor suo. Una grande contro- 
versia dunque levatasi infra il papa (i) della città di Roma 
(è questo un principato non inerme, cinto ovunque da 
truppe molte e valenti) ed Enrico re di Aletnagna di- 
stolse i principi d'ambi gli stali dall' opporsi agli ingran- 
dimenti di Roberto per la brama concepita da ognuno di 
essi di vederlo parteggiar seco ; in tspecie il papa, es- 
sendogli più da vicino, con maggiore speranza e broglio 
stndiavasi di guadagnare il Normanno alla sua causa. 

XL. Qui prendo a narrare i motivi della prefata 
controversia. 11 romano pontefice accusava Enrico di 
conferire non gratuitamente, come si volea, le chiese, ma 
di venderle per via di largizioni, e di promovere imme- 
ritevoli personaggi al sacerdozio ed ai vescovati. Il re 
alemanno di rimbecco incolpava il pontefice di avere il- 
legittimamente usurpato la posseduta dignità, essendosi 
intruso nell apostolico trono senza il suo consentimento. 
Neirimputargli poi questo demerito il re, mosso da collera 
e posto in non cale ogni rispetto verso il capo della chiesa», 



(i) Gregorio settimo inalzato al pontificato Fauno 1073, e 
morto nel 108 5. 



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LIBRO PRIMO. 7 i 
minacciavalo con fortissime parole di balzarlo giù igno- 
miiiiosamente dalla sede occupata, qualora egli di sua po- 
sta non V abbandonasse. Gregorio udito l' oltraggioso 
messaggio volse tutto il suo sdegno contro i legati di 
Enrico apportatori degli ordini sovrani. Fattili pertanto 
spietatamente vergheggiare, tolta loro con forbici la chio- 
ma , e con rasoi schernevolmente la barba , li deturpò 
soprappiù con altra foggia di crudele e barbarissimo vi- 
tuperio, schifo e brutto cotanto a dirsi che abborrisce il 
mio pudore} e la verecondia a femina ed a principessa 
convenevole dal profferirlo. Uua così grave scelleraggi- 
ne indegnissima non solo del ponteBce, ma di chiunque 
si dichiara cristiano detesto unitamente all'animo di chi 
osò concepirla e mandarla ad effetto, e se ne volessi piò 
distiutameute parlare contaminerei la penna e la carta (i). 
Mi fu uopo tuttavia di qui esporre in generale lo scon- 
. . . 

(i) Il lettore stia bene in guardia dall' accordar fede alle 
cose narrate con tutto Io scismatico livore contro la pontifi- 
cia romana Sede , e piò e più volte da scrittori autorevolis- 
simi notate di falsità. II vituperoso trattamento di cui fingonsi 
vittime i legati dell'imperatore Enrico non è che una men- 
zogna dei Greci scismatici pieni d'odio contro il primato del 
pontefice romano ed il celibato della chiesa latina. V. Da- 
vide Escbelio nelle sue note sopra questo luogo. Si aggiun- 
ge inoltre che nè il Brennone, ne il Venerico da Vercelli o 
Valtramo di Naumburgo, nemicissimi di questo pontefice (i 
quali certamente non sarebbonsi rattenuti dal metterlo in dif- 
famazione col propalare l'orrendo misfatto) se ne mostrano del 
lutto ignari. Il qui detto valga eziandio per altre consimili fan- 
donie iuserite nella presente istoria contro il papa ed il re. 



7 a ANNA COMNENA 

cissitno fatto non meno per comprovare infin dove la 
barbarica sfrenatezza giugnere possa, che per non man- 
care alla fedeltà ed ai doveri di cui è in obbligo la sto- 
ria, alla quale non è permesso di tacere così gli slraor- 
dinarj e prodigiosi eventi, come gli atti e le deliberazioni 
d' uu mostruoso ardire, oude V umana malizia siasi fatta 
per ventura esecutrice. E tale, a fe mia, operò un pon- 
tefice ; oh costumi ! Ch' è peggio ancora un sommo Ipou- 
tefice, V universale vicario di Cristo nel mondo intero; 
questi sono i titoli che i suoi latini reputandoli di lui 
proprj gli danno, anche in ciò, di conformità ad ogni 
altra arrogauza loro, mentendo. Conciossiachè dall'an- 
tica Roma trasportatosi lo scettro nella regale nostra 
città, e con esso il senato e tutte le onoranze e gli or- 
dini dell' imperio, vennevi parimente a mancare la pri- 
ma dignità del pontificato; senzachè dai precedenti no- 
stri sovrani il primato della chiesa fu aggiudicato al trono 
conslanlinopolitano. ed il siuodo calcedouese,- conformau- 
♦ * dosi alla prefata ordinanza loro, dichiarò essere la con- 
stantinopolitana sede a tutte le altre chiese superiore, ed 
a lei volersi ritenere soggette le diocesi e provincie del- 
l' intero orbe cristiano (1). Sembra parimente che Gre- 



ti) Ecco il Canone ventottesimo del citato Sinodo— Vr- 
bem, qua: et imperio et senatu honorata sit % et aequalibus cum 
aniiquissima regina Roma privilegiis fruatur^ et inni in rebus 
ecclesiasticis (eque ac illam ex folli ac magni fieri, secundam 
post illam existentem etc. Ed a questo Canone i romani le- 
gati si opposero dicendo pregiudicarsi eoo esso il patriarca 
Alessandrino, consideratosi ognora il primo dopo il romano 



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LIBRO PRIMO. 7 3 
gorio si desse tutta la premura onde far manifesto non 
doversi la superchieria praticata contro a' legati riferire 
alle persone loro bensì a quella dello stesso re, e per 
ciò, a cumulo di tutte le crudeltà delle quali furono vit- 
time que' meschini, imaginò pel primo V antedetto strano 
genere d'ingiuria a significare quanto stimasse poco e 
spruzzasse il re, cui mostrava, a foggia di semideo im- 
perversando colla ingiuriosissima turpitudine verso quei 
legati, disdegnarlo qual babbione. 

XLI. Il ponteGce con questa sua gravissima disisti- 
ma della regale persona essendosi tirato addosso una 
orribile guerra e paventando con V unione di Enrico a 
Roberto, pur questi in allora poco affezionato al papa, 
di non aver mezzi sufficienti da opporre ad ambedue in- 
sieme, risolvè di preoccupare con pronta riconciliazione 
e come che si fosse il duca. Sapevole adunque delP an- 
data di Roberto a Salerno, partitosi egli stesso da Ro- 
ma giugne a Benevento (1), e da quivi spediti legati a 
visitarlo ue ottenne di venire entrambi ad un abbocca- 
mento; laonde uscito di là il pontefice colle sue trup- 
pe, e Roberto di Salerno, accompagnato anch' egli da 
gente in armi, procedettero entrambi ad incontrarsi, 
e pervenuto il codazzo loro a fronte i principi gli 
comandarono di far alto } proceduti così da soli 
a colloquio strinsero confederazione , ratificandola 



pontefice. È mestieri dunque supporre che Anna Cooitiena 
non Io abbia letto, e ehe di pessima fede sieno stati coloro 
da cui vennele riferito in cotanto opposta guisa, 
(i) Reguo di Napoli, uel principato ulteriore. 



7 i ANNA COMNENA 

con vicendevole giuramento. Questo fu poi a un ili presso 
il tenore degli accordi: il papa conferirà nome e digni- 
tà regali al duca, e gli fornirà, occorrendo, troppe con- 
tro i Romani d'oriente. Roberto presterà il suo aiuto al 
pontefice, quando e dove sia per essere da lui] richiesto. 
Tanto costoro sacramentarono con mal disposto animo 
ed intenzione di non attenervisi. Imperciocché il papa non 
aveavi prestato di sua spontanea volontà consenso, ma 
costretto da bisogno estremo, sospinto vo'dire dalla tema 
d'un imminente guerra provocatagli da Enrico. Roberto 
poi, gettati gli occhi della cupidigia sopra le constantiuo- 
politane faccende e qua! fiero cinghiale aguzzati i denti 
e Tira contro di noi, non reputava infruttuosa la pace 
colla santa Sede onde non averne indugj e disturbi da 
tergo allorché si travaglierebbe a compiere il divisato 
proposito^ non era impertanto sua intenzione di com- 
perarla a cosi alto prezzo da contrarre P obbligo di me- 
scolarsi per essa nelle papali dissensioni con Enrico, e 
destinare i proprj militi apprestati ad accrescere la sua 
dignità alla difesa dell'altrui. Fu dunque appena con pa- 
role giuralo dai barbari per addivenire ben presto sper- 
giuri (i). 

XLII. Terminato il colloquio Roberto si restituì in 
Salerno, ed il quistionabile papa (non potendolo altri- 
menti nomare al rammentarmi V atroce e disumana in- 



(i) Vera petulanza scismatica, poiché Gregorio VII per 
la santità del sacerdozio, l'onorata sua vita ed il candore de' 
suoi costumi fu da tutti reputato degno sommamente di ve- 
nerazione. 



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LTBRO PRIMO. 7 5 
giuria con che deturpò i legati) si apparecchiava colla 
grazia spirituale e coli' evangelica pace alla guerra, pa- 
cifico e discepolo del pacifico movendo ed eccitando la 
discordia civile. Imperciocché fatti a sé venire tostamen- 
te i Sassoni e Lantulfo e Welco lor condottieri induceli 
con molte promesse, unitavi quella di crearli re di tutto 
l'occidente, a compiere i suoi disegni (i). Cotanto avea 
egli pronta la destra a consacrare i re, sordo alle am- 
monizioni di Paolo, il quale dice non doversi così spac- 
ciatamele imporre le mani a nessuno, che di botto ac- 
cordò la ducale benda a Roberto, e la corona ai Sas- 
soni. Anelatisi poscia da entrambi, da Enrico e dal pa- 
pa, gli eserciti di fronte, e datosi qua e là nelle trombe 
ne surse grave ed ostinata battaglia, le due fazioni di 
pari conformità lanciottandosi quando vicine , e quan- 
do lontane avventandosi quadrella con tale veemenza 
che in breve ora tutta la sottoposta pianura fu con- 
vertita in mare di sangue, i superstiti dalla strage ba- 
gnati di sudore e tutti sanguinosi proseguendo la pugna. 
Taluni di essi parimente, incespicando ne' cadaveri, ca- 
duti e sommersi in un fiume di sangue, rimaneansi affo- 
gati, mercè la grande inondazione diffusasi per l'am- 
plissima vastità del campo. L' esito poi della battaglia 
si librò, con eguali speranze dall'una e dall'altra par- 
te, infino a che Lantulfo , duce dei Sassoni , fu il con- 
dottiero della sua fazione; ma spento costui da mortale 
ferita, la pontificia falange, dato di volta, pigliò a fuggire, 

(i) E falso che da Gregorio VII venissero eccitati i Sas- 
soni a guerreggiare Enrico. 



7 6 ANNA COMNENA 

esponendosi a gravissima strage per opera ùV suoi per- 
secutori, ov'Enrico avessevi aderito. Ma questi, s ebbro 
persuaso che morto il duce agevole e sicuro addiverreb- 
begli l'incalzamento, e con esso la totale distruzione de' 
fuggitivi, rattenne impertanto la foga de' suoi, e, risto- 
ratili, con breve riposo, de' passati disagi, ritto condusseli 
ad assediare Roma. Spaventato il ponteGce dal sovra- 
stante pericolo manda chiedendo a Roberto aiuti giusta 
gli accordi, ed arrivano eziandio in pari tempo al duca 
i legati di Enrico pur eglino chiedenti a nome del re 
loro truppe ausiliarie per l'espugnazione dell'antica Ro- 
ma. Se non che il Normanno schernendo ambedue ri- 
spose al re in altra guisa che per iscritto, ed al ponte- 
fice colla seguente lettera. 

Al sommo pontefice b signor mio 

ROBERTO PER Ld DiriNJ GRAZIA DVCJ. 

» • • • 

Udendoti esposto ad assalimento nemico molto ho 
indugiato pria *f accordar fede alla voce, onninamente 
persuaso che niuno osato avrebbe a* insorgerti contro. 
E chi mai, salvo un demente, può guerreggiare un pa- 
dre, un tale e cotanto padre? Tifo poi noto che ap- 
presami io stesso ad una malagevolissima guerra con- 
tro ben agguerrita gente, vó* dire i Romani (i), i quali 
empierono le terre ed i mari tutti </<?' loro trofei. Per ri- 
spetto alle cose tue dichiaromi colf intimo sentimento 
in obbligo di mantenerti la promessa, e lo farò giunto 



(i) Dell'orientale impero. 



» 



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LIBRO PRIMO. 77 
che siane il tempo. Gli uni de' legati con questa lettera 
e gli altri con non dissimile furberia ebbero da Ini com- 
miato. Qqi non dobbiamo passare con silenzio quanto 
egli operò nella Longobardia prima di avviarsi coli' e- 
scrcito ad Anione (i), uomo insoffribile per le altre tutte 
barbarie di sua vita, e per avere io allora imitato ezian- 
dio la crudeltà di Erode feroce persecutore de' fanciul- 
li \ e per fermo, alla prima leva di truppe volendo egli 
aggiungere nuovi supplimenti di cerne, non la perdo- 
nò ad età comunque nel compierli, dall'intiera Longobar- 
dia e dall' Apulia (2) raccogliendo senza distinzione sotto 
le sue bandiere tanto i congedati, quanto gP immatu- 
ri per diffalta d'anni. Fu in vero spettacolo miseran- 
do il vedere deboli fanciullelti e vecchierelli spossati, 
cui neppure in sogno eransi giammai appresentate le 
armi, coperti ad un tratto della pesante lorica, impediti 
dallo scudo, per nulla guisa addestrati al tendere ag- 
giustatamente ed allentare Parco', e sul punto di met- 
tersi in via cadenti per debolezza bocconi. Così grande 
scelleraggine colmò la Longobardia di querimonie e la- 
menti, gli uomini da per tutto e le donne compassionan- 
do sotto i differenti proprj rapporti gli oggetti di loro 
affezione , mentre la moglie vedessi di forza strappare 
il giubilato consorte per ricondurlo sotto le bandiere, la 
madre scritto ne' ruoli P inesperto fanciullo, e la scroc- 
chia il fratello o giovinetto ancora, o iniziato in altre oc- 
cupazioni. Tal furore poi del tiranno superava ben au- 



(1) Tratto di paese uella Palestina iu Scria. 

(2) Ora Puglia, provincia del regno di Napoli. 



7 8 ANNA COMNENA 

che Perodiano, conciossiachè il re, come narrammo, ac- 
contentassi d' inveire contro de 9 soli fanciulli, ma la co- 
stui clemenza si scatenò contro ogni età. Di mezzo tut- 
tavia alP invidia e al'duolo e 1 , ritto inoltrando verso il 
suo proposito (la bramosia di quell'animo incontinente 
facendosi d'ogni campo strada, senza darsi pensiero delle 
altrui sciagure e della pubblica calamità nel recare al 
divisato Gne qualunque intraprendimento) , raccoglieva 
niente meno che ogni giorno ed istruiva supplimenti di 
cerne in Salerno, prima di passare a Idrunte (i), 
ove mandato avea innanzi numerose truppe coir ordine 
di rimanervi infino alla sua venuta, non potendole rag- 
giungere che quando avesse posto in assetto gli affari 
de' Longobardi , ed accomiatato le ambascerie in at- 
tesa di risposte. 

XLUI. I suoi riguardi poi verso il papa furono sol- 
tanto di comandare al figlio Rogcrio, preposto al governo 
di tutta PApulia, ed al fratello Boritila che se la roma- 
na Sede richiedesse!! di aiuto, contro Enrico prontissi- 
mamente andrebbero colà e del miglior modo preste- 
rebbonle ogni soccorso. Avea inoltre fatto precedere il 
minore de 9 suoi figli Baimondo, in tutto e per tutto si- 
migliantissimo al padre, vo'dire per coraggio, ardimen- 
to , robustezza e sue naturali forme compitissima im- 
pronta delP indole di Roberto , ad assalire i nostri 
confini, e scorrazzare in sella e mettere a sacco i luo- 
ghi ali 1 intorno d'Aulone. £ quegli a mo'di fulmine coti 



(i) Otranto, città nel regno di Napoli alle spiagge del 
mare Adriatico. 



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LIBRO PRIMO. 79 
precipitate marce, insuperabile impeto ed immensamente 
strepitose minacce occupò i Canini e Gerico (i) e lulto 
P Anione , mettendo lungo la via ogni luogo a ferro e 
fuoco, in guisa che veracemente dir poteasi Pimportu- 
nissimo fumo nunzio de) futuro incendio, e l'anticipato 
preludio del grande assalimento, preludio non molto più 
tollerabile delPassatimento stesso. E ben acconciamente 
paragonerebbonsi il figlio ed il padre al bruco ed alla 
locusta , poiché siccome gli avanzi del primo vengono 
divorati dall'altra, così quanto era sfuggito alla voracità 
di Baimondo fu in seguito ingoiato da Roberto. 

XLIV. Ma prima di mandare costui ad Aulone è 
uopo tener discorso del suo operato sull'opposto conti- 
nente. Egli adunque partitosi da Salerno pervenne in 
Idrante , ove si rimase pochi dì in aspettazione della 
moglie Gaita (costei, partecipe della spedizione del con- 
sorte, avea fama di essere alcun che di terribile in guerra 
quando sotto del sajo occultava la stola (2). Giunta alla 
per fine ed abbracciatala, e' troncò ogni indugio, e sal- 
pando coli' intero esercito a golfo lanciato si diresse a 
Brundusio (3), il più comodo e sicuro porto di tutta la 
Japigia (4). Arrivatovi prontamente, vi stette infino a 



(1) Popoli e città nella Palestina in Soria. 

(2) Sajo, veste militare de' romani di lana grossa e pelosa, 
corta sino alle natiche. Stola, abito lungo infino a terra pro- 
prio delle donne romane. 

(3) Ora Brindisi, regno di Napoli, città in terra d'O- 
tranto. 

(4) Terra d'Otranto, e quella parte di Capitanata dov'è 
il monte Gargano. 



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8o ANNA COMNENA 

tnnto che ebbe riunito l'intero esercito e tutu le navi 
da carico e lunghe, opportune alle guerresche imprese, 
facendo mostra di voler valicare le terre ligie del romano 
impero. Del resto prima di abbandonare Salerno area 
spedito all'imperatore Botaniate a Costantinopoli, ed 
occupante il trono, di forza tolto a Michele Duca, nella 
qualità di amhasciadore altro de' grandi a dimora seco 
ed avente nome Raul, per querelarsi di avere strappato 
dallo sposo la propria figlia, data in matrimonio, come 
narrammo, a Costantino, e tolto a costui lo scettro, a- 
qtiislato avendone la partecipazione} il perchè da cosif- 
fatte ingiurie provocato divisava prenderne le vendette. 
Mandato avea inoltre varj doni con lettera e con Pof- 
ferta della sua amicizia al gran Domestico, in allora du- 
ce degli occidentali eserciti, vo^dire a mio padre Ales- 
sio, ed in attesa del risnltamento vivea di piè fermo in 
Brundusio. Ma quando, non arrivate pur ancora tutte le 
truppe e gittate di già molte navi al mare, fu di ritorno 
da Bizanzio Raul senza verbo di risposta intorno alla 
sua mandata, il barbaro divampò vie più di sdegno, of- 
feso da tale dispregio verso la sua persona. 

XLV. L'impensato a simile parlare di Raul tendente 
«on molta energia a dissuadere la romana guerra, fu 
nuovo fomite all'irritamento di lui, merceochè dichia- 
rava innanzi tutto con esso doversi ritenere un plagia- 
rio impostore il monaco appresentatosi col nome di Mi- 
chele Duca, ed artefice e cagione di così grave imprendi - 
mento. Il legato poi aggiugneva fede al suo dire assercn 
do aver egli medesimo veduto in Constantinopoli Michele 
con bruna veste indosso e dimorante iu un uiouislero 



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LIBRO PRIMO. 81 
osservatolo di più tranquillamente con occhio indagatore 
averlo riconosciuto per quel desso testé balzato giù dal 
posseduto trono. Passava quindi a narrare per udita i cam- 
biamenti occorsi durante il suo viaggio di ritorno, vo- 
gliam dire, essersi mio padre, cacciatone Botaniate, im- 
possessato dell'impero (su di che terremo in appresso di- 
scorso), e dall'antecedente umile condizione aver sol- 
levato Costantino figlio di Michele Duca, il più illu- 
stre personaggio di quanti ne rimira il sole, ritornando- 
gli le regali insegne e la consorteria della sovranità. 
Laonde Raul concludeva non essere in verun conto giu- 
sto il guerreggiare Alessio per gli addotti motivi da Ro- 
berto, all'uopo di vendicarsi, intendomi, dell'ingiuria fat- 
tagli da Botaniate, addivenuto, a non dubitarne, colpevole 
colf impedire le nozze di Elena e rimuovere dal trono 
Costantino, azioni che non sapremmo, per verità, come 
possansi imputare al Comneno, il quale anzi pigliò le 
vendette dell' offeso , e gli restituì il tolto. Se dunque 
manchevòl sia giusta causa di guerra, poco si dovrà 
attendere e sperare dalle navi, dalle armi, dalla soldate- 
sca e da ogni altro apprestamento per essa. Tale fu il 
ragionamento di Raul, e Roberto n'ebbe tanto sdegno 
che si contenne appena dall'andare in furore e porgli 
le mani addosso. Aggiuntoglisi di più il sospetto non egli 
cooperato avesse alla fuga del germano (poiché questi, 
appellalo Rogerio, erasi di moto proprio recato presso 
de' Costantinopolitani per annunziar loro il divisamento 
del tiranno ed il guerresco apparato), la ruggine della 
doppia offesa, doppiatasi pur ella ad uu tratto, spinselo, 
àkjsà Commena. 6 



8a ANNA COMNENA 

irritabilissimo oltre ogoi limite, poco meno che a mi- 
nacciarlo di morte, ma quegli, accortosi del sovrastante 
suo pericolo, riparò con pronta fuga presso Baitnondo, 
conveniente asilo in allora. 

XLVI. È sopra le umane forze poi il formarsi un'i- 
dea della veementissima ira in cui trascorse il finto Mi- 
chele , il cenobita Rettore, al vedere smascherato dalla 
testimouianza di Raul quel suo impudentissimo plagio, 
mercè di che non cessava di aumentare potentissima- 
mente in Roberto, versando oglio sulla fiamma, con ar- 
tificiosissime querimonie il furore. Animato inoltre da 
odio anche maggiore contro il fuggitivo Rogerìo, iva con 
alteratissima voce , battendosi ad un tempo l' anca , 
addimandaodo istantissimamente e per unica grazia 
a Roberto che venissegli rimesso, non appena tor- 
nato ad assidersi in trono , Rogerio. per farlo appen- 
dere di colta su d'elevato patibolo nel mezzo di Costan- 
tinopoli, e condannarlo a penosissima morte, il che non 
alteueodo spontaneamente offri vasi a patire dal Nume 
ogni maniera di traversie. Ora io mentre seriamente 
narro e scrivo tali cose, accorgomi di comporre al riso 
le mie labbra, e di vero non è a dirsi facetissima la più 
che insulsa costanza di questi due leggierissimi capi nel 
viceudevolmeute illudersi ? conciossiachè Roberto , con- 
scio appieno del finale destino cui soggiacerebbe il men- 
zognero cenobita addivenuto scenico imperatore, trat- 
tavalo non di meno come se stalo fosse il vero Augu- 
sto e suo consuocero, usavagli ambiziosamente ogni ri- 
guardo, e presentavalo frodoleutemente alle città che 
macchinava togliere all'impero qual legittimo loro so- 



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LIBRO PRIMO. 83 
vrano , valendosene di zimbello a guadagnarne gli ani- 
mi per quindi , non appena conseguito il suo intento, 
discacciarlo da se con ischcrnimenlo, a simiglianza dei 
cacciatori o pescatori, i quali tradito che abbiano la pre- 
da getlan via immediatamente Pesca posta sugli arai lo- 
ro. Ma per l'opposto quello scelleratissimo commediante, 
avvegnaché sapevole di sua persona, della frode e del- 
l' umile primitivo suo stato, farneticava pur tuttavia quan- 
to era mestieri per sognare la vana speranza di assidersi 
sopra il trono costantinopolitano; come che Roberto riu- 
scendo vincitore, a preferenza d'ogni altro, dopo cotan- 
to dispendio e sì grande fatica ritener non volesse per 
sò stesso il diadema. Se d'altra parte Rettore, datosi a 
pensieri più analoghi alla sua condizione, lusingato si 
fosse di ottenere, in premio della sua comica parte, uni- 
camente qualche onoranza, o danaro in molta copia, ben 
vivea nell'inganno per l'avarizia del suo compratore, il 
quale avea già stabilito* appena giunta la farsa al suo ter- 
mine, di farlo spogliare dello scenico addobbo e rinchiu- 
dere negli ergastoli. 

XLVII. Ma sia tregua alle risa incidentemente so- 
pra di ciò fatte, e torniamo allegcste di Roberto, il quale, 
riunite in Brindisi navi e truppe (cenciquanta sommando 
le prime e trentamila gli armati, compartiti questi in nu- 
mero di dugento con armi e cavalli su di ciascun vascel- 
lo), risolvè di sarpare con tutto l'apprestamento dirigen- 
dosi alla città d'Epidanno, più comunemente in oggi ap- 
pellata Dirrachio. Se non che avea in pria stabilito di 
condurre a golfo lanciato le navi da Idrunte a Nicopo- 



84 ANNA COMNENA 

H (i) ed occupare innanzi trailo Naupatlo(a) co' luoghi 
adiacenti, compresevi le rocche. Ma ripensando poscia 
allargarsi maggiormente il mare infra Idrante e Nicopoli 
che non infra Brundusio e Dirrachio, diede a questo 
tragitto la preferenza siccome più breve e men perico- 
loso, non richiedendosi a valicarlo maggior tempo d'una 
giornata, quantunque vernile, come appunto era il caso, 
appropinquandosi il sole ai circoli australi ed al Capri- 
corno. Per non esporre adunque così grande armata di 
mare nella corrente stagione ai sinistri d'un viàggio not- 
turno, dato l'ordine di costeggiare la piaggia da Idran- 
te a Brindisi, deliberò prender via per l'angusto stretto 
dell'Adriatico. Nè fu più di parere che il figlio Rogerio 
si rimanesse in Italia giusta il primo suo divisamenlo , 
creato avendolo a tal uopo principe dell' Àpulia, ma lo 
volte, nè saprei qui addurre il motivo e la ragione del cam- 
biato proposito, a compagno nella guerra. Lungo poi la 
navigazione per giugnere a Dirracbio occupa e presidia 
Corifo, munitissima città, ed altre nostre rocche } dopo 
di che, ricevuti dalla Lombardia e dall'Apulia ostaggi e 
raccolte le pecuniali imposte da tutto il proprio do- 
minio, rivolge ogni suo desiderio e pensiero ad afferrare 
prontissimamente a Dirrachio. 

XLVIII. Di quel tempo l'imperatore Botaniate avea 
posto l'intero Illirico sotto il governo di Giorgio Mono- 
macalo, il quale da prima saper non volle dell' offerta- 
gli presidenza; ma due servi, Borilo e Germano, di bar- 
"•*••■ . 

(i) Turchia, città dell'Armenia minore, 
(a) Ora Lepanto, città in Acaia. 



• 



i • 

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LIBRO PRIMO. 85 
barica scitica schiatta, famigliari dell' imperatore, rimi- 
randolo con invidioso occhio e lutti nel perderlo coli* 
incessanti loro maldicenze presso il sovrano, di modo 
che questi tal fiata ebbe ad appalesare alla consorte Ma* 
ria i suoi timori non Monomacato fosse nemico dell'im- 
pero, alla fin fine colle ribalderie loro Io indussero, co* 
nosciuto il pericolo mediante la strettissima sua amicizia 
con Giovanni Alano, ad ambire quel posto medesimo che 
in addietro avea ricusato, ed a conseguirlo molto giovo- 
gli V opera degli stessi suoi detrattori, paghi a bastanza 
di averlo rimosso dalla corte. Accomiatatosi pertanto dal 
sovrano e ricevutine per iscritto i comandamenti, solle- 
citandone Borilo e Germano la partenza nel seguente 
giorno , da Bizanzio si pose in cammino per Epidanno e 
l'Illirico. . 

XLIX. Lungo il viaggio gli si fa incontro per sorte 
il gran domestico mio padre al luogo detto la Fonte, ove 
sorge un tempio, celebratissimo infra gli altri costanti- 
nopolitani, edificato in onore della Vergine Madre di Dio 
e mia Signora. Quivi Monomacato accostatogli amiche- 
volmente lo rende consapevole che per cagion di lui sotto 
onorifica sembianza era mandato in esilio. E che tale si 
fosse lo dimostrava esponendo che i servi, mercè le cui gher- 
minelle giudicato avea necessaria la sua partenza, erano 
stali indotti a portargli astio, più che da ogni altra ca- 
gioue, dal saperlo fedelissimo al gran domestico*, accesi 
pertanto di sdegno questi Sciti, Borilo e Germauo, aver 
contro di lui rivolto la corrente del furor loro. In causa 
di che dover egli da quinci in poi abbandonare la dol- 
cissima vista della patria, e discacciato dalla città regale 



86 ANNA COMNENA 

vivere in paese straniero, celando sotto l' onesto nome 
di prefettura la pena dell'esilio. Nel dolersi poi con pro- 
lissa narrazione delle sne traversie, e nel riferire più di- 
stintamente le calunnie de 9 servi e tutti gli altri argo- 
menti e motivi delle sue calamitaci, trovò in Alessio, giu- 
sta i proprj desiderj, un efficacissimo consolatore, l'uomo 
d'una più che intrinseca amicizia e di poter sommo, il quale 
assicurollo, stando per dare fine al discorso, che il Nume 
sarebbesi fatto vendicatore de' suoi mali} e chiestogli di 
non smenticare la reciproca loro amicizia entrò nella città, 
e l'altro diedesi a proseguire l'intrapreso viaggio. 

L. Questi poscia al metter piede iuDirrachio, udito da 
quinci l'apprestamento di Roberto e da quindi il prospero 
evento di Alessio, pervenuto di già all' impero, cominciò 
destramente a provvedere alle occorrenze sue , ed in 
ispecie si determinò ad osservare perfetta neutralità 
infra ambedue, non mancando tuttavia l'esterna sua ri* 
pugnanza al parteggiare d' indizj appalesanti un auimo 
intento a fantasticare più occulte cose. Di fatti avendogli 
scritto Alessio come, addivenuto scopo di grandi vessa- 
zioni e pericolando eziandio soggiacere ad un pronto 
accecamento, si fosse veduto costretto ad insorgere con- 
tro i tiranni, e che a sostegno di cotanto illustre e ne- 
cessario imprendimelo implorava pieno di speranza la 
cooperazione dell'amico da lunga data, col procacciar- 
gli ovunque potesse danaro in moltissima copia e tosto 
spedirglielo, nulla riputando più utile per condurre a 
buon fine l' opera difficilissima cui erasi cimentato , 
quegli di rimando colmollo di sovrabbondanti officiosi- 
tà senz' ajutarlo onninamente di pecunia. Laonde con 



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LIBRO PRIMO. 87 
aflettuosissime parole accolta dai legati la lettera, altra 
loro ne consegnò per Alessio, ove ampollosamente pro- 
testava di aver mai sempre fin qui serbato fede alla din- 
torna scambievole amicizia, e con ogni sforzo procurereb- 
be di eternare questa sua lode. Intorno poi al chiesto- 
gli danaro avrebbe per verità voluto inviargliene quan- 
t' e' ne potesse bramare, se non che essergli di osta- 
colo per ora nu motivo, della cui rettitudine confidava 
non incontrare opposizione da lui. Conciossiachè tro- 
vandosi egli in obbligo di obbedire a chi avealo posto 
colà, stretto da giuramento verso la persona di Bota- 
niate, eragli uopo custodire inviolata la santità di tale 
atto, in virtù non solo del professato culto, ma ezian* 
dio per rispetto alla pubblica estimazione, se pur non 
vogliasi addivenire sfrenatamente prodighi della propria 
salvezza e buona fama. Andarvi pertanto dell 9 interesse 
di lui medesimo, asceso già quasi di volo all'apice del 
comando, che venga comprovato non doversi per riguar- 
do comunque violare la santità di tanto giuro. Sapere d'al- 
tronde benissimo, che una volta scoperto di mal ferma 
fede, scapiterebbe d'arcana estimazione appo l'indivi- 
duo stesso la cui mercè si rendesse spergiuro. Del re- 
sto poi in tutto il rimanente non indugerebbe di fargli 
servigio. Che se la divina providenza facilitasse questa 
grande impresa, come da prima e' sperimentato lo avea 
fedelissimo nell' amicizia, così aUa fine delle fini lo tro- 
verebbe più che leale nel vassallaggio. Tale Monorua- 
cato si espresse con mio padre, dimostrando coli' adu- 
lare entrambi, Botaniate ed Alessio, in simigliente gui< 
sa, e col non accostarsi nè all'uno, nè all'altro che non 



88 ANNA COMNENA 

sapea da qoal parte piegare. Uè ciò è il (ulto, essendo- 
si di ben maggior fellonia macchiato con Roberto , al 
quale promesso avea in chiarissimi termini la sua ribel- 
lione. È di verità cosiffatta la genia e F indole dei tri- 
stissimi e volubili animi, seguaci con leggi e rezza som* 
ma della fortuna, e cambiatiti di colore a norma della 
varianza delle cose e de' tempi ne' quali s'avvengono^ 
gente appieno disutile al pubblico bene, e solo instan- 
cabile nel tener dietro con ardore alle proprie speran- 
ze ed agiatezze^ se non che di frequente ne falliscono 
il colpo, quantunque presuntuosi a segno che credonsi 
a bastanza cauti e scaltriti. 

LI. Ma ito vagando licenziosamente il discorso oltre 
i limiti d'una slorica narrazione, è mestieri, tirate quasi 
diremmo le redini , ricondurvelo entro. Roberto già da 
prima divampante in cuor suo d' incredibile bramosia 
d'occupare Dirrachro, vie più gagliardo ne risentì l'ar- 
dore dopo le promesse di Mooomacato} cosicché lo ve- 
devi intollerabile d' ogni ritardo nelF eseguire il tragit- 
to, e indefesso nel sollecitare ora i marinai, ora le truppe 
a condurre prontamente a termine la navigazione. Se 
non che Monomacato fu d' avviso di non riposare per 
ioliero sopra gli accordi fatti seco lui, ma di apprestar- 
si eziandio , per ogni evento , altro scampo. Laonde si 
unì, col mezzo di lettere e doni, a Bodino e Michele e- 
sarchi (i) dei Dalmati, procurandosi disserate, a mo' di 



(i) Officiali, o capi, o principali nel!' uno o nell'altro fo- 
ro, il patriarca costantinopolitano a vendo anch' egli il proprio 
esarca, il quale eseguita le funzioni di suo delegato, riscuo- 



-- 



LIBRO PRIMO. 89 
«lire, questo porte dagli omeri, nelle quali avervi rifugio 
se le sue speranze in Roberto o in Alessio riuscissero a 
mal fine. Ma di ciò basti, essendo ormai tempo di e- 
sporre il modo , le circostanze e le cagioni che innal- 
zarono Alessio all' imperio. Tanto di verità proposimi 
eseguire nella mia istoria, non avendo giammai avuto in- 
tenzione di tramandare ai futuri la sua vita privata. Mi ac- 
cingo dunque a riferirne le geste, nè mi tacerò, la mercè 
della paternità sua, ove in alcuna di esse abbia egli er- 
rato, ben accorta di non lasciarmi trascorrere da senti- 
mento pietoso a disonorare ed offendere la storica ve- 
rità. Faccia pertanto breve pausa Roberto laddove lo ab- 
biamo condotto, e rimessa ad altro libro la particolare 
narrazione dell' avvenuta guerra, ci occuperemo ora a 
descrivere il coronamento del mio genitore. 



leva le decime e gli altri introiti di quella chiesa, e negli 
alti de' còncìtj" apponeva il suo nome dopo il patriarca e pri- 
ma del metropolitano. Area parimente sotto di sè tre altri c- 
sarchi, ed erano: l'efesino per tutta l 1 Asia minore, il cap- 
padoce per lutto il Ponto e Toracico per tutta la Tracia. 
L'esarca della provincia era il metropolitano o V arcivescovo. 
Nel foro secolare poi V esarca dell' Italia era il vicario impe- 
riale. Esarca eziandio nomavasi il governatore d'una sesta 
parte dell' impero , come lelrarca quello d' una quarta parte 
di esso. 



* 



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ANNA COMNENA PORFIROGENITA 

CESAREA ALESSIADE 



LIBRO SECONDO 



SOMMARIO. 

* — ■ m m 

CjtESTE di Bottiniate diffusamente esposte da 
Cesare Brìenio. Tre Comneni: Manuele, Jsaacio ed 
Alessio, figli di Giovanni. Isaacio ed Alessio, questi in 
ispecie, prediletti dagli imperatori, e soprattutto da 
Botaniate. Borilo e Germano, favoriti da Botaniate, 
invidiosi de' Comneni. Cortigianeschi tranelli contro 
degli ultimi protetti da Maria Augusta. Jsaacio ne 
sposa una cugina, e procurane ad Alessio la grazia 
per modo eh* ella adottalo in figlio. I Comneni , 
prevalendo le pessime trame degli invidiosi, volgo- 
no i loro pensieri alla fuga. Sinadeno , messo in non 



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SOMMARIO. 91 
cale Costantino figlio dell* Augusta, viene prescelto 
da Botaniate a succedergli nelT imperio. A ttristamen- 
to e timori di Maria in proposito. I Comneni valgon- 
si di tale occasione per indagarne V animo, ne vi rie- 
scono, sapendosi ella infingere, ma coU insistere ot- 
tengono t'intento. Stringono arcana lega con es- 
sa, la quale rendeli tosto avvertiti di quanto si dice 
od opera a danno loro. Avvisati delle insidie appre- 
sentansi non più insieme, ma ora Vuno, ora V altro 
alia corte. Botaniate alla nuova della espugnatone 
di Cizico manda per Alessio , ed invita i due Co- 
mneni, paventanti insidie, alia sua mensa. Loro costa- 
ine di cattivarsi la benevolenza degli aulici ministri. 
Pronto ingegno di Alessio nel comprendere all' istan- 
te da indizio comunque il tutto. I Convieni consola- 
tori di Augusto. La soverchia piacevolezza di Bota- 
niate sospetta ai Comneni. Stabilito accecamento di 
essi, i quali, uditone, pensano ribellarsi. Alessio incol- 
pato di sedizione si giustifica. Borilo ambisce l 'impe- 
rio. Tale di stirpe olona, e maestro, comunica le 
insidie ai Comneni. Pacuriano ed Umpertopuh con- 
giurano con Alessio. Questi accetto per la sua libe- 
ralità. Nella notte della domenica nomata Tiro/ago 
Alessio abbandona Costantinopoli. Il nipote di Bo- 
taniate genero della madre de 3 Comneni. Costoro not- 
turna fuga. Le donne di essi riparano entro un tem- 



9? SOMMARIO. 

pio. Imperiali querimonie risguardantì i Comneni. 
Dakissena, lor madre, pigliane liberamente la difesa, 
e corre per franchigia alV altare. Addimanda una 
Croce maggiore per vie meglio guarentire la propria 
sicurezza. Riiwhiudimento delle Comminane donne. 
I Comneni impadronisconsi de regali cavalli. Giorgio 
Paleologo indotto di mal ammo a seguire le parti dei 
Comneni. Le donne loro collocate nel tempio della 
beata tergine alle Blacherne. I congiurati ragunan- 
sì in Tzurulo. Cesare Giovanni Duca invitato dai Co- 
mnem' ad unirsi loro si rimane qualche tempo inf or- 
se, e da ultimo v aderisce. Costui eloquenza ; e 1 con- 
duce seco presso de' Comneni il gabelliere co danari 
e cogli aiuti de Turchi; persuadeli inoltre che pro- 
cedano alla città. Gli altri Duca parimente favorevo- 
li ad Alessio nel broglio tendente a metterlo in tro- 
no. Per opera loro e previo il consentimento a" Isaa- 
cio, Alessio, a preferenza del fratello, vien dichiarato 
imperatore. L'evangelista S. Giovanni promette, in 
una sua apparizione, l impero ad Alessio. Repentina 
conciliazione infra discordanti. Lettera di Melisseno 
a Comneno. Rifiuto delle sue inchieste, ed offerte 
contraccambiategli. Tempio di S. Demetrio, e prodi- 
giosissimo unguento di Tessalonica. Furberie dello 
scriba Mangane. Descrizione degli Areti. La città mes- 
sa a pruova con iscìiermugi. Botamate dispera delle 



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SOMMARIO. 93 

sue cose. Sgomento pubblico. GV immortali ed i Ba- 
reni gj fedelissimi. Il duce de Nemitzi tradisce la città. 
Scaltra prudenza di Manganc. Ultima risposta a Me- 
lisseno. Giorgio Paleologo espugnatore dicittadi. Co- 
stantinopoli occupata nella Jeria quinta della settima- 
na maggiore, e messa Uu pentente a sacco. Botaniate 
risolve di mandare per Melisseno, e viene impedito da 
Paleologo. Questi aggiunge ad Alessio tutta tarma- 
ta di mare, e ne ripreso dal padre. Niceforo Paleo- 
logo, fedele insino agli estremi a Botaniate, autoredi 
un buon consiglio, ma non accolto, è spedito ai Co- 
mneni per trattare di pace. Giovanni Cesare disap- 
prova g? indugj ^ Comneru. Ordina che giunta la 
deputazione di Botaniate se ne rifiutino le proposte of- 
fa te di pace. Borilo raguna le genti in armi per com- 
batter* i Conmeni^-ma ri è distolto da Botaw'ate, pie- 
gatosi ai pacifici suggerimenti del patriarca Cosma. 
Botaniate ripara nel tempio di S. Sofia. 



9i ANNA. COMMENA 

ALESSIADE SECONDA. 

i. Rimandiamo ai Gomentarj del nostro Cesare 

chiunque brami conoscere più distintamente da quale e 
quanto illustre serie di generazioni l'imperatore Alessio 
abbia tratto i natali; ed ivi e 9 troverà eziandio una per- 
fetta notizia dell' operato da Niceforo Augusto di cogno- 
me Botaniate. A me basta di qui ripetere il detto nel 
precedente libro, ed è che Giovanni Comneno, mio pa- 
terno avo, infra la sua numerosa prole diè in particola- 
re alla repubblica tre illustri figli : Manuele, Isaacio ed 
Alessio. Al primogenito Manuele venne fidata da Roma- 
no Piogene, a quo 1 dì imperante, la prefettura di tutta 
l'Asia col nome di supremo duce, e con piena autorità 
sapra le guerresche bisogne di quella regione. Il secon- 
dogenito Isaacio, creato dal medesimo Augusto gover- 
natore d'Antiochia, partecipò unitamente all'animato 
fratello delle ben molte eroiche imprese, vittorie e dei 
trofei, che diffusamente illustrarono il nome romano e 
quello de' comandanti stessi. Mio padre Alessio in se- 
guito fu eletto a duce, con supremo potere, della spe- 
dizione contro Urselio, ordinata dall'assiso in trono Mi- 
chele Duca. Il costui successore inoltre di nome Nice- 
foro , uditi più e più volte copiosi discorsi relativi al- 
l' arte ed al bellico valore del padre mio, ed alle molte 
ricordevoli imprese da lui eseguite, con sommi encomi 
di bravura , militando nelle varie guerre orientali sotto 



i 



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LIBRO SECONDO. g5 
gli auspicj del fratello Isaacio, ed alle sue prudenti e va- 
lorose seste, addivenuto comandante in capo nel guer- 
reggiare Urselio , affatto debellandolo, Niceforo , dico, 
reputò così lui come Isaacio degni dell 1 amore suo. Né 
col volto mentiva il sincero afletto verso entrambi, non 
rivolgendosi ad altri con più giulivo sguardo, c non ra- 
de volte avendoli suoi commensali. 

II. Ora queste benevoli dimostrazioni valsero ad 
accendere V invidia negli animi di molti, e soprattutto po- . 
lentissimamente in quelli de' prefati due barbari di sci- 
tica stirpe, Borilo e Germano. Costoro pertanto veden- 
do i Comneni, quantunque bersagliati dal pessimo de' vi- 
zj, essere non di meno assai favoriti , stimati e conti- 
nuamente possessori della grazia imperiale, di livore in- 
tristivano. E di vero forte pungevali che mio padre, nel 
cui volto non compariva ancora la prima caluggine, 
fosse innalzato alla carica di prefetto con decreto or- 
revolissimo d'Augusto, e prescelto infra tutti, come di 
tutti il primo, a comandare con autorità suprema gli e- 
serciti delle occidentali provincie. Ma di già nelF ante- 
cedente libro si è da noi copiosamente esposto con quan- 
to valore e prospero evento fossero da lui ridotte a ter- 
mine quelle imprese, erigendo cotanti trofei, sconfiggen- 
do numerosissimi tiranni e presentandoli prigioni al- 
l' imperatore. Se non che tali geste per nulla attalenta- 
vano gli iuvidiosi , il cui livore, come fiamma sparsovi 
sopra olio, vie più aggrandiva. Quindi Germano e Bo- 
rilo ivano di ascoso macchinando infra loro molte ca- 
lunnie contro de 1 Comncui, molte ne bisbigliavano al- 
l'imperiale orecchio, e pur di molte reità incolpa vanii aper- 



96 ANNA COMNENA 

tamenle così per sè stessi come per altri, tendendo coti 
varj scaltrimenti ed assalti ali 1 unico scopo di levarsi en- 
trambi dagli occhi. 

HI. La mercè di questi brogli i Comneni, volta la 
mente alle proprie faccende, opinarono ottimo espedien- 
te quello di procacciare col favore dell 1 imperatrice l'al- 
lontanamento de 1 sinistri, cui soggiacerebbero perdendo 
la grazia sovrana. Eccoli quindi frequentare la reggia 
dell 7 Augusta, coltivarne la persona, compiacerla, e di lei 
sola, infra tutti, conciliarsi la benevolenza, corteggian- 
dola con ogni maniera d' urbanità e rispetto. Ed era* 
no a bello studio fatti per dare in brocco, di modo che 
riputando altrui meritevole di partecipare alla società 
loro infallibilmente ve lo traevano , quantunque d 1 un 
animo fermo qual pietra. In quanto < poi al patrocinio 
dell 1 Augusta Isaacio erane di già io possesso , eletto 
molto prima da lei (trovatolo superiore a tutti nel ma- 
neggio degli affari civili e militari, ed in più e più ri- 
spetti simigliatile ad Alessio), a preferenza d'ogn 1 altro, 
per isposo della regale vergine sua cugina: ma non 
bastavagli di vedere in salvo le proprie bisogne giudi- 
cando tuttavia iti pericolo il fratello. Volse dunque se- 
riamente il pensiero anche a lui, volendolo trarre seco 
nello slesso porlo, ed a riuscirvi divisò mettere in op&- 
ra tutto il favore derivatogli dalla nuova parentela on- 
de renderlo bene accetto all'Augusta. Narrano sì forti 
essere stati i vincoli d' amore infra Oreste e Pilade, che 
ambedue nelle battaglie, posto in obblio il proprio pe- 
riglio, si esponessero volontariamente ad incontrare quel- 
lo dell' amico , ed a gara V uuo facesse del suo petlo 



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LIBRO SECONDO. 97 
scucio alle nemiche quadretta per renderne P altro in- 
vulnerabile. Ora un che di simile si riprodusse in questi} 
poirhè la pitta d' Isaacio, sebbene tutelata ed in piena 
sicurezza, rattristavasi non di meno al fraterno pericolo, 
ed un vero nulla estimava gli abbondanti onori e beni 
di cui era in possesso, quando non rendesse partecipe 
della propria felicità anche il fratello. Nè lungo tempo 
attese il conseguimento di questi suoi desiderj , poiché, 
supplicati i famigliari c|i lei a persuadergliene, l'Augusta 
risolvè prontamente di adottare a figlio Alessio. In de- 
terminato giorno dunque convelluti entrambi nel palaz- 
zo, ella, adempiuto a tutti gli obblighi portati dalla leg- 
ge , e colle formule da lei stessa in altr' epoca stabilite, 
passa alP atto delP adozione. Mio padre di poi, dato ban- 
do a ogni timore e sollevato da una grande inquietez- 
za, frequentava la regia unitamente al fratello e, nulla cu- 
rante gli astiosi , tributava ai sovrani le dovute co- 
ti dia ue salutazioni (1), recandosi impertauto ambedue 
con maggiore assiduità presso PAugusla, così essendosi 
quasi stabilito e convenuto iufra loro, noti appena a ba- 
stanza intrattenuti s'erano colP imperatore. 

IV. Se non che la grandissima famigliarità de'Comue- 
nl co' regnanti somministrò nuovo fomite all' invidia , 
ma eglino tosto vedutone, direi, il fumo, rettamente pa- 
ventando nou essere ad un tratto incolti dalla suscita- 



ti) Nell'imperiale palazzo uua sala, detta aureo triclinio, 
con trono accoglieva cotidianatnenle alla mattina e dopo il 
meriggio i principali cortigiani, che di obbligo recavausi due 
volte al di a visitare il signor loro. 

AfliKA COMMISNÀ. 7 



98 ANNA COMNENA 

tasi repentina fiamma, cominciarono a darsene maggior 
pensiero, indagando se avessevi speranza o mezzo, ag- 
girati da tante insidie, di provvedere col divino aiuto 
alla propria salvezza. E parve ad essi, umanamente pen- 
sando, Punica e più diritta via a conseguire l'intento 
quella di ricorrere, scelta idonea occasione, all'Augusta, 
e parteciparle tutto il mistero del segreto consiglio rav- 
volto nelle menti loro, éd era di abbandonare la corte, 
ritenendolo profondamente ascoso uel petto, ed usan- 
do ogni possibile diligenza onde altri non avessene 
sentore, come appunto i pescatori guardansi dallo spa- 
ventare innanzi tempo la preda, acciocché gli astiosi, rap- 
presentando con malizia lor fuga , non giugnessero ad 
impedirla. Ma e' si pareva cimento arduissimo il tener- 
ne discorso a lei , non sapendosi pronosticare che 
sarebbe per nascere, se ella, quasi indotta da brama di 
farsi ad entrambi soccorrevole, riferito lo avesse al con- 
sorte, pensandosi, dirò, far servigio a questo ed ai Co- 
raneni. Laonde usciti di speranza del buon successo di 
un tal disegno volgono altrove gli animi, svegliati e de- 
stri a non lasciarsi fuggire le occasioni. 

V. Botaniate , esausto di forze per la provetta sua 
età, senza prole, nè più idoneo a procrearne, consi- 
derandosi alla per fine mortale, iva rimestando cui la- 
sciare P impero. Eravi a que' dì un Sinadeno venuto dal- 
l' Oriente , d'illustre schiatta, di belle forme, d'animo 
generoso , forte di braccio , e d' una età superiore alla 
puerizia. L' imperatore adunque, unito a costui con qual- 
che legame di parentela, bramava fessegli successore nel 
Irono: imprudentemente pei verità, essendovi nella reg- 



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LIBRO SECONDO. 99 
già il figliastro Costantino, avente padre ed avo Augusti, 
cui dando la preferenza ed avrebbe seguito il retto e 
V onesto, e sarebbesi tanto più certamente assicurata la 
benevolenza di Maria Augusta, madre del giovincello, 
oggetto di non poca utilità alla sua propria salute e si- 
curezza. Con solo un fatto pertanto, mostratosi ad un' 
ora ingiusto ed imprudente vecchio, e' demeritò verso il 
pupillo e fabbricossi il proprio malanno. Sparsosi dun- 
que il romore mediante segreti bisbigli di tale divisa* 
mento, l'Augusta ne fu iucredibilmeute agitata, pensan- 
do che il figlio verrebbe a perdere la speranza di ascen- 
dere il trono, e mesta ed inquieta si vivea senza disve- 
lare ad alcuno la piaga del suo cuore. Ma i Comneni , 
ben dato nel segno intorno all' afflizione di lei, stabili- 
rono di visitarla più confidentemente, rinvenuto che a- 
vessero la opportunità, ed eran tutti nel rintracciarla. 

VI. La madre poi, direttrice de' Comneni, risoluto 
avea di esordirne ad Isaacio il discorso; e questi avuto 
segreto accesso , in compagnia del mio genitore , appo 
lei : Donefè mar, o Signora, dissele, il mirarti non più 
come ieri e ieraltro giuliva? che anzi il tuo volto ed 
aspetto appalesano evidenti segni d* una occulta amba- 
scia, e del dolore che ti lacera profondamente Vanimà^ 
quantunque venga da te compresso nella più recondita 
parte del tuo petto, mancandoti persona a bastanza fe- 
dele, cui liberamente poterlo comunicare. Ma ella guar- 
dossi per ancora di esporne la cagione , e tramandato 
un profondo sospiro così rispose: A chi mena sua vi- 
ta in paese straniero, lunge dalla terra natale, non li- 
ce addimandare il perchè j' addolori , essendo in fe 



ioo Anna comnena 

mia tal condizione abbondevol motivo di attristamene ; 
a me inoltre, sciagurata pur .cono, siccome fin qui ma- 
li da mali derivarono , così veggo sovrastarne ben da 
vicino di non più lievi! Alle quali parole i Comneni 
ammutoliscono, ed abbassati gli occhi al suolo e piegale 
ambe le mani alla foggia cT uom oppresso da cordoglio, 
inlralteiigonsi qualche tempo silenziosi: fatto quiudil'ac- 
costumalo inchino si partono. Tornati là dimane e vedu- 
tone più ilare di prima lo sguardo, pigliarono cuore 
c dissero : Tu sei la nostra Signora , e noi , affe- 
zionai issimi tuoi servi, ci dichiariamo pronti ad incon- 
trare per te sofferenze comunque. Laonde nessun tri» 
ste pensiero ti conturbi, nè voler permettere che il pas- 
sionato animo tuo si strugga per tema di aprirsi ad 
altri. L'Augusta, incorata dalle costoro proteste e dato 
bando ai sospetti, miseli finalmente a parte dell'arcano, 
quantunque eglino, esperti nel giudicare gli auimi dai 
volti umani, 1' avessero di già, mediante industriose con- 
getture interpretato; quindi passarono a magnifiche pro- 
messe : conserverebbonsi a lei fedeli insino agli estremi ; 
in qualunque tempo venissero richiesti di loro assisteu- 
za, accorrerebbero con tutte le proprie forze a prestar- 
gliela, rimossa ogni eccezione ; respignerebbero cosi da 
lei come dal figlio tutti i pericoli riferentisi alla persona 
ed alla dignità; legherebbero con indissolubile patto so- 
ciale i destini dell'Augusta ai loro stessi e, giusta l'apo- 
stolico detto, allegrerebbonsi co' gaudenti, e sciorrebbon- 
si in pianto ai pianti altrui; non dovesse pertanto attri- 
starsi vedendosi lontana dalla patria e disgiunta da' suoi 
beuivoleuli e consanguiuci, dispostissimi eglino mede* 



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LIBRO SECONDO. 101 
simi a supplirle quanto sì può attendere dall' amicizia 
n dalla parentela. Da ultimo, procurato avrebbero di farle 
comprendere che la fedeltà e benevolenza loro non riu- 
scirebbonle punto inferiori a quelle d' individui aventi 
e patria e lari comuni. Dirigevate soltanto ferventis- 
sime suppliche tendenti a renderli tosto avvertiti, se mai 
gli invidiosi cimentassersi a tenere discorsi coli' impe- 
ratore o con lei stessa contro di entrambi ; altrimen- 
ti avviluppati rimarrebbonsi all' improvista nelle reti 
nemiche. Sperare eglino che la buona cansa dell'Au- 
gusta, rafforzata dal possente aiuto loro, nulla abbia a te- 
mere dall'invidia: nè unquemai permetteranno ch'ella 
sia costretta a dismontare dal trono , ed il figliuol suo 
Costantino debba rinunciare alla speranza della succes- 
sione all' impero. Così da ambe le parti si venne con 
breve sermone agli accordi , renduti poscia inviolabili 
colla santità de) giuramento. £ di vero più lunga dice- 
ria potuto avrebbe vendere sospetti gli invidiosi. 

VII. I Comneni sollevati per cosiffatta lega da gra- 
ve mole di affanni con più ilare aspetto intrattenevansi 
presso V imperatore. Ed avvegnaché ambedue fossersi 
artefici sommi nel dissimulare il compresso dolore (A- 
lessio ancor più del germano), non di meno per lo in- 
nanzi il tenore dei volti a pena era giunto a coprire le 
interne rancure. Se non che per la stessa confidenza 
loro aumentatosi l'odio degli astiosi, nè cessando le se- 
grete maldicenze, eglino avvertiti dall'Augusta, fedele alle 
sue promesse, che i due servi concertato aveano, abu- 
sando delta imperiale bonarietà , di liberarsene, ri- 
solverono di non più comparire giornalmente a corte 



,0* ANNA COMNENA > 

insieme, giusta il praticato finora, ma oggi V uno, la di- 
mane V altro, appigliandosi a tale prudente consiglio on- 
. de se alcuno di loro cadesse nelle insidie di quegli Sci- 
ti , in allora potentissimi, riuscisse almeno all' altro il 
sottrarsi con pronta fuga, all'uopo d'impedire l'aonichi- 
lamento dell 1 intiera famiglia. Le costoro faccende tut- 
tavia trovavansi in migliore stato di quello che i so- 
spetti facevano paventare, godendo aroendue maggiore 
estimazione che non i proprj avversai), per quanto e' sem- 
brassero potenti , come di leggieri apparve, nella con- 
giuntura che prendo qui a riferire più distintamente. 

Vili. Botaniate all' annunzio che i Turchi occupato 
aveano la città di Cizico (i), issofatto mandò chiaman- 
do Alessio, e correva il dì nel quale a tenore della con- 
venzione loro Isaacio solo presentarsi dovea alla corte, 
laonde questi non poco maravigliossi all' incontrarvi il 
fratello; addimandatogliene, breve e precisa fu la rispo- 
sta. Introdotti quindi ambedue, ed eseguito di confor- 
mità il saluto, Botaniate ordinò che attendessero un po- 
co , e giunta P ora di porsi al desco li volle suoi com- 
mensali. Quivi assisi , negli opposti lati della mensa, To- 
no di contro all' altro, al rimirare i mesti volti de' cir- 
costanti, ed il modo con che andavano bisbigliando in- 
fra loro arcani detti, lasciaronsi di parità sorprendere 
dal timore non fossersi colà ragunati, per mene degli 
insidiatori, a fine di esterminarli prontamente; con fur- 
tive occhiate adunque, come poteano il meglio, si con- 



(i) Città in Misia, alle bocche del fiume Spiga. 



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I 



LIBRO SECONDO. io3 
sigiavano e confortavano a vicenda. Qui giovò loro quella 
piacevolezza con che da gran tempo e' solcano, mediante 
graziose parole, corteggio onorifico ed ogni maniera di 
* officiosità, conciliarsi la benevolenza di tutti i cortigia- 
ni. Con qucst' arte poi eransi massimamente cattivato 
V animo dello scalco, il quale perciò mirandoli con oc- 
chio ilare ed affettuoso, all'andargli da presso un donzel- 
lo d' Isaacio: Annunzia, dissegli, al signor tuo V espu- 
gnazione di Cizico, confermata da pistole di là giunte. 
E quegli tosto nel porre sulla mensa i serviti con bassa 
voce riferì la nuova al padrone, il quale incontanente , 
mosse a pena le labbra, ne fé' cenno al germano. Ales- 
sio fornito di prontissimo ingegno per comprendere dal 
menomo indizio checché si fosse, colla rapidità del fuo- 
co spingendo avanti i suoi pensieri , venne di subito a 
comprendere il tutto. Non altrimenti fattesi ad entram- 
bi palesi le cagioni del silenzio e della mestizia, e dile- 
guatisi negli animi loro i concepiti sospetti, e' con tran- 
quillità si acconciavano in bocca le risposte che dareb- 
bero al sovrano quando fossero consultati di corto so- 
pra le misure da prendere nelle presenti circostanze. 
Intanto eh' eglino s' occupavano in questi pensieri, Bo- 
taniate volgendo i suoi sguardi ad entrambi manifestò 
loro, estimandoli tuttavia ignari dell' avvenuto, la strage 
commessa in Cizico. E queglino di già consapevoli del 
grave sinistro, e muniti di confortativi mezzi ne* tristi 
occorrimenti e nelle espugnazioni delle città, rassicura- 
rono di leggieri con adatto ed eloquente discorso il do- 
lente animo di Augusto, incorandolo a sperar bene, po- 
tendosi la piaga sanare; e perchè non abbia a patir danno 



r 



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io* ANNA COMNENA 

la salvezza e prosperità del rapo dell* impero, come a 
dire di Botaniate stesso, avrebbero con prontezza ri- 
spinto per la settima volta i barbari predatori entro ai 
loro confini. Soddisfatto PAugusto delP udito sermone 
e degli autori di esso, die 1 commiato ai commensali , e 
libero da timore passò il resto di quel giorno. 

IX. Dopo di cbe i Comneni, rassicurati del come si 
stessero innanzi al sovrano, cominciarono a frequenta- 
re più assiduamente la reggia e ad inescarne colle più 
studiate urbanità i famigliari, a tenersi lontani accorata- 
mente dal recar motivo di maldicenza, o pretesti d'odio 
ai nemici } a mettere infine ogni industria nel cattivar- 
si la universale stima e benevolenza. Oltre di cbe si pro- 
posero di continuare indefessamente nella ricerca dei 
mezzi alti ad affezionarsi ognor più Maria Augusta, ed 
a persuaderla che soltanto per lei viveano , e su di lei 
unicamente fissi aveano i loro sguardi. Nè a conseguir 
l' intento e 9 difettavano di validissimi appoggi, ad Isaacio 
tornando bene il matrimonio contratto colla cugina della 
regnante, ad Alessio l'affinità derivatagli da queste noz- 
ze, e di soprappiù P adozione, del che io ispecie facen- 
dosi puntello scevro da sospetto o sorpresa di chi che 
si fosse iva di sovente a visitarla come sua madre. Non 
igoari eoo totto ciò delP implacabile ira di que' due 
barbari, i qoali fidando nella imperiale bonarietà volge- 
vaola a loro talento ove meglio bramassero, paventavano 
di continuo a ragione così la perdita della grazia sovrana, 
come il pericolo di addivenire preda e vittime delPineso- 
rabile odio de' loro nemici, rendutisi forti coli' imperia- 
le fidanza. E di vero che mai accertatamenle può stabi- 



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LIBRO SECONDO. 10S 
lirsi intorno ad animi cotanto volubili, ed a foggia del- 
l'Euripo (i) sempre ondeggianti pel non interrotto flusso 
e riflusso delle mal ferme loro passioni ? 

X. Tra questo mezzo i servi penetrati da eguale pen- 
siero non desistevano punto dal concepito proposilo} 
ma estimando vane le insidie, e vedendo i Comneni di 
giorno iu giorno acquistare credito e possanza mag- 
giori, alla perfine dopo molti discorsi convennero di ve- 
nire alle corte} ed in che modo ? A nome dell' imperato- 
re, quantunque all'insaputa di lui, chiamerebbonli ad 
un tratto nelle ore notturne, ed incolpati di falso delitto 
priverebbonli tosto della visione} tale in compendio il 
progetto loro. Isaacio ed Alessio, avutone certo avviso, 
riputarono, dopo lunga ed affannosa deliberazione, non 
rimanere scampo alla propria salvezza della ribellione 
alP infuori , da necessità estrema trascinati a si grave 
passo. Ed a fe del Nume cbi mai comporterebbe di at- 
tendere che il rovente ferro applicato a' suoi otechi to- 
gliessegli di botto la benefica vista della luce e del so- 
le l Tennero non di meno occulto entro se stessi il com- 
binalo accordo insino a tanto che si presentò loro, do- 
po breve indugio, la propizia occasione di mandarlo ad 
effetto. 

XI. Era stalo commesso a mio padre, in allora gran 
domestico dell' Occidente, di raccogliere nella cillà par- 
te dell' esercito all' uopo di metterlo in punto contro gli 



(i) Stretto di Negroponte, il quale ha un molto perico- 
loso flusso e riflusso selle volte al giorno. 



io5 ANNA COMNENA 

Agareni (i) predatori della città di Cizico, e valendosi 
egli di tale coverta chiamò a sè per via di lettere i più 
fidi suoi duci. Costoro accorsi premurosamente da ogni 
banda nella città, uno del numero, sedotto da Borilo 
altro de' servi, presentossi all' imperatore coli' inchiesta 
se per comandamento di lui il gran domestico raguna- 
to avesse nella regia città l'intero esercito? Botaniate , 
uditone, di colta manda per mio padre, voleudo cono- 
scere se vera la riferta. Alessio dichiaragli che aveavi 
alla buona fe introdotto, giusta gli ordiui ricevuti, non 
tatto l'esercito, ma solo parte di esso, componendo il 
suo discorso con tanta verisimiglianza da conciliarsi pie- 
na fede. Originare poi tale voce, egli proseguiva, dall'es- 
sere disperse in varj luoghi le coorti quivi giunte, di ma- 
niera che marciando ognuna dalla propria stazione per 
riunirsi nella città, presso a non sapevoli della bisogna 
destossi il sospetto non V intero esercito vi mettesse pie- 
de. Borilo impertanto con prolissa diceria piativagli con- 
tro ( il secondo insidiatore, Germano, fornito di più sem- 
plice natura, meno allora gli si oppose), ma prevalse l'au- 
torità d'Alessio fermo a negare il fatto, ed a pieni voti 
fu assolto. Costernali i barbari per l' inaspettato esito 
«lei giudizio, e vedendo che una cotanto verisimile ac- 
cusa non avea in conto veruno distolto 1' animo impe- 
riale dal gran domestico, uscirono di speranza delle co- 



(i) Arabi asiatici derivanti da Ismaele figlio di Abramo e 
della costui sergente Agar. Impropriamente poi diconsi Sara- 
ceni, discendendo questi da Isacco figlio di Abramo e di Sa- 
ra. Tacito, lib. XIV, cap. 27, li appella Mardi. 



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LIBRO SECONDO. 107 
se loro se non dessero prontamente mano alla combi- 
nata vendetta; quindi statuirono di compier l'opera du- 
rante quella stessa notte. 

XII. Tutta la genia de 1 servi è nemica de 9 suoi pa- 
droni , e quando non possa recar loro danno, volge lo 
sdegno a' compagni nel servaggio, ed avvenutasi ad al- 
cuno contro cui sfogare il proprio livore dagli spietata- 
mente addosso. Mio padre ebbe appunto cosi a speri- 
mentare la natura e l' indole, come a un di presso nar- 
rava, d' ambo que' servi. Giva intorno la voce che Bo- 
rilo, assistito da Germano partecipe del segreto, aspiras- 
se air impero. Fittisi pertanto in capo di balzar dal tro- 
no il regnante , erano ben lontani dal nimicare i Co- 
mneni per zelo di provvedere alla dignità e salvezza di 
lui; ma opinando non ancora opportuno e sicuro con- 
siglio il dare principio all' assalto , apparecchiavansi 
a far vittime di loro crudeltà i due germani; e di già, 
pronti ad eseguire, bociavano quanto da prima sol tra' 
denti aveansi parlottato. Ora un antico uffiziale impe- 
riale, di schiatta alana e di onoranza maestro (1), porto 
attento orecchio alP empia deliberazione , corse pieno 
d' orrore per sì grande scelleranza , giunta la notte al 
suo colmo, ai Gomneni, e sciorinò il tutto ad Alessio; 
havvi poi voce che il maestro tale operasse non senza 



(i) Titolo da prima indicante prefettura; così area?! il 
Magister militum , il Magister curiee. il Magister palatii im* 
perialis, il Magister justitiarius, ecc. Di poi esso fa titolo u- 
nicamente di onoranza, in particolare accordato ai dottori ; 
per ischerno da ultimo passò ai pedagoghi : Ludi Magistri. 



I 



108 ANNA COMNENA 

saputa dell'Augusta } checché ne sia, egli è introdotto 

«lai gran domestico presso al fratello ed alla madre , i 

quali , udito il tremendo annunzio, dichiararono essere 

giunta 1' ora di compiere i fatti concerti, e di mettersi 

coli 1 aiuto divino sull'unica via di salvezza in poter 

loro. 

XTTI. E poiché mio padre sapea che P esercito alla 
posdomane sarebbe a Tzuroli (ciltadelta a confine della 
Tracia ) , tosto recossi , nella prima vigilia della not- 
te, a visitare Pacuriano, uomo per verità di piccola mo- 
le, giusta il poeta, ma valoroso guerriero, di schiatta il- 
lustre ed armeno di nascila. A costui Alessio racconta 
Tira e l'astio de' servi, le trame da pezza ordite, e l'ulti- 
ma scoperta ribalderia dello stabilito accecamento e suo 
e del germano, il perchè richiedelo di consiglio , come 
dire, se a foggia di mancipj e' debbano tollerare servil- 
mente 1' estremo de' mali, o, uopo essendo perire, fac- 
ciansi ad incontrare la morte coli' oprar da forti, e non 
a mo' di schiavi sommetlervi le cervici loro. Cosiffat- 
tamente, di conformità alla sua grandezza d'animo, pe- 
roratosi da mio padre, Pacuriano comprendendo la ur- 
genza di non perdere tempo, rispose : Partendoti doma- 
ni ai primi albori verrò teco, disposto a seguire i tuoi 
destini^ se indugii un momento di più, ritieni: io stesso 
presenterommi ad Augusto per indicargli da mia posta 
i tuoi divisamenti. Siati a cuore* soggi ugne Alessio, la 
mia salvezza^ il che ottenuto n'andrò debitore alla be- 
nefica provvidenza del Nume. M' * uniformerò dunque^non 
dubitarne, al tuo consiglio ma orsù giuriamo entram- 
bi i nostri accordi, ed il giuramento prestalo fu del te- 



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LIBRO SECONDO. ioq 
nore seguente: Ove Alessio pervenga ad assidersi nel 
trono imperiale, conferirà immediatamente la dignità 
di gran domestico, di cui va fregialo, a Pacuriano. Mio 
padre quindi, salutato costui, andò a visitare Umperto- 
pulo, altro personaggio tra' primi in valore, il quale u- 
dilo quanto si passava, il motivo della fuga, e la neces- 
sità di por mano a novitadi, non tardò lungamente, qua* 
si di moto proprio, a dichiararsi volonteroso di aver par- 
te seco nel progetto e ne' perigli : Eccoti, dicendo, in 
me un prontissimo e fermissimo difensore, qualunque 
risico sia per correre la tua dignità e salute. 

XIV. Tali amicizie poi di chiarissimi personaggi erasi 
procaccialo Alessio col proprio valore , colla prudenza 
sua , e molto più col mostrarsi sommamente liberale 
verso ogni celo di persone. Conciossiachè quantunque 
possessore di mediocri ricchezze , non essendosi oiai 
adoperato ad accumularne rapinando , né datosi gran 
pensiero di accrescere le sue reudite, non di meno, sic- 
come la vera liberalità acquista maggior pregio dall'ani- 
ino del donante che non dalla grandezza e dal valore 
attribuiti ai doni, spesso avvenendo che il poco diasi coti 
amore e generosamente, ed il molto con grettezza e sor- 
didamente , era mio padre riuscito , inGn da quando si 
vivea colla sua privata fortuna, presentando non islen- 
tatamente poco danaro, a farsi anteporre a que' disep- 
pellitori di tesori, Creso e Mida, i quali sopra Poro ada- 
giavansi ed in minuzzoli tagliavano il cimino. Questa 
ed altre simigliatili \ irlù da gran pezza in lui osservate 
indussero gli antedetti personaggi ad accogliere all'istan- 
te col massimo favore la proposta dj metterlo iu trono. 



no ANNA COMNENA 

Egli pertanto ricevuto anche da costui il giuramento 
sen torna alla propria casa e narra il tutto a' suoi. Di- 
vulgatosi allora infra la plebe 1* avvenuto , la parte di 
essa propizia a mio padre mostrò con popolare canti- 
lena per la città di essere al fatto di quanto egli mac- 
chinava e di approvarlo. Tale a un dipresso era il car- 
me rozzamente composto: Nel sabato appellato dal ca- 
cio (1) con quanta furberia operi tu y o Alessio! il qua- 
le nel giorno succedente alla domenica a mo^di veloce 
sparviere ti sottraesti dalle reti de* barbari insidiatori. 

XV. Se non che Anna Dalassena, madre dei Co- 
mneui, avea precedentemente fatto venir seco il genero, 
nipote di Botaniale , per darlo in isposo alla figlia di 
Manuele suo primogenito. Intimoritasi pertanto non il 
pedagogo del giovincello al primo sentore della ribel- 
lione corresse frettolosamente ad avvertirne l'imperatore, 
s'appigliò, onde porvi riparo, al seguente partito: Sul 
far della sera ordina che approutinsi i suoi equipaggi , 
quasi voglia, giusta la constumanza, procedere alla visita 

(i) La settimana che termina colla Domenica nomata dai 
latini Quinquagesima appellasi dai Greci Tvf$*y*s y o T»- 
fttn (che si mangia cacio), perchè nel correre di lei è ancora 
permesso Fuso di questo latticinio. I Greci principiando il 
solenne vernile digiuno undici giorui prima de' latini fanno vi 
alcuni digradamenti e sono : Dalla domenica di Sessagesima 
infino a Pasqua astengonsi onninamente dalle carni, ma tut- 
tavia proseguono durante la settimana a cibarsi di formaggio, 
cessando tale permesso colla domenica di Quinquagesima, 
detta per ciò presso di loro domenica del cacio. Jl sabbaio, 
dunque appellalo dal cacio era il sabbato della Sessagesima. 



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LIBRO SECONDO. ni 
delle sante cbiese del Nume. Trovatisi dunque tulli 
pronti mena» fuori i destrieri dalle stalle e fìngono mei* 
terli in assetto ed ornarli accuratamente, come che ap« 
presentarsi debbano con tulti gli arnesi lor proprj alle 
matrone. 11 nipote intauto di Botaniate ed il suo peda- 
gogo slavano dormendo nella parte loro assegnata della 
reggia. Or bene i Gomueni al momento di armarsi e 
prender la fuga , chiuse le principali porle , da presso 
alla prima guardia , del regale palazzo , consegnaronue 
alla madre le chiavi. Serralo aveano alsì gli usci 
della camera iu cui riposava il uipote sposo , ma bra- 
mosi di evitare con ogni diligenza il più piccolo roino- 
re onde non si destasse il fanciullo) eransi accontentati 
di socchiuderne appena le imposte. Consumata di que- 
sto modo la maggior parte della notte nel disporre e 
compiere l'occorrente, stavasi per udire il primo Galli- 
cinio (i) quando, tornati ad aprire di subito le porte, 
chiuse antecedeulemeute , dell 1 atrio, avviansi pedestri 
coti seco e madre e sorelle e mogli e prole, ritti al fo- 
ro Costantiniano. Quivi , salutale le donne, i Comneui 



(i) La notte dividevasi in quattro parti, dette vigilie, ed 
erano : Conticinium (la mezza notte) , lntempestutii, (in cui è 
fuor di tempo il travagliare), Gatlicinium (parte della notte 
in cui cantano i galli), e Jntelucanum (innanzi dì;. Altri 
poi ne formavauo sette parli nel seguente modo : Vesperum 
(la sera), Crepusculum (quella luce che si vede dopo il tra- 
monto del sole) Conticinium, Intempestum, Gallici niu/u, Ma- 
tulinum (principio del giorno) e Diluculum (alba, o aurora). 



in ANNA. COMtNENA 

procedono di fretta ai palagi delle Blaclierne (i), e quel- 
le riparano nel tempio della grande Sofìa (a). 

XVI. Il pedagogo di Botaniate , allo svegliarsi, ve- 
nuto in cognizione dell'operato loro abbandona all'istan- 
te la casa , portando una fiaccola in mano , ed a tutto 
passo raggiugne i fuggenti presso al tempio dei santi 
quaranta martiri. Dalassena, madre dei Comneni, aoc- 
chiatolo: &>, dissegli, che fui accusata presso V impe- 
ratore di falso delitto $ vo quindi a ripararmi entro le 
sante chiese per godervi e protezione ed asilo , i7#/Jf?o- 
attantochè) aggiornatosi, torni alla mia dimora. Pre- 
cedici colà , ed annunzia di subito agli ostia/ j , alt a- 
pr/rne le imposte , il prossimo nostro arrivo } ed egli 
avacciò sua andata per eseguire il comando. Le matro- 
ne di là pervengono al tempio del pontefice S. Nicola, 
il quale ancora al dì d'oggi suole appellarsi rifugio, in- 
nalzato già da pezza vicino alla grande chiesa (3) per 
salvezza e tutela di chi fosse caduto in delitto, come se 



(1) Sobborgo di Costantinopoli, dove I 1 imperatore Leone 
edificò un sontuosissimo tempio in onore della Beala Vergine. 

(2) Questo tempio era intitolalo non già ad una santa di 
nome Sofia, ma a Gesù Cristo, alla Sapienza di Dio espressa 
dai Greci col vocabolo Sofia (£•{>/«). Nè andrebbe forse er- 
rato chi ne derivasse la origine dall'essere quivi insegnala la 
Sapienza divina, ciò è del suo Verbo. Prima che venisse in- 
trodotta la consuetudine d'intitolare le chiese ai santi d'am- 
bo i sessi, elle da per tutto , in isj>ccie le maggiori , erano 
dedicate alla santa , o al santo Sofia. 

(3) S. Sofia. 



LIBRO SECONDO. n3 
pai-te di quel gran tempio a bello stadio venisse eretta, 
salvo mio errore , a tal uopo dagli antichi imperatori , 
soliti a governare clementissimamente i sudditti , ed a 
procacciar mezzo di perdono ai delinquenti. Se non 
che P ostiario del tempio indugiò ad aprire le imposte, 
volendo sapere da prima chi elle si fossero e donde ne 
venissero, cui altri della comitiva rispose: Donne $dal- 
TAsia ; le quali consumato il viatico affrettansi di ese- 
guire Vado razione loro per retrocedere prestamente alle 
proprie case, ed egli senza far replica disserrò le 
porle. 

XVII. Il di vegnente l'imperatore, udita la fuga de' 
Comneni, passa a ragunare il senato e ad aringarlo , 
forte inveendo, come ognuno può imaginare , contro il 
gran domestico. Manda poscia noti so chi Slraboroma- 
no ed altro di nome Eufemiano alle matrone colPordi- 
ne di ricondurle seco al palagio. Ai quali Dalassena : 
Riferite, disse, alV imperatore che i miei figli non la ce- 
dono ad uom al mondo in rispetto ed ossequio verso 
la maestà sua, e ne hanno dato sufficienti pruove espo- 
nendosi del miglior grado per lui a malagevolissimi 
perigli ed imprese. Mercè di che i nemici loro mal 
comportando il suo affetto verso di essi non desistettero 
unquemai dalV insidiarli , giunti a tanto di stabilire ed 
apprestarne P accecamento. Per la tema dunque a* una 
punizione che sapeano ottimamente , puri da reità co- 
munque, di non aver meritato, e costretti dalla neces- 
sità di evita/ e il sovrastante pericolo, e' si ritrassero 
da queste mura senza nutrire il menomo pensiero di 
sedizione. Laonde /edelissimi li ha tuttavia, e questo 

AmJIA COMWENA. . 8 



ni ANNA COMNENA 

allontanamento non mira che ad avere V opportunità 
di mostrargli con quanta perfidia sieno oppressi da 
scelleratissimi raggiratori, e oV implorare il suo aiuto 
contro il molesto poter loro. Così Dalassena. Gli impe- 
riali messi per lo contrario insistevano a tutt'uomo nel 
volerla condarre seco indietro; ma ella, comportandoli 
a malincorpo: Lasciatemi, disse, inoltrare nella grande 
chiesa del Nume onde lo adori „ non essendo convene- 
vole , giunta alle porte , il retrocedere prima di esser- 
mi prostrata innanzi T immacolata Signora Madre di 
Dio , supplicandola del suo patrocinio ad ottenere il 
divino e P imperiale favore. I legati consentitole, esti- 
mando giusta e pia la sua domanda. Proceduta dunque 
con tardo e debole passo , come se illanguidita "dalla 
sensazione de 1 presenti mali, o debole per gli anni (tale 
in realtà non era , ad arte fingendo la malsania), infino 
air ingresso del sacro Berna (i) e fattevi due adora- 



ti) La porta esterna delle chiese greche nomatasi Specio- 
sa. Dopo di essa veniva il Propileo (antiporta, e tal volta an- 
che atrio) del Nartece. Quindi il Nartece (vestibolo), da dove 
per una porta chiamala Basilica (regale) si passava nel Pro- 

naos (spazio precedente la nave), e di là nel Naos (nave, 
navata). Di seguito a questo eravi la Solea ( luogo per 
alcuni, gradi più elevato degli altri, ed avente tre porte, la 
cui mediana si nomava Santa, e complessivamente prese di- 
cevansi le sante porte; per queste si entrava nel Berna (santua- 
rio, sacriGcalorio, presbiterio, tribuna ec), il quale terminava 
con tre conche (volte a conca, apsidi, parapsidi), avendovi in 
quella di mezzo , sovrastante le laterali in grandezza, il trono 
patriarcale, circondato da stalli pe* sacerdoti , e di prospetto 



LIBRO SECONDO. Ii5 
zioni, alla terza si adagiò sai pavimento, ed afferrate le 
sacre porte ad alta voce protestava che, se pur non ve- 
nisserle mozze le mani , forza al mondo non bastereb- 
be a rimoverla dal sacro luogo , e sol ne partirebbe 
quando ricevuto avesse dall'imperatore la Croce, pegno 
dell' accordata salvezza. Slrabororaano allora le pre- 
sentò la Croce pendente dal suo collo , ma Dalassena : 
Non chieggo , dissegli , la vostra fede e guarentigia , 
quelle bensai, delV imperatore , di più in segno ed arra 
di esse non mi si offra piccola e sottile Croce, ma al- 
tra di conveniente grandezza , e ciò dicea onde fossevi 
manifesto segno del fattole giuramento, poiché recando- 
si a conferma della data fede una Crocellina, P atto si 
rimarrebbe invisibile a molti. Or voi, ella proseguiva , 
riferite ad Augusto la mia supplica, invocandone aWuo* 
po la giustizia e la commiserazione. 

XVI li. Altra poi delle sue nuore, la consorte d' I- 
saacio, entrata nel sacro tempio quando, giunta P ora 
dell'inno mattutino, aveano gli osliarj di già aperte le 
porte, alzatosi il velo che ricoprivane il volto, disse: Ella 
vada pur con Dio, se così le attalenta $ noi alla buona 
fi, non usciremo del tempio , intimataci ben anche la 

la sacra mensa. Nella destra eravi un altare appellalo Prolesi 
(proposizione), dove si deponeva con molte cerimonie -il 
paue, il vino e lutto P occorrente pel santo Sacrificio; nella 
sinistra poi , chiamala Diaconico, si apprestavano i paramen- 
ti di cui dovea far uso il patriarca, o vescovo ec. Cancelli 
in fine , o balaustre o tende , od altre tramezze comunque 
dividevano le antedette parli costituenti una chiesa greca. 



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n6 ANNA COMNENA 

morte, se non munite di valida malleveria. I legati po- 
sta mente alla fermezza delle matrone, che osservavano 
coir indugiare avvalorarsi, e temendo non si destasse 
tumulto col ricorrere alla forza, tornano all' imperatore, 
e narrangli per esteso l'avvenuto. Questi, la bontà stessa 
di sua natura, piegatosi alle suppliche di colei, mandale, 
a piena conferma dell' offertole salvocondotto, la bra- 
mata Croce, e persuasala con ciò ad uscire del tempio 
fé' comando che venisse rinchiusa unitamente alle figlie 
ed alle nuore nel gineceo (i) de' Petriori vicino alla fer- 
rea porta. Chiamò ad uno la consorte di Giovanni Ce- 
sate, suocera di suo figlio e protovestiaria (a) d'onoranza, 
dal tempio delle Blacherne , eretto in onore di nostra 
Signora Madre di Dio, e volle pur essa rinchiusa nel pa- 
lagio medesimo de 9 Petriori, ingiugnendo che non si stes- 
sero a manomettere e frugare le guardarobe e cassette 
loro, e si conservassero intatti i ripostigli e le vittuaglie, 
ad esse spettanti. Dopo di che ambedue le rinchiuse vi- 
sitavano cotidianamente del mattino i custodi per sape- 

(1) Gineceo; luogo interno ne' palagi abitato dalle sole 
donne. 

(2) Il protovestiario, o protobestiario, presiedeva alla 
custodia di tutte le vesti menta delle prime dignità così eccle- 
siastiche come secolari. 1/ imperiale sappiamo essere stalo in 
grandissima estimazione presso alla corte costa n linopolitaua , 
leggendo in Codino (lib. II) che l'imperatore Michele Paleo- 
logo fatto avea protovestiario del palazzo Michele Traca- 
niotta, suo nipote da parte di sorella. Questo titolo quindi 
per sola onoranza venne conferito a personaggi d' ambo i 
sessi. 



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LIBRO SECONDO. 117 
re nuove dei figli, e quaglino ben lunge dal concepirne 
sospetto tenevaule schiettamente al fatto di quanto era, 
in proposito, a loro cognizione. La protovestiaria poi, ge- 
nerosa di cuore e di mano, per vie più cattivarseli permet- 
teva eh' e' si valessero alla libera de' cibi e di quanto al* 
tro veniale in copia somministrato. Non altrimenti o- 
perando li avea più facili ad aprirsi seco, nè moveasi 
foglia che non le pervenisse immediatamente all' orec- 
chio \ ma basti di esse. 

XIX. I Comneni occupata intrattanto la porta della 
cinta esterna delle Blacherne, e spezzatene le serramen- 
ta, eransi procacciali certo e sicuro ingresso nella rega- 
le stalla. Tagliate poscia ai cavalli quivi da essi abban- 
donati le deretane gambe, dalla coscia iufino al piede, 
e conducehdo seco gli ottimi e quelli ritenuti vantag- 
giosi ai loro divisamenti, avviansi di subito al monaste- 
ro, presso della città, nomato Cosmidio. Al partirsi salu- 
tano la protovesliaria ( ivi trovandosi prima di ricevere 
V imperiale chiamata, come abbiamo testé detto) ed uni- 
scono alla propria causa Giorgio Paleologo, non azzar- 
datisi di partecipargli prima il concepito disegno , esti- 
mandolo meritamente sospetto per esserne il padre ami- 
co intimo di Botaniate. £ di verità Giorgio air udirne 
la proposta non si mostrò facile a prestarvi il suo con- 
sentimento; anzi sgridolli della macchinata ribellione, e 
con molte ed assennate parole cercò dissuaderli dal pre- 
cipitoso consiglio, ponendo loro innanzi un tardo pen- 
timento; nulla in verità potè sull'animo di lui infìtto a 
tanto che la suocera protovestiaria pigliato a difendere 
con tutta l'energia dell'animo suoi Comneni, ne perorò la 



i.8 ANNA COMNENA 

causa con sì grande eloquenza e commovimento d'affetti, 
non risparmiandogli tampoco minacce gravissime ove le 
ragioui da lei addotte non giungessero a persuaderlo, che 
alla fine delle fini riuscì ad ammollirne il petto. Dopo di 
che egli volse ogni sua cura a mettere in salvo le due 
donne , la consorte Anna e la suocera Maria nobilissi- 
ma infra Bulgari, presso cui ella nacque; donna così avvi- 
slata e adorna di eleganti forme, generalmente diffuse a 
parte a parte ed in tutto il complesso delle sue membra, 
da non rinvenirsene a que' tempi altra idonea a compe- 
tere seco in bellezza; il che dava grandissimo pensiero 
ed a Paleologo e ad Alessio, i quali agevolmente d'ac- 
cordo sulla convenienza di allontanare ambedue, era- 
no tuttavia di contrario parere intorno alla scelta del 
luogo ove metterle in salvo, Alessio opinando in alcuna 
delle rocche munite di forte presidio; la vinse non di 
meno il consiglio di Paleologo, che preferiva a tal uopo 
il tempio sacro alla Madre di Dio, ed eretto alle Biacher- 
ne; ivi adunque trasferite raccomandante alla santis- 
sima Genitrice del Verbo comprendente in sè il tutto. 
Dopo di che, deliberando infra loro quanto eseguir do- 
veasi, Paleologo disse: Precedetemi^ tra poco io vi rag" 
giugnerò cogli effètti e danaro di mia pertinenza ^ven- 
do egli per avventura deposto iu quello slesso monaste- 
ro tutla la mobile sua masserizia. 

XX. Laonde i Comueni avviansi di colpo al divi- 
salo luogo, fidando ogni altra cura a Paleologo, il quale 
caricate sopra i giumenti de' monaci le pròprie suppel- 
lettili, prontamente arri volti, e quindi in brev' ora tutti 
insieme pervennero a Tzurulo, città della Tracia, dove 



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LIBRO SECONDO. 119 
UDÌronsi all' esercito per ordine del gran domestico ivi 
raccolto. Di \k mandano persona a Giovanni Duca Ce- 
sare dimorante nelle sue ville sol territorio di Morobun- 
do. Giuntovi il messo di buon mattino, Giovanni, nipo- 
te di Cesare, fanciulletto ancora e come tale del conti- 
nuo ai fianchi del zio, non appena ebbelo udito dire dal 
limitare dell' atrio di voler parlare a Giovanni Cesare, 
corso di fretta nella costui camera, lo desta tuttavia dor- 
mente, e gli annunzia la ribellione de Comneni. Cesa- 
re sorpreso dalla voce di lui allontanalo con una guan- 
ciata, e gli ordina di guardarsi in avvenire da cosiffat- 
ti deliramenti. Il fanciulletto non di meno da lì a poco 
tornatogli dappresso non solo conferma la prima riferi- 
ta , ma di più ripetegli a mente le parole dai Comneni 
poste nella bocca dello spedito, invitandolo scaltramen- 
te con esse alla ribellione sotto mentito pretesto» ed era- 
no : Abbiamo approntato un ottimo camangiare non 
goffamente o con parsimonia condito; se vuoi goderne 
procura di sollecitare la tua venuta. Giovanni, postovi 
orecchio e levatosi a sedere in sul letto, piegando il ca- 
po sul destro cubilo, comandò che fossegli introdotto 
il nunzio, e da lui informato della faccenda ebbene in- 
quietezza maggiore: Ahimè! esclamando, rimiratesi quin- 
di le mani e lisciatasi la barba, pieno di pensieri la men- 
te, slettesi qualche tempo sopra sè. Da ultimo stabilito 
di unirsi ai Comneni, dà ordine agli scudieri di mettere 
in punto i cavalli, e detto fatto è sulla via di Tzurolo. 

XXI. Nel viaggio avvenutosi ad uomo carico di non 
piccola quantità d' oro lo abbordò colle omeriche paro- 
le: Chi sei tu? Donde vieni? Rispostogli: Il gabelliere, 



lao ANNA COMNENA 

diretto al regio tesoro per versarvi non frivola somma 
di pecunia, lo invita a pernottare seco, per quindi la di- 
inane proseguire il cammino ove meglio e 1 bramasse ; 
ma titubante ed a malincorpo acconciandosi quegli alla 
proposta, Cesare tuttavia, facondissimo parlatore, di ele- 
vatissimo spirito e neir arte di persuadere non inferio- 
re ad Eschine o a Demostene (i), riuscì colla forza 
del suo discorso ad averne il consentimento. Venuti per- 
tanto di compagnia ad un albergo, egli tutto pose in o- 
pera per tirarlo dalla sua , degnandosi averlo commen- 
sale e premurosamente curando che venisse fornito di 
comodo letto. AI mattino, sul levar del sole, Bizauzio, 
imbrigliato il cavallo, disponevasi a procedere verso la 
città, se non che Cesare vedutolo prossimo a montare 
iti arcione: Tralascia, dissegli, e vieni con noi. Or que- 
gli non sapevole per qual via si condurrebbe, e sospet- 
tando già dove tendessero le cortesie d' ogni maniera 
usategli, vi si rifiutava. L'altro in cambio insisteva coi 
prieghi e blandimenti} ma poscia osservate di verun pro- 
litio le dolci parole, passò ad altre più risentite, e nep- 
pur da esse ritraendo vantaggio ordina che il danaro e 
le bagaglio di lui uniscansi ai proprj giumenti, e quindi 
lo accomiata con ampia facoltà di andare ovunque gli at- 
talentasse. Bisanzio allora, paventando lo sdegno de' regi 
questori presentandosi loro innanzi a man vuole, pensò di 



Ì 

(i) Sommi oratori greci; il primo fu discepolo di Isocrate 
ed eraolo di Demostene. Il secondo colla sua eloquenza di- 
fese la pubblica libertà contra Filippo re di Macedonia, ed 
ebbe a maestri Isocrate e Platone. 



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LIBRO SECONDO. iai 
abbandonare il cammino della città. Estimando inoltre 
mal sicuro il retrocedere in causa della crescente popo- 
lare sommossa, propalatasi già diffusamente la ribellio- 
ne de' Comneni, deliberò contr' a sua voglia di seguire 
Cesare. 

XXII. Volle parimente il destino che Giovanni Du- 
ca per istrada s' avvenisse a turcheschi aiuti, i quali a- 
veano allora travalicato il fiume di nome Euro. Tirate 
dunque a sè le redini per fermare il cavallo ed interro- 
gati del luogo di lor partenza, ed ove diretti, li animò 
colla promessa di mólto danaro e d' ogni maniera di 
beneficenze a recarsi in sua compagnia presso il Conine- 
no. E' v' aderiscono, ed i loro duci richiesti da Cesare 
del giuramento issofatto lo prestano, dichiarandosi ob- 
bedienti ai Comneni. 

XXIII. 1 due fratelli osservarono da lunge Cesare 
diretto alla volta loro con questo supplimento d'aiuti, e 
non è a dire la gioia ne provassero, in ispecie Alessio, 
il quale itogli incontro baciollo e strinselo fortemente 
al suo petto. Che poi? Eccoli sulla via che mette alle 
costantinopolitane mura, Cesare, autore del consiglio, 
riponendo tntta la speranza d'un prospero successo nella 
prontezza della esecuzione. Quivi da ogni parte cittadi- 
ni e borghigiani vennero ad incontrare Alessio, incerto fi- 
nora dell'avvenire, e ad acclamarlo imperatore, eccet- 
tuati gli Oresliadi, mai sempre suoi nemici per la pri- 
gionia di Brieuio, e quindi partigiani di Botaniate. Oc- 
cupata successivamente Atira e dimoratovi un giorno 
procedettero a Schiza, tracica borgata pur questa, ove 
piantarono il campo, sovrastando intanto grave delibe- 



tua ANNA COMNENA 

razione, renitente a proroga comunque, e tale da tene- 
re gli animi sospesi nella incertezza di quale infra li due 
Comneni verrebbe salutato imperatore. Molti preferiva* 
no Alessio; ma Isaacio alsì avea i snoi favoreggiatori, 
non lentamente nè con fievoli speranze a prò di lui a- 
doperantisi. L' avresti detta una implacabile discordia, 
cotanto erano divisi gli animi, ed i voti delle genti in 
armi. Propendevano per mio padre quanti le nozze di 
Irene aveangli uniti coi legami di parentela , Giovanni 
Cesare da me testé rammentato, sapientissimo consiglie- 
re ed esperto e destro operatore ; così pure i costui ne- 
poti Michele e Giovanni, e da ultimo Giorgio Paleolo- 
go avente a consorte la siroccbia loro. Ogtiuno di essi 
a tutt' uomo agita , brogliava, instava, niovea, come 
suol dirsi, tutte le corde, appigliavasi a qualsivoglia mezzo 
per favorire V innalzamento d'Alessio. Ma Giovanni Ce- 
sare preponderava grandemente per autorità, l'ingegno 
e P eloquenza sua rendendolo certo di vincere qualun- 
que contrario partito. Il regale suo aspetto inoltre e la 
eroica sua taglia valeangli d'ottima commendazione, si- 
curo di trovare assenso ad ogni sua inchiesta, o di strap- 
parlo, a meglio dire, con tal quale blanda violenza. Av- 
vantaggiatosi egli di molto nel rimuovere i patrocinatori 
d' Isaacio, avea a simile gli altri Duca operosissimi, se- 
condo il proprio credito e potere , onde gingnere alla 
stessa meta. Che mai non fu operato , detto, promesso 
da coloro o privatamente ai singoli duci e tribuni, o in 
pubblico ariugando V esercito in favore d'Alessio? « 22- 
gli, afe, dicevano, egli, o soldati, vi sarà largo di gran- 
dissimi doni e di amplissime onoranze , nè a caso , o 



LIBRO SECONDO. i*3 
senza cognizione, com'è costume degli operanti per al' 
trai mano, cui il merito de" valorosi unicamente per sor- 
te ed il più spesso con maligna riferta vien manifèsta" 
io. Vide egli, pigliò parte, presiedette alle vostre impre- 
se , partecipe della fatica e del pericolo ; notovvi ad 
uno ad uno , e porta seco intorno altamente im- 
pressi nel suo animo, divista a lui cogniti, i vostri me- 
riti, e non già con vana rimembranza , ma per gene- 
rosamente guiderdonarli tostochè per voi gliene sarà 
aperto il varco. Rimembrate ora quanta estensione di 
suolo, quante pianure e quanti monti, lui duce, trascor- 
reste, quante volte, lui condottiero, vi rimiraste anelati 
in campo , quante altre , lui comandante il dar nelle 
trombe e con empito lanciandosi tra* primi, e pur tra* 
primi esponendosi al pericolo, appiccaste battaglia. Sa 
r uomo di pruova che sia fatica; conosce di propria e- 
sperienza quanto è giusto il guiderdone meritato con 
sangue e ferite. Molto a voi rileva, consapevoli voi stes- 
si delle opere de* forti, che addivenga costui P arbitro 
delle cose ,* ognun di voi gli è noto di veduta e di nome. 
Dimorato lungamente infra voi, da gran pezza eletto 
a condottiero degli eserciti ed a gran domestico delVoc- 
cidente, e' consumò copia grandissima di sale in vostra 
compagnia, fattosi onninamente vostro commilitone, com- 
pagno, socio ed alunno. Sì egli, che unquemai nelle bat- 
taglie e ne* badalucchi la perdonò alle sue membra ed 
al suo corpo, non vi sarà certo avaro di premj, come ido- 
neo estimatore della virtù bellica, il cui decoro passionata- 
mente ama, da natura, da ammaestramenti e da studio 



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i»| ANNA COMNENA 

formato' a nulla tenere in maggior pregio de'* valorosi 

e diligenti guerrieri» » 

XXIV. Queste parole di Duca erano ripetute in tutto 
l'esercito*, eppure vedevi lo stesso mio padre a favori- 
re Isaacio, o perchè, obblioso di sè e pieno di rispetto 
verso il maggior fratello, bramassegli conferita la prima 
onoranza; o, con più verità, perchè certo dell' attacca- 

* 

mento professatogli dall' esercito , e però della sua 
elezione, volesse in qualche guisa consolare, fingendo 
riverenza e benignità, e senza proprio discapilo, la fra- 
terna ripulsa. Non altrimenti consumavasi il tempo in- 
finoattantochè raguuato l' intero esercito all' intorno del 
padiglione, e tutte le parti datesi ad una affannosa a- 
spettatìva, facendo ognuna voti di conformità al suo de- 
siderio, si levò in piedi Isaacio per obbligare il fratello 
a vestire il purpureo calzare*, ma vedutolo fermo nel ri- 
fiutarvisi : Lascia, dissegli, che il Nume per tuo mezzo 
e nella tua persona degnisi rimettere la famiglia nostra 
in possesso del trono. Ed insieme gli rammentò il va- 
ticinio altre volte fattogli da ignoto profeta, improvviso 
apparsogli del modo seguente : Nel tornare non so che 
<\\ ambo i fratelli dal sovrano alla propria dimora, presso 
ad un luogo , nomato de' Carpiani , s' appresentò loro 
vuoi un uomo, vuoi altro che di lui maggiore, ma fuor 
di dubbio sotto umana sembianza, nudato il capo, con 
vesti sacerdotali, chioma bianca, irsuta barba, ed appa- 
lesatesi colla favella presago al sommo delle cose av- 
venire. Il pedone accostatosi al cavaliere e presagli una 
gamba tirollo a sè per bisbigliargli all'orecchio quel Da* 
vidico detto: Adoperati , va felicemente innanzi , e re- 



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LIBRO SECONDO. i*5 
gna : secondo equità, mansuetudine, e giustizia, aggiun- 
gendovi del suo: O imperatore Alessio. Non appena 
così parlato scomparve, indarno mio padre, allentate pie- 
namente al destriero le briglie, ricercandolo con avido 
occhio d' ogni intorno per apprendere da lui, potendo- 
lo arrivare, chi si fosse, ed a che prò fattagli tale pre- 
dizione. 

XXV. Al suo ritorno, dopo infruttuosa carriera, ad- 
dimandavagli Isaacio, mal comportando esserne all'oscu- 
ro, che si volesse dire 1' avvenuto; e vinta alla per 6ne 
la diuturna costanza di lui messosi al niego, s' ebbe l'ar- 
cano. Mio padre tuttavia ne 1 suoi famigliari discorsi, te- 
nuti poscia o collo stesso Isaacio o con altri, ascrivere 
solea il fatto ad illusione o prestigio; quantunque rian- 
dando in seguito nella sua meote P apparsogli allora sot- 
to vescovile forma, estimava entro sè non avervi gran dif- 
ferenza infra l'aspetto di lui e quello del teologo figlio 
del tuono (i). Laonde Isaacio rimembrando che l'annuii-* 
zio portato da quelle parole in tal punto compieva*! 
(poiché tutto l'esercito ad una voce era in sull' acclama- 
re Alessio), più fortemente insisteva, quasi costringendo 
il renitente fratello a laciarsi porre il rosso calzare, co* 
me da ultimo ottenne. Primi ad acclamarlo furono i Du- 
ca favoreggiatori di Alessio e per altri motivi, e per a- 
vere la mia genitrice Irene , della costoro famiglia, 
contratto legalmente seco matrimonio. Essi furono se- 
guiti con pari alacrità di acclamazioni da tutti i loro 



(i) S. Giovanni Evangelista. 



ia6 ANNA COMNENA 

consanguinei e parenti; quindi Fiuterò esercito con al- 
tissime ed uniformi grida ripetè Alessio Augusto} né sen- 
za miracolo trovaronsi così prontamente d' accordo le 
parti. Imperciocché molti non guari prima eransi con 
tanto fervore adoperati per Isaacio che li avresti detti 
pronti a qoal tu vuoi condizione onde venisse egli pre- 
scelto, ed alP opposilo minacciare sedizione e guerra. 

XXVI. Durante cosiffatto maneggio si promulga la 
voce che Melisseno proceduto con esercito a bastanza 
forte insino a Damali fossevì gridato imperatore e vesti- 
to di porpora; ed ecco arrivare, nel mentre che si dub- 
biava a prestarvi fede, i suoi ambasciatori con lettera di 
questa forma : « Iddio mi ha serbato sano e salvo col- 
V esercito infino a Damali, e ben so ad una le vicende 
vostre, la buona ventura intendomi di avere schivato le 
insidie dei servi cospirantivi contro, e messa al sicuro 
la vostra salvezza. E da che, annoverandolo infra? di- 
vini beneficj, trovomi ai Comneni stretto co* legami di 
parentela, tale quindi a voi attaccato <T animo ed affe- 
zione da non cederla, siami testimonio il Nume, a ve- 
runo dei consanguinei, chieggovi di partecipare gli 
accorgimenti della vostra sapienza, onde uniti di con- 
sigli e di forze, a sostegno della comune salvezza, non 
veniamo più bersagliati da ogni vento, ma, stabilite ac- 
conciamente le imperiali faccende, procediamo stam- 
pando orme sopra ben fermo sentiero. E tanto a fe con- 
seguiremo se, colP aiuto divino, padroni della città, voi 
reggerete a vostro buon grado V occidente, ed accorde- 
rete a me, vestito di porpora e cinto il capo di corona, 
il governo dell" À sia, consentendo a simile che nelle so- 



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LIBRO SECONDO. 127 
tenni acclamazioni e formole in cui è costumanza di 
proferire gli imperiali nomi venga unito il mio a quel' 
lo di chi di voi ascenderà il trono. Se vi convenite po+ 
tremo di pari consentimento e di concorde avviso, 
avvegnaché separati per luogo e faccende, governare V im- 
pero con salda tranquillità anzi due essendo che uno. 

XXVII. Ai messi apportatori della lettera nulla di 
presenza fu risposto, ma chiamati il dì segueute con pro- 
lissa diceria ebbero a sapere quanto le inchieste dì Melis- 
seno fossero (unge dal potersi accordare. Si aggiugnea 
inoltre che presto verrebbe loro indicato col mezzo di 
Giorgio Mangano (era costui V ospite e soprantendenle 
de 1 legati ) ciò che al postutto gli si concederebbe. Duran- 
ti poi queste deliberazioni i Comneni non ristavano dal 
tentare la presa della città col por mano agli schermugj 
e coli 4 avventare saette. Nel dì appresso fu comunicala 
ai legati la sentezza del Consiglio sull'inchiesta fattagli, 
ed era un che di simile a quanto siamo per dire : Ab- 
biasi Melisseno la cesarea dignità, V ornamento della 
benda, le solenni acclamazioni e gli altri tutti ragguar- 
devoli distintivi di seconda onoranza. Concedagli* 
si parimente in proprietà la grandissima capitale dei 
Tessali, ove, erge il tempio dedicato al gran martire 
Demetrio^ scaturendo quivi dalla sua venerabile tomba 
un unguento operante di continuo grandissime cure a 
prò di coloro, che pieni di fede vi si accostano. Tali 
proposte quantunque a prima udita non si ritenessero 
sufficientemente ampie dai legati , pure e' mirando il 
molto apparecchio ed il vigoroso sforzo per la espugna- 
zione della città, incolti da timore non i Comneni una 



ia8 ANNA COMNENA 

volta padroni di «ssa rifiutassersi anche dall' ac- 
cordare le prime offerte, insistettero che queste ratifica- 
te fossero con diploma scritto in rosso e munito di au- 
reo suggello. Condiscesovi il nnovo imperatore Alessio 
e chiamato a se di colpo Giorgio Mangane suo cancel- 
liere, gli ordinò di spedire nelle volute forme il diplo- 
ma. Colui indugiò tre dì ad estenderlo, adducendo sem- 
pre nuovi pretesti : ora che stanco dal giornaliero lavo- 
ro non eragli stato possibile nella notte di por 6ne allo 
scritto; ora asserendo che , terminatolo , per tal quale 
accidente, poiché di uotte compiuta l'opera, una favilla 
partitasi dal suo lume avealo messo in fiamme, e col- 
V inorpellamelo di tali furberie e' protraeva del suo me- 
glio la fine di questa faccenda. 

XXVIII. I Comneni intrattanto di là movendo oc- 
cupano le cosiddette Arete, luogo prossimo alle mura, pro- 
minente sulla pianura, ed agli spettatori al basso mostran- 
tesi quasi collina avente uno de' lati di contro al mare, 
T altro di contro alla città, ed i rimanenti due volti a 
settentrione ed occaso. E ad ogni vento esposto, forni- 
to di perenni polle di limpida e potabile acqua, ma per 
guisa sterile di piante ed alberi che direbbesi accurata- 
mente raso da boscaiuoli. Quivi in altri tempi Romano 
Diogene imperatore, allettato dall'ameno prospetto e 
dalla salubrità dell'aria e del suolo, erasi dato pensie- 
ro di fabbricare splendidi palagi ne' quali avessero, a mo' 
di suburbana villeggiatura, alloggio i regnanti. Ora i Co- 
mneni e gli altri duci, addivenutine possessori, di là man- 
davano a combattere le mura della città, non con macchi- 
ne, baliste od altro che di simile, non avendone copia 



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LiBRO SECONDO. hq 
uè lempo da costruirle, ma con ischertnugi di a re ad ori, 
e con mostre di militi astati e catafratti, mirando a inti- 
morirne il presidio. E di vero non poca dotta ebbene 
Botaniate, il quale da quinci vedendosi alle porte i Co- 
mneni con forte esercito di ogni arma, e da quindi Me- 
lisseno Niceforo, inoltratosi in6no a Damali con truppe 
non inferiori di numero e colf eguale intendimento di 
occupare il principato, oppresso da doppia sciagura e 
non sufficientemente provveduto di mezzi da resistere ad 
entrambi, quasi disperava della repubblica, ne era lon- 
tano dal risolversi ad abbandonare il supremo comando. 
Pervenuto di già alla vecchiaia più non era il valorosis- 
simo appalesatosi nel fiore dell 1 età sua, nè avrebbe mai 
ristretto i limiti delle sue speranze entro le mura e la 
circonferenza della città, se gli anni non fossero giunti 
ad affievolirne il primo vigore. Questa temenza del prin- 
cipe non bene palliata, diffusasi nella popolazione , av- 
vilì per modo che non si ripose geoeralmente più fidanza 
nelle munizioni, e molti datisi a credere che in causa 
dello spavento i ribelli trovato avrebbero aperto dovun- 
que, convertivano fuor di tempo in lutto il pensiero del- 
la difesa. 

XXIX. Ma i Gomneni ed in ispecie il nuovo Augu- 
sto, considerata la difficoltà di abbattere quelle mura, 
tanto a motivo dell' arditezza di tale impresa , quanto 
per essere alla testa d'un esercito accozzato parte d'in- 
digeni, parte di stranieri, e lontano ancora dal necessa- 
rio accordo , perchè la volubilità della moltitudine e 
l'ondeggiamento delle incostanli-passioui uon ispirassero 
giusto timore, prudentemente opinarono di escogitare 

AwwA. Comnena. o 



i3o ANNA COMNENA 

se fossevi mezzo d' indurre la guernigioue, aescandone 
con promesse gli animi , a favorire lor parti. Alessio 
pensatovi V intiera notte , sulP albeggiare del seguente 
giorno va al padiglione di Cesare onde comunicargli 
un suo accorgimento, parto delle ore notturne , e ri- 
chiederne l* opera per mandarlo ad effetto. E' dunque 
esortavalo a fare il giro delle mura coli' intendimen- 
to di esplorarne le fortificazioni, e conoscere a quali 
militi fosse data in custodia ognuna di esse, a fine di sta* 
hilire da che parte con probabilità di felice riuscita si 
potesse tentare un tradimento. Cesare al primo udirne 
mostrossi alcun poco renitente, conciossiachè non aven- 
do mai vestito monacale tonaca (i) con ragione dot- 
tava, sotto quest 1 abito approssimandosi alle mura guar- 
date tutto ali 1 intorno da militi, non addivenisse appo co- 
storo argomento di scherno e derisione. Né I" antiveg- 
genza sua diede in fallo, poiché indottovi da mio padre 
quasi a malincorpo , non appena il presidio ebbelo ri- 
conosciuto che salutollo per dileggiamento col nome di 
abate e con altre villane parole. Ma egli, abbassato di sopra 
alla fronte il cappuccio , imbacuccandovi*! del suo me- 
glio, e reso forte contro le ingiurie dall'alto scagliategli 
proseguì coraggiosamente l' intrapreso cammino, alla fog- 
gia de 1 grandi ingegni , i quali con invincibile costanza 
tenendosi fermi alle deliberazioni una volta fatte, spre- 

• 4 9 

""""""" """" 

(i) Dagli esploratori d' un' assediata città \eslivasi l'abito 
monacale, perchè i Greci estimavano azione malvagia lo sca- 
gliare dardi contro di esso. 



* 



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LIBRO SECONDO. i5i 
giano le contrarietà fuor via surte ad assalirli. Egli dun- 
que nel percorrere la circonferenza della città iva inter- 
rogando chi si fossero i difensori posti in ciascheduna 
torre, ed allorché seppene alcune affidate ai cosid- 
detti immortali (è questa una milizia di preferenza pro- 
pria del romano esercito), altre ai Barangi, barbari pro- 
venienti da Tuie (i) ed armati di scure, ed altre ai 
Nemitzi, pur essa gente barbara, ma soggiogata un tem- 
po dai Romani, ed assuefatta a guerreggiare seco loro. 
Consigliò dunque Alessio di uon combattere i Barangi o 
gli immortali essendo questi ultimi originari del luogo 
medesimo, infili dalla fanciullezza ammaestrati a cimen- 
tarsi per la patria, e di più con giuramento e vincoli di 
singolare fidanza ed amicizia stretti all' imperatore, quin- 
di anzi pronti a morire le mille volte che lasciarsi av- 
volgere in macchinameli^ a lui dannosi. Gli altri a si- 
mile, armati di scuri penzoloni, secondo la patria usan- 
za, dagli omeri, godon fama di gente fermissima e d'in- 
violata fedeltà verso gli Augusti, mercè di che vengono 
prescelti a guardarne i corpi, quale preziosissima eredi- 
tà ricevuta dai proprj genitori, e indefessi vegliano ogno- 
ra alla difesa loro, per modo che non saprebbero di buon 
orecchio ascollare nè pure i preliminari inviti ad uua ri- 
bellione. Stare pertanto l'unica speranza, e forse non an- 
drebbesi di molto errati, uel tentare con adeguate pro- 
messe i Nemitzi, onde aprirsi uii libero varco dalla tor- 



(i) Islanda, isola del mar di Germania, l'ultima cono- 
stilila dai Romani nelP Oceano sellculrionale. 



i3* ANNA COMNENA 

re loro affidata. Alessio, porto orecchio al parlare di lui 
siccome ad oracolo, manda incontanente al costoro duce 
noni di non dubbia fede , il quale , dal basso diret- 
togli in alto il discorso all' esterno parapetto del muro 
e dopo molte parole dall'una e dall'altra parte fatte, con- 
venne da ultimo seco lui intorno alla maniera di com- 
piere il tradimento; dopo di che egli stesso, l'eletto me* 
diatore del cominciato maneggio, si recò al padre mio 
annunziandogli di aver condotto a termine la faccenda 
con prontezza maggiore di quauto fosse da lui sperato. 
A tale nuova i duci tutti festanti apparecchiavausi a 
montare prontamente in sella. 

XXX. Tra questo mezzo i legati di Melisseno forte 
insistevano perchè una volta si consegnasse loro il pro- 
messo diploma, nè del ritardo era in colpa il principe; 
laonde e' mandò per Mangane, il quale espose di aver ter- 
minato lo scritto, ma la busta in cui è usanza di conser- 
vare l'occorrente per le imperiali sottoscrizioni essersi ad 
una collo stilo, nè saprebbesi dar ragione dell'importuno 
accidente, smarrita, senza poterla fin qui rinvenire. Non 
altrimenti dichiarava questo sommo nell' arte d' infinge- 
re, in virtù di quella perspicacia che faceagli agevolmen- 
te prevedere il futuro , dall' avvenuto ritrarre qualche 
profitto, e conoscere in fine accuratamente le giornalie- 
re vicende e con destrezza rivolgerle a quanto si volea 
dalle circostanze. Uomo fornito di portentoso artificio 
nel dissimulare ed escogitare pretesti quando si avesse 
fitto nell'animo di ricavarne qualche vantaggio. Il perchè 
opinava in allora espediente di tenere a bada tuttavia 
le speranze di Melisseno, al quale se mandata si fosse 

t 



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LIBRO SECONDO. i33 
più presto di quanto era mestieri I' aurea bolla richie- 
sta, e portante la conferma della sua elevazione all'o- 
noranza di Cesare, sarebbesi pericolato di vederlo, non 
pago del grado conferitogli , inalzare sue brame , co- 
me avea per Io innanzi manifestalo , al conseguimento 
dell' imperiale grandezza, e da quest'ambizione scoppiar 
fuori qualche audace impresa. Mangane dunque, venu- 
tone in sospetto, adoperava cogli antedetti raggiri di pro- 
crastinarne eziandio allora la spedizione. I procuratori 
in cambio di Melisseno udendo le porte della città aper- 
te ai Gomneni, e presi da tema non le dilazioni fossersi 
preludio d' insidie e furbesche mene, tanto maggiormen- 
te insistevano addimandando l' aurea bolla promessa. 
Da ultimo i Comneni accommiataronli colla seguente ri- 
sposta: u Poiché la città è in poter nostro, ora col fa- 
vor de* Numi saremo per addivenire più. forti; partite 
dunque e fate Vegual ri/èrta al signor vostro, aggiugnen- 
dovi che se Iddio feliciterà i nostri intraprendimenti , 
potremo, recandosi egli presso di noi, combinare il tutto 
con reciproca soddisfazione. » 

XXXI. I Comneni, cosi sbrigati gli affari di Melis- 
seno, mandano Giorgio Paleologo al duce de' Nemitzi, 
Gilpratto, coli' incarico di esplorare onninamente qual 
ne fosse la intenzione, ed osservandolo fermo nel voler 
compiere la data parola indicherebbelo dalla torre collo 
stabilito segno, ond' e' quivi affissati, al mirarlo potesse- 
ro di subito inviare truppe alla tradita porta. Giorgio 
ben volentieri assunse l'affidatogli incarico} uomo quan- 
t' altri mai valorosissimo, e solito a condursi con tanta 
prontezza e coraggio in lutti i militari cimenti, ed in 



i34 ANNA COMNENA 

•specie nell' espugnazione delle città che applicandogli 
r aggiunto : Abbattitore di mura, ila Omero <1ato a Mar- 
te, non gii verrebbe da senno attribuito un nome ecce- 
dente i suoi meriti. I Comneni poi tra questo mezzo ar- 
mati di tutto punto, e poste le truppe con maestria io or- 
dinanza avvierebbonsi a schiera verso la città. Giorgio sul 
ealar delle tenebre precedendoli, passa a stabilire di suo 
grado gli accordi con Gilprallo, e postovi fine ascende 
immediatamente la tprre co 1 suoi y mentre che gli Ales- 
siani, schierato V esercito di prospetto alia città, giusta 
il dello, vi piantavano il campo, afforzandolo con trincee 
in mostra di farvi lungo soggiorno. Sfa dimoratovi uni- 
camente il breve tempo delle ore notturne surgono, ed 
alleiate le truppe, occupando eglino slessi cogli scelti 
cavalieri il centro della falange ed aventi all' intorno gli 
armati gravemente, i veliti, ed il 6ore dell'esercito, inol- 
trano a Tento passo. 

XXXII. Allo spuntare dell'aurora eccoli giugnere 
sotto le mura colie aste io pugno come per tentarne 
I' assalto, onde il presidio venissene da repentino timo- 
re sopraffatto. Paleologo in questa dalla sommità della 
torre eseguisce il convenuto segno, e ordinato che si a- 
pra la porta entrativi tutti alla rinfusa, non curanti 
disciplina militare comunque, ma ognuno a vauvera co- 
gli scudi, le faretre ed i dardi. Era quel dì la quinta fe- 
ria della settimana maggiore (i), nella quale sacrifichia- 
mo ad una e mangiamo la mistica Pasqua, conrendo la 



(i) Giovedì santo. 



LIBRO SECONDO. t35 
quarta indizione (i) e il mese di Aprile dell'anno sei 
mila e cinquecento oltantanove, quando tutto T eser- 
cito composto di nazionali e straniere genti messo 
piede nella città, che da gran pezza sapea colma di ogni 
maniera di ricchezza derivante da terrestri e marittimi 
prodotti, ed infervorandosi colTidea del saccheggio, non 
a pena valicata la soglia dell'obliqua e mal guardata 
porta, va commettendo innumerevoli stragi per le piazze, 
le contrade ed i borghi. Non dalle case, non dalle chie- 
se e ne pure da altri luoghi sacri ebbe freno la rapaci- 
tà loro, da per tutto, ovunque era preda, Tarmata avari- 
zia, senza farsi scrupolo della religione, iva imperversan- 
do. Si giunse quindi a reprimere lo spargimento dell'u- 
mano sangue, lasciando la crudeltà e la cupidigia libe- 
re da ogni rafTrenamenlo, uè, per lo peggiore, teneasi in- 
dietro, o più moderatamente si comportava in tali ec- 
cessi il nazionale che il barbaro. Di maniera che i cittadini 
stessi dimentichi di sè e della patria contro le costei vi- 
scere infuriavano. 



(i) Rivolgi menta di anni quindici, terminato il quale tor- 
nasi a cominciare dall' unità. Presso i Greci, le Indizioni eb- 
bero principio col giorno ventidue settembre, essendo impe- 
ratore Costantino e correndo Tanno trecento tredici delTera 
nostra, in cui la vittoria riportata sopra Massenzio liberò la 
religione cristiana. Riguardalo pertanto questo giorno come 
il principio della cristiana libertà, venne stabilito dal Conci- 
lio niceno che, tolte le Olimpiadi, si cominciasse di là il com- 
puto per Indizioni. (Sull'origine di tal nome e sulle epoche 

delle varie Indizioni, vedi Du Cange in Gloss). 

i 



i36 ANNA CGMNENA 

XXXIII. L'imperatore Niceforo vedendo i gravissi- 
mi disordini, la sua persona ridotta alle strette, assedia- 
ta da per tatto all' intorno la città, i Comneni stando- 
le addosso dall' occaso e Me li sseno attendato a Dama- 
li, molto si rimase in forse non sapendo a che appigliar- 
si in cotanto dubbio frangente; da ultimo si propose di 
far pruova in preferenza della benignità di Melisseno , 
cercando averlo seco mediatite V offerta del principato. 
Risolutosi alla fine di eseguire questo suo divisamente 
sebbene tardi e già caduta la città, inviògli altro de 9 
più fidi suoi per indurlo a venire nella reggia , ed un 
per nome Spalano, uomo assai forte, accompagnava 
il messo. Occupata la città Paleologo , scelto uno de' 
suoi a compagno , direttosi al mare entra in piccola 
barca venutagli per fortuna incontro , e comanda ai 
rematori ebe volgano il corso là dove la armata di 
mare solea tenersi all'ancora. Approssimavasi di già 
all' opposto lido , terminato quasi il tragitto , allorché 
vede il messo di Botaniate, come dicemmo , sciogliere 
un vascello per condurre Melisseno alla reggia. Ora 
essendosi il compagno di lui, Spalano , posto in altra 
delle navi armate pel guerresco servigio, Paleologo da 
ìunge ravvisatolo ed accostatogli più da vicino, avendo 
avuto in aìlri tempi seco amicizia , domandagli perchè 
fosse nella nave, a qual fine, ed ove diretto; di più 
se lo riceverebbe in sua compagnia. Spatario , impau- 
ritosi alla vista di Giorgio armato di spada e scudo, ri* 
spon degli : Con tutto il piacere ti accoglierei se non ti 
mirassi in armi. E quegli a lui: Non più indugf, ecco- 
li immediatamente, se consenti di avermi /eco, raciné~ 




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LIBRO SECONDO. i3 7 
ce e Parco, ed anche, se vuoi, getto via Telmo. Rassi- 
curatosi di questo modo Spatarto Io fa montare nella 
sua nave, ed affettuoso gli pone le mani al collo e ba- 
cialo come vecchio amico. 

XXXIV. Ma Giorgio, impaziente e contrario ad o- 
gni ritardo, mette di colta in esecuzione i proprj dise- 
gni. Laonde salita la prora così favella ai rematori : 
« Che vi fate e dove procedete, artefici di mali gravissi- 
mi, che alla fine delle fini ricadranno sopra voi stessi? La 
città, come vi è noto, ha spalancato le porte; il testé 
gran domestico è stato ora acclamato imperatore. Mi- 
rate in armi i seguaci del nuovo Augusto , udite V u- 
niversale applauso rimbombare per tutte le piazze ; 
altri non può ascendere al trono regale. Sia pur buo- 
no Botaniate, migliori a molti doppj abbiamo i Comne- 
ni; se forte è Vesercito di lui, è il nostro di gran lunga 
maggiore : Non si conviene pertanto che vi mostriate 
traditori di voi stessi, delle consorti e della prole. Fat- 
tivi dunque a considerare lo stato della città, entro 
cui va per ogni dove il nostro esercito , acclamando 
apertamente colle inalberate bandiere e con libera 
voce Alessio imperatore, ed accompagnandolo , ornato 
delle imperiali insegne alle porte stesse del palazzo; 
fattivi, ripeto, a considerare Vawenuto, seguite, giran- 
do la prora, le parti del vincitore, e troncate con pron- 
to arrendimento e colla certezza di assai profittare, un 
certame, che, ostinandovi, con solo vostro danno verreb- 
be protratto. Quando invece afferrata V occasione di ben 
meritare del nuovo principe, egli andrà debitore in par- 
te della sua vittoria alV opera vostra. » Persuasi i noe- 



i38 ANNA COMNENA 

chiari da queste parole tutti gli assentano, il che di mal 
animo comportandosi da Spalano, Giorgio, valoroso e 
risolato guerriero , minaccialo , perseverando tuttavia 
in una vana renitenza, di tosto legarlo al tavolato della 
nave, se non affondarlo in quelle acque. Inluona poscia 
V acclamazione di Alessio lietamente accolta e prose- 
guita dai nocchieri; e da che Spatario non riGnava an- 
cora, pigliatolo, quantunque forte divincolantesi, ma vin- 
to dalla sua robustezza maggiore, lo depone legato, giu- 
sta la minaccia, in sul pavimento della nave. Proceduto 
quindi un poco e riarmatosi dello scudo e dell' acinace 
approdò là dove riparava la flotta, e cominciatosi da lui 
con sonora voce animò tutti i passeggieri e marinaj ad 
acclamare Alessio imperatore. Di più rinvenutovi colui 
prescelto da Botaniate a tradurre il navilto presso Melis- 
se no lo arrestò, ed incontanente dietro suo ordine sciolti 
i vascelli, con essi tutti occupò la rocca, ove ripetuta 
una solenne ed amplissima acclamazione di Alessio Au- 
gusto, fé' comando alle ciurme che deposti i remi si te* 
nessero immobili. Era poi così operando suo intendi- 
mento d' impedire alle orientali truppe di Melisseno il 
valicamento dello stretto , non potendolo , sebbene da 
loro avidamente bramato, prive di questo mezzo eseguire. 

XXXV. Appresentatosi non guari dopo un vascello 
diretto al gràn palazzo, Giorgio immediatamente ingiu- 
gne ai marinaj , per ventura seco nel medesimo legno , 
che di e no coll'estremo di lor possa nei remi, e di corto 
arrivatolo contro ogni sua speranza e desiderio vi rin- 
viene il padre $ levatosi tosto e praticategli tutte le os- 
sequiose officiosità dovute ai genitori , non ebbene in 



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LIBRO SECONDO. i5o 
cambio nè un mite sguardo, nè raggiunto ài soavissima 
luce, come in altri tempi V itacense Ulisse nomò Tele- 
maco di ritorno, al primo fargli si incontro, discorrendosi 
allora di banchetti, di rivali in amore, di giuochi, di gio- 
stre, di faretre, proposta al vincitore in premio la pu- 
dica Penelope, e di Telemaco non qual nemico, ma qual 
6glio che giugne al paterno soccorso. Qui invece ti s'ap- 
presentavano certami, guerra, padre e figlio discordi per 
contrarj desiderj ed opposti pensieri , sapendosi appiè* 
no Pun T altro, sebbene il segreto dell'animo loro non 
si fosse per anche manifestato apertamente co' fatti. Pri- 
mo dunque il padre gli disse: Stolto, a che fare tu qui? 
Giorgio: Poiché sei tu mio padre che m'interroghi, 
niente; il padre: Attendi bres? ora , e, se P imperatore 
porgerammi orecchio, conoscerai tra poco guanto giu- 
stamente abbiati nomalo stolto. Dopo tali parole Nice» 
foro Paleologo proseguendo l'intrapreso cammino per- 
viene alla reggia: ove al mirare gli Alessiani, sedotti dal- 
l' avidità della preda, sparsi e vaganti alla impazzata per 
le contrade, stimò con saggio consiglio di poterli in tan- 
to disordine agevolmente annientare. Addomanda per- 
tanto a Botaniate i barbari originari dell' isola di Tuie, 
promettendo coli' assistenza loro di, cacciare dalla città 
i ribelli. Quegli nondimeno sempre fermo nella mal 
concepita disperazione delle faccende sue , dichiaravasi 
abbonente dalla guerra civile: Ma se m'ascolti, o Ni' 
ceforo, dissegli, posciachè i Cómneni trovansi in queste 
mura conducili a me , volendo fare seco loro qualche 
proposta di pace. In crebbe a Paleologo la commissione, 
pur tuttavia , quantunque a malincuore , piegò ad ese- 
guirla. 



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t{o ANNA COMNENA 

XXXVI. I Comneni tra questo mezzo, vedendosi al 
possesso della città e pensando essere il tatto sicuro e 
di navigare in porto, stavano, bastantemente tranquilli, 
presso il piano del gran martire Giorgio, detto Siceoto, 
a consultare infra loro se dovessero di preferenza cor- 
rere a salutare la propria madre, o piuttosto battere a 
dirittura la via della reggia. Cesare avutane contezza 
spedì prontamente altro de' suoi domestici a ripren- 
derli di quelle oziose deliberazioni ed imprudente lentez- 
za. Eglino pertanto a riparo del fallo pongonsi ratto in 
cammino, e giunti presso alla casa d' Iberitza rinvengou- 
vi Niceforo , il quale, in nome di Botaniate ed assun- 
tane la persona , espone i comandamenti da lui avuti 
del tenore seguente : ì^eggomi di già sul finir della vi' 
fa e solo, senza un figlio, un fratello, un consanguineo. 
Se piacciati dunque (volgendo il discorso al nuovo im- 
peratore Alessio) sii tu mio figlio adottivo, ed io non 
preterirò a" un iota quanto fu da te promesso a tuoi fa* 
voreggiatori e guerrieri. Compirò il tutto abbondevole 
mente, comunque grande ciò sia. Nè riterrommi parte 
alcuna dell* imperiale potere siccome partecipandone te» 
co. Tutto lo cedo in solido alla tua persona, dichiaran- 
domi pago di conservare, soltanto in apparenza, ivani 
distintivi delV imperio, in tendo mi la partecipazione del 
nome, dei rossi calzarle di aggiunta con essi dell' allog- 
gio nel palazzo ; del resto sii tu r arbitro assoluto del 
governo, senza eccezione , oV ogni cosa; i Comneni 
a tale proposta lasciaronsi sfuggire di bocca alcune paro- 
le tendenti quasi a mostrarsi non lontani dall' aderirvi. 

XXXVII. Cesare uditone va subito ad essi per ispro- 



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LIBRO SECONDO. 141 
tiarli con minaccevole viso ad occupare, troncato ogni 
indugio, il palazzo. All' apparir di lui, entrante nella ca- 
sa dalla porta a destra, i Comneni saltati giù di sella 
faunoglisi incontro pedoni , ma egli fissatili con torvo 
sguardo li rimproccia gravemente dicendo : « Perchè si 
stessero inoperosi! Perchè abbandonandosi ad intermi* 
nate dilazioni lasciassero incerte^ in pericolo e prossime 
a rovinare le speranze ed il buon successo della comin- 
ciata impresa , non richiedendosi a porvi fine che la 
sola occupazione de" 1 principali edifizj da loro sì tanto 
differita. » Ora nelf atto che prorompe in tali doglien- 
ze ed interrogazioni, ecco entrare dalla sinistra parte Ni- 
ceforo Paleologo, il quale con simigliatile volto nè con 
più mite sguardo volgegli la parola di questo modo : 
tt Che hai tu a fare con essi? Quale incumbenza qui 
ti reca, o consuocero! A quanto scorgo nulla in fe mia 
ottenni.» Cosi Paleologo-, ed insieme appalesagli la 
missione , da noi già esposta , conferitagli da Bolania- 
te, sollecitando che almeno si accordi a costui di po- 
ter conservare V ombra o V imagine dell'imperio, con- 
sistente nella partecipazione del nome, dei rossi calza- 
ri, della porpora e dell'alloggio nell'imperiale palazzo, 
cedendo egli e ponendo nelle mani di Alessio, in virtù 
dell' adozione, tutto l' impero e 1' universale reggimento 
della repubblica; uomo d'altronde assai provetto, e di 
nulla cosi desiante come della quiete e del riposo. Ce- 
sare di rimbalzo, guatandolo con cipiglio e disdegnoso 
volto : Partii risposegli, ed annunzia aW imperatore che 
avrebbe potuto forse inviare con profitto le sue offerte 
prima che si occupasse la città. Ora troppo lardi mei- 



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• 4* ANNA COMNENA 

ter egli alV incanto una già venduta merce, nè avervi 
più mezzo di accomodamento, proseguendo a disporre 
sì fattamente, come sua proprietà, di quanto più non gli 
appartiene per diritto veruno. Il dichiararsi poi an- 
noso gli varrà a tollerare con minor tristezza il discen- 
dere dal soglio imperiale, chiedendo esso altra età ed 
altro vigore, ed a meglio provvedere al suo ben essere. 
Tale rispondea Cesare. 

XXXVJII. Se non che Borilo, introdottisi i Comne- 
ni nella città, osservando la fidanza colla quale e 1 per- 
correvano imprudentemente divisi e sparpagliati le con- 
trade solo intenti ad accumulare preda , escogitò di 
poterli con agevolezza in sì grande trascuraggine di 
loro stessi abbattere. Laonde ragunatosi all' intorno i 
suoi parenti ed amici e di più quelli da tergo armati 
di scurì in cambio di spade, come pure i Comateni, or- 
dinolli in continua serie dal foro di Costantino sino al 
Milio(i) ed oltre, i quali muuiti di scudo coraggio- 
samente difendeano i posti loro commessi pronti a ve- 
nire alle mani. Ma il Patriarca , uomo degnissimo 
di tal miuistero, vero povero e d'un tenor di vita nella 
città niente meno austero di quanto iu altri tempi me- 
nar solcano i Padri ne' deserti e su pe' mouti , fornito 



(l) Piazza della colonna migliarla, da questa cominciando 
T enumerazione delle miglia che si dovca no percorrere volen- 
do passare dalla capitale ad altri luoghi. Era ciò una imita- 
zione di quanto Augusto fallo avea nel mezzo del Foro ro- 
mano, principio e metà di tulli i viaggi. 



LIBRO SECONDO. (43 
in oltre, come iva la fama, del profetico donò, essen- 
dosi in realtà verificate molte delle sue predizioni, per- 
fetta norma in fine della patriarcale dignità, ed esem- 
pio di virtù a tutti i presenti e futuri : Il patriarca, ri- 
peto, vuoi per divina inspirazione, conoscendo i destini 
di Botaniate e che sarebbe per avvenirne, vuoi per ar- 
cano suggerimento di Cesare (correndo pur questa 
voce), ammiratore della virtù di lui e strettoglisi da 
lunga pezza co' legami della più tenera amicizia, giun- 
tò opportunamente quando Borilo eccitava Augusto ad 
imprendere , diede a costui un saggio consiglio , che 
venne da ultimo adottato} eli era : Non istesse in forse 
di sceudere dal regio trono , ne opponendosi al divino 
volere facesse mettere in brani la repubblica da civile 
guerra, o imbrattare la città di cristiano sangue; ma 
piuttosto , umiliandosi alle supernali disposizioni , si 
partisse. Aderitovi F imperatore e munitosi di gente 
ali 1 intorno , paventando la militare insolenza , proce- 
dette , chiuo il capo e tutto dolore e vergogna, al grati 
tempio del Nume. Se non che , pieno di confusione , 
per dimenticanza da prima spogliato non avea la sto- 
la (i), ma Borilo, da cui era preceduto, voltosi indie- 

(i) Abbigliamento simile nella forma al pallio accordato 
dal romano pontefice a molte chiese arcivescovili, se non che 
F ecclesiastico è un semplice tessuto di candida lana con 
sopravi parecchie nere Croci. L' imperiale invece , assai più 
ampio e ricco, era ornalo di perle ed altre gemme; ma rav- 
volgevasi pur esso in giro avanti e dietro agli omeri , e di- 
scendevanue le due estremità dal petto infido al collo del 
piede. La voce stola (2v«A«) può significare parimente una 
\este talare , o toga. 



i44 ANNA COMNENA LIBRO SECONDO. 

tro se n 1 avvide, e levatigli dal braccio destro i veli or- 

m 

nati d' intessute margarite li spicciò dalle altre vesti- 
menta, profferendo non senza scherno e mordace de- 
risione: di tali adottamenti, alla buona fe, ora ben ti 
si affanno. Di questo modo egli giunto al gran tempio 
dedicato alla divina Sapienza, con gran fiducia nella 
santità del luogo si rimanea. 



, ANNA COMNENA PORFIROGENITA 

CESAREA 



ALESSIADE 
LIBRO TERZO 



ARGOMENTO. 

Alessio dà sesto alle imperiali faccende. - 
Accorda pace ai Turchi. - Approntasi a guer- 
reggiare Roberto. 

SOMMARIO. 

1^ OTÀNIATE veste l'abito monacale, e ne 
professa la regola. - fiducia e motivo che indussero 
Maria, sua consorte, ad attendere nella reggia i Conine- 
ni. - Sospetti contro di essa. - Lodamento di suo figlio 
Costantino duca. - Irene acclamata imperatrice per 
opera di Giorgio Paleologo. - Istanze ili Giovanni Ce- 
sare al patriarca Cosma per indurre Maria ad ab- 
bandonare la reggia. - Fattezze di Maria. - Digres- 

Xnnh Com«ewa. io 



^ 



i46 SOMMARIO. 

sione per esporre come avvenissero le sue nozze con 
Bottiniate, delle quali fu mediatore Giovanni Cesa- 
re. - Alessio incoronato dal patriarca Cosma. - Quan- 
do fosse incolto da morte Giovanni Xifdituo predeces- 
sore di Cosma. - Gratitudine di Eustrazio Garida 
verso la madre de Comneni. - Irene, consorte di 
Alessio, incoronata dal patriarca Cosma. - Descri- 
zione di Alessio. - Prosapia, età e forme a" Irene. - 
Descrizione d° Isaacio e suo bellico valore; creato da 
Alessio Sebastocratore. - Niceforo Melisseno dicMara- 
to per convenzione Cesare. - Corona imperiale, ed 
in die distinta da quelle del Sebastocratore e dei Cesa- 
ri. - Alessio inalza Taronite, consorte di sua germa- 
na, alle onoranze di Protosebasto, Protovestiario, e po- 
scia di Pani per sebasto. - Conferisce ai fratelli Adria- 
no e Niceforo, alt uno la dignità di Protosebasto, al- 
t altro quella di Drungario deh" armata di mare. - 
Perche nuove dignità e ìmove denominaziord venis- 
sero da Alessio introdotte. - Regno, arte delle arti. - 
Cosma rinuncia il patriarcato. - Succedegli V eunu- 
co Eustrazio Garida. - Costantino Duca ottiene no- 
vamente i purpurei calzari. - Maria esce della reg- 
gia. - Alessio, presente il patriarca ed il sinodo, si 
confessa umilmente colpevole di aver preso e dato, il 
giuisto alla città, ed in salutare penitenza sommettesi 
a un digiuno di quaranta giorni, ed a dormire altret- 
tante notti per terra , eseguendo insieme co J suoi il 



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SOMMARIO. i4 7 

tutto. - Prepone la madre, inclinante ad un religio- 
so ritiro, alt amministrazione delle faccende imperia- 
li, come dall'aurea Bolla qui riportata. - Prudenza , 
religione, altre virtudi e costruitissima vita di lei. - 
In quale circostanza venisse ordinato dall'impera- 
tore Isaacio Comneno l inalzamento del tempio di 
S. Tecla. _ Miserabile condizione del? impero, da wm 
banda minacciato da Roberto, dai Turchi dall altra, 
coW erario vuoto e l esercito in pessimo stato. - Let- 
tera di Alessio ai prefetti delle orientali provincic. - 
Spedizione di Giorgio Paleologo a Dirrachio per mu- 
nirlo contro Roberto. - Lettere di Alessio ai prefetti 
delle città illiriche, al romano pontefice, aW arcivesco- 
vo di Capua, ai principi, ai duchi delle Gallie, e al 
duca longobardo , animandoli tutti con promesse e 
doni ad opporsi a Roberto. - Lettera imperiale, qui 
riprodotta, ad Enrico re d Alemagna. - Nicea, regia 
città di Solimano monarca de Turchi. - Alessio raffre- 
na le costoro scorribande guastanti il paese al Bo- 
sporo, o Damali, ed espidsi dalle marittime città li 
costringe a domandare la pace, che vien loro accor- 
data per tema di Roberto. - Richiama, inviatagli au- 
rea Bolla in pegno di sicurezza, Monomacato, da Dir- 
rachio fuggiasco neW Illirico. - Roberto assale Dir- 
rachio, non ostante lo scemamento di sue truppe in 
causa di orribile tempesta e naufragio. - Origine di 
questa città nomata in altri tempi Epidanno. 



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■48 ANNA COMNENA 

ALESSIADE TERZA. 

Principio della sovranità' di Alessio Comneno. 

I. IcOMNENI occupata intraltanto la reggia manda- 
no tosto Michele, consorte d'una loro nipote e creato di 
poi logoteta degli Archivj, a Botaniate. Partitosi costui 
in compagnia del prefetto della città di nome Radeno-, 
fa entrare l'imperatore in una lieve navicella, e seco il 
conduce al monastero di Periblelta, ove giunti, i due 
messi pongono ogni studio nel persuaderlo a vestire l'a- 
bito monacale. Se non che rifiutandovi*! egli pel mo- 
mento, ed e' temendo in così malagevoli circostanze tra- 
me di nuovi scombugli dalla non ancora vinta fazione di 
que'servi, e dai comateui (i), pur essi tuttavia fedeli a Bo- 
taniate, insistettero con vie più di calore nel persuader- 
gliene, e pervennero da ultimo a piegarlo di maniera , 
che nello stesso giorno egli ebbe rasa la chioma e le 
angeliche vesti indosso. Quanto mai la fortuna si fa scher- 
no de'morlali, innalzandoli tal Hata dalla polvere per or- 
narli, quasi propizio Nume, di purpurei calzari e di co- 
rona, e quindi, loro travolgendo l'occhio , ricoprirli di 
bruna e cenciosa veste, come fu il caso di Botaniate, il 
quale rispondea a tale de'suoi famigliari, fattosi a doman- 



ti) Corpo di milizia presso la corte Costantinopoli lana. 



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LIBRO TERZO. 1*9 

dargli di qua) animo comportasse il grave suo cambia- 
mento, dicendo: recargli molestia il disuso delle carni 
e poco disagio le rimanenti osservanze. 

IT. Maria Augusta, portandomi il discorso a lei, col 
figlio Costantino, avuto da Michele Duca predecessore di 
Intaniate, continuava sua dimora nella reggia tutta af- 
fannosa, il dirò colle parole del poeta (i), per Menelao 
dal biondo crine, fidando pienamente, ben lontana da 
calunnia comunque , nella parentela co 1 due Comneni , 
suocera dell'uno e madre per adozione dell'altro, come 
abbiamo prima d'ora narrato. Mi è noto impertanto che 
ebbevi oziosi, invidie maldicenti spiriti , i quali, non 
contenti di offenderla col pensiero, divorarono voci poco 
degne di lei, quasi desiderasse, confidando nel fior del- 
l'età e nell'avvenenza sua, fare esperimento della pre- 
senza dei giovani vittoriosi, di natura non alteri o diffì- 
cili ad accostare e placare. Cose a mio giudizio non vere, 
nè simiglianti al vero, ferma nel ritenere unico motivo 
della sua protratta dimora nel palazzo, nata in estero 
paese e lontana da tutti i suoi parenti e fidi amici, essere 
stato il procacciarsi qualche mezzo di guarentigia presso 
ai vincitori, ed il non partirsi di là in fretta, imprudente- 
mente e con gravissimo pericolo di Costantino , senza 
riportare in prima dai Comneni idonea mallevaria della 
propria salvezza, e dell'orrevole condizione del figlio , 
contro tutte le contingenze solite compagne di si 
gravi sconvolgimenti. Materno zelo per verità ben giusto 
verso un fanciullo di sorprendente avvenentezza e gio- 

(i) II. y\ 43$. 



i5o ANNA COMNENA 

condita (mi si condoni, cadendovi il discorso, qualche 
lode a prò de'miei), di anni bette, e cosi tanto aggraziato 
vuoi nel parlare, vuoi ne'leggiadri movimenti delle sue 
membra, quando attendeva ai varj giuochi proprj dell'e- 
tà, che non aveavi, a giudizio degli spettatori, chi lo pa- 
reggiasse. Bionda erane la chioma, candida qual latte la 
pelle e cospersa bellamente di vivace rosseggiante colore, 
simile invero a rosa nel primo spuntar dalla boccia. 
Occhi non bianchi, ma da sparviere, scintillanti, ciò è, 
di sotto alle ciglia, e come da piccolo aureo castone Ira- 
mandanti fulgore di gemme. Fattezze alsì celestiali, su- 
periori ad ogni terrena concrezione, ed al mirarle inspi- 
ranti amore. 

ITI. L'affetto di Maria verso questo fanciullo fu il 
vero motivo del suo intrattenimento nel palazzo, chec- 
ché ne dicano i vogliosi di maldicenza, del cui vizio non 
mi è lecito farmi seguace, né di approvarne il discorso, 
fornita, in confermagione della verità, de' più accertati 
documenti dall' augusta medesima, che dal primo viver 
mio fino agli anni otto ed oltre nel suo grembo mi crebbe, 
e da quel tempo, amandomi passionatamente, non lenea- 
mi occulta veruna delle bisogne sue. Mi ricorda pertanto 
di avere le molte volte dalla stessa udito il suo gravis- 
simo timore, per la salvezza in ispecie del fanciullo, in 
vedendo Botaniate abbandonare il trono. Il che , a mio 
giudizio, e di quanti amano, come spero, la verità, è as- 
sai più verisimile di tutte le dicerie, messe in campo da 
taluni giusta l'inclinazione loro ad esserle o benevoli, o 
contrari qui di Maria basti. 

IV. TI nuovo imperatore Alessio mio padre , fattosi 



♦ 



LIBRO TERZO. i5i 

entro la rep^ia lasciò nelPinferior palazzo, nome deriva- 
togli dalla postura, la trilustre consorte ed i consangui- 
nei di lei, genitrice, sorelle e Cesare avo paterno. Egli 
poi unitamente ai germani, alla madre, ed ai congiunti 
si recò nel palazzo superiore, appellalo Bucoleon (1) e 
vo a dirne il perchè. Non lunge dalle sue mura è sito 
il porto, marmoreo edilìzio e sontuoso in altri tempi, 
ove un leone di pietra abbranca un toro vivo, così ap- 
precentafn dalla scultura, e renitente; ma pin forte il 
leone afferratolo per uno de'corni, e premendone con mor- 
so la cervice, gli figge i denti fin entro la gola. Da tale 
scultura tutto quel luogo e ben anche gli edifizj 
ali 1 intorno sul continente, compresovi lo stesso porto, 
ebbero nome Bucoleon. Ora dalla riferita permanenza 
, di Maria Augusta nel palazzo nacque in molti il sospetto, 
divulgatosi quindi con segreti cicala. nenti, che il nuovo 
monarca le si fosse per unire in matrimonio. I Duca nutren- 
do pensieri affatto diversi dal volgo, per nulla vi prestavan 
fede, soltanto non poco turbali a cagione dell'antico ed 
ognora manifesto odio loro portato dalla madre de' Co- 
nineni, come ratnmentomi di avere più e più fiate da essi 
stessi udito. Allorquando pertanto Giorgio Paleologo, 
condotta al forte Tarmata di mare, proclamava, con grida 
altissime di tutto l'esercito, Alessio ed Irene Angusti, il 
codazzo de'Comneni dalle finestre proibiva di nominare 
Irene. Al che Giorgio animosameote rispoudea : Non 
già in grazia vostra ho io infrapeso e condotto a ter- 



(i) N*me comporto dalle greche voci fi*f (bue) ««< («•) 
Ai*» (leone). 



• 5a ANNA COMNENA 

mine così ardua gesta : ma di colei, dir voglio Irene , 
il cui nome ora indarno voi m'impedite di profferire ; 
comandò in pari tempo cbe addoppiati gli applausi e con 
maggiore elevazione di voce si acclamassero Irene ed 
Alessio. Ora queste sementi di gelosie producevano ricca 
messe di travagli nella casa dei Duca , e fornivano al 
popolo argomenti e parlari sul conto di Maria. 

V. In Alessio poi non erasi tampoco destato nn pri- 
mo pensiero sopra tale argomento, conciossiachè pigliato 
di subito il governo della romana repubblica e tutto 
dedicatosi, uomo desto e pronto, a condurre la grande 
impresa, ben poco tempo rimaritagli da escogitar mezzo 
di smeutire le addotte cagioni di simili conghietture. Di 
verità esordiendo egli dal centro, per cosi esprimermi, 
degli affari . non appena messo piede nella reggia allo 
spuntare del sole , innanzi scuotere la polvere di co- 
tanto aringo e prender ristoro, diedesi ad un grave 
pensiero, assistito dai consigli del maggior fratello Isa- 
acio, da lui tenuto in luogo di padre, e della genitrice , 
i cui sommi talenti sapea idonei a reggere, anzi più re- 
gni insieme che sol uno ; al pensiero intendomi di met- 
ter freno prontissimamente alle rapine delle truppe, che 
proseguivano a dilaniare le viscere della città. Venne 
consumato l'intiero giorno e la notte seguente nel de- 
liberare e far tentativi in proposito , cimento di assai 
malagevole esecuzione, dovendosi provvedere alla sicu- 
rezza de'cittadini ed al riordinamento dell'esercito spar- 
pagliatosi al sommo, e quindi in molto pericolo. Appre- 
seotavasi, dico, ed era molto ardua impresa , conside- 
rato il gran numero, la varietà e cupidigia degli indivi- 



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hIRRO TERZO. if>3 
dui ond'esso componevasi, avendovi tema non il soldato, 
feroce ed insolente, vedendosi con severità represso mac- 
chinasse un che di peggio contro il nuovo Augusto. Ce- 
sare Giovanni Duca in cambio voglioso di levare al più 
presto dalla reggia Maria per togliere la cagione deso- 
spetti, risolvè appigliarsi a doppio mezzo, vie più strin- 
gendo principalmente gli antichi legami di amicizia col 
patriarca, ed esortandolo a non lasciarsi trarre in con- 
traria sentenza dalla madre de'Comneni. Ito quindi a 
visitare Maria, ed in virtù di quella autorità acquistata 
(in dall'epoca in cui , espulso dal trono il consorte Mi- 
chele Duca, la fece divenire sposa di Botaniate, fortemente 
seco lei adoperossi mostrandole con persuasivi e salutari 
avvertimenti che se provveder volesse alle proprie faccen- 
de, ottenuto il salvocondollo per sè stessa ed i) figlio, 
erale uopo di abbandonare il palazzo. Nè fu di poco 
momento l'antedetta mediazione di Giovanni per con- 
durre a buon fine quelle nozze, poiché Botaniate v'in- 
clinava un vero nulla, sapendo la donna straniera , e 
manchevole d'ogni fortuna dal lato dei consanguinei; 
e per siffatta cagione appunto non disdegnandola Gio- 
vanni, bramoso di soccorrere all'isolamento di lei, eravisi 
posto con tutta l'anima di mezzo, e vi riuscì celebran- 
done magnificamente e di spesso la prosapia e la bel- 
tade all'Augusto. 

VI. Elevatissimi pregi in realtà nella sua persona 
racchiudeva Maria, fornita di alta taglia e piena di mae- 
stà, simigliante a cipresso, e d'un candore di pelle senza 
esagerazione simile a neve. II suo volto non perfettamente 
ritondo, ma alquanto bislungo risplendea per acconcia 



i54 ANNA COMNENA 

mescolanza di gigli con rose. Chi poi col discorso ghi- 
gnerà ad esprimere il balenar di quegli occhi attorniati 
da curvo e rosseggiante sopracciglio, e tutti dolcezza e 
grazia in rimirando altrui? Le mani de'pittori per verità 
coll'arte unita alle tinte ritraggono fiori d'ogni specie pro- 
prj alle differenti stagioni, ma non havvi Apelli non Fidii 
atti a formarsi un'idea o a rappresentare il brillante Go- 
re della bellezza e delle grazie di tutto il portamento di 
Maria, e d'ogni suo gesto e guardo. Vengono commen- 
dati i sublimi lavori degli statuarj, e pur chi di essi giunse 
ad eseguire forme d'nman corpo a queste simiglianti? 
È fama che il capo della Gorgone avesse virtù di con- 
vertire in sasso gli individui postisi a rimirarlo ; non al- 
trimenti al comparir di costei sopraffatto di colpo chiun- 
que le volgea sue luci si rimanea tosto privo di moto , 
ad aperta bocca e senza articolar parola, quasi venuta- 
gli meno anima e sensi, cotanta era la proporzione di 
quelle membra vuoi tu di tutte infra loro, vuoi di singulo 
a singulo, vuoi infine di ognuno alla spartita preso, quan- 
ta sì bene acconcia, per giusta misura e disegno, giam- 
mai nessuno fin qui veduto avea in umano corpo. Simu- 
lacro animato e fatto per conciliarsi l'amore di chiun- 
que sa pregiare il bello o, vie meglio , lo stesso Amore 
sotto corporea sembianza dal cielo infra di noi calato. 
Prerogative cosi eminenti fornirono Giovanni Cesare 
di valido mezzo onde ammansare e disporre l'animo di 
Bolaniate a favor di Maria, non ostante il brigar di molti 
perchè le venisse anteposta Eudocia. Difatti correva in 
allora voce che bramando costei di assaporare novamente 
l'impero, al primo udire Botaniate in possesso di Da- 



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7ia tamn*rui Fal l. 



Tttv ,2K f/ap. jóJ- H 




ROMANI E T EUDOCIA IMAGIWES. 



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LIBRO TERZO. i55 
mali procacciasse con lettera ili guadagnarlo (sebbene 
altri sostengano ch'ella tal operasse non già per disio 
di regno, ma per benivolenza a Zoe Porfirogcnita (i) , 
cui bramava provvedimento), ed avrebbene riportato vit- 
toria se l'eunuco Leone , altro de' suoi domestici , non 
fosse riuscito a dislornela con molte rammemorazioni, 
che non mi è permesso di qui più distintamente riferire, 
abborrendo l'animo mio per natura e per educazione 
dal biasimo e dalla maldicenza. Siffatte notizie poi ver- 
ranno più abbondantemente e più che a sazietà propa- 
late da chi prende a raccogliere e divulgare le popolari 
voc i. Giovanni Cesare del resto avendo preoccupato lun- 
gamente ed in varie guise tentato l'animo dell'Augusto, 
da ultimo lo indusse a dar la mano di sposo a Maria , 
procacciandosi di questa guisa presso lei grande favore, 
nel quale ponendo sue speranze, come diceva, principiò 
a consigliarla di ritirarsi dalla reggia. Ora dall'andare a 
rilente la discussione, durata molti giorni, e dal non vo- 
lere i Comneni, memori de'benefìzj ricevuti dall'Augusta 
in trono, e della doppia affinità che stringevali secolei, 
sottoporla ad un trattamento di soverchio austero, o 
poco umano, originarono i prefati sospetti e le volgari 
ciarle, differenti giusta le varie propensioni degli oziosi, 
costumati a portar giudizio degli avvenimenti, anzi dalle 
tendenze degli animi loro che dal merito e dalla ragione. 

VII. In tanta perplessità di cose mio padre viene 
coronato dalle mani del patriarca Cosma. Poiché nel- 
l'anno quarto dell'impero di Michele Duca e del figlio 



(i) Eli m. figlia di re. 



i56 ANNA COMNENA 

Costantino morto essendo il santissimo patriarca Gio- 
vanni Xifilino, correndo il secondo giorno del mese di 
Agosto e l'indizione (i) decimaterza, fogli surrogato Co- 
sma degnissimo di questo ministero e di santi costumi. 
I Duca poi molto si adontarono e forte crucciaronsi ve- 
dendo non coronata Irene ad uno con Alessio, ed ognor 
più insistevano perchè si riparasse prontamente alla 
mancante. In que' dì vivea un monaco nomato Eustra- 
zio, di cognome Garida e dimorante in vicinanza della 
grande chiesa di Dio con molta fama di virtù; or que- 
sti da lunga pezza solea visitare la madre de'Comneni, 
ed aveale di più fatto qualche predizione relativa all'im- 
pero: ella d'altronde assai favorevole agli individui pro- 
fessanti monastica disciplina , e di vantaggio inescata 
dalle costui parole , di giorno in giorno appalesavagli 
maggior fiducia e benevolenza. Mercè di che era già 
pervenuta a formar pensiero d' inalzarlo al patriarcato 
della regale città; or dunque a conseguire il suo intento 
valevasi di fedeli persone, e loro esponendo la sempli- 
cità e l'inettitudine di Cosma nel maneggio degli affari 
esortavali a visitarlo, dichiarandogli quasi in segno di 
amicizia, che nulla avrebbevi di tanto suo vantaggio , 
quanto il rinunciare di per sè slesso al patriarcato. Ma 

(i) Rivolgimento di quindici anni, terminato il qnale I or- 
nasi novamente a cominciare dall'unità. Nelle Bolle pontificie 
ha principio dal mese di Gennaio, ma negli imperiali Diplo- 
mi e negli altri strumenti cominciava l'oliavo giorno avanti 
le Calende di Ottobre. Intorno alla derivazione di questo no- 
me, all'epoca della sua introduzione negli atti pubblici e no- 
tarili, ed al fine cui essa lendea V. Du Gange in Gloss. 



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LIBRO TERZO. i5; 
non valse lo scallrimento ad ingannare il sani 1 uomo , 
che porto orecchio alcun poco agli imbecherati amici , 
giurando in suo nome, rispose loro: Per Cosma, questa 
patriarcale sede verrà da me abbandonata sol quando 
abbia di mia mano coronato Irene Augusta. Con tali 
parole i inessi tornarono alla dominante (così fin d'al- 
lora tutti appellevauo la genitrice de' Comneni per vo- 
lere in ispecie dell'imperatore amantissimo di lei ) fa* 
cendole manifesto l' esito dell' operato loro. Nel set- 
timo giorno pertanto, a contare dall'incoronazione d'A- 
lessio, eziandio Irene ricevette, mediante il patriarcale 
ministero di Cosma, la solenne imposizione del diadema. 
Per siffatta guisa la maestà e il decoro di ambedue i re- 
gnanti , Alessio ed Irene, mostravansi fulgentissimi so- 
pra ogni imitazione d'arte comunque sublime. Impercioc- 
ché non havvi così valente pittore, il quale rimirando 
quel fiore di archetipa bellezza giugner possa, per quanto 
si adoperi, a ri tra rio:, nè tampoco egregio statuario, ap- 
puntati del suo meglio i ferri e tutta la sua vita con- 
sunta nel contemplare i sublimi lavori di Policleto colla 
brama d' imitarli, non perverrà giammai ad abbozzare 
sopra inanimata materia, scolpire e tale condurre l'opera 
del suo scalpello da rappresentare la sorprendente na- 
turale bellezza di questi animati simulacri, gli Augusti 
dir voglio appena ciuti del diadema la fronte. 

Vili. Alessio fu per vero di non molto elevata taglia, 
informato sì, ma non di soverchio, il perchè tenendosi 
ritto la sua maestà colpiva meno gli sguardi altrui di 
quando seduto sul regio trono e vibrante di contro 
sue fulgide luci. In allora a fc del Nume gli occhi de 9 



i58 ANNA COMNENA 

presenti venivano abbagliati del pari che allo squarciarsi 
rielle nubi il cbiaror della folgore costringe gli stessi au- 
dacissimi a chiudere le palpebre, cotanto era il maestoso 
risplendimeulo, attraentesi di forza venerazione, che ir- 
radiava quel volto non solo, ma ben anche il corpo e l'u- 
niversale conformazione delle membra. Dall'una parte e 
dall'altra un nero e bellamente curvo sopracciglio tra- 
mandava piacevoli ad uno e terribili guardature, di ma- 
niera che da queste, dalla nobiltà del volto e dall'avvenenza 
delle gote, in adatta foggia cosperse di vermiglio, parti- 
vano raggi di maestà e clemenza, i quali a un otta pro- 
ducevano fiducia e timore. L'ampiezza inoltre degli ome- 
ri, la forte muscolatura, il rialto del petto, simili onni- 
namente alle forme eroiche, promoveano ammirazio- 
ne e diletto negli spettatori. Conciossiachèlostesso mem- 
bro era in lui modello di misura, grazia, robustezza e di tal 
quale inarrivabile gravità. Al disserrar poi la bocca e 
dar moto alla lingua avresti creduto dischiudersi le lab- 
bra del primo infra greci oratori (i)*, eloquenza simile ad 
igneo torrente, che rendeva le orecchie e gli animi attouiti 
col trabocchevole Gume, dir vorrei, di sue forti e brevi ar- 
gomentazioni. Non havvi loquela atta ad esprimere ido- 
neamente la potenza della sua facondia, nè. vittoriosa, 
havvi un che da potersi agguagliare all'impeto di quella 
perorante lingua, salvo i forti colpi e gli inevitabili tiri 
della guerreggianle sua destra: superiore a qual tu vuoi 
nelPun riscontro e nell'altro; se non che il parlare di 
lui recava diletto, ed il braccio grave travaglio ai vinti. 



(i) Demostene. 



LIBRO TERZO. i5 9 
IX. Irene Augusta, mia genitrice, fanciullata a quei 
dì, non avendo ancora oltrepassato il terzo lustro, era 
prole di Andronico primogenito di Giovanni Cesare, illu- 
stre prosapia certamente, la cui genealogia annestavasi 
agli Audronici e Costantini cognominati Duca. La sua ta- 
glia fiorente ergevasi a mo' di eccelso arbore con per- 
fettissime proporzioni, ora dilatandosi ov' era mestieri , 
ed ora strignendosi con tanta squisita corrispondenza 
di tutte le membia da renderne così amabile P aspetto 
e la favella, che non aveavi uè più soave spettacolo, ne 
fonte di maggior dolcezza, per sembiante e voce, a cui 
dirizzare gli sguardi e P udito. £ tale essendo traman- 
dava il suo volto, non per intiero sferico, alla foggia di 
assiria pulzella, nè di soverchio bislungo, come vergine 
scitica, ma un cotal pocolino prolungalo oltre la circon- 
ferenza d' un perfetto circolo, tramandava, ripeto, tutto 
il chiaror della luna. Dalle sue gote poi, ov' ella volge- 
vate, diffondevasi la vaghezza e P aura d'un verdeggian- 
te prato, e veniva a colpir gli occhi pur anche de' lon- 
tani spettatori un colore , simile a vivace porpora , di 
fiorente rosaio, permanendo intrattanto la preseuza di 
lei sorgente non meno di piacere che di timore , per 
modo che la sua venustà a cui s'avveniva altraevane 
gli sguardi, e P occhio maestoso ed il grave conteguo 
forza varilo ad abbassare le ciglia , mettendolo così in 
forse a quale degli incitamenti si convenisse dare la pre- 
ferenza, impotente non meno di raltenersi dal mi- 
rarla che di reggere agli effetti di quelle luci ver lui 
rivolte. Non so in vero se abbia giammai esistito la Pal- 
lade cotanto celebrata dai pittori e dai poeti , e ritenu- 



160 ANNA COMNENA 

la da molti favolosa; ma se narrò taluno che altre vol- 
te fatto abbia iutra noi dimora un essere di forme simigliane 
ti alla nostra Augusta, e vuoi per la destata ammirazione, 
di sé, vuoi per lo splendore degli occhi ed i penetranti 
raggi d' una incantati ice bellezza dato pruova di 
celestiale origine , a fe eh' egli non alloutanossi dal 
/ero. od almeno dal simigliante al vero. Ma più mira- 
bile e singolarissimo pregio di costei era il reprimere 
ed abbattere, unicamente al presentarsi, gli orgogliosi ed 
audaci , e il destare conforto e fiducia negli umili e te- 
menti. Le sue labbra disseravansi a quando a quando 
pur elle non più che in sembianza di tramandare voci, 
ed in allora tutto appariva P animato sostegno della 
vaghezza ed il vivente simulacro della beltà. La sua ma- 
no con sommo garbo ed avvenentemente iguuda fino 
alla unione del braccio , e pressoché norma della sua 
favella, era maraviglia de' riguardanti, sembrando loro 
candidissimo avolio da valente artefice convcrtito in di- 
ta, in palma e nelle residue parti di lei. L' iride alP in- 
torno delle sue pupille simigliava tranquillo mare in ce- 
rulea serenità, effetto d'una profonda calma delle on- 
de; ne loro cedeva in pregio il candore da cui venivano cir- 
condate; una mescolanza io fine di tutti questi naturali doui 
ornavala d' incomparabili grazie, colmando a un tempo 
gli spettatori d'incredibile diletto. In cosiffatta, o presso 
che simigliante guisa facean bella mostra di s'è Irene ed 
Alessio. 

X. Isaacio mio zio, per venire a lui, avea statura e- 
guale al fratello, nè molto differivagli nel resto, se non 
che maggior pallidore e uou folla barba coprivano il 



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LIBRO TERZO. 161 

volto, di maniera che il pelo delle sue gole non pareg- 
giava quello del germano quantunque di età minore. 
Vedevi poi in entrambi, quando non impediti dagli affa- 
ri, l'egual trasporto per la eaccia, ma giunta l'occasio- 
ne Fu no e l'altro volge vari si di miglior grado alle armi, ed 
Isaacio nel battagliare, stato frequentemente condottie- 
ro di eserciti, non la cedeva a chi che fosse. Ove più gra- 
. ve il pericolo» ed ove si potea vie meglio tenzonare col 
nemico, ivi si tenea, e non appena osservatolo in ordi- 
nanza, lanciavasi, a foggia di fulmine, con cieco impeto 
entro quelle file , apportatore di funestissima strage e 
spesso fugatore di tutta la falange. Onde ben due fiate 
avventiegli, pugnando in Asia contro agli Agareni, di ca- 
dere nelle mani loro; chè se difetto aveavi in Ini era 
appunto il non saper moderare negli scontri guerreschi 
la sua grandissima foga. Siccome poi, giusta le conven- 
zioni, accordavasi a Niceforo Melisseno l'appellazione di 
Cesare, e faceva altronde mestieri di vie più estollere 
Panzinato fratello Isaacio, nè avendovene altra maggiore, 
l'Augusto pensò di creare un nuovo titolo colPunione 
del Sebasto all' Autocratore, formando così il nome 
di Sebastocratore, e decoratolo della studiata onoran- 
za lo rendè al solo Augusto secondo, accordando al po- 
stutto nelle acclamazioni il terzo luogo a Melisseno Ce- 
sare. Volle inoltre che nelle solennità il Sebastocratore 
ed il Cesare cingessero lor fronti non di egualmente a- 
dornc corone , ma sì bene diverse a norma del gra- 
do; ambedue non di meno così per ricchezza, come 
per magnificenza erano al disotto dell' augustale diade- 
ma, portato dallo stesso imperatore. Poiché questo, fog- 

AWNA CoMffENA. 1 I 



» 



ife ANNA COMNBNA 

giato onninamente a guisa <T emisfero concavo e chiuso, 
circondava per intiero il capo, e risplendea bellamente 
di margherite e d' ogni altra maniera di gemme, parte 
delle quali eranvi incastonate e parte ciondoloni, cosic- 
ché di qua e di là dalle tempia discendeangli pendaglie, 
composte pur esse di margherite e gemme, da cui veni- . 
vano le gote dolcemente percosse} tale vedevi il più su- 
blime ornamento proprio dell'imperiale monarca. Le co- 
rone per contrario del Sebastocratore e de' Cesari avea* 
no la sola circonferenza ad intervalli guernita di mar- 
gherite, nò globo comunque appariva sulla prominente 
convessità loro. In pari tempo Taronita, consorte d'una 
sorella d'Alessio, fu dichiarato Protosebasto (i) e Proto- 
vestiario, né guari dopo inalzato all' onoranza di Pani- 
persebasto (a), e pronunziato meritevole di entrare nel 
novero de' Cesari; il suo primo titolo poi di Protoseba- 
sto se l'ebbe il fratello di lui Adriano, aggiuntavi l'ap- 
pellazione d'Illustrissimo. In fine il terzo e minore fra- 
tello Niceforo fu nominato gran Drungario (3) dell' ar- 
mata # di mare ed ascritto infra' Sebasti. 

XI. Primo si fu mio padre a porre in campo le pre- 
fate onoranze e ad applicar loro i nomi, componendo- 



(l) Uf»T6( <r'tp*<rff, principe augusto, od un che di si- 
mile. Tale onoranza veniva non radamente conferita ai figli 
dello slesso monarca. 

(a) n«» vxtp rìflurtèf letteralmente risponderebbe al- 
l' italiano-tulio sopra augusto-augustissimo, titoli creati uni- 
camente per solleticare V ambizione dei cortigiani. 

(3) Prae/ectus classisi grande ammiraglio. 



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LIBRO TERZO. i63 
le parte colle disgiunte per Io innanzi, giusta il narra* 
to, ed altre già note volgendo a più recenti usi. Imper- 
ciocché il panipersebasto ed il sebastocratore sono com- 
posizioni, ed il significato del nome sebasto venne da lui 
cangiato, essendo in epoche più remote questo il nome 
del solo monarca; egli pertanto col trasferirlo a nuova di- 
gnità lo fece a molti comune accostandoli vie maggior- 
mente al trono. L' unico forse dell' uman genere, il qua- 
le sia riuscito colla elevatezza della sua mente e del suo 
consiglio ad ordinare sopra fermi principj la scienza del 
regno, arte affé delle arti e dottrina delle dottrine; par- 
te di essa, vo' dire 1' innovazione de' titoli ed il trovato 
d' illustri cariche tendenti ad un variato scompartimen- 
to di onoranze con senno dispensate, giovava non poco 
al buon governo di tutte le pubbliche faccende. Né già, 
come far sogliono i maestri d'ogni altra disciplina, que- 
sto spirito intelligentissimo della scienza del regno im- 
poneva nomi alle cose o agli strumenti loro per indicar* 
le, ma iva fabbricando siffatte voci ed onoranze perisbra- 
mare in varie guise V ambizione de 9 cupidissimi, tener- 
ne le speranze nella incertezza , ed insiememente colla 
mostra d' un solo premio , quantunque di moltiplico a- 
spetto, la mercè della varianza de 9 suoi nomi ed orna- 
menti, aescarli ad eseguire con integrità le proprie fun- 
zioni. 

XII. Alquanti giorni dopo la coronazione d'Irene, 
e ricorrendo la commemorativa festa del pontefice Gio- 
vanni soprannomato il Teologo, Cosma, celebrato il sa- 
crificio nel tempio del santo apostolo, eretto presso l'E- 
bdomo, spontaneamente rinuuziò la dignità patriarcale, 



i64 ANNA COMNENA 

tenutala anni cinque e mesi nove, e si ritrasse nel mo- 
nistero di Callia, venendogli surrogato Y antedetto eu- 
nuco Euslrazio Garida. In oltre Costantino Porfiroge- 
nito, prole di Maria Augusta, al ritirarsi dal trono il suo 
genitore Michele duca si era dato spontaneamente a vi- 
vere in privata condizione spogliando i rossi coturni per 
calzarne di neri e comunali- ma Botaniale, successore 
di Michele, reputandolo per ischiatta e personali doti 
meritevole di qualche riguardo, aveagli bensì comanda- 
to di proseguire nell'uso dei neri calzari, non indulgen- 
te come si volea per accordargli al tutto i rossi, 
ma per solo favore concederli lo intesservi , a ino' di 
rari fioretti , purpurei nodi (quasi ad indicare una for- 
tuna di mezzo infra la privata e la regale colPartificia- 
to collegamento dell'uno e dell'altro colore)} se non 
che giunto ad ascendere il trono Y imperatore Alessio, 
Maria Augusta, valendosi del consiglio di Giovanni Ce- 
sare, volle guarentigia e confermagione, mediante rosse 
lettere ed aureo suggello, della propria salvezza e di 
quella del figlio, come pure che questi ricuperasse la pri- 
stina sua condizione, addivenendo altra fiata partecipe 
dell' impero, tale essendo stato durante la paterna signo- 
ria; ed imperciò ei vestisse da quinci innanzi rossi co- 
turni, ornasse la fronte di augustale corona, ed il suo 
nome acclamato fosse unitamente a quello del mio ge- 
nitore. Le fatte inchieste non a pena conseguite e con- 
fermate con diploma scritto e munito d' aureo suggello 
furono mandate ad effetto, e Costantino, spogliati i co- 
turni di variato colore, tornò a calzare i compiutamente 
rossi, e nelle donazioni, nelle auree Bolle ed in siuii- 



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LIBRO TERZO. i65 

glianti carte sottoscrivevasi con rosso inchiostro unita- 
mente air imperatore, cui nelle pompe e processioni era 
affatto secondo. Altri poi asserivano che Maria Augu- 
sta riportato avesse in virtù di convenzione le antedet- 
te guarentigie dai Comneni prima del ribellamento loro. 
Che che ne sia Maria Augusta, terminate queste faccen- 
de, con numeroso codazzo, e primo iu esso il sebasto- 
cratore Isaacio , abbandonò la reggia per entrare nel 
monistero nomato comunemente Mangana, ed eretto dal- 
l' imperatore Costantino Monomaco vicino a quello del 
gran martire Giorgio. 

XIII. Alessio rettamente cresciuto nella sua fanciul- 
lezza, e per le ammonizioni ricevute dalla religiosissima 
genitrice serbando profondamente impresso nelP animo 
il vero timore del Nume, veniva cruciato da vivo rimor- 
dimento al rimembrare la strage, da per tutto innanzi 
a' suoi sguardi, cui soggiacque la città, ed il colmo dei 
mali e delle sciagure sofferte per ogni dove dagli abita- 
tori di essa nelP entrata de' Comneni. Talvolta l'ottimo, 
V innocenza scevera da colpa , ne 1 suoi effetti traligna, 
facendo montare in superbia ed in soverchia Gdanza di 
sé chi mai sempre tennesi in guardia dal recare offese. 
Costui nondimeno, purché abbia copiadi naturale pruden- 
za e buoni ammaestramenti nel divin culto, stretto iu un 
subito dalla tema del Nume si turberà e verrà preso da 
salutare spavento: e tanto più se datosi ad elevate im- 
prese e giunto a conseguire sublimi e fuggevoli onoranze, 
comprenderà addivenirgli massime allora necessaria la 
propizia mano del sommo fattore. Ma se questi non 
vuol saperne e mosti aglisi contrario, che mai potremo 



■66 ANNA COMNENA ' 

attenderci se non di mirare I' astioso a Dio, o per fallo, 
o per demenza, o per superbia cadendo in ogni scellerag- 
gine, accrescere a suo danno la celeste ira, e provocata 
T umana vendetta essere forzato a cedere il trono appe- 
na sedutovisi, e ridotto ad una miseria estrema. Tanto, 
ben Io sappiamo, ebbe a tollerare Saulle, pel cui reato 
soggiacque a divisione quel regno. Mio padre alla trista 
ricorrenza di tali pensieri addiveniva forte amareggialo 
nel cuor suo, trepidante e costeruatissimo, come fosse 
per piombargli sul capo un severo gastigo dell'Onnipo- 
tente in punigione dell' enorme e così moltiplice delit- 
to in cui era trascorso permettendo il saccheggio ed il 
disonore della città. Imperciocché di tutte le turpezze, 
e scelleraggini ideate ed eseguite da quella vile mesco- 
lanza di genti neir entrarvi , abusando grandemente 
della vittoria , egli stesso chiamavasi reo , e come 
vero , unico autore ed attore del tutto affligevasenc 
con tanta veemenza di pentimento, che nè l'impero, la 
porpora, il gemmato diadema , le intessute vestimenta 
d' oro e di margherite poteano in parte alcuna consolar- 
lo. Poiché l'imagine funestissima, ognora presente al suo 
animo, dell' augusta città oppressa e vilipesa con ogni 
maniera d' oltraggi e scherni, e ridotta agli estremi della . 
miseria pervertivane con alarissimo cordoglio tutto lo 
splendore. Non havvi affé di Dio umana mente capace 
di esprimere col discorso i gravissimi danni cui ella sog- 
giacque, tutti e da per tutto abbandonali essendosi al 
saccheggio ed al sordido contaminaraento vuoi de' pri- 
vati e pubblici luoghi, vuoi pur de' sacri e veneratissi- 
mi, colpa di che intronavan le orecchie sì grandi e sva- 



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LIBUO TERZO. 167 
riate lamentele da supporre quelle mura minacciate di 
sovversione per effetto di qualche terremuoto. Nulla di 
ciò sottraevasi dal sentimento di Alessio, o seducevane. 
la memoria, non avendovi altri più intelligente di lui, o 
più pronto a sentenziare col massimo rigore le sue cri- 
minose azioni, di maniera che sebbene, fattosi patrocina- 
tore di sè medesimo, cercasse persuadersi che i soli mi- 
liti erano in colpa delle commesse ribalderie, rispondea- 
si nessuno da sè infuori avervi dato occasione, licenza e 
principio col ribellare, del cui astio, quantunque fosse 
in poter suo il riversarlo sopra qoe' servi insidiatori , 
volea anzi aggravare sè stesso e sanare la propria co- 
scienza col dolore e pentimento, che imponendone altrui 
nota. Ritenne adunque fermamente ch'egli giammai riu- 
scirebbe nè in pace, nè in 'guerra ad imprendere un 
bene augurato e felice reggimento della repubblica , se 
prima di volgervi la mano e 1' animo nou adoperasse 
con religiosa purgagione di mondarsi da ogni reato. Im- 
mutabile in questo proponimento eccolo visitare la ge- 
nitrice e, fattale palese la commendevole sua perturba- 
zione, addimandarle i mezzi di sedare i proprj rimordi- 
menti. Ella con maternale affetto lo accoglie, loda, con- 
sola, e di buon grado assume di compierne i desiderj. 
Laonde mandano di consentimento reciproco chiaman- 
do il patriarca Cosma (non avendo questi per anche 
rinunziato la sua dignità) e ad uno i ragguardevolissimi 
personaggi del sacro sinodo e dell' ordine monastico. 

XIV. Ragunatosi il concistoro vi comparve Alessio 
in portamento e contegno non solo di colpevole , ma 
di reo già condannato, non essendone le vestimeli ta, gli oc- 



i«8 ANNA COMNENA 

chi, il volto che quelli del più abietto plebeo alla pre- 
senza de 1 giudici prossimi con voto nero a sentenziarlo 
di morte. Quivi il tutto egli confessa non omtnetteudo 
uè il consenso prestato al primo concepimento, nè l'e- 
secuzione dell'opera, nè il Bue e lo scopo propostosi 
iu essa , mostrando nella esposizione timor sommo del 
Nume e viva fede. Supplicavali al postutto che intesa la 
malattia vi applicassero giusta la sufficienza e potestà 
loro il rimedio , nè gli usassero cortesia di pene e 
supplizj , dichiarandovi*! di buon volere sommesso. E 
queglino danno sentenza che soggiacer debbano coli' Au- 
gusto ad eguale espiazione quanti altri seco lui congiun- 
ti con legami di sangue e di amicizia ebbero in guisa 
comunque partecipato la sedizione e datovi aiuto, pre- 
scrivendo loro il digiuno, il dormire in terra e il di più 
che sogliono recar seco queste pratiche dei penitenti 
a fine di ricuperare la grazia divina. Tutti di buou 
grado accolsero e mandarono ad esecuzione la condan- 
na, e fin le stesse lor donne vollero essere a parte di 
così grave lutto e squallore^ poiché quantunque ben lonta- 
ne dalP aver cooperato, la mercè del sesso, alla ribel- 
lione , opinavano dovere imposto dai vincoli conju- 
gali ed officio di carità il desiderare la partecipazione 
stessa de' patimenti cui soggiaceano i proprj consorti. 
Ciascheduna adunque volontariamente si unisce al 
marito per tollerare con iscambievole rassegnazione 
il severo gastigo. Laonde nel decorso di tutto quel 
tempo fu la reggia in ogni sua parte magione di pianto 
e lutto. Lutto non vile e dispregevole, nè indicante fra- 
lezza d 1 animo abbattuto, ma onesto , commendabile e 



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LIBRO TERZO. 169 

tendente all' acquisto d' un gaudio sempre duraturo, e- 
minente prerogativa pari alle altre tutte di cui era pos- 
sessore l'Augusto, non avendovi un che per lui di più 
elevato pregio della religione. Egli adunque sotto alla 
porpora durante i giorni e le notti quaranta dell'espia- 
zione vestì la nuda pelle di cilicio, nè ebbe altro letto a 
riposo delle sue membra dalla terra o dal pavimento 
infuori, apponendovi a sostegno del capo, a mo' d' ori* 
gliere, una pietra. 

XV. Soddisfatto di questo modo ai doveri impostigli 
dalla chiesa diè di piglio con pure mani alle redini dello 
stato. Se non che bramando ardentemente di alleviarsi 
dalle cure amministrative divisò affidarne il peso alla pru- 
denza della genitrice, serbando tuttavia da principio entro 
sé stesso tale determinazione per tema non ella fattane sa- 
pevole e sbigottita dal grave iticarco avacciasse di com- 
piere il proposito, da lunga pezza costante nelP animo 
suo, di professare, abbandonata la reggia, un tenor di 
vita più sublime del consueto. Or bene l' imperatore , 
voglioso di ritrai la a poco a poco da tale pensiero, la 
frequentava come suo consiglio, nè dava passo a faccen- 
da, avvegnaché piccola e lieve, prima di avernela con- 
sultata^ rendendola in questo modo pratica dell' ammi- 
Tiistrazione e vie meglio di sè slesso benivogliente col 
mezzo d' ognor più stretti e indissolubili vincoli:, giun- 
se da ultimo a persuadere e lei e gli altri che nella sola 
materna prudenza riponeva sua fiducia del prospero im- 
periale reggimento, sembrandogli che l'operato senza il 
costei assenso riuscir non potesse ad avventuralo fine. 
Ella pertanto, sebbene amantissima del ritiro , e nulla 



i 7 o ANNA COMNENA 

ravvolgesse così volentieri nelP animo e ardentemente 
desiderasse come un monistero, ove compiere sua vita 
in quiete, non di meno dall' amore del figlio, non aven- 
dovi donna che in ciò P agguagliasse , veniva sospinta 
ad essergli aiutatrice nella grande intentata impresa , 
ed a porsi al governo d' una nave né forte, nè a bastan- 
za munita contro il furor del mare e del firmamento , 
ed in assai perigliosa condizione. Yie meglio poi sentivane 

10 stimolo sapendolo inesperto ed assaporante per la pri- 
ma volta di tali venti e flutti, come dire , non ancora 
quanto era uopo ammaestrato dall'esperienza nel maneg- 
gio degli affari, e dalla memoria delle trascorse vicende ncl- 
rintrigata e così varia soprintendenza delle pubbliche bi- 
sogne d' un vasto impero , agitato in ogni sua par- 
te ed assalito da cotanti nemici. Riportò dunque vittoria 

11 prefato amore, disponendola a dar mano al figlio nel 
reggere le redini dello stato, e nel voler ella da sola a 
quando a quando, ma sempre con retto e prospero corso, 
a guisa d'auriga, condurre il cocchio della repubblica, 
prudentissima in verità e nata pel governo de'regni. 

XVI. Annunziatosi di poi, correndo il mese di agosto 
e durante la stessa indizione, l'assalimento ed il tragitto 
di Roberto, l'imperatore si vide costretto di farglisi in- 
contro coll'esercito, ed opinando giunta Torà opportuna 
di manifestare il divisamento infin qui celato nell'animo 
suo, di mettere iutendomi alla testa del governo la ma- 
dre, promulgò un'aurea Bolla conferendole in assoluta gui- 
sa l'intera amministrazione di tutte le imperiali faccende. 
£ poiché s'appartiene all'uffizio dello storico non solo 
d'indicare sommariamente le deliberazioni e le geste de' 



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LIBRO TERZO. 171 

personaggi illustri, ma di usare eziandio più accurata di- 
ligenza per esporle con maggior precisione e chiarezza, 
noi pure non contenti di avere accennato come che sia 
il pio affetto di Alessio verso la madre, passiamo a cor- 
redare quest'opera degli eterni monumenti di sì grande 
evento, acciocché abbiane la posterità più compita e di- 
stinta notizia, riportando fedelmente qui trascritta la 
stessa aurea Bolla, toltovi il solo e superfluo ornato dello 
scrittore. 

Aurea Bolla dell'imperatore Alessio Comneno, me- 
diante la quale egli conferisce alla propria ge- 
nitrice la potestà di governare l'impero. 

* 

Nulla è comparabile ad una buona madre, che 
ritiene come sue le prosperità e le sciagure della prò- 
le: non havvi di essa più forte soccorso o amuleto 
vuoi al prevedere un imminente pericolo, vuoi al pa- 
ventare un che di tristo e maninconioso , poiché se 
nell'antivedimento d un sinistro ella ti sia larga di con- 
siglio lo troverai sicuro ed efficace; se per rimovere 
un male superiore alle umane forze indirizzi al Nume 
priegld e voti, questi per certo addiverranno tanti in* 
vincibili satelliti intorno aftancld e veglianti alla difesa 
di chi hanno in custodia contro ogni maniera a" insi- 
die. E tal sia per lunga esperienza ci vieti confermato 
dai provvedimenti della santa e venerabile nostra ge- 
nitrice e signora, mediante i quali dalla più tenera età si- 
no al corrente giorno fummo da lei cresciuti. Ella ci nitr 



i-i ANNA COMNENA 

tricò, ella cinstruì, ella sola fu il tutto onninamente per 
noi. Dimessi pertanto ed emancipati dal suo grembo 
per introdurci nel senato e nel maneggio della repub- 
blica non potemmo dimenticare il suo grande amore 
fin qui portatoci ed il rispetto ognora dovutole; anzi 
fu esso di poi corrisposto da pari filiale dilezione af- 
fermatale con tutte le pruove di fedeltà e riverenza. 
Fu mai sempre intra noi un sentimento unico, una 
sincera concordia, sola un anima in dive corpi. E co- 
tanta affezione, la Dio mercè, si è così integramente 
serbata infine a questo punto che giammai ebbe a patire 
offuscamento o la più lieve offesa, neppur dal sono 
giunto alle orecchie di quelle /rigide parole il mio, il 
tuo. Dal che riportammo, unitamente ad altri molti 
profitti, quello principalissimo daver ella fatto voti e 
porto di continuo ferventissime preghiere al Cielo, in 
virtù delle quali, tanto piamente crediamo, il Nume 
c'inalzò all'apice di questo impero. Ne di poi unqua 
desistette, quasi per colmare con nuovi meriti hi 
prima sua benivolenza, dal sommettersi spontaneamen- 
te a partecipare le nostre fatiche, ora, compassionan- 
doci, per alleviarne le cure e gli a ffanni, ed ora, dandoci 
consigli di comune vantaggio, per mitigarle e diminuire. 
Noi dunque pronti ad intraprendere una necessaria 
spedizione, pieni di fiducia sia questa per avere propi- 
zio il Nume, contro nemici di Romagna, e forte occupa- 
ti nel far leva di truppe e nelV ordinare tutta labelli- 



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LIBRO TERZO. i 7 5 

ca disciplina; aggravati a simile dagli affari politici e 
giudiciali , non meno laboriosi die di nostra spettanza, 
ci troviamo appena sufficienti ad attendere con retti- 
tudine alle molte e così variate incumbenze; quindi opi- 
niamo non avervi di meglio che il fidarne l amministra- 
zione alla sapienza della venerabile e santa nostra geni- 
trice. Decretiamo pertanto e ordiniamo col presente di- 
ploma guernito di aureo suggello, che la prefata venera- 
bile nostra madre, in virtù della sua grande sperienza 
nelle umane e secolari bisogne, avvegnaché sempre da lei 
con religioso a/'iimo dispregiate, possegga da quinci 
innanzi assoluta facoltà di governare giusta il suo 
volere ed arbritrio, così a voce come per iscritto, 
ogni cosa, o abbiane referto dal presidente dell'uni- 
versale giudicatura o da altro de'secondarj ministri cui 
spetta la compilazione vuoi de'sommarj, vuoi de li- 
belli o delle sentenze; e quanto ella sarà per rispon- 
dere a ciascuno di essU ovvero per istabilire intorno 
a qualsivoglia ramo della politica, a mo 3 d'esempio 
ai proventi deU imperiale tesoro ed alla condoruizione 
de' pubblici debiti a sollievo degli indigenti, comandia- 
mo che infallibilmente venga posto in opera ed a noi attri- 
buito, riportando così Vegliai fermezza e valore d'un 
mandamento scritto o vocale della stessa maestà no- 
stra presente. Ogni risposta, dico , e soluzione degli 
insorti dubbj da lei avute, tutte i suoi ordinamenti , 
scritti o non iscritti, con o senza motivo, soltanto im- 



i 7 4 ANNA COMNENA 

prontati del suo suggello, rappresentante le immagini 
della Trasfigurazione e della morte , vogliamo sieno 
accolti ed osservati quali risoluzioni o decreti fatti, 
per diritto del comando supremo, dalla stessa impe- 
riale nostra persona. Così pure correndo il mese di 
colui che temporalmente amministra la giustizia non 
solo in materia di promozioni e successioni de* giudici, 
e degli officiali del foro e del consistono (4), ma e- 
ziandio nel conferimento delle militari prefetture e delie 
altre dignità e cariche, non escluse le donazioni de- 
gli immobili riservate ali 1 autorità regale, ingiugniamo 
che la stessa venerabile nostra genitrice abbia piena 
facoltà di stabilire quanto le attalenterà, e tutti quelli 
così della milizia come del consistono ,t quali verran- 
no dalla stessa inalzati ad onoranze, o per voler di 
lei ed in fòrza d'un suo comando le avranno conse- 
guite, o vero in altra guisa vi saranno pervenuti, e del 
pari gli elevati da lei alle somme, medie o in/ime di- 
gnità, intendiamo che abbianle a possedere, esercitare 
e costantemente godere franchi da pericolo comunque di 
perderle. Oltre di che eua avrà pieno diritto, rimosso o- 
gni dubbio, d'istituire, costituire e decretare a suo 
buon grado l aumento degli stipendj e del caposoldo (2), 
le caritatevoli remissioni di que tributi nominati coa- 
ti) Radunamento Hi sagge persone scelte dal sovrano per 
valersi dVIoro consigli nel governo dello stalo. 

(2) È quello che si aggiunge al soldato benemerito sopra 
la paga. 



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LIBRO TERZO. i 7 5 
suetudini, come pure la sospensione e l'aumento loro. 
In fine, riepilogando il tutto, nulla dello statuito da lei, 
o per iscritto o senza, dovrà estimarsi vano o malfon- 
dato. Poiché le sue parole ed i suoi comandisi repu- 
teranno derivanti dalla stessa nostra maestà, e neppu- 
re un che di essi potrà annullarsi e rimanere privo di 
effetto; dureranno per lo confrario in qualsivoglia 
tempo formi , invariabili e giammai sottoposti da per-, 
sona al mondo a disamina , inquisizione o ritratta- 
mento , nè bisognevoli di approvanza e confermagio- 
ne onde sieno di pieno effetto e valore. Chiunque di 
pari conformità le avrà porto assistenza o fattine i 
comandamenti, compresovi lo stesso temporale logo- 
teta de' segreti (1), siano come si vogliano in apparenza 
bene o male consigliati o decretati, non potrà unquemai 
essere da cliicchessia costretto a comparire sotto questo 
titolo in giudizio a difendere e giustificare l'operato. 
Imperciocché dichiariamo e decretiamo in forza della 
presente aurea Bolla, fatta di moto proprio, che quan- 
to sarà per essere deliberato e posto in esecuzione 
dalla nostra genitrice debbasi riferire all'autorità 
nostra, e rimanere fermo, rato e stabile in ogni tem- 
po. Fin qui la bolla. 



{i) Cancelliere. Quegli che ha la cura di scrivere e regi- 
strare gli atti pubblici de 1 magistrali ; e quegli che scrive e 
detta lettere di principi, di signori, di signoria , c simili, c 
che in oggi particolarmente vien nomato segretario. 



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176 ANNA COMNENA 

XVII. Ora chiunque prenderà in considerazione que- 
sta imperiale patente non potrà a meno di ammirare e 
commendare il filiale affetto di mio padre Alessio Augu- 
sto, il quale un vero nulla si ritenne avendo ren- 
duto partecipe la madre di tutti i diritti e gli onori della 
potestà suprema, e per fino sembrando, quasi direi, che 
discendesse dallo stesso trono imperiale per metterla in 
sua vece al reggimento della repubblica , serbandosi 
non più che il carico , siccome proprio del suo mi- 
nistero, di comparire e far delle corse ne' ditorni , ed 
il solo nome d'imperatore; tanto egli opera di già per- 
venuto dal fior di sua vita all'età virile, età in cui la bra- 
ma del comando suol farsi viemeglio sentire negli indivi- 
dui cosi nati, cresciuti e posti in tale condizione. Nè cer- 
tamente fe'velo col pretesto dell'onoranza materna ad una 
sterile infingardaggine, o si procacciò, simulando scaltrita 
riverenza, tranquillità sicura. Imperciocché volle di sua 
ragione i pericoli e le fatiche della guerra contro a' bar- 
bari; le altre bisogne poi, tali che l'amministrazione degli 
affari, le nomine de'magistrati, l'ordinamento de'tributi 
e delle pubbliche spese, affidò alla madre. Ed abbiavi pur 
chi lo dica di soverchio liberale e generoso trasferendo 
la reggia nel gineceo, e giudichi affatto immeritevole 
di approvazione l'aver commesso a donna l'universale go- 
verno di così vasto impero. Ma s'egli porrà mente , a- 
vendone contezza, alle costei doti grandissime di pruden- 
za , di virtù e d' un ingegno fornito di ben rara pe- 
netrazione, riavutosi dal biasimo passerà tosto ad am- 
mirare e lodare l'imperiale consiglio. Per verità era si 
maravigliosa l'altitudine di questa mia avola nel maueg- 



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LIBRO TERZO. 177 
gio e nel condurre a buon termine gli affari c sì grande il 
potere e la perspicacia del vastissimo suo intelletto nell'or- 
dinaro e disporre le brighe civili, che detta l'avresti non 
pur idonea a reggere ottimamente negli estesissimi suoi 
limiti il romano impero, ma bensì tutti i regni itisieme 
riuniti ed irradiati dal sole. Gonciossiachè dotata per 
lunga esperieuza di molta pratica nelle vicende umane 
e d'un ingegno mirabilmente destro nel vedere con som- 
ma chiarezza la natura e 1' importanza degli affari, 
punto non indugiava a comprendere donde fosse uo- 
po cominciare in ognuno di essi, in che modo e fin 
dove proseguirlo, e quali fossero gli idouei mezzi a dar 
loro appoggio} di colpo antiveggeudo gli ostacoli che an- 
drebbousi ad incontrarvi, e mai sempre ferma e costante 
nel mandare con prudenza a compimento il miglior par- 
tilo cui appigliarsi. Nè fra le molte sue prerogative 
d'ingegno e discrezione mancava di quella facondia pro- 
pria della rettorica, sortita avendola innata seco, e ben 
simile all'acquisita; per liberalità della natura, non per 
beneficio dell'arte, fatta eloquenlissima e versatissima 
nel persuadere, non già fornita di quella verbosa facon- 
dia o iuterminabile garrulità, nè tampoco interrotta nel 
dire e soffermali tesi nel mezzo di esso quasi per diflalta 
repentina di fiato. Solea in cambio a luogo e tempo e- 
sordire e condurre a perfetto compimento il discorso , 
ed a riuscirvi non le fu di poco vantaggio l'essere stata 
assunta al governo dell'impero in età provetta, quando 
la prudenza ottenuta e resa slabile dalla pratica è nel 
suo massimo vigore, e quando Parte di trattare saggia- 
mente gli affari e la multiplice scienza regolatrice ed 
Anna Com«£na. 12 



> 



7 8 ANNA COMNENA 

amininistratrice delle umane cose giunte sono al pia 
sublime grado. Nè tale età va unicamente adorna del 
pregio attribuitole dalla tragedia pronunziandola con- 
sueta a parlare con maggior prudenza de' giovani , ma 
sì bene di più utili consigli e più verace sapere. Al po- 
stutto quanta dovizia di senno racchiudessero i molli 
atini suoi, fattone cumulo nel trascorrimento loro, di leg- 
gieri lo testimonia quell'universale consenso che face- 
vaia infin dalla sua' gioventù nomiuare uu miracolo di 
senno , manifestando anche allora la maturità della 
canizie, e colla sua presenza e compostezza del volto e 
degli atteggiamenti dando a prima giunta a chi rimira- 
vaia non dubbio saggio di naturale virtù e maestoso 
contegno. 

XVII. Mio padre dunque non appena venuto in 
possesso dell'impero collocò sopra il trono regale que- 
sta sua madre, come narrava, volendola spettatrice e giu- 
dice de'suoi certami e sudori, appellandola e stimando- 
la sua signora non tanto per vaghezza di nome, quanto 
per ossequiosa obbedienza , professandole amore e ri- 
spetto molto al di là della comunal guisa, per non dire 
con umiltà servile. Sottoposto interamente ai cousigli di 
lei rendeva la sua destra serva della materna lingua, e 
le sue orecchie solo intente ad accoglierne le voci ed 
i precetti. Di più ogni suo ceuno di approvazione o 
riprovazione originava dagli anticipali materni divisa- 
menti, accostumatosi lei presente o lontana a non ap- 
palesarsi giammai di contraria sentenza ; non altri- 
menti andava la bisogna. Alessio apparentemente, Ma- 
ria in realtà occupava il regno; ella sentenziava, dava 



uigmzea 



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LIBRO TERZO. 179 

leggi, governava, disponeva l'occorrente. Il figlio quin- 
di confermava gli scritti decreti apponendovi il proprio 
nome , e convalidava le deliberazioni vocalmente fatte 
col suffragio a simile della sua voce} di modo che, va- 
glia il dirlo, mio padre non era l'imperatore, ma il ma- 
terno strumento dell'impero, sì tanto addivenivagli ac- 
cetto e meritevole d'encomio il costei operato ; nè colo 
obbedientissimamente secondavala come genitrice , ma 
eziandio prestavate attento e docile orecchio quale 
maestra intelligentissima dell'arte di regnare, avendola 
più che sperimentata di squisito acume d' ingegno nel 
corre l'ottimo partito cui attendere in qualunque affare 
e nel seguirlo colla massima rettitudine ; superiore, nè 
poco, a tutti coloro che godevano rinomanza di prudenti 
ed esperti amministratori. Tali furono i principi del regno 
di Alessio , indicanti aver egli quasi a tedio il mirarsi 
autocrate, vo'dire elevato ad una assoluta generale do- 
minazione, essendo questo il volgar nome del supremo 
dominio, col trasferire nella propria madre una volta per 
sempre la facoltà di reggere come più le attagliasse l'im- 
pero. 

XVIII. Qui altri in mia vece potrà , volendo, con 
isfoggio di precetti rettorici in così degno argomento 
levare a cielo la schiatta della nostra eroina discendente 
dagli Adriani Dalasseni e Garoni, ed a tutta briglia con- 
durre le bianche quadrighe dell'eloquenza in vastissimo 
campo di lodi. Imperciocché è mio uffìzio, compilatrice 
d'istoria, il renderla insigne non adducendone la prosapia 
o il sangue, o se dall'uno o dall'altro traesse la origine, 
ma bensì i costumi e le virtudi , e pur questo entro i 



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180 ANNA COMNENA 

limiti del convenevole e di quanto comporta il genere 
e lo scopo dell'intrapeso lavoro*, proseguirò dunque ad 
esporre ciò ch'emmi vietato di passare con silenzio. Ella 
fu grande ornamento non solo del proprio contempora- 
neo sesso, ma degli uomini stessi, e niente meno che 
il comune decoro delia natura umana. Pruova ne sia 
Pavere infin dal principio del suo reggimento ricondotto 
e forse levato a maggior perfezione la primitiva illibatez- 
za di vita nel palazzo delle auguste, donde Tortore e 
la buona fama eransi sbandeggiate sin da quando !e re- 
dini dell'impero giunsero nelle mani di Monomaco, ad- 
divenuto in allora quel venerabile sacrario camera di va* 
nitade e turpi amori. E vaglia il vero fu sua opera lo 
stabilire là entro un tanto acconcio e commendevole 
ordine, che dirsi potea convertita la maggione dei re 
in asilo di religiosa famiglia. Eranvi in fatti ore de- 
terminate ad udire ed inalzare col canto inni al Nume, 
a sostentare col cibo il corpo, ed a trattare con misura 
gli urbani e politici affari. Ella, rendutasi tipo ed 
esempio di ogni lode , prodigio superiore all' umano 
intendimento ed a quanto suole ordinariamente avve- 
nire nella natura , precedeva, traendo seco tutta la 
corte, ovunque tramandante raggi di onestà e pudicizia 
per modo, che messa al paragone colle decantalissime 
eroine modelli un tempo di probità, sembrerebbe, a non 
dubitarne, il sole comparato alle stelle. Qual lingua poi 
giugnerà ad esprimere in idonea guisa la costei miseri- 
cordia verso de'poveri, o la generosità di sua mano a prò 
degli indigenti? era la reggia comune asilo di tulti i 
meno doviziosi del parentado, e vi trovava conforto il 



LIBRO TERZO. 181 

bersagliato da comunque trista fortuna. Portò sempre 
di preferenza rispetto ai sacerdoti ed a' monaci, aven- 
do gli ultimi famigliarmene suoi commensali, e con fre- 
quenza tale che mai fu veduta assidersi al desco e non 
lo partecipare con essi» Di venerabile apparenza per gli 
angeli, di terribile pe' demonj, se avvenivasi a lascivi e 
voluttuosi li affisava con si rigido sguardo che rendeali 
nella impotenza di reggere alla severità di quell'aspetto, 
altrettanto propizio ed ilare co' modesti, imperciocché 
benissimo conoscendo e possedendo la misura della tri- 
stezza e della giovialità nou compariva in alcun tempo 
uè di soverchio austera ed intrattabile , uè colle gentili 
sue maniere piacevole oltre i limiti , onde schivare la 
nota, quasi diremmo di leggierezza. Così mediante nou so 
che artificio ed incitamento a virtù moderando l' affa- 
bilità col rigore ella riuscì nelle giuste proporzioni ama- 
bile ad uno e degnissima di rispetto, quantunque sortita 
dalla natura tristo e silenzioso carattere. Del rimanente 
applicavasi di continuo a concepire nel suo animo e svol- 
gere nuovi e nuovi pensieri, non peruiciosi alla repubblica, 
giusta le dicerie delle cattive lingue, ma salutari di fer- 
mo e conducenti a ritornare, come possibil fosse, il già ro- 
vinato e quasi distrutto reame al pieno decoro della pri- 
mitiva grandezza. Quantunque poi gravata dalla mole de- 
gli affari, non volea tutta via rimanerne per modo oppressa 
che venissele meno il tempo di attendere ai religiosi offìcj 
delta monastica vita, quale appunto nella reggia medesima 
stabilito avea di professare. Consumava quind' la maggior 
parte della notte recitando per intiero gli inni divini a 
norma della ecclesiastica partigioue in compito giornaliero 



i8a ANNA COMNENA 

per lotto Panno; oltre di che sottraeva ore non poche al 
sonno per dedicarle particolarmente alla preghiera ed e- 
sercitare atti di religione, portando impressi nello squallo- 
re del fiaccato e consunto suo corpo segni manifestissimi 
della forzala veglia notturna. Quindi al dileguar delle' 
tenebre, vicino all'aurora, e tal fiata dopo il secondo 
gallicinio, davasi tutta alle pùbbliche cure decretando 
quanto era mestieri intorno ai comizj ed alla scelta dei 
magistrati, e rispondendo alle petizioni de'supplichevoli 
p de' necessitosi di consiglio, assistita io questo lavoro 
dal segretario Gregorio Genesio. 

XlX. In verilà se un retore imprendesse ad ornare col 
discorso e colle tinte dell' arte gli antedelti argomenti , 
come potrebbe a meno di non persuadere essersi costei 
non solo renduta superiore a quanti narransi ab antico, 
d' ambo i sessi, montati in altissimo pregio di virtù, ma 
di avere per anche ottenebrati i loro più splendenti raggi 
di gloria? Da senno che non avverrebbe altrimenti, ov'e- 
gli con vibrate ed acconce sentenze e con isquisito 
apparato di scelli concenti si accingesse a celebrare le 
azioni considerate in sè stesse della nostra eroina e ad i- 
stituirne colle altrui uu parallelo, dando maggiore im- 
pulso alla sua facondia , come vogliono i precelli del- 
P arte, onde vie meglio far comprendere il grandissimo 
intervallo di preminenza che loro si conviene. Ma noi, 
professata la storica semplicità e quindi impedite di ri- 
correre alP arte oratoria, è giusto che riportiamo venia 
da quanti forse di veduta o pratica stali essendo lesti- 
monj della virtù, magnifica dignità, prontezza di saga- 
cissimo ingegno in tulle le circostanze, e prestantissima 



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LIBRO TERZO i83 

sapienza di questa matrona , rimarranno sorpresi od 
anche monteranno in collera osservando qui trattato con 
freddura e grettezza cosi grave ed illustre soggetto. E' 
si pare inoltre che il motivo stesso dell'intrapreso lavo- 
ro non mi consenta di proseguirlo molto diffusamente, 
la quale rimembranza sebbene di continuo ferisca le mie 
orecchie e distolgami dall' andare più innanzi, pure non 
so indurmi, una volta deviatane, a farvi sì presto ritor- 
no. La stessa mia avola poi non solea dedicare l'intiero 
giorno ali 1 imperiale reggimento, ma in determinate ore 
«lavasi agli uffici di religione, assisteva al sacrifìcio litur- 
gico, giusta la canonica usanza, nel tempio della marti- 
re santa Tecla , fatto costruire dall' imperatore Isaacio 
Gomneno per tal quale cagione, che passiamo ad esporre. 

XX. I principali infra Daci annoiati della fatta lega 
in altri tempi co' Romani, e divisando poterli guerreggia- 
re, cominciato aveano i loro assalimeli.} uditone i Sau- 
romati, detti ab antico Misii ed abitatori di là dalla ri- 
pa dell' Istro, dove questo fiume col suo alveo segnava 
il termine della romana signoria, disdegnarono pur essi 
di rimanere piò a lungo entro de*proprj confini. Laon- 
de travalicatili pervennero armata mano sulle nostre 
frontiere per vendicarsi cogli innocenti Romani, trasan- 
dali per impotenza i veri nemici, delle offese ricevute 
dai Geli , che d' altronde colle scorribande e co' ladro- 
necci erano addivenuti loro molesti. Per queste cagio- 
ni adunque saliti in furore ed avendo noi a vile , col- 
ta l'opportunità del congelamento dell' Istro, inoltra- 
rono per quella superfìcie , non altrimenti che segnas- 
sero orme sopra terra ferma, ed a mo' non di scorreria, 



I 



i8{ ANNA COMNENA 

ma di compililo traslocamelo l'intiera nazione si pose 
a stanza sulle nostre frontiere con grave danno del pae- 
se e delle città confinanti. A tale annunzio V impera- 
tore Isaacio estimò conveniente di occupare Triaditzam; 
tolta cosi agli orientali barbari la facoltà d'imprendere 
o di nuocere li obbligò, sebbene lor malgrado, a rima- 
nere tranquilli \ quindi non avendo più che temere di 
là, marcia con lutto V esercito alla volta «le' Misii per 
mandarli fuori delle romane terre. Costoro impauritisi 
alla vista dell' esercito e del condottiero si divisero in 
contrarj pareri, inclinando parecchi alla pace. Se non 
che l'Augusto risoluto di non prestarvi orecchio muove 
ostilmente egli stesso colla schierata falange a combat- 
tere la più munita parte del campo loro, e eoll'improv- 
viso arrivo, facendo mostra cosi da vicino della propria 
persona e delle sue truppe, destovvi grave scompiglio. 
SI tanto in vero eh' e' non osavano rimirare V armalo 
duce vibrante lor contro terribili e fulminei sguardi j 
I' ordinanza inoltre della falange, e I' unione ed il colle- 
gamento degli scudi con artifìcio indissolubile insieme 
congiunti presentavano orribile spettacolo a quegli occhi 
avviliti. Si ritirarono pertanto e di maniera che nel me- 
desimo giorno, abbandonate quivi le tende, ma colla mi- 
naccia di tornare, scomparvero; in fatto nel terzo dì 
eccoli novamente ad inlimare battaglia. Se non che Isa- 
acio addivenuto padrone del campo affardella e retroce- 
de vincitore. Di là giunto alle radici del monte Lobitza 
è sorpreso da strabocchevole pioggia e da neve intem- 
pestiva, correndo il dì ventesimo quarto di settembre, 
dedicato a solennizzare la .memoria della gran marti- 



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LIBRO TERZO. i85 
re Tecla. Il perchè gonfiatisi immensamente i fiumi, ed 
inalzale !or acque grandissimo tratto sopra le sponde, 
ali 1 istante inondarono la pianura, ov' erano l'imperiai 
padiglione e le tende a riparo di tutto l'esercito, dan- 
dole 1' aspetto d 1 un estemporaneo mare. La vitluaglia 
in un colle bagaglie furono per intiero ingojate e seco 
trascinate dalle acque. Gli uomini ed i giumenti agghia- 
davano dal freddo} l'aere muggiva con orrendi tuoni, 
e non balenava già ad intervalli dando a otta a otta tre- 
gua la celeste fiamma \ sì bene ovunque li facessi a mi- 
rarlo, somigliava a non interrotta ammosfera di orrido 
fuoco. 

L' imperatore durò qualche tempo nel massimo 
cordoglio alla vista di cotanto grave sinistro } di poi al 
mitigarsi un poco P impeto della burrasca die' pur egli 
segno di respirare alquanto, e traendo con avidità pro- 
fitto da questo allentamento, seguito da scelto numero 
de' suoi militi campati dai vortici delle onde, che som- 
merso aveaunedi molti, ebbe opportunità di riparare sotto 
un allo e grosso faggio. Se non che fattavi breve dimora 
sorpreso da fortissimo strepito proveniente dal mezzo 
delle fronde stesse del ramoso albero , ed osservata la 
rabbiosissima foga de 1 venti, che da imo a sommo agita- 
vano con gagliardia la pianta, si ritrasse tutto trepidan- 
te, e preferì anzi rimanere a cielo aperto, che sotto il 
mal sicuro asilo. Allontanatosene poco più di quanto e'si 
parea necessario, perchè l'albero precipitando non pioni- 
bassegli sopra, quivi tulio impaurito s'intratteneva: ed 
ecco , fosse quasi in aspettativa di ciò ch'era per avve- 
nire, la travagliala quercia, con ispaventevole fracasso e 



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186 ANNA COMNENA 

grande scuotimento del suolo per lunga tratta, ca- 
dere schiantata fin dalle profonde sue radici. L'Augu- 
sto allora comprese immediatamente essere opera divi- 
na il beneficio della propria salvezza, e divulgatasi in 
questa la voce di qualche ribellione tramata dagli o- 
rientali retrocedette, con prestezza somma in Costanti- 
nopoli pieno la mente del pensiero d' inalzare un ele- 
gantissimo tempio alla gran martire Tecla , impiegan- 
dovi largo danaro e decorandolo con ogni maniera di 
ornati assai pregevoli non meno per la materia che per 
la esecuzione. Quivi egli, tosto compita V opera, vene- 
rando con rito cristiano il Nume gli rendè grazie del- 
l' averlo così mirabilmente salvato, e di poi assiduo fre- 
quentollo per farvi le sue preghiere. Mercè di che ezian- 
dio l'imperatrice madre dell'Augusto scelto avea lo stesso 
tempio consacrato a Dio, come narrava, per assistere co- 
lidianamente a' pubblici doveri di religione. La qual 
donna ebbi pur io la fortuna per breve tempo di vede- 
re ed ammirare, sebbene viva in me la fiducia che le 
sue accennate virtudi riportar debbano piena fede anzi 
invocando la pubblica universale contezza e la sincera 
confessione dei non invidi, che la oculata testimonianza 
della scrivente. Poiché, lo ripeto, se fossimi proposta di 
tessere un elogio invece d' una storia, molto più certa- 
mente mi sarei dilungata riferendo altre pie e commende- 
voli azioni di questa matrona , ma è or mai tempo di 
rannodare il filo, da lunga pezza interrotto, delle pub- 
bliche bisogne. 

XXI. Alessio vedendo V impero agli estremi, deva- 
standone i Turchi le orientali provincie , ed alle occi- 



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, 



LIBRO TERZO. 187 

dentali sovrastando Roberto, il quale movea ogni corda 
per mettere sul trono il falso Michele, o, meglio anco- 
ra, valeasi furbescamente del pretesto d' un omiciatto 
onde far pago il desiderio da pezza natogli e 6n qui ri- 
raaso nella sua mente di aprirsi la via all'imperio} cu- 
pidigia che, dal fumo e dalla cenere divampata in fiam- 
me da per tutto minaccevoli, avea già principiato da oc- 
caso ad abbruciare col suo grande e veemente incendio 
le romane frontiere, essendosi ovunque per la terra fer- 
ma da lei raccolto numerosissimo esercito ed Jn molta 
copia apprestate nelle piagge di que' mari triremi, e bi- 
remi da rimorchiare, e navi da carico di per se veleg- 
giaci. Il valoroso giovine, ripeto, vedendo, e conside- 
rando ne' principi del suo impero così gravi ostacoli 
forte agitavasi, non a bastanza certo da qual parte si 
dovesse rivolgere, di là traendolo i Turchi a combatte- 
re, di qua i Normanni. Principalmente poi lo contrista- 
va il meschino e deplorabile stato delle romane truppe 
ridotte a trecento comateni, e questi nè fermi, nè dall'e- 
sperienza ammaestrati. Gli ausiliari inoltre compouevan- 
si di ben pochi barbari spettanti alla classe di coloro, i 
quali sogliono portare pendenti dall'omero destro, a fog- 
gia di scuri, spade a due tagli e fornite di manico. Nè 
P esausto erario potea somministrar pecunia per fare 
leve di milizie, o chiamare gli aiuti de' popoli confede- 
rati, essendosi dai reggitori dell' imperio nel corso di al- 
cuni anni addietro in forza vuoi di comandamenti, vuoi 
di trascurataggine con tale scioperatezza ed imprudenza 
condotti gli affari che la buona fortuna del nome ro- 
mano sembrava toccare gli estremi. E che sì} ricorda- 



i88 ANNA GOMMERÀ 

mi di avere udito dai loro vecchi e da coraggiosissimi 
guerrieri, i quali non avviliscono per poco, essere stala 
cotanta la miseria entro queste mura, vicino all' epoca 
'm cui Alessio pervenne alla monarchia, rintronante allora 
nelle orecchie e negli animi dell' intiera cittadinanza la 
voce e lo spavento delle guerre turca e normanna, quan- 
ta a memoria d' uomini, quanta per lo innanzi non eb- 
bene a patire altra popolazione. 

XXII. Tali imbarazzi distraevano per verità la men- 
te imperiale in varie cure, ma non distoglievano il suo 
animo, generoso e confidente nella pratica e scienza 
guerresca, dalla speranza di riuscir tuttavia, colf aiuto 
divino, a condurre saua e salva la nave della repubbli- 
ca in sicuro porto, risolvendo in ischiume, quali flutti 
urtati contro a scoglio , i nemici che osassero fargli 
opposizione. Pieno di questa speranza e fermo nel pro- 
posito mette mano ali 1 impresa, ed innanzi tutto opina 
di chiamare presso di sè i comandanti delle città e for- 
tezze lungo i confini orientali, onde prestasseroalla repub- 
blica braccio possente col respignere gli assalti de'Tur- 
chi. Scrive dunque tosto a Dabaleno prefetto della pou- 
tica Eraclea e della Paflagonia, a Burtzeu toparca (i) 
della Cappadocia e della Gomatena, ed agli altri in co- 
mando per que' luoghi, significando loro di essere cam- 
pato, per benefìzio della misericordia divina dall'immi- 
nente pericolo delle tramategli insidie, ed asceso V im- 
periai trono. Commette loro inoltre che muniti d' ido- 
neo presidio i luoghi ad essi fidali, lo raggiungano pre- 



(i) Governatore, reagente 



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LIBRO TERZO. 189 

blamente nella capitale col resto della soldatesca e coti 
leve quanto mai possono copiosissime di nuovi soldati. 
Dopo di che volla la mente alle occidentali faccende 
escogitava i mezzi di resistere a Roberto e d 1 impedire 
a tutt'uomo che i duchi ed i conti non proseguissero ad 
unirglisi come aveano cominciato a fare/ E di questo 
pensamento s' avea Monomacato, il quale, come già ri* 
ferivamo, da mio padre, non per anche in possesso del- 
l' imperio, richiesto di pecunia mandavagli sole parole, 
scusandosi coli' avere obbligato sua fede al regnante $ 
era quindi giusto il timore non costui, udita la rinunzia 
di Botaniate , si desse a Roberto. TI perchè sollecito a 
preoccuparlo spedisce suo genero Giorgio Paleologo a 
Dirrachio (città illirica) coli* ordine di tentare ogni via, 
salvo la Violenza, privo del necessario per riuscirvi ar- 
mata mano, a fine d' indurlo a partire. Inculcavagli al- 
tresì di fortificare I' antedetta città contro gli appre- 
stamenti di Roberto, risarcendo le mura e le macchi- 
ne, e fabbricandone di nuove; si guardasse al postutto 
dall' apporre chiovi comunque al legname della merla- 
tura, acciocché \\ presidio potesse agevolmente rove- 
sciarlo, giunta P ora della scalata, sopra i latini assa- 
litori. Scrisse del pari lungamente ai prefetti delle città 
marittime ed agli isolani, esortandoli a non perdersi di 
animo, nè ad annighittire, stessero in cambio cogli oc- 
chi intenti a Roberto per tema non questi, colpa e ver- 
gogna loro espugnate le città ed isole confinanti, pren- 
desse in seguito a trambustare la repubblica e l'impero. 
Così di contro, ma ben anche 'altre mene gli tramò da 
tergo, adoperando , intendomi per via di lettere ad ini- 



iqo ANNA COMNENA 

micargli Germano duca della Longobardia , il romano 
papa , ed Erbio arcivescovo di Capua. A simile con 
generosi doni all'atto, colla promessa di ben maggiori 
nelP avvenire, e colla speranza di onorevoli premj stu- 
diossi renderlo odioso a tutti i principi e ducbi delle gal- 
liche regioni. Nè operò indarno; essendo che parecchi di 
essi allcttali dalle offerte disdissero a Roberto Ior ami- 
cizia, ed altri obbligaronsi , ricevendo più rilevanti lar- 
gizioni, di fare lo stesso. 

XXIII. Ma nella persuasione che vie meglio degli an- 
tedetti avrebbe potuto re Enrico trarre a mal parti- 
lo il rivale si pose con particolar diligenza ad acqui- 
starne la grazia e indurlo a strigner lega seco. Laon- 
de tentatolo una e due volte con blandissime lettere e 
con assai larghe promesse , allorché lo conobbe non 
lontano dall' aderire gli svelò per intiero il suo animo 
in questo terzo foglio speditogli col mezzo di Cherosfatte. 

Ij imperiale nostra maestà fa voti e si congratula 
teco, arcipotentissimo e cristianissimo fratello, che gli 
stati del fermissimo tuo dominio vadano tutto dì pro- 
sperando. Che mai, a fe di Dio, può avervi di più con- 
venevole alla nostra religione , cui è provatissima la 
tua pietà verso il divin culto, delV augurarli ogni be- 
navventuranza, e del rivolgere al comun Signore prie- 
ghi affinchè le cose tue procedano sempre di bene in 
meglio? E di verità la propensione del tuo buon volere a 
nostro riguardo e le determinazioni prese onde trattare 
giusta i suoi meriti quello scellerato e fanatico nemico 
del Nume e de 1 cristiani, chiaro appalesano il grande 
affinamento e la santità dell'animo tuo, e rendon testi- 



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LIBRO TERZO. 191 

- 

monianza in fallibile per se stesse della tua fede e sincera 
affezione air Onnipotente, Ora, per venire a noi, dirot- 
ti che gli affari di questo nostro impero in gran par- 
te fioriscono ed egregiamente procedono, solo alcun che 
traballanti laddove Roberto li conturba. Ma, se dobbia- 
mo por fede in Dio e né* suoi retti giudizj, una pron- 
ta morte andrà a colpire P uomo iniquissimo } poiché 
il Nume non permetterà in conto veruno che la verga 
dé peccatori graviti più a lungo sopra il suo patrimo- 
nio. Ferme poi le nostre convenzioni di mandare dal- 
l' imperiale nostra maestà alla potentissima tua signo- 
ria cenquarantatrè mila nummi e cento porpore, il tut- 
to si è già spedito col mezzo di Costantino protoproe- 
dro e catepano delle dignità (1), secondo il volere del 
tuo fedelissimo e nobilissimo conte Bulcardo. La qual 
somma di pecunia componesi di argento battuto e Ro- 
manalo (2) di antica stampa ; ed appena la tua signo- 
ria avrà dato il giuramento e sarà di ritorno negli 
stali longobardi verrà incaricato Bagelardo, fedelissi- 
mo alla maestà tua , di recarti gli altri promessi du- 
gento sedici mila nummi, e gli stipendj delle venti ac- 
cordate onoranze. Quantunque poi non dubitiche la tua 
nobiltà abbia avuto prima <f ora contezza di quanto 
sia uopo giurare, non di meno ti verrà più chiaramen- 



(1) np*T»*pot$po(, primo presidente, officio della greca chie- 
sa; K*t6 soprastante alle dignità. In generale preposto 
ad ogni maniera di cose. 

(2) Rffjuttiiar»;. E'si pare fosse certo danaro battuto per or- 
dine e coll'imagiuc di Romano Diogene augusto. 



10* ANNA COMNENA 

te esposto dal protoprotdro e catepano Costantino, cui 
furono commessi dalla nostra imperiale maestà tutti 
gli articoli che debbonsi addimandare ed essere da te 
sacramentati. Concio ss iachè alloraquando si passò 
agli accordi infra la maestà mia ed i legati dalla tua 
signoria speditimi, ne furono prodotti alcuni rilevantis- 
simi e necessarissimi, intomo a? quali avendo esposto 
i rappresentanti della nobiltà tua di non avere manda- 
to, la maestà mia prolungò loro il giuramento. Or dun- 
que lo si compia dalla tua nobiltà, come il tuo leale e 
degno Alberto affermò alla maestà mia e come la mae- 
stà nostra addimanda, con un^aggiunta di somma ur- 
genza. Cagione finalmente dell'indugio e della tardanza 
del tuo fedelissimo e nobilissimo conte Bulcardo si fu 
la brama della maestà mia che /ossegli presentato il mio 
carissimo nipote figlio del felicissimo sebastocratore di- 
lettissimo fratello della maestà nostra, onde annunziar- 
ti al suo ritorno la forza e V acume dello spirito , in 
così tenera età, del fanciullo, da che è mio costume di 
fare minor conto dei pregi esterni e spettanti al corpo, 
sebbene egli anche di questi vada abbondantemente for- 
nito, come udirai dal tuo legato, il quale dopo qualche 
dimora nella grande e regale nostra città lo vide e con- 
versò a tutto belV agio seco. E poiché V amabilissimo 
figlio del mio germano io V ho come da me generato , 
avendomi privo il Nume di prole maschile, nulla im- 
pedirà , col volere del Cielo , che V amicizia di già 
tra noi esistente venga nel tratto successivo corroborala 
eziandio la mercè d" una strettissima parentela. E per 
cosiffatto pegno una eterna concordia ci legherà scam- 



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LIBRO TERZO. i 9 3 
bievolmente non solo come cristiani, ma ben anche per 
essere di nuziale affinità congiunti, di questo modo forti" 
ficatosi Vuno colla potenza delValtro, addiverremo am- 
bedue, piacendo al signore Iddio, terribili ai nostri av- 
versar^. Mandiamo alla tua nobiltà in argomento di 
felice augurio i piccoli doni seguenti: Un* aurea croce 
ornata di grosse perle da portarsi ricadente, volendo, 
sopra il petto ; un' aurea teca con entrovi reliquie di 
parecchi santi , i cui nomi sono indicati dallo scrit- 
to apposto ad ognuna di esse; un calice inoltre di pie' 
tra sardonica ed un bicchiere di cristallo; una picco» 
la scure astri/òrme con aureo fermaglio , e balsamo. 
Prolunghi il Nume la tua vita^ dilati i confini del tuo 
dominio, e renda conculcati ed infami tutti coloro che 
ti nimicano. Abbiavi pace e tranquillità presso i tuoi 
sudditi, ed un sereno sole risplenda sopra tutta la terra 
a te soggètta. Sieno i tuoi nemici in obbrobrio, e ti con* 
ceda la celeste potenza del Nume inespugnabile forza 
ed accertata vittoria 9 sì grandemente amando tu il vero 
nome di lui, ed armando il tuo braccio contro de* suoi 
oppositori. 

XXIV. Alessio augusto, dalla regale città date que- 
ste disposizioni per P occaso, e rintracciando con accu- 
ratezza ogni mezzo onde contradiare gli ostili dosamen- 
ti appalesatisi e di già in atto verso la sua persona e la 
repubblica romana, s' apparecchiava al minaccevole e 
sovrastante periglio.Or dunqueal mirare gli empissimi Tur- 
chi di piè fermo all' intorno della Propontide, come ab- 
biamo di sopra accennato, Solima, governatore di tutto 
TOriente e di stanza in Nicea (dov'era il Sultaniccio, che 

Anna Comnena. i3 



i 9 4 ANNA COMNENA 

noi diremmo la reggia), con giornaliere scorribande per 
largo e per lungo mandare a ferro e fuoco tutta la piag- 
gia di prospetto a Tinia e Bitinta, infino allo stesso Bo- 
sporo, nomato ora Damali, e quando con truppe in sella, 
quando con fanti e tranquillissima sfrenatezza met- 
tere ogni luogo a ruba, e pronto non solo a travalicare lo 
stretto colle navi, ma, che più monta, ad assalire la città; 
i Bizantini poi, quantunque aventi il nemico sotto degli 
occhi, proseguire imperterriti lor dimora nelle terricciuole 
site intorno ai lidi, e ne'sagri templi, nessuno cercando 
intimorirlo e cacciarlo, pieni di spavento e costernazio- 
ne eglino slessi per non sapere a qual partito appigliarsi. Il 
Gomneno, ripeto, alla vista di così tremende sciagure e do- 
po essersi lungamente agitato in un mare di variati pen- 
sieri, si determinò in6ne per altro di essi, e tosto volle 
mandarlo ad effetto nel modo a un dipresso che pren- 
do a narrare. Mette sopra navicelle i decurioni colle 
genti da loro comandate, scelte infra Romani e Coma- 
leni descritti ne' ruoli per l'imminente pericolo, ed ar- 
mati parte alla leggiera di solo arco e scudo, e parte di 
lorica, celata ed asta, ordinando ai condottieri di gira- 
re nelle ore notturne intorno a' lidi , ed avvenendo- 
si a qualche stazione di barbari superanti non dì mol- 
to il numero loro, discesi alla coperta farebbonsi ad as- 
salirli , quindi con pronta ritirata irebbe di nuovo 
ognuno al luogo di sua partenza. Avvertivali inoltre di 
eseguire cautamente I' impresa, estimandoli incapaci di 
tanto per sè stessi non essendo ancora esperti della tat- 
tica militare, d' ingiugnere ai nocchieri il dar ne 7 remi col 
minore strepito possibile, e di tener eglino medesimi ben 



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LIBRO TERZO. ig5 
<T occhio i barbari soliti ad ascondersi insidiosamente 
nelle fenditure delle rocce. Ripetuti da costoro per 
alcuni giorni siffatti scorgimenti ed assalti, piede in- 
nanzi piede i Turchi dalla marina riparavano neU 
P interno della regione. L* imperatore avutane contez- 
za orJina a 1 suoi di occupare le lerricciuole e gli 
edifizj non guari prima in mano de 1 barbari ed ora de- 
serti e di pernottarvi, ond'essere pronti coi primi albori, 
quando bisogno di viltuaglia o d'altro metta il nemico fuo- 
ri del campo, ad attaccarlo, e rimasi vincitori, contenti 
del primo riportato vantaggio, (orneranno, sonato di col- 
po a ricolta, nelle proprie stanze, per tema non dando- 
si con qualche risico ad accrescere la conseguita vit- 
toria , un piccolissimo tocco sinistro imbaldanzisca 
gli avversarj soliti ad essere prevalenti. Nè da lungo 
tempo e' aggiravansi in tali pratiche quando i barba- 
ri vie più allontanatisi giunsero a piantare sopra terre- 
no maggiormente sicuro il campo. Alessio allora fé' co- 
mando a 1 suoi militi fin qui pedestri di montare in arcio- 
ne, vibrare Pasta, importunare e molestare con iscaui- 
bievoli scorribande il nemico , non più cimentando- 
si furtivamente nelle ore notturne, ma di pieno giorno 
e provocandolo con arditezza. Ad aumentare poi il co- 
raggio loro pone sotto i decurioni cinquanta individui in 
luogo di dieci, a fine d' incutere maraviglia ne 1 barbari 
al mirare quelli che testé in poco numero, pedoni e col 
favor della notte eran paghi di rubacchiare lievissimi av- 
vantaggi, ora surlo P astro maggiore, e perfin giun- 
to alla metà del suo corso diurno, cercassero ani- 
mosi di venire a battaglia campale. Non altrimenti 



^ 



i 6 6 ANNA COMNENA 

la lurchesca potenza a poco a poro venendo meno, si 
parca che la dignità e libertà del romano impero , 
quasi da semispenta ed appena fumante scintilla tor- 
nate a prendere vita, risplendessero con nuova e mol- 
to più diffusa fiamma. Poiché il Comneno allontanando 
i barbari non solo dal Bosporo e dalla marittima regio- 
ne , ma pur anche dai luoghi di contro alla Bitinia , 
alla Tinia e dalle frontiere di Nicomedia a tale ridus- 
seli che il sultano loro tutto impaurito fu costretto a 
chiedere istantemente la pace. Alessio non vi si rifiutò, 
obbligato a consentirvi dal crescere universalmente la vo- 
ce, fondata sopra infallibili autorità, della venula di Ro- 
berto, il quale, con immenso numero di truppe e con 
impeto veementissimo inoltrando per guerreggiare l'im- 
pero , trovavasi non lontano dai lidi longobardi , e 
di là pronto a movere alla volta de' Romani. Neppure 
un Ercole invero, come suol dirsi, avrebbe da solo in- 
trapreso a combattere due nemici, rinvenuto avendo in 
ispecie il giovane imperatore negli stessi principi del suo 
reggimento la repubblica in compiuta rovina, la quale 
non più , come da lungo tempo , declinava insensibil- 
mente a morte , ma di carriera volgeva al suo ster- 
minio , sembrando quasi agli estremi ed in assoluto 
conquasso per mancanza di truppe e danaro, il lutto 
divoratosi in addietro e prodigalmente consumato senza 
ombra di pubblica utilità. Questa eccessiva e generale 
disfalla sollecitò Alessio, quantunque mal suo grado e 
tosto che rispiuto ebbe i Turchi ben lunge da Damali 
e dalle marittime piagge, di accettare i doni a que' dì esti- 
mati di competenza uelP accogliere i supplichevoli bar* 



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LIBRO TERZO. 197 
bari, e conceder loro ad un tempo la pace sotto le con- 
dizioni seguenti : // fiume Draconte segnerà il termine 
de* possedimenti loro, nè da quinci in poi e' lo valiche- 
ranno con genti in arme, o commetteranno violenze so- 
pra i confini de'' Bitinj; cosi ebbe fine l'orientale guerra. 

XXV. Paleologo non appena giunto in Dirrarliio 
spedi un cornerò ad Aìessio partecipandogli per lette- 
ra che Monomacato alPudire la sua andata erasi di fretta 
rifuggito presso Bodino e Michele, temendo non l'Augu • 
sto spedissegli Giorgio apportatore di qualche grave ga- 
stigo , memore di averlo gravemente offeso. Poiché al- 
lorquando il Comneno % scosso il giogo e aspirando al 
trono di Botaniate, diretto aveagli lettera con inchiesta 
di pecunia, e' rimandò indietro il messo a mani vuote. 
Ma in pena di tale azione PAuguslo unicamente Io ri- 
mosse con decreto dalla prefettura, e saputane la fuga 
accordògli , mediante aurea Bolla , piena sicurezza , e 
quegli ricevutala tornò alla reggia. 

XXVI. Roberto di stanza in Idruri te, dopo avere com- 
messo al figlio Rogerio la cura e tutto il reggimento del- 
l' italica signoria, postosi alla vela afferrò a Brundusio. 
Avuta quivi notizia dell' arrivo di Paleologo a Dirrachio 
ordinò che venissero con prontezza costruite sopra i 
maggiori vascelli torri di legno ed accuratamente circon- 
date e coperte di bovine pelli \ indi fatto tradurre sulle 
navi con diligenza somma ogni articolo necessario alla 
espugnazione di fortificate mura, comandato ai catafrat- 
ti in sella di ascendere co' loro destrieri i veloci legni 
appellati dromoni, e di fretta apprestalo e provveduto il 
bisognevole ed utile ad imprendere una guerra, sollecita* 



108 ANNA COMNENA 

va a tutt'uomo il tragitto (i). Avea stabilito inoltre colle 
terrestri e marittime truppe e con macchine <T inve- 
stire da ogni parte Dirrachio, persuaso di atterrirne la 
gnernigione al primo assalto e ritraila da ogni proposi- 
to di resistenza; che s'ella proseguisse pertinace a non 
cedere verrebbe certamente oppressa dal numero de'suoi 
militi e soggiogata da forze di gran lunga maggiori. Vul- 
galosi dalla fama il suo divisamelo gravissima fu la co- 
sternazione, al solo udirne, così degli isolani, come de- 
gli abitatori presso il marino lido. Compinti finalmente 
nella debita guisa tutti i necessari preparativi , co- 
manda , venuta V opportunità di salpare , che si alzino 
le ancore, e traendo in mare colmarle ed opera de'noc- 
chieri , disposte in elegante ordinanza non dissimile 
a bellico schieramento, mirabile spettacolo da lunge! 
le triremi , le uniremi ed i dromoni tosto corse , con 
prospero vento navigando, la piaggia di contro ad Au- 
lone e di là costeggiò infino a Butroto, dove unitosi al 
figlio Bai m undo, il quale, precedutolo nel tragitto, espu- 
gnato avea col primo assalimento Aulone, forma di tutti 
i suoi guerrieri due corpi, I' uno de' quali condorrebbe 
egli stesso coli' armata di mare a Dirrachio , e l'altro, 
datone il comando al figlio, procederebbe similmente a 
quelle mura con marcia terrestre. 

XXVII. Il navilio cou tale intendimento oltrepassa- 
ta la piaggia di Corcira, nella giravolta verso Dirrachio 



(i) Dromoni, specie di nave lunga e di velocissimo corso. 
Il suo nome dema dal greco verbo Jf*f*»$ curro. 



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LIBRO TERZO. 199 
hlP intorno del promontorio detto Glossa (t), venne sor- 
preso da repentina orribile procella. Impetuosi venti 
con grande e veemente pioggia di neve sconvolgevano 
(in da suoi abissi il mare , fuormisura e con immen- 
so fragore elevandone i flutti. Rompevansi qua e là nelle 
mani de* remiganti i remi, le vele e le antenne di colpo 
fatte in pezzi cadeano sul tavolato, vascelli ed uomini 
eran II per sommergere. Questo frangente accadde in- 
tempestivo , P anno essendo nella state, ed il sole, di già 
trascorso in gran parte il Cancro, avacciavast al Leone, 
il qual tempo diconlo principio della Canicola. Duci e 
soldati esposti a tanti e tali nemici di nuovo conio n'eb- 
bero grave perturbamento vedendosi nè pari di forze , 
nè preparati alla difesa. Il perchè nella profondissima 
universale costernazione e mancanza di consiglio udivasi 
un confuso mormorio di mescolate voci, le une di pian- 
to , le altre di lamentele , e terze venivan quelle invo- 
canti Iddio salvatore, pregandolo che almeno si accordas- 
se loro di mirare la terra. Ma esse tutte erano dal sor- 
do mare ingoiate, per nulla rallentando la bufferà, onde 
chiaro apparisse lo sdegno del Nume contro i superbi 
ed eccessivi attentati di Roberto, colP attuale incontro 
di sinistro augurio nelle prime mosse avvertendolo il 
Cielo di non dovere attendere che perniciose conseguen- 
ze da una spedizione colpita nel suo principio da nau- 
fragio. Parte delle navi adunque co 1 loro naviganti era- 
no assorbite dal mare, e parte infralite urtando nelle 
secche e nelle costiere. Di più le grandi pelli bovine scr- 



(1) Lingua. 



aoo ANNA COMNENA 

vile a covertare le torri di legno coli' ammollirsi per 
la dirotta pioggia formato avendo larghi seni e svel- 
to i chiovi che in acconci luoghi teneanle raccomanda- 
te all' edilìzio, col ricevere il vento nelle vaste lor pie- 
gature c colP aumentato peso traevano agevolmente in 
rovina le torri $ e queste smisurate macchine sfracella- 
vansi elleno stesse in cadendo, e colla propria mole e 
coli* impeto della caduta sprofondavano le già oppresse 
navi. Alla per fiue si riuscì a stento e con molla fatica 
a salvare, quantunque assai malconcia, la pretoria, ove 
dimorava egli il duce Roberto, e così pure miracolosa- 
mente fu il caso di parecchie altre da carico. Lugubre 
spettacolo era poi su pe' lidi V immensa strage de' ca- 
daveri gettati fuori dalle onde, e le cinture e le borse, 
e gli arnesi comunque delle genti in mare, sparsi qua e 
là a catafascio per le arene \ non la pietà de' superstiti, 
non la premura desiatasi in essi del sotterramento po- 
tea bastare alle morti. Poiché oltre V insopportabile fe- 
tore, la quantità de'cadaveri chiedenti sepolcro eccedeva 
di molto ogni diligenza e potere de 1 seppellitori. Di più. 
stala essendo I 1 annona o guasta , o dalle onde ingoiata 
i campati dalla procella vedevansi costretti a perire di 
fame , se le campagne , propizia correndo la stagione , 
coperte ovunque di bionde e pronte messi, e gli orti ed 
i giardini pieni in generale pur eglino di maturi frulli 
non avessero opportunamente supplito la diffalta del- 
l' annona. 

XXVIII. Chiunque non privo al tutto di senno avreb- 
be senza dubbio compreso I' opera del Nume in quel- 
r avvenimento, e profittando dell 1 avviso, ritratto sareb» 



LIBRO TERZO aoi 
besi da un tentativo così temerario e in odio al Cielo. 
Ma Roberto non era di questa tempra, uomo di gigante- 
sco ardire e pertinace nelP imprendere anche sotto il 
fulmineo colpo. A nei mi do a credere che nello stesso 
punto di estremo pericolo i suoi voti mirassero unica- 
mente alla conservatone della propria esistenza infino 
al punto di vedere il nemico per compiervi le divisate bat- 
taglie} il malvagio disegno iutendomi dal cui solo pen^ 
samento eragli derivata cosi tremenda sciagura. Fermo 
adunque ognor più nel suo proposito di espugnazione 
raccolse tutti coloro che la divina onnipotenza sottratti 
avea dal naufragio, e con essi nel settimo giorno ripo- 
sò in Glabinitsa per ristorare sè stesso e la comitiva dai 
sofferti marittimi travagli, e per dare agio alle truppe la- 
sciate in Brundusio, a quelle che in varj luoghi raccol- 
te verrebbongli tradotte dal navilio, ed alle altre cui, da 
Butroto salpando, prescritto avea di procedere con mar- 
ce terrestri verso Dirrachio, ed erano i catafratti, i fanti 
vestiti di lorica, e gli armati alla leggiera dell' intero e- 
sercito, di colà raggiungerlo. Arrivato questo rinforzo 
più non indugiossi a portare le armi, da mare e da terra 
di concordia, contro P Illiria. Seguiva in allora Peserci- 
1o un Lntino di nome, il quale partecipandomi le ante- 
dette notizie dichiaravasi legato del vescovo di Bari pres- 
so Roberto, e nella qualità sua, aggiungevano , era- 
gli stato sempre al fianco durante il tempo che il duce 
campeggiato avea nella pianura , e quindi eretto le 
trincee sul tenere e fra le macerie del vecchio Epi- 
danno, -disponendo ordinatamente le sue legioni in mez- 
zo alle vestigia e diroccate muta dirli 1 altre volte città. 



aoa ANNA COMNENA LIBRO TERZO. 

Ove chi un dì a' ebbe il trono, Pirro l'Epirota , dichia- 
ratosi favoreggiatore de 9 Tarentini e fatta ostinatissima 
giornata nell'Apulia co' Romani, soggiacque a grande 
strage de' suoi, rimanendovi ad una spento l'intero po- 
polo d' Epidanno, il perchè la città si ridusse in perfet- 
ta desolazione e rovina. Gol trascorrere degli anni tut- 
tavia (come narrano i Greci e rendonne testimonianza 
i monumenti a vetusti caratteri scolpiti in essa) fu ristau- 
rata da AmBone e Zeto nella presente forma , e cam- 
biando colle sue triste vicende anche il nome venne Dir- 
rachio appellata. Ma basti intorno alle origini di lei, e 
sia pur qui meta al terzo libro, serbandoci a continua- 
re la serie delle cominciate geste in quello seguente. 



ANNA COMNENA PORFIROGENITA 

CESAREA 



ALESSIADE 
LIBRO QUARTO 

ARGOMENTO. 

Roberto combatte Dirrachio, e vince nella 
pugna Alessio Augusto. 



SOMMARIO. 



O BERTO assale Dirrachio da tara e da 

> 

mare con immense truppe. - Timore del presidio ivi 
entro. - Intrepido coraggio, esperienza e perizia nel- 
V arte militare di Giorgio Paleologo, il quale, dispo- 
sto t occorrente per la difesa, fa noto alt imperatore 
il pericolo della città. - Roberto bramoso anzi d' im- 
perio che di bottino ; macelline e torri di legno da 
lui apprestate. - Sua risposta, interrogato del motivo 



ao4 S0Y1MARI0. 
che lo incitasse a combattere DirracJùo. _ Mostra 
agli assediati Michele, che viene da essi beffalo. - 
Gloriosa sortita de* Greci contro a Latini. - Opinion 
iti diverse intorno al monaco Rettore. - Angustie di 
Jlessio udendo F alto numero de nemici; chiama in 
suo aiuto i Turchi, e con doni e promesse anima i 
Veneti ad accorrere in suo aiuto. - Questi con for- 
te armata di mare gettano le ancore presso Dirra- 
chio nel luogo nomato Pallia ; ne a prima giunta o- 
sano misurarsi col navilio di Roberto, il quale spedi- 
sce loro Baimundo coli ordine che venga salutato im- 
peratore Michele. - Indugio da essi posto nett ese- 
guire il comando, e pertinace rifiuto dopo un miglio- 
re apparecchio. - Baimundo mal comportando lo 
scherno prende con suo danno a combatterli, messa 
in quella fazione a repentaglio la vita, essendo la nave 
di lui pertugiata e malconcia dai flutti. - I Veneti 
similmente contendono a Roberto il dar battaglia ter- 
restre, facendo in pan tempo Giorgio una sortita, e 
quindi retrocedono guiderdonati e ringraziati da Ales- 
sio. - Ruberto prosegue durante il verno V assedio. - 
Ritorno de* Veneti ad un ora e della flotta roma- 
na. - Fuga del nemico. - Roberto cacciato dal mare 
abbandona eziandio V occupato suolo, negatogli il tri- 
buto dagli Epiroti sapendolo rimosso da quelle a- 
cque. - Nuova flotta da lui apprestata. - La dìffalta 
d annona sconforta V esercito di Roberto e più an- 



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SOMMARIO. ao» 

cora la peste, mietendogli nello spazio di tre mesi 
dieci mila combattenti. - 1 cavalieri di Roberto afflit- 
ti da morbo gravissimo j questo e la fame danno mor- 
te a cinquecento conti e duchi del valoroso condot- 
tiero. - Artifizio trovato da Roberto per mettere di 
nuovo in mare le navi rimorchiate nel fiume addive- 
nuto quindi privo adacqua. - Alessio scrive a Paleo - 
logo di radunare truppe ed accorrere prontamente in 
suo aiuto. - Marcia egli stesso contro Roberto, fi- 
dando la città di Costantinopoli al fratello Isaacio, 
onde impedire le sedizioni. - Sua partenza. - Trup- 
pe e duci da lui comandati. - Violento assalto di Ro- 
berto contro Dirrachio. - Valore di Paleologo e 
sue ferite. - Alessio fa alto in Tessalonica. - 
Munitissimo e ben provveduto campo di i?o- 
berto a un tiro d* arco dalle mura di Dirrachio. - 
Stratagemma di Paleologo per rendere imitile ed in- 
cendiare la nemica torre di legno. ~ L imperatore di 
contro a Roberto. - Paleologo, suo malgrado e reni- 
tente, riceve ordine di trasferirsi al campo romano. - 
Giuntovi dissuade co' più veccia condottici i dell eser- 
cito il venire alle armi, appalesandosi i giovani di con- 
trario sentimento. - Roberto indarno offre pace ad 
Alessio ; permette ai duchi e conti seco di eleggere 
altro condottiero dichiarandosi pronto a farne i co- 
mandi. - V noie che s 3 incendino le bagaglie, e som- 
mergansi nel mare le navi onde togliere ogni sperati- 



*o6 SOMMARIO. 

za di fuga. - Passata quindi in pregliiere la notte 

precedente la battaglia e partecipati i sagri misteri 
aitela l'esercito. - Poste a simile dal Comneno le 
truppe in ordinanza si dà principio alla pugna. - 
Gaita consorte di Roberto distoglie i militi dalla fu- 
ga. - Tutti i barbari ausiliarj delt imperatore cadon 
vittime delle armi nemiche. - Strage degli Alessia- 
ni. - L Augusto, date nel combattimento luminosepruo- 
ve di valore, è costretto a fuggir solo, ed il cavallo con 
incredibile salto lo sottrae mirabilmente dalli per- 
secutori. - Dolore e risentimento di Robeìto contro 
de suoi per non avergli condotto prigioniero Ales- 
sio. - Questi non attristatosi, avvegnaché piagato e 
fuggiasco, ripara in Acride, ove tutto si dedica a cer- 
car mezzo di salvare Dirrachio. 



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ANNA COMNENA LIBRO QUARTO. 



ALESSIADE QUARTA 



1. .Roberto cominciò ad occupare l'Epiro, ac- 
campatovisi nel decimo quarlo giorno del mese di giugno 
e correndo la quarta indizione, con sovrabbondante nu- 
mero di fanti e cavalieri, tutti maestrevolmente esercì* 
tati nella disciplina dell' arte bellica, e di terribilissimo 
aspetto} essendo che dopo il naufragio i militi da ogni 
banda raccolti raggiunto aveano lo stesso campo. Dal 
mare inoltre sopra navi senza numero di qual tu vuoi 
genere e forma, e 6date ali 9 opera diligentissima d' in- 
numerevoli nocchieri veniva condotto altro esercito di 
elettissimi giovani esperti della milizia navale. Di modo 
che il presidio esistente in Dirrachio alla spaventevole 
apparenza di tante navi e macchine e della inGnita 
quantità de' guerrieri, vedendosi in procinto di essere 
da per tutto all' intorno assalito da cotanto grandi e 
potenti forze non poco s' attristava. Ma non così Gior- 
gio Paleologo valorosissimo capitano, ed assuefallo ne'tem- 
pi andati ai guerreschi travagli e pericoli, avendo nella sua 
lunga militare carriera in Oriente spessissitne volte im- 
pugnato le armi , e riportato V onore di molte palme. 
Questi pertanto certo del suo valore tutto davasi ad affor- 
zare la città, e memore di quanto eragli stato commesso in 
proposito dall' imperatore, lungo tutto il muro inalzava 
ripari non da chiovi fermati, ma tali che sospinti an- 



ao8 ANNA COMNENA 

classerò a cadere sopra gli ascensori} tlisponea parimen- 
te intorno alle mura ed a qualche intervallo tra loro 
baliste ed altre macchine da lanciar sassi. Di più al mi- 
rare taluno de 1 suoi o preso da timore e poltroneggiar*- 
te animavalo con generose parole , infondendo parte 
della sua più che abbondante fortezza ne 1 petti de 1 co- 
dardi, senza trascurare intanto cautela e diligenza co- 
munque portate dalla circostanza. Imperciocché avendo 
circondato il muro di sentinelle visitavate frequentemen- 
te notte e giorno egli stesso , e raccomandava loro di 
tenersi vigilanti e pronti alla difesa. Inviò eziandio let- 
tera ad Alessio annunziandogli la ostile comparsa di Ro- 
berto, i costui divisamenti e la deliberata espugnazione 
ad ogni costo di quella città. Ed, in mia fe, e soldati e 
comandante loro tutti ad un modo comprendevano quan- 
to sarebbe per avvenire da quelle si terribili ed effica- 
ci moli di macchine, principalmente dalla immensa torre 
di legno più alta delle stesse Dirrachiane mura, ed aven- 
te al di sopra baliste ed artifizi da lanciare sassi. Lo con- 
getturavano pure dal vedere accuratamente da per tutto 
chiusa la città con vallo, e l'affluenza continua da ogni 
parte di truppe ausiliarie per istringerla ed appressarvì- 
si di giorno in giorno vie maggiormente; in One dall' a- 
vere il nemico guasto, passando , le città ed i borghi 
siti ali 1 intorno, e dalP accurato trasporto di quanto uo- 
p' era e polca cadere in acconcio per la costruzione 
degli alloggiamenti castrensi e delle militari baracche , 
come suol praticarsi negli assedj, e dall' essersi già con 
questo materiale inalzate molte casipole, ed altre andar- 
sene colidianamente erigendo. Da tali argomenti, ripe- 

• 



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LIBRO QUARTO. 909 

to, avean tutti compreso che la- cupidigia di Roberto 
non mirasse, giusta il divulgatosi, in conto alcuno alla 
sola preda, e quindi posta a saccomanno e rovinata la 
regione, caricato di spoglie V esercito, soddisfatto il ca- 
priccio e traricco di bottino e 1 ricalcherebbe la via del*, 
r Italia^ ma scopo di quella impresa doversi ritenere la 
conquista dell' impero, ed in conseguenza aver egli sta- 
bilito di occuparne, non badando a spese e conati, la chia- 
ve, quasi direi, e V antemurale, Dirrachìo, ed a compi- 
mento de' suoi disegni procedere di là, piede innanzi 
piede, all'usurpazione del resto. Se non che Paleologo., 
volendo piena eonfermagione dalle stesse parole di Ro- 
berto delle fatte congbietture, comandò a' suoi militi di 
chiedere dall'alto delle mura ai nemici ed al duce loro 
medesimo la cagione ond' e' venissero a combatterli? 
ed ecco la risposta avutane per ordine di Roberto: es- 
sersi da lui impugnate le armi all' oggetto di tornare 
nella primiera dignità il suo affine Michele, balzato giù 
tlal trono imperiale, e di prendere vendetta delle ingiu- 
rie e de'mali trattamenti cui egli soggiacque. Di rimbecco 
i Dirrachiani risposero: aver eglino veduto Michele 
Duca, il perchè loro mostratolo di tratto riconosciuto e 
venerato lo avrebbero, e senza punto indugiare cede- 
rebbongli la città. Roberto, uditone, ordina di chiama- 
re il falso Michele, ed abbigliatolo con vesti regali di 
mostrarlo in magnifica pompa ed al suono di musichi 
strumenti ai Dirrachiani. Tanto fu eseguito, e la guer- 
uigioue vedendolo proruppe in ischiamazzì, fischj e die- 
de» a beffarlo con mille improperi, aggiugnendo pre- 
sentarsi loro uno scioperone plagiario, non Michele per 
Anna Commena. i4 



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aio ANNA COMMENA • 

lo addietro imperatore , eh' e' benissimo conoscevano. 
Ma Roberto nulla curante l'avvenuto eia lutto ue[ pro- 
seguire l' impresa, affrettando con ogni sua possa il ter- 
mine di quella espugnazione. A breve intervallo poi dal 
prefato colloquio alcuni militi usciti armata mano della 
città azzuffarousi co' Latini, e danneggiatili retrocedet- 
tero entro le mura. 

II. Ora sebbene l'esposto da noi intorno al mo- 
strato e schernito monaco sotto la mentita persona, 
di Michele sia in realtà così avvenuto, non di meno per 
tutto Dirrachio e pe' luoghi all' intorno del romano im- 
pero circolavano discrepanti opinioni sul conto di esso, 
le quali dividevano in isvariati pareri il mobile volgo. 
Eranvi parecchi fermi nell' asserire, come di fatto loro 
noto, essere colui il mescitore di Michele} altri dichia- 
ravamo con ostinata persuasione il vero Michele augu- 
sto, dalle cui sciagure commosso Roberto a difesa del di- 
ritto e dei legami di parentela, impugnato avea le armi. 1 
più tuttavia sostenevano volersi, a non dubitarne, ascri- 
vere tutto quel maneggio a finzione ed astuzia del ma- 
lizioso Roberto per ammantare di onesto titolo una 
ingiusta guerra; nè avervi punto verisimiglianza che Mi- 
chele Duca siasi colla fuga riparato presso costui; do- 
versi quindi ritenere unico motivo di quella impresa l'a- 
varizia dello stesso Roberto, la quale aescata dai primi 
felici successi animavalo al rapimento d'una finora in- 
tatta preda. Nè è da maravigliare eh' egli , dall' e- 
stremo disagio di bassissima fortuna , spinto da natu- 
rale inquietudine e soccorso da non mono ardita che 
prospera industria, diretta cou siogolare prudenza , sa- 



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LIBRO QUARTO. air 

puto abbia innalzarsi all' apice d' un regno, occupando < 
in prima tulle le città e tutto il suolo longobardico e 
poscia Papuliese, come scrivevamo. Ora poi, di confor- 
mità a quanto cotidianamente avviene, gustato il solle- 
tico del rapinare più noti valga a mettere freno alla 
cupidigia, e posti gli occhi sulle piagge dell'Illirico eie 
circostanti città imprenda altro cimento contraesse, on- 
de appagare la sua rapace passione ; deliberato, ove pur 
di presente abbia seco propizia fortuna , d' inoltrare 
sempre più colle distruggitrici armi in luogo comunque 
gli si parerà imianzi , giusta la consuetudine e natu- 
ra dell'avarizia, paragonabile meritamente alla gangrena. 
Imperciocché siccome tal morbo impossessatosi uua 
volta di qualche membro passa di volo ad assalire gli 
altri tutti, nè si rista che giunto a corrompere V intero 
corpo ; così quel contagio dell' animo se vengagli fatto 
di corrodere un che ovunque tu vuoi, prosegue eoo in* 
cessaute impeto ad afferrare ed ingojare il resto, quan- 
do non oppongaglisi forza maggiore , nè si ritrae dal 
suo rosecchiare che vedutane la flne. 

IH. Pervenuto all'imperatore il foglio di Paleologo 
anunzianlegli il tragetto di Roberto, nel mese di giugno, 
il naufragio, delusa manifestazione del celeste sdegno , 
I* aver egli occupato in passando Àulone , il concorso 
delle truppe, che da ogni parte a foggia di vernili nevi 
fioccavano ad accrescere il nemico esercito, ed in fine 
il rinvenirsi taluui perseveranti nel credere che il Michele 
un tempo augusto iu realtà dimori presso Roberto ed 
abbia sapulo indurlo a prendere le sue parli; Alessio, 
ripeto, informalo delle auledette viceude cadde iu olire* 



aia ANNA COMNENA 

modo serj pensieri, ravvolgendo e ben bene rimestando 
usila sua mente il gravissimo pericolo sovrastante alla 
repubblica. E poiché di leggieri ebbe osservato che le 
sue pronte truppe e quante sperava di raccoglierne ag- 
guagliato non avrebbero neppure una parte delle nume- 
rosissime guerreggianti sotto i vessilli di Roberto, statuì 
chiamare io suo aiuto gli orientali Turchi, intavolando* 
ne il trattato col sultano per via di messi. Addimandò 
eziandio il soccorso de' Veneti (i) (derivato loro il nome 
dal colore delle vesti indossate per notoria costumanza 
ne 9 giuochi circensi, onde poterli distinguere dalle altre 
fazioni) eccitandoli con doni e promesse a mettere in 
mare tutto il navilio di che erano possessori, ed avviar- 
si a proteggere Dirrachio contro le forze marittime di 
Roberto, assicurandoli che verrebbe conferito loro, qua- 
lunque fosse l'evento delle armi, il pattuito guiderdone; 
iL perchè o vincitori, colla grazia divina, o soccomben- 
ti, giusta la sorte delle umane vicende egli atterrebbe 



(i) Datasi tal nome ad una delle quattro fazioni costan- 
tinopolitane, ed erano la veneta e la prasina (dette eziandio 
veneta costantinopolitana, prasina costantinopolitana), la vene- 
ta peratica e la prasina peratica. Le due prime dimoravano 
nella imperiale città, e le altre due in Galala, ora Pera, ed 
in Asia di là dalla Propontide e dall' Eltesponpon lo di rin- 
contro a Costantinopoli, in Casedone e Crisopoli ora Scutari. 
Assise di variato colore le distinguevano, l'azzurro e turchino 
appartenendo alla veneta, il verde alla prasina, il bianco ed 
il rosso alle altre due. Il capo loro supremo appellatasi de- 
[ uiocrate, e demarco il secondo nel comando. 



uigitizeo Dy 



LIBRO QUARTO. ai3 
scrupolosamente le fatte promesse. Di più venen- 
dogli da essi appalesali altri desiderj, purché non pre- 
giwliccvoli alla repubblica, di buon grado piegherebbe 
a secondarli, ed anche delle sue concessioni avvalore- 
rebbe P eterna durata con aurea Bolla. 

IV. I Veneti, estimando non meritevoli di rifiuto le 
imperiati offerte, inviarono legati ad esporre le proprie 
inchieste, ed all'annunzio che queste conseguito aveano per 
intiero la sovrana approvazione mossero incontanente 
verso Dirrachio traendovi una flotta non meno terribi- 
le pel numero delle navi d' ogni specie che per fa mi- 
litare disciplina di quanti eranvi sopra. Corso gran trat- 
to di mare eccoli apportare ad un luogo nomato Pallia, 
ove innalzavasi un tempio dedicalo alla purissima e sem- 
pre immacolata Madre di Dio, lunge dal munito campo 
di Roberto e dalla città cui tendevano quasi diciotlo 
sladj. Osservato di là il nemico navilio in ordinanza 
contro quelle mura, ed avente a dovizia macchine ed 
armi d'ogni maniera, acconce tanto alla offesa quanto 
alla difesa, non osarono , provocandolo , cimentarsi ad 
una battaglia. Roberto, uditane la venuta, spedisce loro 
Baimondo seguito dall' armata di mare colP ordine di 
far riconoscere Michele augusto e sè stesso, dando in 
segno di riverenza fiato alle consuete acclamazioni. I 
Veneti differiscono alla dimane P adempimento del co- 
mando, e nella notte, poiché cessato il vento non po- 
teano accostarsi alla piaggia, disposte in lunga serie tutte 
le navi maggiori e legatele insieme con funi, eseguisco- 
no il cosiddetto marittimo porto mediante un curvo 
schieramento protetto in ogni sua parte dai prelati va- 



ai4 ANNA COMNENA 

scelli. Ergono di poi lignee torri in luogo di vele, ed 
inalzanvi sopra ordinatamente a furia di corde tulli i 
paliscalmi , distribuendo in ciascheduno di essi un nu- 
mero di militi, e copiosissimi dardi foggiati come pren- 
diamo a dire. Segarono assai grossi tronchi d'albero in 
pezzi noo più lunghi d' un .cubito, e ad aumentarne la 
durezza ed il peso, di conseguenza la efficacia ncll' of- 
fendere, vi conficcarono da per tutto grandi e acuti 
chiovi: dopo di cbe si rimangon tranquilli in attesa della 
flotta nemica. 

Y. Baimundo, aggiornatosi, fu pronto a rinnovare 
T inchiesta dell' acclamazione il dì innanzi promessagli, 
, ma non riportandone di presenza che grandi villanie, in- 
tollerante dell' offesa, con impeto gagliardissimo avven- 
tasi, traendo Seco tulli gli altri legni, contro il costoro 
navilio, e tosto dà principio alla battaglia , essendosi 
l'innato suo furore per le sofferte ingiurie grande- 
mente esacerbato. Nel mentre adunque sospinge a 
tuli' uomo con soverchia fidanza la nave pretòria con- 
tro il fermo navilio de' Veneti , questi lancialo dal- 
l' alto uno dei mentovati dardi la forano , e dall' a- 
pertura penetratavi tosto l'acqua se ne fa imminente 
)a sommersione. Tutti allora di fretta, sollecito ognuno 
della propria salute, precipitarono lor foga, incontrandovi 
nondi menola sciagura stessa che, allontanandosi, credea- 
no evitare ; poiché la tema di affondare colla nave feceli 
sommergere nel mare , non allrimeuti rimanendo col- 
piti da morte quanti nella battaglia furono salvi dalle 
armi de' Veneti. Baimundo trovatosi in malissimo punto 
riparò sopr'altro vascello, e diede pur egli di volta. Sot- 



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LIBRÒ QtTARTO. *i5 

tratlosi Pammiraglio di questo modo, i Veneti con mag- 
gior coraggio assalgono gli altri di già per l'avvenuto in 
grave costernazione, e tulli fugatili tengon loro dietro 
infìno al padiglione di Roberto. Quivi calati d'improvvi- 
so a terra sfidano a battaglia il pedestre esercito nemico. 
Paleologo allora, osservatili dalle vedette della roc- 
ea, fece pur egli una imprevista sortita, combinando la 
sua impresa con quella de' Veneti, e combattuto valo- 
rosamente , pose in grave pericolo V accampamento 
stesso del condottiero , sì grande fa lo scompiglio e il 
darla a gambe delle genti di lui, nè pochi ebbon mor- 
te di spada pe' campi. Terminala la battaglia i vincitori 
tradussero larga copia di bollino sulle proprie navi , 
e Paleologo retrocedette nella rocca. 1 Veneti soggior- 
nato colà parecchi dì spedirono messi all' imperatore 
annunziandogli V avvenuto , e dopo una graziosissima 
accoglienza, come era il caso, vennero accommiatati con 
sovrabbodanza di largizioni e con rilevante somma di 
pecunia, da partirsi infra il capo ed i principali di quella 
repubblica a lui soggetti. 

VI. Roberto d' animo intrepido, d'invitta costanza 
e munito contro tutti i sinistri debellici eventi statuì 
di non deporre le armi che uscendone vincitore , e di 
sottostare, pertinace nel suo proponimento , a tutte le 
molestie del cielo e delle procelle , non meno che alle 
terrestri e marittime scorribande, intente ad impedirgli 
il trasporto della viltuaglia, E di vero egli non potea 
nelle fortune di mare condurre in salvo le proprie navi, 
essendo queste tutt 1 all' intorno rinchiuse da nemici, i 
*}uali contemporaneamente impedivangli il transito di 



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a ,6 ANNA COMNENA 

quello italiche provenienti da suoi dominj onde recare 
annona alle truppe. Le guarnigioni a simile delle com- 
binale flotte, romana e veneta, poste alPintoroo di tutti 
i porti, colP attentissima loro vigilanza rendulo aveano 
anche vie meno valicabile il mare pe'bisogni di lui. Fat- 
tosi quindi più tranquillo il firmamento e surta la calma 
nelle acque, i Veneti non paghi di tenere i Latini as- 
sediati, valendosi de 1 remi e delle vele, tornano a com- 
batterli, ed essendosi loro unito Maurice colla romana 
flotta., dopo ostinatissima battaglia coslriogonli a vol- 
tare le spalle. Roberto allora deliberò di tirare le na- 
vi io secco, lasciando ai nemici libero il possesso delle 
acque. Ciò fatto gli isolani, i terrieri presso la piaggia 
dell'Epiro e le altre vicine genti da prima suoi tri- 
butari , animati dall' infelice esito della pugna, si rifiu- 
tarono di pagargli le consuete gravezze. Tanto bastò 
ood' egli prontamente comprendesse il bisogno del ma- 
ri turno impero, o almeno il poterne con libertà usare 
non solo per tenersi in buona riputazione, ma ben an- 
che per condurre a prospero fine le sue imprese. Deli- 
berò pertanto di riunovare la guerra così per terra co- 
me per mare, indugiando tuttavia a far vela, poiché i 
gagliardi venti a que' dì padroni delle acque ivano ram- 
mentandogli il sofferto naufragio, e mettevanloin timore 
d'altro consimile sinistro} quindi s'intrattenne due]mesi 
nel porlo della città di Gerico, preparandosi con gran- 
dissima cura e diligenza a nuovi cimenti, come ho det- 
to, per darvi a un'otta principio da terra e da mare. 

VII. Fi a questo mezzo le flotte, romanae veneta, prò- 
seguivano a custodire attentissimamente i valichi ini pe 



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LIBRO QUANTO ai 7 

dendone il passo ai legni nemici, i quali appena calma- 
tosi il firmamento e scomparsi i perigli della navigazione 
facean tutto il possibile per indirizzarsi dall'Italia verso 
le genti loro, ma indarno a cagione dei nostri che asse- 
diavanne i lidi. Neppure da terra le provvigioni di fru- 
mento e degli altri bisogni della vita avean piano il sen- 
tiero per giugncrvi, poiché l'esercito accampato presso 
il fiume Gluchen (i) era tenuto di vista dalla dirra- 
chiese guernigione, soprastante quasi alle cervici loro , 
e molestando colle sue continue sortite quanti ardivano 
. uscire del vallo a raccogliere grano ed altra vittuaglra. 
Il perchè s' aggiunse la fame a tormentarli e poscia 
dalle aumentate malattie, colpa la varietà del clima , sur- 
se una terribilissima pestilenza, la quale in meno di due 
mesi portò il numero degli estinti forse a diecimila. Ora 
siccome parve che il morbo pigliato avesse in ispecie ad 
infierire con maggior violenza contro la cavalleria di Ro- 
berto , così disformò in lamentevol guisa la più eletta 
parte delle sue truppe, se pur non giunse a distruggerla 
interamente. E che ciò si fosse n'è pruova il sapere 
spenti di moria ovver d' inedia , infra conti e ma- 
gnati di questo corpo, da cinque cento iodividui ; tutti 
personaggi chiarissimi per natali e valore , né Tessersi 
potuto in causa della moltitudine stabilire il numero 
degli inferiori di grado per discendenza, che giunta- 
ronvi similmente la vita. Essendosi poi, giusta il detto, 
rimorchiale le navi nel Gluchen si trovò questo al 



(0 Dolce. 



Qi8 ANNA COMKENA 

momento di ritrarnele così povero di acque, da poterlo 
senza esagerazione comparare anzi allo squallido letto 
di arido torrente che ad alveo di perenne fiume, non 
racchiudendone tampoco la quantità solita a correre in 
molti de 1 primi. Circostanza da senno importuna ai di- 
visamenti di Roberto, il quale s'apprestava a ricondurre 
- in mare il suo navilio, nè poteane venire a capo, impaccia- 
to dal guado, seguendo la corrente dell'acqua. La ma- 
ravigliosa industria tuttavia ed il fecondissimo ingegno 
di lui nell'escogitare artificii rinvennero mezzo disope- 
rare tanta difficolta operando come passiamo a dire: 
Nella più declive e bassa parte dell'asciutto alveo co- 
mandò che si conficcassero di qua e di là dal sabbione 
ed in lunga continua serie molti paticciuoli, gli uni di con- 
tro agli altri , e si legassero strettamente insieme da 
ambo i lati con grosso inviluppo di vimini; formato così 
un vallo, fecelo rafforzare all' esterno verso le ripe ed 
in tutta la sua lunghezza con grossissimi alberi, espres- 
samente dal suolo divelti, e sopra di essi accumulando 
intridendo e ricalcando sodamente copia d'arena ad ot- 
turarne i fori. Ordinò da ultimo che entro all' angusto 
e ritto canale si derivassero colla man d'opera i goc- 
cioli tutti del quasi arido fiume e le vene di acqua spar- 
se ed a vanvera discorrenti pel vastissimo alveo. Mercè 
di che ben presto il fluido elemento ragunatovisi a poco 
a poco crebbe infino ai margini, ed in tanta copia da 
sollevare gli arrenali vascelli e sospingerli a dirittura nel 
mare. 

Vili. All'annunzio de'passati avvenimenti l'impera- 
tore scrisse a Pacuriano esponendogli l'ostile entrata di 



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LIBRO QUARTO. ai^ 

Roberto ne'suoi stali e con sì forte ed ostinato ìmpeto 
che né il naufragio, nè le riportate sconfitte per terra 
e per mare, nè la fame, la moria e tanti altri sinistri 
d'ogni genere aveanlo potuto storre dall'intrapresa, o ri- 
volgere a miglior consiglio inducendolo a più sicure ed 
utili deliberazioni} significavagli inoltre il suo grandissimo 
desiderio ch'egli ragunate con prontezza somma le gen- 
ti d'ogni arma tosto raggiugnesselo, per unire tra via 
V esercito da lui comandalo all'imperiale. Poiché lo 
slesso mio padre correndo il mese di agosto della quar- 
ta indizione si partì da Costantinopoli fidando quelle 
mura ed il palazzo al germano Isaacio , coli' ordine di 
osservare , quasi da vedetta , se il popolo macchinasse 
novità, com'è il caso d'un principato novello,onde perderne 
a un tratto colla sua prudenza e bravura i semi al 
primo germogliar loro^ volle di più conferire tale incutn- 
benza ad Isaacio ond' egli si rimanesse a consolare le 
donne spettanti alla famiglia Comnena e le affini di lei 
per tema non soggiacessero a troppo grave dolore a- 
vendo lontani ed in periglio i mariti e gli altri congiunti. 
Sebbene la fermezza del materno animo , la sua atti- 
tudine e perizia nel condurre a buon termine gli affari, 
nulla d* improvviso avvenendole, nulla di così intricalo 
che non trovasscvi pronta soluzione , rendessero vana 
a suo riguardo la necessità di tale ajuto e provvedimento. 

IX. Pacuriano disuggellato e letto il foglio di Au- 
gusto promulga suo vice-comandante Nicolò Branan , 
uomo coraggioso e di molta esperienza nelle opere 
guerresche , e quindi con lutti gli armali grevemen- 
te e col fiore della nobiltà militante seco, abbandona 



aio ANNA COMMENA 

di (Velia Orestiade e va con passo accelerato a compiere 
il ricevulo comando. Alessio al giugnere di lai schiera in- 
contanente i militi di greve armatura, ordina la falange, e 
ponevi alla testa nobili valorosissimi duci; poscia comanda 
loro di procedere serbando mai sempre , tanto quanto 
consentirebbe la natura del suolo che doveauo calcare , 
la disposizione, il luogo e la distanza infra l'uno e l'altro 
stabiliti in quell'andamento, volendo avvezzarli a conosce- 
re e conservare i posti a ciascheduno assegnati, acciocché 
giuulo il tempo di battagliare non si movessero all'azzar- 
do e gissero qua e là vagando. Fidò parimente ad Opo 
le guardie, ad Antioco i Macedoni, ad Andronico e ad 
Alessandro Cabasila i Tessali. Faticio in allora gran 
primicerio comandava i Turchi di stanza nei contorni de- 
gli Acridi ; uomo animosissimo ed imperturbabile oc' 
combattimenti, ma per verità nato da genitori di non 
liberale condizione e fortuna; poiché il padre suo di 
stirpe saracenica datosi ai latrocini, giusta la consuetu- 
dine di quella gente, fu arrestato in altra delle militari 
scorrerie, e ceduto come schiavo e parte del bottino al 
paterno mio avo Giovanni Comneno. 1 Manichei, due 
mila ed ottocento di numero, valentissimi armigeri, pronti, 
occorrendo, a gustare il nemico saugue, ed in grado som- 
mo coraggiosi e fieri ebbero a duci Xantas e Culeone , 
professanti la slessa eresia. Panucoraete in fine e Co- 
stantino Umpertopulo, derivatogli tal nome dalla stirpe, 
capitanarono i famigliari e le franciche coorti. Ordinate 
di questa guisa le schiere Alessio muove con tutto V e- 
sereilo ad incontrare Roberto, fallo sapevole da perso- 
na cnpilala recentemente di là come v'andassero le fac- 



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LIBRO QUARTO. sai 

cende. W dire : tradotte da Roberto tolto Dirrachio 
tutte le necessarie macchine per abbatterla , Paleologo 
durante un giorno ed una notte v'oppose fermissima re- 
sistenza, ma disperando alla fin delle fini la vittoria in 
cotal foggia di pugna , comandato avea che si aprisse- 
ro le porte della città, e piombalo precipitosamente so- 
pra il nemico studiavasi allontanarlo da quelle mura : 
se non che nell'ostinatissimo conflitto il suo corpo sog- 
giacque a gravi ferite, rimaso in particolare malconcio 
da un dardo , il quale traforògli da bauda a banda le 
tempia, nè riuscito a trarlo fuori di per sé, il chirurgo 
accorsovi lo avea mozzato laddove sogliono apporvi le 
ali, abbandonandone il resto nella piaga. In cotal modo 
egli, col capo bendato il meglio che si potè nel fragente, 
precipitoso tornò altra fiata a misurarsi col nemico, sem- 
pre più dando pruove di grandissimo valore, infino a tan- 
to che lo permisero gli ultimi crepuscoli del giorno, e 
venne la notte a separare le due fazioni. 

X. L'imperatore porto orecchio alla riferta e di leg- 
gieri compresa la necessità di recare pronto aiuto agli 
assediali, affrettò il passo. Arrivato, cammin facendo, « 
Tessalonica e quivi indagate con maggiore accuratezza 
le nemiche bisogne ebbe a sapere che Roberto provvedu- 
to oltre misura di tutto il bellieo guernimento e menan- 
do seco elevatissimo numero di bravi guerrieri avea con 
ogni studio afforzato il suo vallo ad un tiro d'arco dalle 
assediate mura, traducendovi grande approvigiouaroen- 
to di materiale da tutta la regione ali' intorno \ che 
occupava altresì con idonei presidj i circostanti poggi, 
le strette delle valli e le rocche de'colli. A simile udiva da 



3» ANNA COMNENA 

molti diligenti narratori la viva opposizione di Paltologo, 
avendo egli apprestato là entro, ad incendiare la nemica 
torre di legno, e nafta e pece e copia di secco legname 
e baliste, di maniera che fermo ed imperterrito stavasi 
attendendo gli sforzi delle macelline ostili. Sapevole i- 
n oltre die Roberto accintosi ad espugnare quelle mura 
poneva la sua maggiore speranza nella mentovala 
torre, fatta da lui a grandissima spesa costruire, pur 
egli volle erigerne altra consimile e di rispondente mole, 
per collocargliela di contro } avea di più consumato 
Finterà notte precedente I' assalto nel far esperienze e 
pruove all' uopo di conoscere se il trave approntato 
sulla più elevata parte di essa , e che direttamente 
opporre si dovea alla porta costruita in cima di 
quella nemica prossima ad arrivare, per impedirne V a* 
primento, fosse ne' dovuti modi sospeso e congegnato 
onde ottenerne il pronto effètto. Accertatosi pertanto 
che bene e con agevolezza questo artifizio compieva le 
sue funzioni era colla massima fiducia in attesa dell'as- 
sàlimento nemico. 

XI. Venivagli di soprappiù manifestato che il dì se- 
guentc per ordine di Roberto le genti scelle a combat- 
tere da quella macchina , parte fanti armali alla greve, 
parte cavalieri, ed in tutti cinquecento di numero, eranvisi 
rinchiusi. Dopo di che appropinquata la torre alle mu- 
ra, coloro i quali abbassar doveano la porta , costruita 
espressamente in modo che dominasse i merli per valer- 
sene come di poule a sorprendere la città, indarno affa- 
tìcarousi, poiché uel tempo stesso Paleologo a furia di 
congegni e braccia spinto innanzi il grosso trave della 



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LI DUO QUARTO. a*3 
sua torre contro la superficie esterna di quella porta ve 
lo leuea a tutta possa irremovibile da qualunque impul- 
so. Laonde tentatosi invano raprimeulo di lei quell'arti- 
tizio mancò per iutiero del bramalo effetto. Di più, noti 
pago dell'avvenuto, impose che senza indugio e con fol- 
tissimo saellameuto si molestassero i Franchi nella som- 
mità della torre, ed alla scomparsa loro, intolleranti di 
reggere al continuo nembo di frecce, la si mettesse afuoco 
e fiamma; né terminato del tutto il comando videsi la torre 
convertila in terribile incendio e mandar chiarore da 
ogui sua parte, iti allora quanti aveanvi ue'piani superiori 
a gara precipitaronsi abbasso, ed i rinchiusi nella parte 
inferiore di fretta svellendone V uscio d' ingresso con 
velocissima corsa abbandonarono 1' ardente stazione. 
Paleologo intanto mirandone la rapida fuga manda 
lor dietro valorosi armigeri, ed altri ne invia armati di 
scuri a mettere in pezzi la torre, affinchè, arsane la par- 
te superiore dalle fiamme, e l'inferiore distrutta onni- 
namente dal ferro e dalle braccia, nulla più fosse me- 
stieri al compiuto successo della sua impresa. A tali nuo- 
ve, ricevute dall'Augusto in Tessalonica, il relatore per 
cumulo aggiunse che Roberto un vero nulla rattristatosi 
dell'avvenuto avea ordinato si desse mano alla costruzio- 
ne di altra torre uguale in tutto alla prima, e venissero 
apprestate e condotte nuove macchine sotto le assedia- 
te mura , protestandosi deliberato a combatterle infi- 
noattantochè giugnesse a riportarne perfetta vittoria. 

XII. Alessio compresa di leggieri la necessità di 
recare ai Dirrachtesi pronto e forte soccorso schiera le 
truppe, intima la partenza, e si dirige iacoutauente alla 



a*4 ANNA COMNENA 

volta loro. Avvicinatosi al Game Carzane spedisce depu- 
tati a Roberto coli' ordine di chiedergli a suo nome lo 
scopo di quella spedizione ? e che pretendesse facendo 
tanta mostra d'armati? Proceduto quindi al tempio in- 
titolalo al più santo de'pontefici, al grandissimo Nicolò, 
distante quattro stadj da Dirrachio placidamente vi os- 
serva la posizione de 1 luoghi più idonei alla futura pu- 
gna, stabilendo fin d' ora quale ne dovesse tosto occu- 
pare, e quale scegliere come più acconcio allo schiera* 
mento della falange; correva in questo mentre il giorno 
decimo quinto del mese di ottobre. Or beue aveavi un 
giogo ascendente dalla Dalmazia verso il mare ad una 
elevazione alquanto maggiore della più. alta terra, e da 
ultimo terminante in promontorio, di forma simile a 
penisola , ove ergevasi V antedetta chiesa. Lo inalza- 
mento poi non di seguito avveniva, ma con blando e in- 
gannevole declivio intramezzato da pianura abbassava*! 
verso Dirrachio, avendo il mare a siuistra ed un alto 
poggio dominante lungo tratto di paese a destra. 

XIII. L'imperatore soddisfatto del sito, vi raguua 
tutto l'esercito, e comandato che si erga il vallo e mu- 
nisca il campo premurosamente chiamavi Giorgio Pa- 
tologo dalla città assediata. Questi per lunga pratica 
rendutosi intendentissimo di tutte le cose pertinenti alla 
guerra ed in ispecie di quelle riguardanti la difesa dello 
città, dichiarò intempestiva la uscita della rocca tanto for- 
temente dal nemico stretta, indicandogli colf opera di fi- 
dato messo l'imminente pericolo nel dai vi esecuzione. Ales- 
sio non di meno fermo nel suo proposito gli replicò Por- 
dine di venire comunque si fosse a lui. Ma Giorgio 



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LIBRO QUARTO. 

irremovibile dalla esternata opinione prescrive al 
messo tir riferirgli a suo nome le seguenti parole: Che 
il comandante abbandoni una fortezza strettissimamente 
assediata, col più grande furore assalita e ridotta aire- 
stremo , sembrami azzardosissimo cimento. Il per- 
che non m" 1 indurrò giammai ad operare in modo 
che altri possa incolparmi di così enorme delitto; 
ne so pensare che un tale ordine sia in realtà pro- 
veniente dalla maestà tua, sebbene confermatomi da pa- 
recchi messaggi. Non mi allontanerò pertanto di qua 
se non vengami prima rimesso l'anello della tua mano 
regale; ricevutolo si recò di subilo all'imperatore coll'ar- 
mata di mare. Questi avendogli fatto molte domande 
intorno a Roberto ed agli assalti e schermi avvenuti, poi- 
ché ebbe udito il tutto diedesi a consultarlo: se fo»se 
d'avviso di venire alle armi, e se opportuno estimasse 
il tempo ed il luogo a rischiare con diffiniliva battaglia 
la sorte della repubblica. Giorgio rispose che nelle at- 
tuali circostanze non era prudenza il fidare nella 
prospera fortuna della guerra. Consentivangli molti , 
e quanto più ognuno di essi avea pratica ed espe- 
rienza nelle armi con vie più incalzanti parole dis- 
suadeva il battagliare. Eran d'avviso inoltre lutti costoro 
che si dovesse, per lo migliore de'partiti, rinchiudere con 
ischermugj e frequente trar d'arco Roberto nel suo vallo, 
ed impedirgli da ógni parte nuove provvigioni di grana- 
glia e d' altra annona. Il che olterrebbesi , vo' di- 
re il porre ostacolo alla inlroduzioue della villua- 
glia nel campo nemico, ingiuguendo a Bodino, ai Dal- 
mati ed ai prefetti e duci della circostante regione d'at* 
Aauxa Comnena. i5 



226 ANNA COMJNENA 

tendere con diligenza, ciascheduno dal canto suo, al- 
l'adempimento del comando avuto; così operando si 
riuscirebbe di leggieri e senza pericolo a riportare 
vittoria ; tale opinavano i vecchj duci. Molti de' più 
giovani per lo contrario chiedeano, ed anche arrogante- 
mente la guerra, sforzandosi a tutta pruova d'indurre A- 
lessio ad accogliere la senteuza loro. E' s' aveano a capi 
Costanzo Porfirogenito,lNiceforoSinadeno,Nampitecoo- 
dottiere de' Barangi, ed i figli stessi, Niceforo e Leoue, 
di Romano Diogene altre volte Augusto. 

XIV. Nel mentre poi che la gioventù stimolava alla 
guerra tornarono i messi spediti dal campo di Garzane a 
Roberto, come in addietro narravamo, apportatori della 
seguente risposta alle imperiali interrogazioni: Non ho 
pigliato a guerreggiare la maestà tua, bensì a vendica- 
re di pieno diritto P ingiuria cui soggiacque il mio affi* 
ne Michele} se tu desideri pace meco, tanto pur io bra- 
mando , V avrai , solo che reggati disposto ad accet- 
tare le proposizioni, che ti verranno fatte da' 1 miei 
legati. Or questi produssero articoli dannosi al ro- 
mano impero , e quindi affatto immeritevoli di essere 
accordati. Il duca non di meno procacciava mitigarne 
V odiev olezza con sovrabbondanti ed assai larghe pro- 
messe, annunziandosi eziandio pronto, quaudo venisse- 
ro accolte le sue proposte, a dichiarare la stessa Lon- 
gobardia di pertinenza imperiale, e solo in virtù di prie- 
ghi e per favore averne egli ottenuto il possesso dal- 
l'Augusto. Ma chiaro appariva uon essere i veri senti- 
menti dell' animo suo, uè mirare tanta generosità che a 
discolparsi presso del volgo , col fingere disposizione 



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LIBRO QUARTO. aa 7 

alla pace assoggettandosi a cosi uocivi patti ; doversi 
in cambio aggravare il Gomueno d' ogni cagione e 
di lutto Podio della futura guerra. Surto dunque il so* 
spetto del malvagio e doppio auimo di Roberto coli 1 u- 
uaiiime voto degli ottimati fu rotto ogni trattalo di pa- 
ce, li perchè quegli ragunali i couli seco iu campo ar- 
riogolli dei tenore seguente: Vi è nota V ingiuria che 
ebbe a patire mio suocero Michele Augusto da Ni- 
ceforo Botaniate e lo scorno da costui fatto a mia fi- 
glia Elena, mettendo entrambi fuor della reggia. Que- 
sta dolorosa passione oT animo, se ben vi ricorda, ci 
uscir della patria, infin da quando regnava lo stesso 
autore dell'offésa, Botaniate; ma da queltepoca preso 
avendo altro giro gli affari, di presente opponesi alle 
armi nostre, in cambio del passato un nuovo impera- 
tore, fornito non meno di tutto il resto che di robustez- 
za e fiorente età, giovinetto ancora, e pur, oltre quanto 
è lecito sperare da così verdi anni, esercitato per lunga 
esperienza ne* guerreschi cimenti. Ad esso pertanto è 
mio avviso di muover guerra, non già lentamente o po- 
nendovi comunale applicazione ed impegno, ma con fi- 
nissimo scalirimento di militare perizia e disciplina. 
Il che dipende in gran parte dalla capitananza, esat- 
tissimamente osservata, di solo un duce. Poiché diviso 
il comando infra molti ne viene di necessità il conflitto 
degli opposti pareri, sorgente infallibile di confusione. 
Egli dunque e mestieri abbiavi appo noi un condottie- 
re supremo cui gli altri tutti obbediscano, il quale a- 
stengasi non di meno dal soverchio fidare in se stesso, 
ma degli uditi consigli profittando , accolga quelli che 



\ 



aa$ ANNA COMNENA 

ottimi gli si app t'esenteranno. A rapgiugnere quindi co- 
siffatto scopo dovrà ognuno manifestare con libertà e 
schiettezza i suoi divisamente e posto fine alla consulta 
sia la migliore sentenza, giusta il senno del supremo 
duce, mandata infallibilmente ad effetto. Or bene si 
passi ai voli, e scegliete chi di noi abbia, a parer vo- 
stro, maggiori numeri per conferirgli un generale co* 
mando. Sarò io il primo, rimorsa ogni eccezione , a 
riconoscerlo, ed a prestargli obbedienza. 

XV. Riscossero unanimi applausi noumeno le parole 
che la modestia di Roberto, e raccolti i suffragi fu egli stesso 
anteposto d'universale accordo agli altri tutti, ed eletto 
nd imperare con assoluta potestà l'esercito. E' nondimeno 
tìngevasi con mentita simulazione renitente all'aderirvi, 
onde vie meglio accrescere il desiderio de'suoi partigia- 
ni, e venire al possesso col mettersi al niego più solida- 
mente di quel dominio, che avea con lunga serie di fro- 
dolentissimi artifizj brigato. Laonde poiché ebbe addotto 
molte astute scuse per sottrarsi da tanto ouore, scuse 
a disegno ed arte esposte onde maggiori fossero i prie- 
gin ad accettarlo , in fine allorché opinò di mostrar 
vinta la sua costanza s'arrese, quantunque a malincorpo, 
al consentimento degli ottimati arringandoli di questo 
modo. Ascoltate, voi tutti conti e guerrieri, il mio con- 
siglio. Dappoiché abbandonata la patria e fin qui per- 
venuti stiamo per dare battaglia ad un imperatore va* 
lentissimo nelle armi, e che, ben di fresco asceso il trono, 
metterà a pruova conati ed arti anzi per ornare d'una 
celebre vittoria il coni ine lamento del suo principato 
che deturpai lo con vergognosa strage. JVè voi ignorate 



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LIBRO QUARTO. iig 

come siagli addivenuta usanza il vincere, avendo egli sotto 
i precedenti Augusti condotto a felice termine molte e 
grandi militari impresele non pochi tiranni, sconfìtti in 
campo^ trascinati seco prigionieri. Trovandoci^ ripeto, 
in questa posizione, dobbiamo noi pure^ se mal non mi 
appongo, dar saggio di bravura ed ardire nelle armi, 
nulla curando il resto salvo la vittoria; dalla quale, per 
divin favore ottenuta, riporteremo abbondevoli ricchezze 
e larga copia d'ogni nostro bisogno; e sì che imprudenza 
e viltà sarebbe il voler provvedere in questo tempo ed in 
tanta distretta a se stesso. Il perchè non istarommi daU 
V esporre quanto io mi voglia ed estimi necessario di 
eseguire. Egli è assolutamente uopo, e quindi lo impon- 
go, che si metta fuoco a tutto il vasellamento ed a tutte 
le suppellettili di nostro servigio . e pertugiate le navi 
da trasporto sospingansi con tutto il carico in alto mare, 
acciocché ne avvenga la sommersione. Di tal modo non 
altrimenti faremo giornata con Alessio che ivi pur ora 
nati e pronti a giuntarvi presto fa vita. Con generata 
consentimento fu accolta la proposta. Tali i pensieri, i 
consigli e le opere di Roberto. 

XVI. Altri divisamenti ebeti diversi, parto d'assai più 
squisito ingegno, ravvolgevansi nella niente di Alessio. 
Convenivano tuttavia ambedue nel rattenere per allora 
gli eserciti a fine di conoscere in quel mezzo con ac- 
curatissime indagini, ciascheduno a favore della propria 
causa, qual si fosse la più sicura via conducente alla vit- 
toria. L 1 imperatore fondava sue speranze in uno stra- 
tagemma, opinando riuscir con esso a travagliare di fron- 
te e da tergo il nemico. Comandava, intendomi, a tulli 



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*3o ANNA COMNENA 

i suoi aiuti, come dire la milizia degli alleati , di proce- 
dergli ascosamente dietro , trascorrendo con lunghissi- 
mo giro il marittimo lido , per vie meglio ingannar- 
ne V antiveggenza , infino al luogo da lui colla massima 
segretezza determinato , e sorprenderlo dalle spalle 
quando egli si presenterebbe loro di fronte sfidandoli a 
guerra. 

XVII. Roberto intanto abbandonati i vuoti militari 
padiglioni, e passato a notte ferma il ponte, erasi tra- 
sferito coir esercito ad nu antico tempio non lunge dal 
mare, ed intitolato al martire Teodoro; quivi durante 
le ore notturne implorato con preci il favore del Nume, 
tutti parteciparono gli immacolati divini misteri. Dopo 
di che il duce , attelate le truppe coliocossi , di pro- 
prio volere , nel centro loro , fidando il corno rivolto 
al mare ad Amicela, illustre personaggio infra 1 conti e 
pronto di mano e d' ingegno, e l'altro a suo figlio Bai- 
mundo soprannomato Sanisco. 

XVIII. L'Augusto conosciute le nemiche disposizioni 
spiega pur egli, fornito a dovizia di assai penetrevole intel- 
letto nel comprendere distintamente al primo sguardo 
quanto era conveniente d' operare, e Dell'acconciarsi di 
colpo all' opportunità del momento, spiega, ripeto, lad- 
dove si rimanea , lungo la scesa del poggio e la mari- 
na , V ordinanza , e bipartite le sue genti (non avendo 
eslimato di richiamare i barbari già in cammino per cir- 
condare Roberto ed assalirne il campo ) ingiugne agli 
armati in su gli omeri di spade a due tagli, unico 
drappello di ausiliari munito di scudo in allora seco, e 
pur esso destinato per lo innanzi a circuire il nemico 



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LIBRO QUARTO. *3i 

schieramento , che balzati giti d'arcione precedano di 
poco, unitamente al duce loro Nampite, l'esercito. Ciò 
fatto dispose il resto delle truppe in falangi , occupan- 
done egli stesso il centro , e dichiarando capi delle 
legioni a destra ed a sinistra Niceforo, Melisseno cesare 
ed il gran domestico nomato Pacuriano. Àvea inoltre 
celato così nella più remota parte della sua falange , 
come nel mezzo della schiera di que' barbari, che di- 
scesi d' arcione ivan pedoni ad insidiare i nemici , a 
bastanza forti drappelli di ottimi arcieri coli' intendi- 
mento di spignerli all'imprevista lor contro; commet- 
te di più a Nampite che infintosi di voler tosto ap- 
piccar zuffa retroceda prontamente ed allarghi dal- 
l' una parte e dalP altra i suoi militi , onde possano 
gli arcadori procedere di tutta carriera innanzi, e 
quindi tornato a stringerle imponga loro , protetti da- 
gli scudi a vicenda uniti , d' inoltrare. L' imperatore 
intanto di fronte alla celtica schiera intorniava la ma- 
rittima piaggia. Ora i barbari da prima spediti a circui- 
re la marina pervenuti allo stabilito luogo, ed unitisi ai 
Dirrachiesi, usciti d'ordine imperiale anch'essi a tal uo- 
po colle armi in pugno, caricarono il campo nemico. 

XIX. Di già ambo i condottieri delPuno e dell'altro 
esercito moveano colle altelate genti a far pruova delle 
armi loro , e Roberto di tempo in tempo mandando sot- 
tomano turme di cavalleria leggiera dava con ischer- 
mugj principio ad una fazione generale , mirando so- 
prattutto di potere in tal guisa trar fuori dall' intiero 
schieramento romano qualche numerò de' più ardenti 
guerrieri. Ma la costui furberia non gabbò Alessio , il 



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ANNA COMNENA 

quale spinti olire gli armali di polla onde resister 
loro, esattamente provvide alla sicurezza della sua fa- 
lange. Un saettameuto dunque, nè dei più forti , infra 9 
nostri pel tasti e la cavalleria leggiera di Roberto diede 
principio e continuò la pugna inGno a tanto che il coi»- 
dottiere nemico, a passo a passo inoltrando co' suoi, ebbe 
di più in più ristretto il terreno che separava le due or- 
dinanze. E già la falange d'Ameceto, percorso dai fanti 
e cavalli tutto lo spazio, assalito avea le truppe di Naui- 
pite , ma , valorosamente facendo petto i Barangi, fu 
volta in fuga, uou componendosi per intiero di bellico- 
sissimi guerrieri. Questi pertanto nelP evitare il perico- 
lo avvenutisi al mare vi si affondavano instilo al collo, 
bramosi di raggiugoere il romano e veneto uavilio, spe- 
rando vanamente di ottenervi con prieghi asilo. In quello 
Gaita consorte di Roberto, sua compagna in campo e 
giusta la narrazione di alcuni autori, altra Pallade av- 
vegnaché non altra Minerva, osservati i fuggenti e mi- 
randoli con Gero cipiglio vivamente garrilli usando pa- 
tria favella e non V Omerico detto : Fino a quando voi 
fuggirete ? arrestatevi) e siate prodi guerrieri. Nè ciò 
bastando, impugnata una lunga asta con alte grida 
tien dietro minaccevole h codardi , i quali osservatala 
tornano ad unirsi, e con iscainbievoli esortazioni anima- 
tisi a compiere il dover loro s' appreseotano di nuovo 
laddove ferveva il conflitto, lusiememente gli armati di 
bipenne collo stesso duce Campite, desiderosissimi di 
combattere, stoltamente inorgogliti dal primo fortunato 
scontro e divisi per gran tratto dalle romane legioni 
avacciavansi ad appiccar mischia colla stessa celtica or- 



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3 / l '' * 



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Anna. CanMcntc-Tel-T. 




LIBRO QUARTO. a33 

dinanza, di cui à proprio ed a altrui giudizio sogliono 
estimarsi oullamente inferiori nel guerreggiare. 

XX. Roberto agguardatili, nel mentre venivangli di 
contro , agevolmente conghietturò dal frettoloso passo, 
dalla ben lunga calcata via e dal peso delle armi cliV 
si fossero stanchi ed ansanti. Commette pertanto ad al- 
cune pedestri coorti di gittarsi loro addosso. Queste 
fattone esperimento e rinvenutili nel resistere molto più 
deboli di quanto P ardimentoso cammino parea si fosse 
indizio, senza difficoltà con replicali assalimeli uccido- 
no dal primo alT ultimo tutti coloro che davan segno 
di maggiore ostinazione e coraggio nel difendersi di pie 
fermo. Gli altri avviansi fuggendo al tempio del capo 
della milizia celeste Michele , ove quanti racchiuderne 
potea I 1 interno dell'edificio si affollarono, ed i rimanen- 
ti non trovatovi luogo ne ascesero con isforzi il tetto, o 
ingombraronne il vestibolo, credendo i miseri di aver rag- 
giunto inviolabile franchigia; ma incendiato dai Latini 
vennero tutti unitamente al tempio dalle fiamme con- 
sunti. In cotal mezzo il resto della imperiale falange 
ributtò con valor sommtt* i Galli , infino a che Rober- 
to, qual cavaliere alato, seco menando l'esercito per- 
venne a sconvolgere e mettere in pezzi il nostro schiera- 
mento. L'Augusto pure a guisa di solidissima torre per- 
severava immobile sul campo tenzonando con impareg- 
giabile valore, sebbene da per lutto a sè d'intorno mi- 
rasse la strage di personaggi chiarissimi vuoi per nasci- 
ta, vuoi per esperienza di guerra. Annoveravansi tra que- 
sti Costanzo figlio di Costantino Duca, già tempo Au- 
gusto, generato, imperante il padre, nella porpora, e fin 



q3{ ANNA COMNENA 

dai primi suoi annidai genitore fatto degno della imperia- 
le benda. Cadde a simile Niceforo cognominato Sinade- 
no, giovane di singolare avvenenza, e massime in quel* 
la pugna mostratosi con generose azioni d'aspirare som- 
mamente alla gloria di eccellentissimo guerriero:, ed avea 
già tenuto I' antedetto Costanzo frequenti pratiche per 
impalmargli la propria sorella. Ad egual fato soggiacque 
Niceforo Paleologo padre di Giorgio, e seco lui altri 
de' più illustri personaggi, tra quali Zaccaria morto non 
appena trapassatogli da ferro il petto. Àspete anch' e- 
gli con molti de' famigerati duci incontraronvi la me- 
desima sorte. 

XXI. Dopo tanta strage e proseguendo mai sempre 
il combattimento con grande ostinazione, l'imperatore, 
fin qui sano della persona e tenutosi nel suo posto, venne 
assalito da tre Latini e furono il prefato A mecete, Pie- 
tro tìglio di Alìfa, così egli stesso annunziatosi, ed un 
terzo per nulla ai detti inferiore, i quali allentate le redini 
ai destrieri, ed armati di lunghe aste furongli addosso. 
Ma fallì ad Amecete il colpo vollatoglisi alquanto il 
palafreno. L 1 Augusto ribattè da prima colla spada 
P asta del secondo, e stesi quindi i nervi del braccio con 
forte percossa gli svelse dal corpo la mano ferendolo alla 
unione di essa col carpo. Il terzo appena gli sfregiò la 
fronte, poiché mio padre, di continuo presente a sè stes- 
so, fermo ed intrepido, quantunque grande si fosse il tu- 
multo ed il trambusto in ogni parte a lui d'intorno, pre- 
veduto il colpo si lasciò andare supino all' indietro sul 
dorso del cavallo, di maniera che la punta dell'asta ne- 
mica tocca appena la ente della sommità del capo venne 



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LIBRO QUARTO a35 
a ferire lo .«porgente lembo della celata, e tagliatane la co- 
reggia, che teneala salda girandogli il mento, a gittarla 
in terra. Allora il Gallo nella persuasione di averlo stra- 
mazzato gli fu sopra colla speranza di farlo suo prigio- 
niero. Ma l'Augusto rizzatosi di colpo e ben rassettato- 
si in sella tornò a comparire quel di prima, armato in* 
tendomi della medesima foggia, vibrando la tremenda ma- 
no colla sguainata spada in pugno . sanguinante dalla 
fresca piaga e colla bionda chioma ora esposta al sole, 
avvegnaché scompigliata ed aombranle non senza mole- 
stia i suoi occhi, avendogli rinfuriato e strepitante destrie- 
ro, né più docile al freno, con violenta scossa rivolto 
sulla fronte le pendenti chiome dagli omeri. Del resto 
qual si trova, preso del suo meglio cuore e pieno della 
consueta fermezza, si presenta al nemico; veduti po- 
scia in fuga i Turchi , retrocedere Rodino schivo di par- 
tecipare la mischia (tennesi costui V intero dì armato 
e colle truppe in ordinanza mostrando la miglior dispo- 
sizione di combattere animosamente, giusta gli accordi, 
a prò della causa imperiale. Fatto sta che risoluto 
avea di provvedere a sè stesso attendendo V esito della 
pugna, ed ove la vittoria piegasse in modo certo a favo- 
re di mio padre, unirebbeglisi a caricare i vinti Galli, de- 
stando buona opinione di sè nei vincitori: in caso con- 
trario, evitato ogni cimento, ricondurrebbe indietro sa- 
ne e salve le truppe. E che tale inGn da principio e' la 
pensasse lo manifestò col riparare prontamente là don- 
de era venuto, senza aver tampoco prelibato il certame, 
non appena dichiaratasi la fortuna delle armi a lui 
contraria ) , il triste andamento della battaglia e la sua 



!i36 ANNA COMNENA 

persona messa da lotti in abbandono voltò pur egli le 
spalle ai nemici , i quali diedersi per ogni verso ad in- 
calzare il romano esercito in compiuta rotta. 

XXII. Roberto occupato il tempio di S. Nicolò, ove 
esisteva la tenda imperiale col vasellame e le suppellet- 
tili dell' esercito , mandò le genti seco di spccchiatis- 
simo valore sulle tracce del monarca premuroso di averlo 
in sue mani, rattenendosi egli intanto colà ad attende- 
re il desiderato annunzio, e che fossegli presentato l'au- 
gusto prigioniero^ così fantasticava nella sua mente av- 
vezza a pascersi di elevatissimi pensieri e delle più grandi 
speranze. Gli spediti adunque pronti ministri del rice- 
vuto comando ritti sen vanno a briglia sciolta dietro le 
orme del fuggitivo infino al luogo nella volgar lingua 
degli abitatori detto Mala Costa, e tale n' è la posizio- 
ne: il fiume Carsane vi corre al disotto, quindi sorge 
alla rupe. Inoltratosi nel valico di mezzo, e seguendone 
per. la stessa via le orme i suoi persecutori, questi più 
veloci nel corso da ultimo lo raggiungono, e portegli di 
forza le aste contro il sinistro lato gli piombati impetuo- 
samente sopra (nove di numero) facendolo piegare a de- 
stra. £ di fermo avrebbonlo stramazzato s'egli poggian- 
do sul duro terreno la punta del lungo acciaro che ar- 
matagli il braccio non si fosse rattenuto dal cadere. In 
eausa dell' urto poi l'estremità dello sperone sinistro 
avviluppatasi nel lembo dell' efestride (1) mosso avealo 



(i) EQtrrftr, nome applicato ad ogni soprabito ed equiva- 
lente a paludamento o clamide, cioè veste da guerra. Xeu.,Symp., 
)V, 38; Lue, Dial., Meretr.* 9. voi. Ili, ediz., Kcil/.; Dial., 
Mori., 10, § 4, voi. 1, pag. 366: Becker, Cnricle, 1 1, pag 3,"»8. 



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LIBRO QUARTO. a5 7 
dall' arcione e costretto a penzolare dall' opposta ban- 
da. Egli non di meno afferrata colla sinistra la criniera 
del cavallo si reggeva del suo meglio valendosi d'un ap- 
poggio in vero di breve durata, se protetto dal Nume, 
né v'ha da ripetere, offerentegli salvezza dalle stesse ne- 
miche mani, altri Galli accorsi non fossero laddove era 
per traboccare in terra, e, dell' egual tenore de* plinti 
dando colle aste loro addosso all' armatura di quel lato, 
sorretto non lo avessero e riposto in bella guisa nel mez- 
zo dell'arcione, come appunto e'polea nella circostanza 
bramare. Imperciocché sebbene questi adoprassersi come 
sapeano il meglio, animati dalla speranza e dal deside- 
rio, nel gittarlo abbasso compiutamente dal sinistro lato, 
sol per metà conseguirono l'intento, opponendovisi gli 
stessi loro commilitoni da quella parte ardenti, in confor- 
mità del narrato, di sospingerlo e ributtare colle punte 
delle aste in senso contrario, vogliano dire verso il destro 
lato. Mentre poi si gli uni che gli altri duravano pertioa- 
cemeute nel darvi opera, ebbesi qualche tempo a mira- 
re lo impennato e soprannaturale spettacolo dell'Augu- 
sto armato in sella, e tutt' all' iutorno assalito da punte 
di uemiche aste, il quale secondava col suo corpo lo scam- 
bievole impulso loro, e sosteneasi ritto della persona in 
virtù unicamente degli sforzi di quella moltitudine solo 
ad atterrarlo intenta. Qui Alessio proBtlando con valor 
sommo dell'opportunità, dopo essersi ben rafforzato sul 
palafreno ed avere sviluppalo l'efestride, condusse in alto 
le raccorciate redini, ed il generoso quadrupede, di sua 
natura ferveulissimo , di robuste gambe, e nato per gli 
aringhi circensi e marziali, su pie deretani inalberatosi e 



i38 ANNA COMNENA 

sciolto il freno alla foga si lanciò con un salto, addive- 
nuto altro Pegaso e traendo seco il cavaliere, in cima 
della prossima rupe già da noi rammentata. Ma sia pu- 
re che il cavallo soprastasse in vigoria gli altri tutti della 
sua specie, parve non di meno allora che senza il pronto 
soccorso d'un miracolo della Provvidenza divina a favore 
di Alessio vano riuscito sarebbe ogni conato. Fra questo 
mezzo parte delle galliche lance prementi il fuggitivo de- 
striero scosse dall 1 impeto del salto uscirono di mano ai 
barbari, e parte conficcatesi qua e là nelle imperiali ve- 
sti seguirono lo stesso cavaliere , il quale pervenuto a 
salvamento le distaccò ad uno colle frange degli abiti 
donde eran pendenti. Con animo quindi assai tranquillo 
in così grandi traversie, e libero da ogni perturbazione 
di mente scelto il partito da preudere nella circostanza, 
con mirabile prontezza si levò di là. I Galli a bocca a- 
perla volgendo gli occhi all' intorno si rimasero da pri- 
ma oltre ogni credere attoniti, ed eravi ben ragione di 
stupire; osservatolo poscia da lunge in fuga gli tengou 
a corsa dietro, ma l'Augusto fattone accorto dallo stre- 
pito, allorché il prolungato galoppo rassicurato avea del 
pericolo i vincitori , girate d' improviso le redini e por- 
tando un colpo d'asta contro il primo di essi, cui per 
fortuoa s' avvenne, gli trapassò il petto e maudollo su- 
pino a terra: dopo di che rivolto uovameute il destrie- 
ro proseguì la battuta via. Corso breve cammino ecco 
appresentarglisi alcuue coorti di Galli, che terminato di 
incalzare i fuggitivi Romani tornavano vittoriose al cam- 
po. Queste a molta distanza ravvisatolo fecero alto in 
mezzo del sentiero eh' egli di necessità dovea prosegui- 



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LIBRO QUARTO. a5y 
re, ed insieme congiunti gli scudi a mo' di testuggine sta- 
vansi ad accordare , quetando, breve ristoro a sè stessi 
ed a cavalli prima di esporsi a nuovi cimenti, e così più 
di leggieri addivenirne padroni, bramandolo nelle mani 
loro anzi vivo che spento nei badalucco, per rendere il 
presente vie più grato a Roberto. Qui l'imperatore, sol- 
trattosi a pena dalle molestie di numerosi persecutori al 
vederne altri accinti ad assalirlo di fronte, entrò iu as- 
soluta disperazione della propria salute. Desideroso per- 
tanto di onesta e non invendicata morte, né di meglio 
augurarsi polea , fatta breve pausa sprona contro la 
folta caterva de' nemici, ed apparsogli nel mezzo loro 
tal primeggiante individuo , credulo da lui vuoi per la 
taglia della persona, vuoi per le risplendenti armi Ro« 
berlo stesso, va ritto ad investirlo^ quegli con pari bra- 
vura protesagli V asta accetta la disBda , e pigliato en- 
trambi il galoppo scomparve di subito lo spazio che le- 
neali divisi. Vengono i cavalieri alle mani e primo P im- 
peratore a portare il colpo trapassa al rivale il petto , 
spingendogli il ferro dell'asta infino al dorso \ tanto ba- 
stò perchè il barbaro stramazzasse spento da mortale 
ferita. Dopo di che, spronato novameute il palafreno , 
riprende nel mezzo de'nemici il cammino abbandonati- 
dosi a libera fuga, gli altri Galli tutti accorsi ad assi- 
stere e curare il piagato; e queglino stessi che seguivanue 
da lungo tempo le tracce, giunti laddove si giacca l'uc- 
ciso, messo all' istante piede a terra e riconosciutolo ne 
lamentavano la trista fine con dirotto pianto e singulti. 
INou era costui per verità Roberto, ma uno de 1 più illu- 
sili capitani, ed unicamente a lui secondo. 11 Coumcno 



aio ANSA COMWENA 

adunque mentre i Galli occupavansi del morto procedeva 
libero da ogni timore e non impedito da ulteriori traver- 
sie a luoghi di perfetta salute. 

XXIll.Ora nella sposizione di questi avvenimenti par- 
mi, onde non mancare alla storica verità, ed al pressan- 
te obbligo di esporre cuti tutta candidezza i fatti, ovvero 
trasportata dall' ammirazione di tante e così incredibili 
. imprese, parmi, ripelo, di avere smenticato l'assunto im- 
pegno di tramandare alla posterità le geste di un padre. 
Conciossiacbè per tema di rendere la mia narrazione so- 
spetta d'in6ngimenti mi studio trascorrerle assai volte cou 
grande brevità, eralteuuta da verecondia non attento col- 
Parte e colla favella di accrescervi interessamento e splen- 
dore, astenendomi per anche dal trattarle così diffusa- 
mente come si vorrebbe. Eh piacesse al Cielo che, sciol- 
ta da questo legame, potessi fuor d'ogni sospetto della 
mia filiale tenerezza valermi di tutta la forza dell'eloquen- 
za nel discorrere cotanto ricca* messe di commendevoli 
fatti , certa di convincere, la mercè d'una splendida lo- 
cuzione, fornendomene T argomento copia, e dalle age- 
voli passando alle più ardue sue intraprese, che non eb- 
bevvi a memoria d' uomini altri le cui azioni riuscite 
sieno con maggior diritto meritevoli di amplissima lode. 
II mio trionfante impeto della lingua e dello stile or dun- 
que si modera ed infredda, per non sembrare a molti, 
seguaci della comune usanza nel giudicarmi, di avere 
troppo ascoltato V affetto a danno della verità , e fatto 
riverberare sopra me stessa gli elogj a larga mano diffu- 
si celebrando un mortale con istrel tissimi vincoli alla 
mia persona congiunto: di avere inoltre !e notizie di lui 



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LIBRO QUARTO. Mi 

anzi tratte da vane memorie e dalla mia stessa immagi- 
nazione, che da genuini e provati documenti. Se poi da- 
to ascolto ai teneri moti del mio cuore m' inducessi a 
travalicare i limiti della storica ingenuità, col farmi lecito 
di nulla omettere , a fé che V esultanza de' trionfi an- 
drebbe di pari al pianto ed a' singulti, per le mestissime 
e spesso contrarie vicissitudini donde ripieni appresen- 
tansi alla scrivente gli imperiali fasti e la vita del suo 
genitore. Il perchè applicandovi I' animo nel commen- 
tarli ben di sovente bagno e stile e carta di lagrime, ed 
in allora non di leggieri frenando queste ed i gemiti pro- 
rompenti dal mio petto do tregua alcun poco al dolore 
per isfogarmi in lamentele, che d' altronde, presto ces- 
sando, parmi dir non si possano intempestive. Se in 
cambio adoperassi diversamente prendendo a trattare ad 
occhi asciutti e senz 1 alcun segno di afflizione, come ap- 
punto uua selce priva di sentimento ed un durissimo 
diamante, così gravi e domestiche sciagure azzarderei 
rendere tutta la istoria sospetta di finzione , di lavoro 
fallo ad ostentamento d' arte ed emulo delle sceniche 
rappresentanze, non già una veritiera narrazione delle a- 
cerbità durate vivendo in causa d'avversa fortuna, ma 
un composto di variati e tragici avvenimenti. Tali da 
senno e così grandi elle si furono che nel racconto loro 
giurar debba, se voglio mostrarmi ed essere creduta a- 
manle del genitore, di nullamente venire seconda a quel 
giovane, cui Omero pone in bocca le seguenti parole : 
Per Giove il giuro, non ì travagli di Jgelae e di mio 
padre) ma sì che del mio Alessio le calamità e la va- 
lentia appalesata nelF evitarle e vincere sono lasciate a 
Anna Commkna. 16 



a4» ANNA COMNENA 

me sola da piangere privatamente ed ammirare. Ora 
torniamo a bomba. 

XXIV. Terminate queste faccende i Galli recaronsi 
novameute presso Roberto, il quale osservandoli a mani 
vuote e porto orecchio al racconto degli ostacoli per 
loro incontrali forte sgridolli, e riprendendo un illustre 
guerriero infra essi d' imperizia nelle cose belliche passò 
alle minacce di farlo vergheggiare. Incolgami, aggiugue- 
va, ogni male se posto nella medesima circostanza noti 
avessi spinto il mio cavallo con egual salto sopra la ci- 
ma della rupe ove riparò l'Augusto, e quivi o gittalolo 
da sella cadavere, o condottolo meco prigioniero. Nè 
v' ha dubbio che Roberto si fosse valentissimo, sprezza- 
tore in grado sommo de 9 pericoli, ed in pari tempo quan- 
to mai dir si puote adiroso, sbuffante ira dalle nari, ed 
al più lieve ostacolo nelle sue operazioni, o non andan- 
dogli queste a versi lo vedevi montare iu collera e ma- 
nifestarsi tutto bile ed asprezza. Nel fervore a simile 
della battaglia ove si fosse azzuffato con tale de 1 cava- 
lieri nemici lasciava in balìa della sorte qual di loro giun- 
tar vi dovesse la vita, tranquillo ed apparecchiato ad 
ambo gli eventi, e certo o dell 1 uno, o dell'altro. Ora il 
guerriero da lui fieramente sgridato esponendogli essere 
quella rupe e per la sua elevatezza, e per li grandi sco- 
scendimenti da cui veniva attorniata così precipitosa , 
sdrucciolevole ed insuperabile che se il Nume non vi pre- 
sti il suo aiuto colassù trasportando quasi con artificiosa 
macchina, per certo uomo al mondo non già fornito delle 
sue armi, catafratto, in arcione e combattente, ma nep- 
pure pedestre , a suo beli' agio , in perfetta calma e 



v 



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LIBRO QUARTO. a*5 

mettendovi tutta la industria e forza raggiugnerebbeue 
carponi la vetta. Che, proseguiva, se nieghi fede alle mie 
parole prova tu stesso, od altri de'tuoi, imperterrito nelle 
armi e di cavalli espertissimo maneggiatore, pongasi al 
cimento, e se alcuno di voi si farà, pigliato un salto, co- 
lassù, purché né egli, nè il destriero abbiano sortito dalla 
natura le ali , io non mi rifiuto di soggiacere a qual tu 
vuoi acerbo supplizio, ed alla condanna di codardia. Le 
costui parole accompagnate da gesto ed atteggiamento 
della persona manifestanti di leggieri lo stupore, vivo per 
anche nella sua mente, dell' incredibile salto non guari 
prima veduto placarono Roberto convertendone lo sde- 
gno in ammirazione. 

XXV. L'imperatore fatte lunghe giravolte su pe' monti 
appresentatiglisi durante il cammino e superati i molti 
ingombramenti del non battuto sentiero , speso avendo 
in continue malagevolezze due giorni ed altrettante notti, 
pervenne ad Acri ; valicato quindi liei procedere oltre 
il fiume Carzane ristorossi con breve riposo in una quasi 
impenetrabile foresta nomata Babagora, presente ognora 
a sè stesso e pieno di coraggio nonostante l'agitazione de- 
rivatagli dalla sofferta grandissima strage, la stanchezza 
delle sue membra, e tutta la sequela decollerai! sinistri; 
nè impaurito nudamente pel dolore, addivenuto intanto 
assai molesto della riportata ferita. Ed avvegnaché nel 
cuor suo rattristatissimo per la perdita di tanti illustri 
guerrieri morti sul campo eroicamente combattendo , 
pure da quelP afflizione, giusta di vero ma nelle sue cir- 
costanze inutile, rivolgendo il pensiero ai necessarj prov- 
vedimenti del giorno tutto adoperavasi nel cercar mezzo 



2 44 ANNA COMNENA LIBRO- QUARTO, 

di salvare Duracino, sapendo non avervi più là entro 
Pateologo, dal cui valore era stata fin qui difesa contro 
le armi nemiche-, imperciocché uscitone d'ordine impe- 
riale non potè quindi, colpa della inaugurata battaglia, 
rientrarvi. L'Augusto adunque finché n' ebbe il destro 
procurò esortarne il presidio a non obbliare l'osservan- 
za de' proprj doveri, e fidata la custodia della rocca ai 
Veneti, aventi quivi una colonia, prepose al governo ed 
alla conservazione della città Gomiscorta, disceso dagli 
Arbani. mandandogli per lettera accurate istruzioni so- 
pra quanto estimava doversi io que' frangenti operare. 



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ANNA COMNENA PORFIROGENITA 

CESAREA 



A LESSI A DE 
LIBRO QUINTO 



ARGOMENTO. 

* 

I 

Roberto, occupato Dirrachio, riprende la 
via dell'Italia, e fugatovi Enrico re d' A lem agita 
ne melte a bottino il campo. - Baimundo, ri ma so 
nell'Illirico, espugna molte citta, vince due volte 
in battaglia l'imperatore Alessio, ed una terza, 
combattendo vicino a Larissa, depone le armi non 
vittorioso, n è vinto. - È costretto non di meno a 
raggiugnere il padre in causa d' una cospirazione 
de' suoi fomentata occultamente dall' imperato- 
re. - Ilalo, uomo sedizioso, viene obbligato a ri- 
trattare pubblicamente in Costantinopoli alcune 
sue perverse dottrine. 



o46 

SOMMARIO. 

D ELIBERAZIONE di Roberto. - Entra in 
Dirrachio aprendogli le porte i cittadini. - Benevolenza 
mostrata alle truppe, e sua premura di rimettere a nu- 
mero l esercito. - Mestizia imperiale non disgiunta 
da generose speranze. - Parallelo di Alessio con Ro- 
berto, e superiorità del primo; zelo imperiale verso i 
feriti raccolti in Peaboli, e suo proposito di soldare 
nuove cerne. - Prodigalità di Botaniate. - Erario e- 
sausto. - Perchè Alessio non abbia rinunziato il tro- 
no. - / principi contribuiscono danaro. - Grandissi- 
me speranze de 3 militi. - Inchiesta di pecunia ai luo- 
ghi sagri. - II sebastocratore convocati i principali 
del clero addomanda loro lo spoglio delle meno cele- 
bri chiese. - Metaxa francamente gli si oppone. - 
Leone da Calcedonia a tale inchiesta forte inveisce 
contro di Alessio, facendo mal uso della costui lun- 
ga pazienza. - Si torna a chiedere il sacro danaro. - 
Leone, addivenuto reo di sospetta dottrina, con licen- 
ziosissime parole insulta V Augusto, e sprezzane la 
offertagli riconciliazione. - igiene deposto dalla sede 
calcedonese e mandato in esiglio. - L'imperatore e- 
sercita le truppe. - Col mezzo di legati induce il re 
alemanno a portare le armi contro Roberto ; quindi 
torna a Costantinopoli. - I Manichei lo abbandona- 



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SOMMARIO. ai; 

no. - Roberto, fatta sapevole della spedizione del re 
alemanno contro la Longobardia, fida a x Baimundo 
il governo dell' Illirico raccomandandogli la romana 
guerra. - Tornato in Italia raguna l'esercito in Sa- 
lerno. - Prende la via di Roma, donde, unitosi al pa- 
pa, muove contro Enrico, il quale preso da spavento 
fugge. - Roberto abbottinato l'accampamento nemico 
rientra in Roma, conferma nella pontificale sede il 
papa, e di ricambio viene da lui salutato re, - Di 
là passa a Salerno, dove gli si presenta il figUo Bai- 
mundo con rattristato volto.- Questi, partito il genito- 
re, ed afforzato grandemente l* esercito co romani 
disertori, prende molte città, munisce le rocche, gua- 
sta il paese, vince due volte in campo V Augusto , ed 
evitandone le insidie mettelo in fuga. -Scuopre e pu- 
nisce la congiura di tre conti. - Alessio invoca l'a- 
iuto de* Turchi. - Baimundo strigne Larissa difesa 
da Leone Cefala. - Accorre I imperatore in difesa 
degli assediati. - Sua apparizione dormendo, e suo 
voto. - Appresta nuovi agguati. - Dal nitrito de 'ca- 
valli trae augurio di riportar vittoria. - Mentita fuga 
de Romaiù. - Augusto occupa T attendamento dei 
Galli, e fa strage de* loro cavalieri. - Vana alle- 
grezza di Baimundo ; suo coraggio e sua costanza. - 
Romani morti dalle armi nemiche. - Elogi di Miclie- 
le Duca. - Stratagemma di Baimuiulo, e fuga delle 
romane truppe. - Forza e coraggio d* Uza. - Costcr- 



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q48 SOMMARIO. 

nazione de Latini per lo inchinamento del vessillo. - 
Fedeltà dei conti de 1 Galli messa a prova con abboc- 
camenti dal Comneno ; è rubellatisi contro Baimun- 
do lo costringono a ritirarsi. - Amore di -Alessio per 
la religione e le sane dottrine. - Nascita e dottrine 
del novatore Italo. - Le belle lettere fioriscono sotto 
il Comneno. - Michele PseUo ne suoi studj assistito 
dal Cielo. - Michele Duca augusto ed i suoi fra- 
telli amanti delle lettere. Italo mandato inEpidanno 
fugge a Roma. - Chiamato novamente in Costanti- 
nopoli ottiene il primato nella scienza filosofica. - 
Suoi difetti e sue lodi. - Dottrina da lui professata. - 
Poco giova ai discepoli. - Digressione riguardante gli 
studj di Alessio e d' Irene. - Questa amantissima 
della lettura, ed in ispecie delle opere di S. Massi- 
mo, - Italo convinto di false dottrine elude il giudi- 
zio della chiesa. - I suoi dommi colpiti di scomuni- 
ca j ritrattatosi vien rimesso nella comunione de fe- 
deli. 



> 



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ANNA COMNENA LIBRO QUINTO. ^9 



ALESSIADE QUINTA 



I IlOBERTO dopo uua cotanto segnalala \iltoria 
non avendo più che paventare dalla guerra, occupali gli 
attendamenti e la sahneria del romano esercito, com- 
presovi lo slesso padiglione imperiale, baldanzoso degli 
inalzati trofei e tutto gongolante di superba letizia si ri- 
condusse nella pianura, dove prima della battaglia, nel- 
1' assediare Du racino, piantato avea il campo. In quella 
momentanea dimora iva ponderando se convenissegii 
accingersi novamente alla espugnazione della città bat- 
tendone da capo le mura, o piuttosto, rimessa V opera 
all'aprir della stagione, impadronirsi intanto di Già- 
binilza e di Giannina per isvernarvi, distribuendo l'eser- 
cito in quelle amene ed ubertose valli formate dai pog- 
gi all'orientale confine della piana e campestre dura- 
chiese regione. E' si parea che gli assediati fossero 
disposti, come abbiamo di già scritto, alla difesa } 
ma le persone tra essi aventi a cuore le proprie faccen- 
de e molti Veneti e Melfii, quivi di stanza, udita la rotta 
imperiale con islrage di tanti duci e ragguardevolissimi 
guerrieri, vedendosi inoltre abbandonali dall' ai mata di 
mare veneta e rom ana, principiarono a comprendere nel- 
V animo loro quello non essere momento opportuno a 
far pi uova di valore. E vie più si raffermavano in tal 
pensiero divulgato essendosi là entro che Roberto nel 



9 5o ANNA COMNENA 

verno terrebbeli solo con largo assedio rinchiusi, indu- 
giando a combatterli di tutta forza alla vegnente pri- 
mavera. Gli abitatori di Dirrachio, ripeto, commossi 
da queste nuove si diedero a più gravi considerazioni senza 
discoprirsi ad alcuno , ripensando se avessevi mezzo 
idoneo di provvedere alla propria salvezza e non espor- 
si una seconda volta ai mali e pericoli testé sofferti. A- 
gitata lungo tempo entro di sè la faccenda e' vennero 
da ultimo ad unirsi infra loro , manifestando ognuno 
il divisato in sè stesso , e dopo non lungo dibatti- 
mento delle varie opinioni di buon grado convennero es- 
sere il miglior partilo , onde torsi dalle presenti angu- 
stie, quello d' intendersela con Roberto e cedergli a de- 
terminate condizioni la città. Nel persuadere poi e sol- 
lecitare r arrendimento ebbe molta parte in ispecie la 
continua insistenza d' un Cotono da Melfi, il quale con 
molti ricordamene ed ammonizioni fece a) postutto 
accogliere la sua proposta, e decretare che spalancate 
le porte si mettesse Roberto al possesso di quelle mu- 
ra. Questi, entratovi, chiamò dai quartieri d'inverno 
T esercito per ristorarlo , mostrandosi premurosissimo 
non solo dei gravemente feriti, ma ben anche di coloro 
cui il ferro non avea che intaccato la superGcie della 
pelle. Ricercò eziandio con accuratezza quanti e quali 
de'suoi rimanessero spenti nelle date battaglie onde sup- 
plirli , giudicando la disoccupazione del tempo vernile 
opportuna a soldare militi, ed unir a suoi vessilli nuove 
coorti di ausiliarj coli' intendimento, non appena spunta- 
ta la primavera e messo a numero F esercito, di porta- 
re a dirittura le armi contro l'imperatore. Il vittorioso 



* 



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LIBRO QUINTO. o5t 

Roberto lutto festante pel trionfo delle sue armi così In 
pensava, e dispongasi ad operare. 

II. Alessio al contrario vinto, fuggiasco e disforma- 
to dal colpo ricevuto nella fronte, ma più acerbamente 
piagato nel cuore, rammentando la funestissima e lagi i- 
mevole strage con perdita di tanti illustri e valorosi guer- 
rieri morti in quel terribile conflitto, silenzioso, pien di 
mestizia e quasi dalle sciagure smagato si tenea per iste- 
rie ambascia inoperante. Se non che riavutosi ben pre- 
sto da tale inopportuna stordigione tornò quel di prima; 
ed elevato l'animo suo a grandi speranze, non che a prov- 
vedimenti di sè degni, volse ogni pensiero a cercar mezzo 
di riparare i sofferti danni, per rendere generosamente 
nella primavera il cambio dell'ontosa sconfitta ai nemici. 

III. Ambo questi condottieri tanto assomigliavansi 
in commendevoli doti quanto, sarei per dire, nella inten- 
sità dell' odio infra loro e negli ostili risentimenti. L'uno 
e P altro prontissimi erano di mano e d' ingegno, e più 
che idonei a tutte le fazioni e parti della tattica milita- 
re. Mostravansi a simile pieni di acume nelPantivedere, 
destissimi nel celare i proprj disegni, ed esperti nelle 
guerresche bisogne, o fosse mestieri di espugnare una 
rocca, di tramare insidie, o di venire a battaglia in cam- 
po aperto. Spediti li vedevi nel deliberare e così forti 
di braccio, e d'animo intrepido e fermo che sembrava non 
essersi posti giammai dalla fortuna , a maraviglia del 
mondo, in altra guerra sì tanto bene appajati rivali. 
Aveavì tuttavia un punto in cui era uopo accordare al- 
l' imperatore la preminenza , il quale ancor giovincello, 
per non saprei qual precoce abbondanza di valore, su- 



a5a ANNA COMNENA 

perava il suo antagonista nella età perfetta , e minac- 
ciante quasi di scuotere con un colpo di piede Funi- 
verso, e mettere in rolla con solo un grido le falangi. 
Ma siffatte cose debbonsi riserbare ad altri luoghi, poi- 
che avrannovi di quelli premurosi di commendare un 
tanto ingegno impiegandovi tempo e studio corrispon- 
denti al suggello , e non trascurando nulla di quanto 
a reciso noi abbiamo qui esposto. 

IV. V imperatore Alessio, dalo con breve riposo 
qualche ristoro alle durate fatiche, da Acri giunto a 
Deaboli tulio si occupava nel raccogliere gli avanzi della 
strage e nel soccorrere ed assistere i semispenti da tra- 
vagli e dalle ferite quivi affollatisi; spediva inoltre per ogni 
dove banditori all' uopo di avvertire il resto de' fuggiti- 
vi che si raguuassero in Tessalonica. Di più riandando, 
ammaestrato da una triste esperienza, con quanto dispa- 
ri mezzi si fosse cimentato colPesercito di Roberto, e con- 
dannando affatto per V avvenire ogui speranza da lui 
antecedentemente riposta in colai specie non dirò già 
di militi, bensì di timidi bisogni e novissimi nell' arte 
della guerra, prese attentameli te a raccorre e soldare 
aiuti esperti nelle armi. So non che era di grave 
ostacolo a questa esecuzione la mancanza di pron- 
to danaro, nè aveavi in quelle angustie come pro- 
cacciarne, a motivo dell' imprudenlissimo ed inulilis- 
sicno spendio fatto dal suo antecessore Niceforo Bola- 
niale, solto cui narrano essersi trovalo per modo esau- 
sto il tesoro che iuGn le porte de' luoghi destinati a 
custodire il pubblico danaro lasciavansi disserrate ed a- 
perle a chiunque bramasse visitarli , non avendovi piò 



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LIBKO QUINTO. a53 
timore di aescarne menomamente la rapacità. Quindi 
il romano impero , oppresso da miseria e debolezza , 
era in grande scompiglio , non avendovi nè truppe 
sufficienti alia sua difesa, nè danaro all'uopo di recin- 
tarne. A che dunque ricorrer doveail giovine imperatore 
non appena messosi a trattare le redini di così grande e 
mal regolalo dominio? Gli conveniva forse in quel dispe- 
ratissimo trambusto di- cose scendere dal solio regale e 
tornare ad una vita privata? ma facendolo come evitare 
la taccia di pusillanime ed infingardo? £ sebbene tale 
deliberazione fosse avvalorata da onesti motivi, pure im- 
prontato avrebbe nota d' infamia eterna al suo nome , 
quasi per vile timore e indotto dalla coscienza d'un ani- 
mo imbelle ed inerte, non già da commendevole divisa- 
mento preferisse la oscurità d'una oziosa quiete alla reggia 
ed al trono. Il quale disdoro, peggior della morte in per- 
sonaggio così nato e cresciuto, determinollo a proseguire 
nella intrapresa carriera in6no agli estremi-, ad evitare poi 
ogni rimprovero di azioni men degne della trascorsa vita 
e delle precedenti geste risolvè di rinovare a tutto potere 
la guerra, ovunque levando truppe e chiamando in suo 
ajuto, colla speranza di amplissime largizioni, assai va- 
lenti guerrieri, incorandone la fedeltà mediante Pobbli- 
gatoria promessa di ricompense per lo avanti dichiarate. 

V. Fermo in questa determinazione procurò innanzi 
tratto, mandati all'uopo da ogni parte abili messaggi y 
di raccogliere genti ausiliarie con isplendentissima pro- 
posta di assai larghi doni} poscia con lettere e pronti 
ministri sollecitò la madre ed il fratello ad inviargli to- 
sto danaro in qualsivoglia modo raccolto ; eglino avu- 



a5i ANNA COMNENA 

to il comando unironsi a consiglio, ed esaminate e giù* 
dicale prive affalto di speranza le altre vie di compie- 
re V inchiesta ricorsero alla volontaria contribuzione dei 
loro particolari efletti. Mercè di che la totale argentea 
masserizia della madre, del fratello e della imperiale con- 
sorte venne tradotta alla pubblica zecca per essere con- 
vertita in moneta. E qui bellamente apparve lo zelo della 
mia genitrice, la quale prima d'ogni altro e senza il me- 
nomo indugio spogliossi per intiero e con liberalità som- 
ma del prezioso metallo derivatole a titolo di eredità da 
suoi parenti. Grande esempio da lei dato, come opina- 
vasi, onde animare altrui in così grave universale disagio 
alla non curanza delle possedute ricchezze. Laonde pre- 
sala a modello tutti coloro, che per conseguine ita o per 
amicizia univansi ai Comneni, a misura ciascheduno dei 
legami verso di essi e delle proprie facoltadi, offerirono 
maggiore o minor copia d' oro e di argento. Parte della 
quale pecunia in questo modo raggranellala fu partita in 
appresso tra socj addimandanti i meritali slipendj , e il 
di più se l'ebbe Augusto, in quantità non di meuo ben 
minore de'suoi urgenti bisogni. Imperciocché ed i volon- 
tari concorsi nella malaugurata pugna atlendevan il 
guiderdone de' prestali servigi , pronti a ritirarsi non 
riportandolo giusta le concepite speranze, e le genti sti- 
pendiate non solo chiedevano che venisse loro snoccio- 
lato il soldo, ma eziandio aumentato. Laonde speso di 
colpo il raggruzzolato danaro vuoi nel saziare , vuoi 
nel calmare alla meglio le brame de' petenti, oè la cu- 
pidigia di molli essendo aucor satolla, appariva uu vero 
nulla il fallo, ed a chiare note si vedea la fedeltà deU'e- 



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LIBRO QUINTO. a55 

sercito vacillare quaudo noo gli si dessero più copiose 
largizioni; V imperatore adunque costretto da sì grave 
pericolo sollecitava di più in più l'invio di maggiori som- 
me. Cosa per verità molesta, poiché ove dare del capo 
giunti di là dagli estremi ? o a che rivolgersi dopo il vo- 
lontario spoglio de' preziosi metalli fatto dalla casa im- 
periale? I doviziosi a ripararvi teneano senza profitto al- 
cuno lunghe consultazioni, e pur queste avean luogo noti 
meno tra' privati che nel senato all'uopo raccolto. Cre- 
scendo alla fine di giorno in giorno il timore di Rober- 
to e la disperazione d' ogni altro mezzo si opinò di aiu- 
tare la naufragante repubblica ponendo mano, quasi di- 
rei, alla sacra àncora degli ecclesiastici tesori. A non 
mettere pertanto il piede in fallo trattandosi d' inchie- 
sta a malincorpo intesa dal volgo, e' rammentavano gli 
antichi canoni, dai quali veniva stabilito potersi valere 
della sacra pecunia e del sacro vasellame convertito in 
danaro pel riscatto degli schiavi , essendo pur troppo 
quello il tempo. Coociossiachè giacevano per V oriente 
in miserabile cattività sotto infedeli padroni con rovina 
dell'anima ed imminente pericolo dell' eterna salute in- 
numerevoli cristiani. Ai quali agevol cosa era di por- 
gere soccorso addimaudandone il prezzo del riscatto non 
ai più frequentati e celebri templi, ma bensì ai deserti 
ed oramai di nessun profitto; templi che ricolmi d'anti- 
che offerte attendevano solo ed aescavano i repenti- 
ni sacrilegi dV ladri notturni. Quanto meglio dunque 
e più vantaggiosamente adoprerebboosi di tali ricchez- 
ze, fattone danaro, nel condurre un esercito d' imperia- 
li e di confederati a sciogliere una volta i cristiani dalle 
catene de' Turchi! 



a5« * ANNA COMKENA } 

VI. Convenuti di battere questa via il sebastocrato- 
re lsaacio si reca nel gran tempio della Sapienza divi- 
na, e convocatovi il sinodo de' sacri ministri fu accol- 
to coti sorpresa dai patriarcali assessori paventando ove 
andasse a finire quell' improvisa comparsa. Quindi alla 
costoro spontanea interrogazione sull' oggetto della sua 
visita, egli rispose: Vengo a manifestarvi una grave ur- 
genza neir attuale deplorabilissimo stato della repubbli- 
ca, dovendo noi riporre unicamente in voi la fiducia di 
conservare l'esercito. Ricordò poscia gli antedetti cano- 
ni, ed espose come, giusta il suo pensamento, e' non 
ostassero al toccare senza il menomo disagio qualche 
parte delle ricchezze possedute dai templi meno frequen- 
tati dal religioso concorso de' fedeli. Molto disse in pro- 
posito; avvalorando poscia colPaulorità del regno la sua 
facondia non dissimulò che all' uopo Correbbe di forza 
quanto fin qui studiavasi ottenere col disborso. A 
mitigare tuttavia l' odievolczza della tenuta favellane 
accagionò la necessità e la mala fortuna. Vi costringo, 
soggiunse , costretto in prima io slesso ad usare modi 
violenti colpa del calamitosissimo stato dell' impero e 
dell'assai grave pericolo sovrastante al nome romano. 
Egli di questa .guisa ora con prieghi, óra con voce im- 
periosa giunse a guadagnarne il numero maggiore : non 
per certo Metaxa, il quale mai sempre gli si oppose con 
molte cotnmendevoli ragioni, e così alla libera da recar- 
gli offesa, ma il lutto fu vano dichiarandosi i voli a favore 
del sehastocralore. Dalla esposta domanda nulladimeno 
surse motivo di gravi lagnanze contro gli imperatori (vo' 
dire i fratelli Comneni , non dubitando rendere parte- 



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LIBRO QUINTO *5 7 

cipe Isaacio, dalla porpora infuori, di lai nome) \ rancura 
non di que' dì unicamente o del victn tempo , ma ben 
di più lunga durata , ed a fomentarla non fu inerte 
un Leone da Calcide in allora vescovo di mediocre 
dottrina ed eloquenza, ma virtuoso e di rigidissimi co- 
stumi. Questi mirando svegliere dalle porte de' tem- 
pli ne' Calcoprali (i), discosti dalla popolare concorren- 
za e quindi poco frequeutali , lame d' oro , di argento 
ed emblemi vi si oppose, intramettendosi agli operai, con 
liberissima voce; nè udir volle scusa di necessità o ci- 
tazione di antichi canoni. Di più ebbe in costume da 
quinci in poi d' inveire oltraggiosamente e senza ritegno 
contro 1' Augusto sgridandolo presente ogni qual vol- 
ta vedevalo comparire m Costantinopoli, baldanzoso per 
P incredibile pazienza e soavissima piacevolezza, abusan- 
done, d'un principe sordo a cosiffatte villanie. 

VII. Di più, ottenuto avendo Isaacio, alPepoca della 
prima spedizione d' Alessio contro Roberto per giuste 
cagioni la facoltà con senatorio decreto, e con assenti- 
mento de' prelati di chiedere pecunia dalle chiese, in- 
dispensabile per la conservazione dello stato, questi sver- 
gognatamente rifiutandovisi ne riportò coli' ardir suo il 
forte sdegno di lui. Negli anni appresso l'Augusto sofferto 
avendo qualche scacco da parte de' Galli ne fece quindi 
con mille vittorie pagar loro il fio \ talché venne coronato 
ed introdotto trionfante nella città regale. Ma suscita- 
tasi di poi nuova e gravissima perturbazione dall' inoltrare 

' .'• ■ • ' ' 

(i) Nome d'una contrada, ove erano le botteghe de' lavo- 
ratori in rame o bronzo {%*XK9irp*Tnt ramaio). 

Amba Commena. 17 



a58 ANNA COMNENA 

armata mano degli Sciti su quel dell' impero, in perìcolo 
non dissimile ricorrendosi coli' universale approvazione 
all'eguale provvedimento, lo stesso Leone, sempre ad un 
modo caparbio, non arrossi villaneggiare di presenza 
V Augusto bramosissimo che si aderisse all' inchiesta. 
In allora poi caduto il discorso , come suole avvenire , 
sopra i sacri templi, le statue e le pitture , il prelato si 
die a sostenere essere il culto da noi prestato alle ima- 
gini anzi assoluto e loro inerente che di semplice rela- 
zione. E quantunque molte cose fossero da lui dette e 
rappresentate lodevolmente giusta i canoni e la dignità 
sacerdotale , in altre non di meno cadendo in fallo 
venne giudicato di professare poco ortodossi principi, 
nè saprei se la cagione delTerror suo attribuir mi deb* 
ba al fervore delP inattesa disputa , il più delle volte 
trascorrendosi oltre i giusti limiti , o alla volontà di 
opporsi ad Augusto portandogli da pezza malevoglien- 
za , o pure al non conoscere il vero , e qui fondo 
particolarmente i miei sospetti. Poiché egli non avea 
molto studiato nelle lettere, ed inespertissimo era nel- 
l'arte di ragionare , onde può congetturarsi che nella 
contesa gli uscissero di bocca parole meno conformi alle 
teologiche dottrine. Di giorno in giorno poi al ritor- 
no delle circostanze medesime, prendeva in lui vigo- 
re quell'audacia manifestata in parecchi incontri col man- 
car di rispetto senza proprio danno all' imperatore , a* 
vendo soprattutto incitamento questa sua naturale dispo- 
sizione da non picciol numero di spensierati, cui non 
attalentava il governo della repubblica. Egli dunque inet- 
to a moderare cotanto disconvenevole contegno, sfoga- 



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LIBRO QUINTO. 159 
vasi incessantemente colle sue intollerabili ed intempe- 
stive soperchiatile ed ingiurie contro mio padre, il quale 
cercava in cambio ogni mezzo di placarlo, e persuadere 
ne' più affabili modi a correggere in tempo P asserito 
sconsigliatamente intorno alle sacre invagini, e deposla 
ogni odtevolezza a rimeritare la sua grazia, essendo egli 
pronto alla corapensagione degli arredi levati alle chie- 
se , anzi promettendo fornirle di più splendide suppel- 
lettili, e ad espiazione di tal colpa non si rifiuterebbe sot- 
tostare a qualunque legittimo soddisfacimento *, aggiu- 
gneva altresì di aver già compiuto la sua promessa co* 
principali vescovi , di maniera che annoveravali tra 9 
più zelanti patrocinatori della sua causa , come testi- 
moniar lo poteano gli stessi in addietro di lui pro- 
seliti ; ma sordo il prelato alle affettuose dichiara- 
zioni proseguiva ostinatamente a mostrarsi quel di pri- 
ma. Fu dunque uopo ricorrere da ultimo, qual rimedio 
necessario, ad una coudannagione canonica privandolo, 
avvegnaché fornito di molti numeri, dell'occupata sede. 
Nè valse il gastigo a piegarne l'indomito animo , in- 
tento mai sempre a macchinare nuovi garbugli e, provo- 
cando nel clero fazioni, a trarre dalla sua non picco- 
la quantità di sacri ministri. Durando cosà la bisogna 
per molli anni egli rendè all' universale ampia testimo- 
nianza di mal talento e della inflessibile sua capar- 
bietà, mercè di che venue finalmente a pieni voti con- 
dannato all'esilio in Sozopoli presso del Ponto , dove 
per comando imperiale fu accolto con sommo rispetto 
e provveduto in copia d' ogni agiatezza ; se nou che 
afforzando egli ognora la sua ostinazione e vie più- in- 



a6o ANNA COMNENA 

durando l'animo nello sdegno una volta concepito ver* 
so l'Augusto non volle menomamente profittare delle ge- 
nerosissime cure} ma intorno a ciò basti. 

Vili. Alessio intanto era assiduo nell' esercitare in 
tutte le militari funzioni le numerose truppe di fresco tor- 
nate sotto gl' imperiali vessilli ( poiché non appena di- 
vulgatosi il salvamento di lui molti vi accorsero), ammae- 
strandole nel maneggiar bene il cavallo, nel trarre d'ar- 
co a segno, nel procedere colle armi in pugno contro 
i nemici e nel fare opportune imboscate. Avea inoltre 
spedito nuovi ambasciatori al re d'Alemagna, sotto gli 
ordini d' un Metimne con lettera ed ammonizioni ten- 
denti a indurlo, troncato ogni indugio, di muover 
contro alla Longobardia, giusta le convenzioni infra di 
loro stipulate. Di colpo adunque porterebbe le armi su quel 
di Roberto , onde , ritratte le costui forze dal romano 
impero per la necessaria difesa de' proprj stali, e' po- 
tesse respirare alcun poco, ed assoldate genti ausiliarie 
prepararsi a respignere da tutta la regione illirica il ne- 
mico* Che se il re alemanno aderisse a prestargli in que- 
sta facilissima guisa il suo aiuto obbligerebbelo somma- 
mente, e ne avrebbe in compensagione ogni maniera di 
servigi e benefizj \ innanzi tutto strigo erebbesi quell'af- 
finità che i legati suoi aveano manifestato graditissima 
alta regal persona, e della quale partendosi recarono 
seco la speranza. 

IX. Disposte così le faccende e lasciato quivi il gran 
domestico Pacuriano, Alessio prende la via della metro- 
poli per raccogliervi con più agio da tutte le parti au- 
siliarie truppe, e mettere in assetto parecchi affari addi- 



LIBRO QUINTO, a6i 

mandati dal tempo e dalle presenti circostanze della re- 
pubblica. Intraltanto Xanta e Caleone, manichei, unita- 
mente ai loro militi , due mila e cinquecento di nume- 
ro, a capriccio e senza addurne motivo abbandonano 
V esercito , c richiamali più e più volte per lette- 
re dal Comneno promettono bensì di raggiugnerne 
le bandiere, ma prolungano all'infinito lor tornata, 
avvegnaché sollecitati premurosamente dal sovrano 
coli 1 offerta di largizioni ed onoranze} tulio fu inutile, 
neppure a tai patti curandosi di mantenere la data 
parola. Mentre poi nell'antedetto modo P imperatore 
dispone gli affari contro Roberto, ecco giugnere a costui 
un trepidante messo colla notizia che le armi del re En- 
rico erano per entrare nelle terre d'e'Longobardi. Egli 
allora seriamente occupatosi del ricevuto annunzio, 
e rimaso qualche tempo nelP alternativa di contrai j 
pensieri, colla massima diligenza esaminando il partito 
migliore da prendere, al postutto rimembrò che fin da 
quando si pose a capitanare la spedizione verso P Illiri- 
co fregiato avea delP italiana signoria il figlio Kogerio, e 
non assegnato regione alcuna a Baimundo, sulla quale 
potesse questi esercitare un supremo dominio \ il perchè 
ragunati a consiglio i conti e gli illustri personaggi di 
tutto P esercito, ascese più elevato luogo per arringarli 
del seguente tenore: 

Voi ben sapete, o conti, che al passar nell'Illirico 
fidai al carissimo e primogenito mio figlio Rogerio un 
assoluto potere sopra tutti gP italiani miei possedimen- 
ti, non estimando conveniente di abbandonare , al di- 
lungarmene per così grande e periglioso intraprendi- 



»6? ANNA COMNENA 

mento, il proprio e quasi natale suolo privo di custode 
o capo, ed esposto alla cupidigia di chiunque osato a- 
vesse , non altrimenti che ad apparecchiata preda , 
volgervi il piede. Or bene, con tale speranza il re ale- 
manno accingendosi di presente ad occupare con podero- 
sissimo esercito i nostri possedimenti , come ci viene 
confermato da incontrastabili pruove, noi al certo dob- 
biamo procurare di antivenirne i tentativi. Impercioc- 
ché quale scusa potremmo addurre se mentre siam tutti 
nel conquistare V altrui, comportassimo con vile infin- 
gardaggine di essere spogliati del fatto nostro? Io adun- 
que mi assumo questa laboriosissima parte delV ope- 
ra } io sì, io stesso m'affretto a portare le armi contro 
V Alemanno, ed affido al mio più giovane figlio, che qui 
vedete, Dirrachio, Anione, e le rimanenti città ed isole, 
di già in nostro potere, quantunque non ancora condot- 
tò a fine la guerra , come anticipati premj e favorevoli 
pronostichi di maggiori in avvenire. E qui, ad assicu- 
rare il prospero e compiuto loro avveramento, prego e 
scongiuro voi tutti che vogliate ritenerlo un altro me 
stesso, e vi adoperiate, del pari che vi comportaste meco, 
a proteggere colla massima valentia delP animo vostro 
la sua causa e salvezza. A te poi, carissimo figlio fvol- 
losi a Baimundo), con autorevole e paterno affetto ordì* 
no e raccomando di trattare con ogni onoranza e ri- 
spetto i conti , valendoti de* loro consigli per modo 
che nulla tu imprenda senza avere da prima ri- 
chiesto il parer loro , e voglio^ in virtù di tal precetto, 
che non abbi giammai da posporrle i divisamenti ai 
tuoi, comunque opportuni ed accorti sieno da te reputati. 



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UDRÒ .QUINTO. 26S 

* 

Ma soprattutto raccontandoti quanto so e posso di at- 
tendere alla romana guerra, non istancandoti in alcun 
tempo e per qualunque motivo di pensare ad essa; ri- 
peto alla romana guerra da noi già condotta a buon 
porto, ed a te ora commessone il fine. Qui sta Topera 
tua, poiché il Comneno vinto in una grande battaglia, 
campato a stento dalla gravissima e quasi generale stra- 
ge de* suoi militi, opina di aver molto guadagnato col' 
P essersi potuto sottrarre, in mezzo a cotanto scompi- 
glio, dalle nostre mani salvo da morte, o prigionia. Non 
rallentare no la foga e V impeto della guerra, solcita, 
avventati contro lo sconfitto nemico, paventando non 
egli, avuto campo di rafforzarsi, tomi frodolente a mac- 
chinare vendetta del sofferto rovescio , e dallo stesso 
duolo e sentimento del proprio scorno prenda con magr 
gior furore a combatterci. Egli non è, credimi, uom co- 
munale o da vilipendersi impunemente ; cresciuto da fan* 
ciullo infra le guerre e le battaglie scorse vincitore V o- 
riente e P occaso, ne ignorar devi quanti potentissimi 
tiranni sotto i precedenti Au gusti fossero dalle sue ar- 
mi e dal suo braccio vinti e menati seco ia catene. Ora 
se tu non tieni ben aV occhio sì forte rivale, se non lo 
guerreggi con ogni tuo mezzo ih breve l'operato da me 
a grande fatica e travaglio di mente si ridurrà con tuo 
danno e per tua colpa in nulla; ripeto con tuo danno,poi- 
chè adoperando altrimenti, che Dio non voglia, assapo- 
reresti lungo tempo gli acerbi frutti della tua pigrizia. 
Saluto con queste parole ed ammonizioni te, o figlio, e 
voi tutti, o conti, di fretta incamminandomi a nuovi pe- 
rigli ed a nuova guerra, bramoso di respignere V Ale- 



*64 ANNA COMNENA 

marino dai nostri confini, e di mantenere e raffermare 
nel mio carissimo figlio Rogerio i possedimenti da me 
in addietro ricevuti 

X. Terminata V aringa e' monta su d' una felucca, 
e navigando alla opposta longobardica piaggia approda 
in brev' ora a Salerno (città mollo prima dagli aspiran- 
ti al comando sopra quel tratto di paese scelta a stan- 
za della curia e della corte ducale, quasi diremmo a me- 
tropoli di tutto il principato); quivi attese in quiete a far 
leve di militi, ed a raccogliere ovunque per entro i suoi 
confini ed infra le genti da lunge gran numero di va- 
lentissimi guerrieri. Enrico intanto per non fallire di 
fede a mio padre si disponea a metter piede in 
Longobardia; Roberto, informatone, corse a Roma col- 
1' intendimento di unire le sue truppe alle papali, e quin- 
di procedere con maggiore speranza di felice successo 
a tenere indietro da' suoi confini il nemico. Aderitovi il 
pontefice muovono ambedue colfesercito all'uopo d'im- 
pedire gli assalimeli del re, alle cui minacce tuttavia 
non corrisposero i fatti, perocché l'annunzio delle orien- 
tali notizie riguardanti il mal fine delT imperiale batta- 
glia (da cui Alessio, perduta la massima parte delle sue 
genti ed in più luoghi ferito, erasi appena sottratto la 
mercè del suo coraggio e d' un eroico valore non dis- 
giunto dall'assistenza del Nume e di lutti i santi), avea- 
lo per guisa raffreddato, chVrisolvè darsi a migliori con- 
sigli, non estimando necessario o prudente lo incontra- 
re sì grave aringo privo d' una idonea malleveria di spe- 
ranza o di evidente buona riuscita in esso. Laonde ri- 
valicò di fretta i proprj confini, ascrivendo a mezza vit- 
toria 1' essere (ornato indietro sano della persona. 



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LIBRO QUINTO. 565 

XI. Roberto impossessatosi tic' regali accampamen- 
ti non mise gran conio nel seguire egli stesso le orme 
del fuggitivo, ma fattone il comando a guerrieri scelti da 
tutto r esercito e posto a sacco il campo nemico pigliò 
ad uno col pontefice la via di Roma, donde, conferma- 
to in prima il suo alleato sul trono papale, e da lui no- 
vamente riportato il regal titolo, fé' ritorno a Salerno 
ristorandosi quivi con breve riposo dalla fatica di tante 
guerre. 

XII. Baimundo poco stante presentasi al genitore 
manifestando coli' abbattimento del suo volto la rancu- 
ra d'un malaguiato successo, riserbandoci ad esporre 
in seguito come andasse la bisogna, e qual si fu l'esito 
della guerra da lui capitanata. All'orgoglioso giovine ri- 
luaso nell' IJlirico, meno per gli ordini paterni che per 
secondare il violento suo naturale, parean mille anni ve- 
nisse il momento di battagliare coli' imperatore'. Piglia- 
te dunque seco le truppe, i romani disertori (gente non 
tutta del volgo avendovi gran numero di chiari perso- 
naggi, i quali usciti di speratiza sulT avvenire delle im- 
periali faccende abbandonarousi alla sorte del vincito- 
re passando a militare sotto i latini vessilli) ed i prefelli 
delle città venute in poter di Roberto, si diresse, perla 
via di Bagenetia, a Giannina, ove circondati di fosso gli 
adiacenti vigneti distribuì I' esercito in adatte stazioni e 
pianlovvi entro le tende. A simile rinvenute le mura e 
la rocca della città poco solide, e mezzo distrutte pose 
ogni studio nel risarcirle; costruì di più altro ben mu- 
nito fortilizio iu quella parte della cinta da lui ritenuta 
di preferenza idonea all'uopo, mettendo inlratlatito a 



966 ANNA COMNENA 

ferro e fuoco le città e terre alP intorno col mandarvi 

di continuo predatori. 

XIII. L'Augusto a tali nuove raccolto senza perder 
tempo e con diligenza somma P esercito abbandona di 
volo, correndo il mese di maggio , Costantinopoli , ed 
arrivato in un subito a Giannina ebbe dal nemico pieno 
agio di appiccare battaglia, ma prima di esporsi ad una 
impresa da cui dipenderebbe ogni sua fortuna, volle con 
iscbermugi tastare il valore e la bellica perizia di Bai- 
mundo. Era poi venuto a questa risoluzione consideran- 
do il piccol numero delle sue truppe a petto del nemi- 
co esercito di gran lunga maggiore in ogni arma, e quanto 
occorsegli di vedere nell'ultimo conflitto con Roberto, 
vo' dire V irresistibile urto della cavalleria gallica nel 
dar principio alla zuffa. Scelti però da tutte le sue gen- 
ti drappelli di coraggiosi guerrieri spignevali tratto tratto 
ad arcare da lunge contro il nemico, a Gne di pronosti- 
care in qualche modo e col minor pericolo dall'evento 
dei singolari badalucchi la speranza e la sorte d'un ge- 
nerale conflitto , e così prendere con più sicuro e pru- 
dente consiglio a far giornata. Ordinatisi dunque ambo 
gli eserciti di fronte ed infervorati P uno e T altro di 
combattere , Alessio intento mai sempre ad escogitare 
opportuno mezzo di render vano il primo impeto del 
gallico assalimento immaginò resistervi del suo meglio 
collo stratagemma seguente. Approntati leggieri carri e 
conficcatevi falci in minor quantità della comune usan- 
za, vo' dire nou più di quattro ad ognuno di essi, li 
fa montare da genti loricate, ammonendoli che sì tosto 
veduto il nemico inoltrare a fiacca collo , e 1 moves- 



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LIBRO QUINTO. 367 
5ongli contro, il che necessariamente romper dovea l'unio- 
ne della falange, e lo stretto collegamento delle truppe. 

XIV. Il sole infra le nubi ferendo co 9 suoi primi rag- 
gi 1' orizzonte segua 1' ora della battaglia. L'imperatore 
schierato I' esercito va ad occuparne il centro. Baimun- 
do pronto a ricevere la sfida e ben esperto Dell' evita- 
re le insidie, quasi in piena saputa degli ostili macchi- 
namene dispone 1' esercito come addimandavan le cir- 
costanze. Divisolo pertanto in due corpi, e lasciato va» 
cuo nel mezzo lo spazio che percorrer doveano i carri , 
assale da ambo i lati le romane forze. Nasce mischia 
tra falangi e falangi, oste con oste viene alle prese, molti 
da quinci e da quindi traboccano spenti a terra. Da ul- 
timo dichiaratasi per Baimundo la vittoria , intrepido 
l'Augusto a mo' di torre, avvegnaché tutto all'intorno 
assalito da frecce e dardi, ora spronava, infesto cavalie- 
re, a combattere i Galli di contro, lottando seco loro, 
uccidendone e riportandone di rimbecco percosse} ora 
chiamava indietro con alte grida i fuggenti. Se non che 
mirate alla fine le sue falangi battute ed in pezzi, risol- 
vè di provvedere a sé stesso, non già per vile timore 
della morte, o, come è agevole di supporre in così gra- 
ve trambusto, per turbazione d' animo indocile ai sug- 
gerimenti della ragione , ma per avveduto e generoso 
consiglio di conservarsi a nuove speranze e maggiori pe- 
rigli. Imperciocché nell' attuale sua posizione ritirando- 
si concepiva fiducia di assalire con miglior sorte dopo 
qualche tempo i Galli, e ricambiar loro le sofferte stra- 
gi. Ora nell' arretrarsi con pochi de' suoi, gettato 
lo sguardo sopra alcuni Galli , ratto dimentico della 



q68 ANNA COMNENA 

mala fortuna, da perdente addivenne risoluto aggresso- 
re, ed a riciso incorati i compagni conduceli a quella vol- 
ta,, sia per incontrarvi pronta morte, sia per averne glo- 
riosa vittoria. Fattosi adunque innanzi atterra piagato 
da mortale colpo uno di essi, e quanti eran seco me- 
desimamente, ciascheduno a tenore delle proprie forze, 
mettono a pruova il coraggio loro nel combattere gli 
altri tutti che poterono arrivare, imbuondato ferendone, 
e costringendo il resto a precipitosa fuga. 

XV. Di questo modo l' imperatore superate molte e 
gravissime traversie libero da offesa nella persona, giun- 
se per le Slrughe in Acri. Quivi raccozzato sufficiente 
numero di fuggiaschi, e datone il comando al gran do- 
mestico (1) procede a Bardare, non indottovi da bra- 
mosia di riposo e quiete, alienissimo dal porre i vantag- 
gi del supremo comando nel cessare dalle fatiche e nel- 
V abbandonarsi largamente ai piaceri della vita, ma per 
riparare le sofferte perdite e supplire V esercito di nuo- 
ve reclute scelte infra' cittadini e confederati , colle 
quali riprendere di colla e meglio agguerrito novamente 
la guerra, come fu il caso. Nell'apprestarsi poi alla bat- 
taglia escogitò un che idoneo a comprimere P insupera- 
bile impeto della cavalleria gallica, onde più di leggie- 
ri uscir del campo vittorioso. Al qual uopo nella notte 
precedente alla pugna fé' spargere sul terreno destinato 
all'aringo ferrei triboli (2), sperando che le piante de' 

(1) Capo de' militi pretoriani appellati domestici. V. Ni- 
cola. - Vita di Giovanni Comneno, cap. 11. 

(a) Così nomavansi anticamente alcuni ferri con quattro 
punte, che seminati per le strade trattenevano il passo alla ca- 
valleria nemici. 

♦ 



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LIBRO QUINTO. 069 

palafreni montati dai Galli, addivenuti costoro giusta l'u- 
sanza impetuosi aggressori, vi si dovessero impacciare e 
ferire, tenendosi fra tanto gli imperiali , consapevoli del- 
l'insidia, lunge di là e fermi nell'ordinanza, né s'av- 
vierebbero a combattere se prima non vedessero il ne- 
mico in confusione per lo impensato stratagemma. Di più 
il Comneno disposto avea die venendo il destro alle sue 
milizie, travalicati i proprj limiti , di rendere operose le 
armi loro si dividesse lo schieramento in due parti, 
le quali pe' lati dell'insidioso campo, 'senza méttervi 
piede sopra, moverebbero a battaglia. Ingiunto avea del 
pari ai peltasti (1) di avventare a tutta pruova foltissimo 
nembo di frecce contro a'Galli , nel mentre che il destro 
e sinistro corno, serbando ciascheduno il suo posto, ireb- 
bero di fo"a ad assalirli. 

XVI. Ma che giovarono ad Alessio trovati di sì grande 
sapienza , avendone tosto avwiso Baimundo, presso cui 
aggravasi occulto stuolo di traditori perfidamente dili- 
gentissimi nel renderlo, scomparse appena le tenebre , 
consapevole dello statuito da lui nella precedente sera 5 
ne il duce vi negava fede, o rimaneasi in forse nell'evi- 
tare le udite insidie mutando a vista l'ordinanza. Laonde 
schiera l'esercito per venire alle armi in parte e modo 
beo diversi dal fin qui praticato , poiché noto essendo- 
gli l'animo di mio padre forma pur egli delle sue truppe 
due corpi e comanda loro di attaccare gli imperiali ; 
ordina eziandio al centro ed alla fronte dell'ordinanza di 

(1) Militi che riportatati questo nome dal piccolo scudo 
di cuojo (jtiAh) proprio dell'armamento loro. 



a 7 a ANNA COMNENA 

non mover piede , quasi in aspettazione che il nemico, 
inoltrando per la malconcia pianura, traesse lor con- 
tro; tali furonne i provvedimenti. Più non vi volle per- 
chè le romane truppe , illuse e dichiaratesi vinte dal- 
l' impeto latino, dessero volta , non osando , sbigottite 
dalla tema di nuova strage, cimentarsi col nemico a furia 
in cammino per combatterle. Va dunque in «scompiglio 
l'imperiale schieramento, l'Augusto indarno mostrando la 
consueta fermezza , e col braccio e colla mente ope- 
rando mirabili cose; uè pago di rimanersi intrepido sfi- 
da chiunque gli si para innanzi , feritore e ferito 
ad un tempo. Al vedere infine sciolto V esercito e sè 
stesso da ben pochi difeso , giudica officio suo il non 
pericolare da vantaggio senza profitto alcuno , irrazio- 
uabile essendo il pretendere che stanco , privo affatto 
di speranza e di aiuti si ostinasse, ponendo la propria 
salvezza a tristissimo partito , di far petto a vittoriose 
genti. Laonde osservato in piena rotta il destro e 
sinistro corno de 1 suoi , e sostenuto alquanto da solo 
tutto il peso e P urto delle schiere latine, risolvè 
dare ascolto ai suggerimenti della sua prudenza col sot- 
trarsi dal pericolo, a occhi veggenti vano addivenuto 
essendo il concepir speranza di miglior fortuna, per tornare 
quindi a nuove battaglie ed a uuovi rischj. Non ristava poi 
in quella penosissima ritirata di formare sublimi pensieri 
tendenti a riprendere con miglior sorte la guerra per 
costringere Baimundo a pagare il fio di tutte le sofferte 
stragi , talché appariva iti certo modo vinto ad un tratto 
e vincitore, anzi persecutore che fuggitivo, incapace di 
bandire dall' animo una generosa fiducia , o abbaudo- 



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LIBRO QUINTO 071 

narsi alla disperazione. Era per verità grandissima la sua 
fede nel Nume , avendolo uell' oprare di continuo pre- 
sente. 

XVII. Uscito di speranza, come scrivea, della vitto- 
ria, nel dare le spalle a briglia sciolta osservando alle 
sue peste i Latini con parecchi valentissimi conti , vol- 
tosi a Guleu ( da molta pezza suo fido paternale servo) 
ed agli altri ben pochi militi seco : Donde mai , disse 
loro , e iusino a quando fuggiremo? Proferite queste 
parole gira il cavallo, ed impuguata la spada ferisce 
nel volto il primo spintosi innanzi ad affrontarlo. I 
Galli testimouj del fatto, vedendolo nulla curante la 
propria vita e memori della impossibilità di viucere 
chi nutre pari coraggio, dimesso il peusiero di tener- 
gli dietro-, sostarono lor via \ l'Augusto opportuna* 
mente profittandone continuò ad allontanarsi con auiuio 
sempre così iroperturbato e tranquillo che al rincontrare 
drappelli de' suoi fuggiaschi parte ne richiamava a sé , 
parte ne sgridava , sebbene le molte volte e' finges- 
sero di non udirlo. Trattosi la Dio mercè da cotanto 
scabroso impaccio raggiugue la città regale , costante 
nel suo proposito di mettere a numero l'esercito e quindi 
rinnovare la guerra. 

XVIII. Baimundo, nella persuasione di aver piena- 
mente soddisfatto al comando paterno d'incalzare colle 
armi Alessio, estimò propizio il tempo di accingersi 
alla espugnazione delle fortezze. Conferita aduuque la 
capitananza d' un sufficiente numero di militi ai duchi 
Pietro d' Alifa e Puntese mandolli per differenti vie ad 
occupare le città, volcudo contemporaneamente in più 



a 7 * ANNA COMNENA 

luoghi far pruova delle sue armi. Pietro <T Àlifa in un 
subito conquistò i due Poleobi , e Puntese ridusse in 
suo potere Scopia. A Baimundo stesso , chiamato di 
molo proprio dagli Acriesi vennero aperte le porte della 
città 5 se non che resistendo il forte vegliato da 
Ariebe, egli dopo fattovi non lungo soggioruo colla vana 
speranza di espugnarlo passò ad Ostrobo. Respinto 
pure di là giunse per Sosco ed i Servii a Berrea, e ten- 
tativi a simile indarno molti luoghi, da ultimo pe' Bo- 
dini avviossi a Moglena , ove fortificò un castello ab 
antico smantellato, e postovi di guernigione idoneo pre- 
sidio sotto gli ordini d'un conte nomato Saraceno gì' in- 
giunse di non perder d'occhio il paese infino a Bardare. Di 
poi camminò alle così dette Aspere Chiese, rimanendovi 
pel correre d' un iutiero trimestre. 

XIX. Fu scoperta in quel mentre una congiura di 
tre illustri conti, Puntese, Reboldo e Guglielmo, i quali, 
comunicatisi a vicenda i loro disegui, statuito aveauo di 
favorire le parti imperiati. Puntese udita la tradigione 
del segreto loro con precipitosa fuga riparò presso PAu* 
gusto , e gli altri due ebbero comando in conformità 
della gallica usanza di purgare lor colpa duellando; 
Guglielmo uscitone colla peggio fu ritenuto confesso e 
sentenzialo alla perdita della vista. L' altro venne di- 
retto a Roberto nella Longobardia , ove soggiacque al- 
l' eguale supplizio. Partitisi in seguilo i Latini dalle A- 
spere Chiese pervennero a Castoria, ed il gran domesti- 
co avutane contezza occupa Moglena, ove spento Sara- 
ceno abbatte dalle fondamenta il castello. Baimundo , 
informatone, da Gastoria passò nelle vicinanze di La- 
rissa col proposilo di svernarvi le truppe. 



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LIBRO QUINTO. a 7 5 

XX. L' imperatore messo piede, giusta il narrato , 
nella città regale senza requiare un istante, così portando 
Ja vigile ed attivissima sua indole , diedesi tosto a rac- 
corre truppe, come divisato avea nell'affrettare il passo 
verso la capitale. Chiese pertanto al sultano aiuti retti 
da condottieri non meno periti nella tattica militare che 
di lunga pratica nelle guerresche fazioni, ed ebbene sette 
mila Turchi sotto gli ordini di valentissimi duci , nel 
cui numero Camire superava ogni altro per età ed espe- 
rienza nelle armi. 

XXI. Intanto poi che egli si applicava ad ap- 
prestare la guerra Baimundo staccata una punta di ar- 
mati dall'esercito, riduce con iscorrimento di lutti i 
Galli catafratti seco militanti in poter suo Pelagonia -, 
riunitili poscia alle altre genti ed impossessatosi di Tri- 
cala spedisce eletta schiera, fior di guerrieri, ad occu- 
pare con repentino assalimento Tzibisco. Di là condotte 
le truppe verso Larissa e tornato a raccogliere V eser- 
cito rizzò le tende presso la chiesa del gran martire 
S. Giorgio, da dove, cinte le mura di vallo , cominciò 
ad assediare la città. Eia questa sotto il reggimento di 
Leone Cefata , il cui padre da gran tempo dato avea 
pruova di onoratezza e di molto acume d' ingegno nel 
maneggio degli affari domestici al genitore di Alessio , 
ed il figlio , non tralignante in conto veruno dalle pa- 
terne virtù, era pervenuto a difendere con sommo va- 
lore durante un semestre quelle mura dagli assalti e dalle 
macchine ostili. Egli infin da principio inviava messi ap- 
portatori di lettere annunzianti con precisione V arrivo 
e le ostilità de' nemici ad Alessio, il quale avrebbe con 

Anhà Comnewa. 18 



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a 7 4 ANNA COMNENA 

ardore bramato di correre subito ad aiutarlo. Giunto 
non di meno il senno a moderarne la foga, estimò avviso 
migliore l'attendere innanzi tratto al riordinamento del- 
l' esercito levando ogni dove mercenarie truppe, e non 
appena giudicatolo a bastanza forte, armati ed agguer- 
riti quanti per lo addietro e di fresco militavano sotto 
le sue bandiere, eccolo da Costantinopoli ed alla testa 
di nuove milizie avvicinare Larissa battendo la seguente 

* 

via. Disceso il colle nomato de' Celi j , a destra lasciando 
la ^pubblica strada , il poggio dai nativi detto Cissa- 
bo Exeban ( borgo Blachico situato presso Andronia ) 
e passato altro borgo avente nome Plabitia , vicino 
ad un fiume egualmente detto pose il campo, munen- 
dolo, come si volea , cou fossa e steccato ; quindi par* 
titone si trasferì negli orti di Delfina. 

XXII. Giunto di là a Tricala riceve lettera del pre- 
fato Leone scritta in questi liberi termini: Sappi, Au- 
gusto, aver io fin qui , come potea il meglio e con som- 
mi sforzi, salvato la rocca da te commessa alla mia 
custodia. Ora siamo agli stremi $ poiché mancata la 
vittuaglia comune ai cristianie voltici ad abbiettissi- 
ma e fuor d'uso, pur di questa al dì d*oggi patiamo 
diffalta. Se dunque hai mezzo e volontà di farti pronto 
nostro aiutatore ne renderemo infinite grazie al Nume $ 
altramente dichiaro compiuto il dover mio. Vuol giù* 
stizia del resto che siamo da te autorizzati ad eseguire 
quanto inforza delle circostanze andiamo pensando (Id- 
dio il dica per me\a qualpro ostinarci in una lotta con» 
tro alla possa ed al volere della natura ? ) Divisiamo, 
ripeto, aprire le porte al nemico, bersagliati da lui 



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LIBRO QUINTO. a 7 5 
non solo cogli assalti, ma col toglierci , fuor di 
ogni esagerazione, lo slesso respiro. P' ?ggomi pur in» 
felice l poiché discendendo a così grave sqiagura e di- 
sonoranza vo in fe mia ad incontrare maledizioni , la 
grandezza delV infortunio avendo a confine V astio della 
colpa. Ma come sottrarmi da così penoso frangente? se 
non per ventura, condonami T ardimentoso detto , ag- 
gravando la maestà tua di cotanto sinistro , dacché 
tuoi essendo e per cagion tua e colla speranza in le ri- 
dotti alla massima fievolezza e logorati dai lunghi 
disagj della fame e della guerra* se rotto ogni indugio 
non /' affretti , potendolo* di sollevarci, a stento evite- 
remo la macchia di traditori » . 

XXIII. Di tali aonunsj avveguachè tenessero in 
profonda agitazione V animo dell' Augusto non seppero 
indurlo a correre precipitosamente il rischio d' una bat- 
taglia , poiché sperimentato avendo più e più volle ed 
oltre il bisogno il valore latino , concepir non potea 
molta speranza di riportar vittoria in regolare e sem- 
plice giornata campale. Rivoltosi pertanto ad implorare 
V aiuto divino , e tutto un di passato in altissime consi- 
derazioni, si diede nel suo interno a indagare se fossevi 
mezzo di vincere con agguati e stratagemmi. Preso dun- 
que a compagno un Larisseo profittava de' costui lumi 
onde conoscere distintamente i luoghi che lo sguardo 
esploratore a cagiooe dell' intervallo non potea di per sè 
stesso conoscere. Proseguendo poi a ragionare seco lui, 
e additando là dove gli occhi d'entrambi eran volti, di- 
ligetitementc addimandavagli se in qualche parte aves- 
sevi spelonche, o valli, od altre non conosciute latebre;' 



276 ANNA COMNENA 

tramontato alla fine il sole si abbandonò, stanco dai 
lunghi travagli del giorno, ad un placido e profondo son- 
no, durante il quale ha da visione felice presagio della 
vittoria. Stare gli parve nel tempio del gran martire De- 
metrio e udirne queste parole: Non ti penare , non pian- 
gere, domani vincerai. E sembrava gli che la profetica 
voce alle sue orecchie pervenisse da altra delle imagini 
sospese in elevato luogo del tempio, e rappresentante il 
prelodato martire. Destatosi ricolmo di gioja per così lie- 
to augurio indirizza ferventissimi prieghial Santo, botan- 
dosi che se col patrocinio di lui, giusta le concepite 
speranze, riportasse vittoria di subito n'andrebbe al 
tempio, ed alquanti stadj lunge da Tessalonica balzato 
giù di sella procederebbe pedone a ringraziarlo dell'ac- 
cordatogli soccorso. 

XXIV. Ragunati poscia e duci e tribuni , e tutti gli 
aventi seco legami di parentela richieseli di consiglio 
intorno alle presenti bisogne, e portovi orecchio espose 
da ultimo quanto ritenea per lo migliore. Essere, vo' di- 
re, ottimo divisamento ed al buon esito della guerra 
idoneo I 1 affidare a' suoi propinqui il governo di tutto 
r esercito, sommettendoli non di meno a Niceforo Me- 
lisseno ed a Basilio Curticio, detto eziandio Gioannace, 
originario d 1 Adrianopoli, ed annoverato infra gl' illu- 
stri e famosissimi duci per valentia e perizia nelle armi. 
Ne verrebhon loro consegnate le sole truppe, ma in uno 
con esse le insegne dell 1 impero e dell 1 imperante. Feceli 
di più accorti che nel mettere in ordinanza V esercitò 
e' dovessero compiutamente seguire le forme e guise da 
lui praticate nelle antecedenti battaglie, principiando in 



V 

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LIBRO QUINTO. 2 77 
lontananza gli arcadori ad avventare frecce , per ispi- 
gnere quindi a suon di tromba l'intero esercito contro 
a' Latini. Avvicinali di poi gli scudi e venuti alle prese 
e' volterebbero d' improvviso gli omeri simulando pre- 
cipitosa ritirata verso Licostomio. A tali disposizioni 
fecero impensato plauso co' nitriti loro i cavalli tutti a 
servigio delle truppe, eccitando generale stupore, ed a- 
vendosi incontanente dall'Augusto e dai più versati nel- 
la divinazione quale propizio augurio delle cose avve- 
nire. 

XXV. Sul calar delle tenebre il Comneno, alla te- 
sta di valentissimi guerrieri espressamente eletti, partitosi 
dal campo a destra della rocca di Larissa e messo piede 
nelle gole del Libotanino si recò, valicando il Rebeuico 
e battendo la via d' Allage, nome del luogo, a sinistra 
della prefata rocca. Quivi nelT esaminarne la regione 
aocchiatovi un basso terreno quasi valle, statuì di pro- 
fittarne per rimanervi in agguato. I duci del romano e- 
sercito poi, ondV riuscisse con maggior sicurezza e sen- 
za darne il menomo sentore ai Latini ad eseguire il 
divisato proposito, al momento di sua andata verso la 
foresta del Libotanino conducente all'insidioso luogo in- 
viarono più coorti ad assalire il nemico, e fattosi questo 
ad incontrarle si venne alle armi nella pianura, nè ebbe 
termine il battagliare infinoattantochèla sovrastante not- 
te costrinse le due fazioni a retrocedere nelle proprie 
trincee. L' Augusto giunto ove tendea ordinò alla genie 
seco di scavalcare, e tenere, posto il ginocchio a terra, 
le baiglie nelle mani, dandone egli stesso l'esempio, ac- 
rostatosi ad un arbusto di camedrio fortunosamente rin- 



i 7 8 ANNA COMNENA 

venuto, ove colle redini ravvolte al pugno si giacque 
genuflesso e boccone il resto delle ore notturne. 

XXVI. Baimundo all' apparir del sole mirando il 
romano esercito in ordine di battaglia, ed i segnali tra 
le schiere indicanti la presenza del sovrano ed il posto 
da lui occupato, le aste intendomi dagli argentei chiovi, 
ornamento sol proprio alle guardie del corpo, ed i ca- 
valli con purpurea bardatura, fermo nel credere che ivi 
stesse mio padre, v' attela di contro le sue truppe, for- 
matine due corpi, l'uno da sè medesimo capitanato ed 
eletto a duce dell' altro Briennio, originario del Lario , 
d' illustre schiatta e pur detto conostaulo. Ordinato non 
altrimenti l'esercito procede egli stesso qual igneo tur- 
bine, giusta la maniera sua, e tutto baldanzoso per la 
speme di ricco bottino ad assalire la fronte delle roma- 
ne falangi , ove caduto in inganno per la bugiarda ap- 
parenza de' segni, credea in allora trovarsi l'Augusto. 

XXVII. I Romani memori degli ordini avuti pigliati tosto 
la fuga, ed egli con fierezza somma ne calca le orme punto 
non rallentando l'impeto usato nel dar loro addosso fermi 
in ordinanza. Mio padre spettatore delle nemiche mosse 
non appena congetturò il rivale ben lunge dal campo 
salta in arcione e comandato a 9 suoi di fare altrettanto 
sorprende gli steccati de' Galli, ed uccisene le numerose 
guardie pone il tutto a sacco. Rivolto quindi il pensiero 
e lo sguardo all'esercito vedelo sempre fuggiasco e eoa 
Baimundo e Briennio V un dopo l' altro alle spalle. 
Fida allora subitamente a Giorgio Pirro , celebras- 
simo arcadore, numerosi e scelti cetrati perchè di cor- 
sa inoltrino a combattere Briennio, guardandosi non di 



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LIBRO QUINTO. a 7 o 

meno dall' appressare i Galli e dall' appiccarvi zuffa a 
breve distanza, ma solo da lunge ed in ispecie contro ai 
loro cavalli avventerebbero denso nembo di strali, fi- 
glino adunque venuti a tiro d' arco ne percuotono con 
fortissimo saettamenlo i destrieri apportando grave pe- 
ricolo e danno alle genti in sella. £ per verità come 
nulla havvi di più terribile a vedersi, nè di più invitto 
durante la foga del combattimento d'un Gallo sul ge- 
neroso e nerboruto suo destriero, così rimanendone pri- 
vo cangiasi nel più debole ed imbarazzato mortale, sen- 
tendosi per modo abbattuto dalle pesanti armi e dal gran» 
dissimo scudo cbe indarno cercherebbe opporre qual- 
che resistenza ò difesa. Volendo inoltre sottrarsi dal pe- 
ricolo colla fuga , trova forte impedimento nella mole 
de' militari stinieri, e se non havvi di peggio i pungoli 
stessi degli speroni rendutolo mal atto al correre Io e- 
spongono così pedestre a divenire pronta e certa nemica 
preda. Narrasi da ultimo che il feroce e marziale suo 
animo regger non possa ai colpi di avversa fortuna , e 
la sofferta perdita ne ammorzi tutto il coraggio e la fer- 
mezza del consiglio, rendendo l'offesa della caduta, di- 
rei quasi, zoppicante il valore. Sono pertanto d' avviso 
che l'Augusto prevalendosi di queste osservazioni ordi- 
nato abbia agli arcadori d'indirizzare lor colpi anzi ai 
cavalli che ai cavalieri. Spenti cosi operando molti qua- 
drupedi, gli altri ferocemente impennavansi e davan di 
volta sollevando gran polverio , che alzatosi infino alle 
nubi ingombrò tutto 1' aere all' intorno di quelle palpa- 
bili tenebre proprie all'Egitto, di maniera che i combat- 
tenti più non vedovatisi intra loro, e vie peggio dislin- 



a8o , ANNA COMNENA 

guevano donde e da quali mani fossero avventali gli 

strali. 

XX VI II.Briennio di colta manda tre Latini a Baimundo 
apportatori delle presenti occorrenze. I messi lo rinven- 
gono con pochi de' suoi in tale isoletta del fiume noma- 
ta Salabria gustando qualche uva, e con isfrenata boria 
profferente parole, che volte quindi al ridicolo passaro- 
no a formare presso del volgo una cantilena, iva dirò, la 
barbarica sua bocca più e più volte ripetendo con poca 
decente esultanza, e preso argomento dall' etimologia 
del nome Licostomio (i) di aver gettato Alessio nelle 
fauci del lupo. Ve' come il cieco orgoglio vela a molti 
d' altronde scaltrissimi ciò che avviene dinanzi agli stes- 
si lor occhi e piedi. Baimundo portovi orecchio e com- 
preso P inganno che diede origine alla frodolenta impe- 
riale vittoria ne fu, com' è da supporre, commosso \ ma 
non perduto un vero nulla del suo coraggio, tanto erane 
forte e pertinace V indole nello sperare, invia qualche 
numero di Galli catafratti da lui trascelti ad occupare 
il poggio rimpetto a Larissa. Gli imperiali miratili sur- 
gono domandando istantemente ad una voce P ordine 
di combatterli; ma l'Augusto fermo nel niego fatta cer- 
na di militi dai varj corpi mandali a quella volta. I La- 
tini vedendoli v'appiccan zuffa con si grande animosità 
che gettaronne morti a terra da cinquecento. Alessio di 
poi congetturando nella sua mente la via che terrebbe 
il nemico vi spedisce col duce Migideno, coraggiosissi- 



> 

(i) Parola composta da (lupo) e r»*>« (bocca). 

V 



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LIBRO QUINTO. q8i 
mi guerrieri ed i Saraceni ad occuparla, ma pur questi 
al venirvi da presso furono subitamente investiti , vinti, 
sconfitti, sbaragliati, messi in fuga e dalle spalle insino 
al fiume perseguitati. 

XXIX. Ài primi albori del vegnente giorno Baimundo 
in compagnia dei conti e dello stesso Briennio traghetta 
quelle acque, ed appresentatoglisi non lunge da Larissa 
un palustre terreno infra due colli ratto vi dirige il pas- 
so marciando per boscosa pianura terminante in {stret- 
tissima gola, detti questi luoghi Le Glissure o più spe- 
zialmente il palazzo di Domenico. Piantatovi e munito 
il campo viene ai primi albori del nuovo giorno sorpreso 
dall' intero esercito di Michele Duca, mio zio maternale, 
personaggio di elegantissime forme e per taglia superio- 
re fuor d' ogni esagerazione a tutti i contemporanei ed 
a quanti furonvi ne' tempi andati, di maniera che vol- 
gendogli lo sguardo estimavasi un vero portento. Era 
poi sua maggior virtù P antivedere con assoluta cer- 
tezza il futuro, P indagare e tosto conoscere a perfezione 
le occorrenze del momento, il dare ottimi consigli e del 
miglior modo riparare ai pressanti bisogni, ne 1 quali pre- 
gj cercato indarno avrebbesi chi Io pareggiasse. Al par- 
tirsi, mio padre ammonivalo di non menar entro quella 
strettura tutto il novero de' militi seco, tenendone al di 
fuori i legionari in lunga serie ordinati: ma solo vi pe- 
netrerebbero pochi e scelti Maomettani e Sarmati, va- 
lentissimi arcadori, nè questi si varrebbero di altre ar- 
mi che delle idonee a colpire da lunge. Fattesi là en- 
tro le comandate genti e dato principio con equestri 
scorribande a molestare il nemico, gli schierati al di 



s8i ANNA COMNENA 

fuori presi da veementissima brama di combattere, e 
tale da porre in oblio l'osservanza dell 1 ordine avuto, 
s' accinsero alla spicciolata, di lor volere e senza cam- 
biarne verbo con alcuno , ad inoltrarvisi. £' si parea 
corressero a ben certa vittoria sedotti dalla persuasione 
cbe il nemico avvezzo a battagliare di piè fermo tenta- 
to avrebbe, quantunque vanamente, di salvarsi colla fu- 
ga. Lo scaltrissimo Baimundo allora con pronto consi- 
glio intimò a' suoi di non muover passo ai primi colpi 
de' Romani, opponendo loro i soli scudi, infino a cbe 
li vedessero ivi accorsi in foltissime schiere. 

XXX. 11 prò tostratore( 1 )Michele intanto mirando i suoi 
a poco a poco e nell' antedetto modo battere quella via 
tenne pur egli lor dietro. Baimundo osservatolo con 
tutte le coorti là entro ne gode, per dirla con Omero , 
non altramente che il rapace leone avvenutosi a grassa 
preda» e dalla gioja incerto se prestar debba intera fede 
agli occhi suoi vedendo il nemico esercito giuntogli co- 
sì bene a tiro, mette a pruova nel caricarlo tutto il pro- 
prio valore e quello dei militi seco, ed i Romani costret- 
ti a cedere volgonsi in precipitosa fuga. Ma Uza tratto 
dalla stirpe il nome, uomo di sorprendente forza e pron- 
to a girare lo scudo a destra ed a sinistra, come V Et- 
tore di Omero (a), nel sottrarsi di là ove per fortuna 
maggiore s' appresentava la foga de' concorrenti, volto- 



(i) Dignità corrispondente a quella di gran maresciallo 
presso le corti europee de' nostri tempi, 
(a) Iliade, H, y. a38. 



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LIDRO QUINTO. *83 

si d' improvviso piombò addosso al più vicino de 1 suoi 
persecutori ed avventatogli potentissimo colpo in sul 
capo lo rendè incontanente cadavere. Baimundo poi 
tenne dietro agli imperiali sino al fiume Salnbria. Lo 
stesso Uza inoltre nella foga feri d' asta il band era jo 
del condottiero nemico, e strappatagli dalle mani l'in- 
segna ed aggiratala un poco a tondo chinolla da ultimo 
a terra. Il fatto pose in costernazione i Latini soliti prò* 
nosticare calamità dallo abbassamento dello stendale 
precedente il duce supremo, e distolse!! dal proseguire 
l'intrapreso cammino; abbandonate così le nemiche peste 
avviatisi per altro sentiero a Tricala , ov' erano di già 
capitati parecchi loro commilitoni diretti verso Licosto- 
mio, e dopo breve dimora prendouo la via di Gastoria. 

XXXI.Miopadreda Larissa trasferitosi a Tessalonica e 
mandato in occulto, qual prudeotissimo inventore di ar- 
tifizi contro de' suoi avversar)', tale fermamente essendo, 
a tentare maneggi coi conti de'Latini, riuscì a persua- 1 
derli mediante 1' offerta di premj quanto mai e' si voles- 
sero generosi ad insistere presso Baimundo per ottenere 
il pronto sborso de' convenuti stipendj, obbligandolo e- 
ziaudio, quando venisse pretestala ristrettezza di 
pecunia, a raggiugnere di là dal mare il proprio geni* 
tore onde avere di che sdebitarsi con essi; nò induge- 
rebbe, condotta a buon fine la sua proposta, rimune- 
rarli con ogni maniera di onoranze e beneficj. Di più 
verrebbero con generosissime paghe accolli tutti co- 
loro che fossero disposti a seguire le parti romane, ed 
i bramosi di ripatriare ne avrebbero per 1' Ungheria a- 
perlo con piena sicurezza il sentiero. I conti aderitovi 



a84 ANNA COMNENA 

levansi tulli ad uno contro Baimundo chiedendogli con 
prie già e minacce il pronto sborso degli stipendj porta- 
ti dai quattro anni di servizio pur dianzi trascorsi, ed 
egli vanamente procaccia indugj ponendo sue speranze 
nell' eludere di questo modo la inchiesta. Ma gli altri 
/ermi ed ostinati nella presa risoluzione non concedean- 
gli tampoco il differire d' un' ora. Come dunque trarsi 
d'impaccio e compiere la giustissima dimanda? Incapa» 
ce di miglior consiglio e' fida a Briennio Castorio, a Pie- 
tro Alifa la difesa della rocca de 7 Polibi e dirizza i suoi 
passi alla volta d' Aulone. L'imperatore avutone accer- 
tato annunzio torna vincitore in Costantinopoli, ove 
grand' era l'agitazione de' fedeli colpa d'un Italo intento 
a disseminare nuove eresie. Ma egli sotto l'augustale por- 
pora fornito di apostolico petto, senza prelibar quiete, av- 
vegna chè necessaria dopo tante militari fatiche, differì 
ad altri tempi le belliche cure, sia come ai vuole pres- 
santi, onde cacciare Briennio da Castoria, e tutto dedt- 
cossi a combattere l' introdotto scisma e dar pace alla 
chiesa. 

XXXII. Ora di ben serio momento stata essendo l'ac- 
cennata trambusta non fìa disutile esporre con qualche 
esattezza, prendendone le mosse da suoi principi, quanto 
riguardane 1' autore. Questi di nome Italo sorti i natali 
in Italia, ma fe' quindi lunga dimora in altra delle isole 
a lei di contro, la Sicilia, i cui abitatori scuoter volen- 
do il giogo del romano impero trattisi addosso la guer- 
ra, chiamar dovettero ajuti dalle vicine e lor favorevoli 
italiche genti. A ti novera vasi tra esse il padre d' Italo 
conduceule seco un bambolino, anzi molestia che nelle 



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LIBRO QUINTO. a85 

armi compagno, molto al disotto dell'eia voluta per in- 
traprendere la militare carriera, quantunque Gn d'allora, 
giusta la capacità della puerile sua mente, pieno di guer- 
resche idee seguisse le orme paterne, avvezzo tenerello 
com' era secondo V italiana costumanza a dura vita, ed 
avente a maestro nelle armi il proprio genitore. Tali 
furono i primi e fanciullescbi principi Italo, posto a- 
vendo fondamento di lettere e scienze nou già in Atene 
o nella scuola, ma in Sicilia e negli accampamenti. Sot- 
to l'impero di Monomaco poi venuta l'isola in potere 
dell'inclito Giorgio Maniace, il padre d' Italo, a malin- 
corpo e con trepidante fuga partendone, riparò nella 
Longobardia ligia tuttora de' Romani. Di là nel tempo 
avvenire, né saprei addurne il perchè ed il come, sì tra- 
sferì in Costantinopoli città non manchevole di erudi- 
zione e di loichi ammaestramenti, quantunque in epo- 
che anteriori dal principato di Basilio Porfirogenito si- 
no a quello del prefato Monomaco, fosse da molti tra- 
scurato, non già posto compiutamente in oblio, lo stu- 
dio delle più nobili dottrine. Il quale surse poscia a 
maggior splendore incoraggiato da eccellenti ingegni ac- 
corsivi in molta copia negli anni che precedettero di poco 
l' imperatore Alessio. Dieronsi allora costoro a battere 
fermamente il sentiero delle vere scienze, frascheggian- 
do per io innanzi la gioventù solo intenta all' oziosa 
cacciagione delle cotornici e ad altri vie meglio ripro- 
vevoli sollazzi, consumando 1' età di coltivare lo spirito 
in vani passatempi con dispregio sommo d' una più ac- 
curata educazione, e d' ogni liberale scienza. 

XXXIlI.Italo adunque vi trovò giàbandito il torpore e 



r 

i86 ANNA. COMNENA 

di molti individui Borenti negli elevati studj, coi quali po- 
stosi a contatto, frequentando le giornaliere scolastiche 
disputazioni, le forensi, e quelle de' pertinaci difensori 
delle proprie opinioni (né di cosiffatti spirili era a quei 
dì basso il numero in Costantinopoli) addivenne loico. 
In processo di tempo ebbe eziandio a maestro Michele 
Psello uomo assai illustre ed inalzatosi al più eminente 
apice d' ogni sapere meno per V accurata assistenza di 
sapienti precettori, le cui scuole non avea lungamente 
frequentato, che per V ottima sua indole ed elevazione 
di mente soccorsa dall' alto (grazia procacciatagli dalle 
ferventissime preghiere e spesso accompagnate da ben 
calde lagrime indirizzate dalla genitrice , nel tempio di 
Giro e durante le ore notturne, alla santa imagine della 
Madre divina). Certo si è ch'egli ad una profonda co- 
gnizione delle greche lettere e di tutte le arti aggiugnen- 
do le caldaiche discipline era celebrato dalla fama il 
dottissimo de'contemporanei. Italo dunque uomo di ben 
minori facoltà mentali e di violenta e rozza natura, si pose 
a udirne gli ammaestramenti, se non che riuscirongli per 
la ottusità del suo intelletto impenetrabili gli aditi della 
filosofìa. Laonde incapace di comportare più a lungo le 
dottrine di tanto maestro cominciò tosto prosontuosis- 
simo di sé stesso e fiero per istolida arroganza a fargli 
contro, eziandio che vedesselo sorretto dall'autorità del- 
l' ufficio e del luogo , con frivoli dibattimenti, creden- 
dosi dagli stessi principi di molto superiore a tutti nel- 
la erudizione. Formando il suo più valido appoggio la 
dialettica , nella quale riposto avea ogni studio , in lei 
jf fidato prouiovea nel foro e uè 1 circoli dei concorrenti 



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LIBRO QUINTO. a8 7 
i meridiani garbugli intessendo con sofistiche cavitazio- 
ni furiose dispute, e proferito ad altissima voce, qualun- 
que si fosse l'argomento, il detto : se così va la bisogna, 
deduceane le annese o simiglianti seguenze. 

XXXIV. Di questo modo egli riscuotea gli applausi e 
l'ammirazione degli uditori, fossersi delja plebe o de'più 
ragguardevoli ordini, e fin quelli dello stesso imperante 
Michele Duca e degli augusti germani. I quali avvegna- 
ché accordassero a Psello il primato nella estimazione 
c dottrina, provavan impertanto diletto ascoltando Italo, 
e nelle dispute loicbe aveangli ricorso. Imperciocché i 
Duca tutti, ed in ispecie l'imperatore co' suoi fratelli e- 
rano amantissimi delle lettere e d' ogni foggia di sapere. 
Italo dunque alimentando per cotanto favore l'audacia 
sua, guatava sempre con furibondo e torvo occhio Psel- 
lo, il quale di leggieri slricavasi dalle costui insidie , e 
coli' aquilina prontezza del suo ingegno sorvolava le 
avviluppate astuzie dell'importuno sofista facendolo in 
pria entro sè stesso ribollire di sdegno e digrignare , 
quindi contorcere e montare in aperta collera. 

XXXV. Trascorsi di corto questi tempi e tumultuando 
l'Italia, i Romani irritati dalle costei nimicizie opinarono 
propizio il momento di unire, come ne'tempi andati, al- 
l' impero la Longobarda e con essa da 1' un capo al- 
l' altro la penisola. Mercè di che Alessio tutto fiducia 
in Italo, reputandolo affezionatissimo alla sua persona 
e sapendolo, unitamente ai pregi di fedeltà e bravura , 
pratico delle italiane faccendelo invia ad Epidanno. Tron- 
cherò qui la narrazione de'posleriori avvenimenti aggiu- 
gnendo solo che rendutosi traditore delle cose uostre 



i88 ANNA COMNENA 

fu tosto mandato chi lo rimovesse da quelle mura. Se non 
che V accorto sofista avutone sentore e con pronta fuga 
riparatosi entro Roma evitò il meritato gasligo. Da qui ■ 
vi, costante nella sua incostanza, fingendo o provando 
in realtà rancura dell' operato dirige suppliche all'Au- 
gusto e si procaccia intercessori presso del trono. A dir 
breve torna per ordine imperiale a Costantinopoli, fis- 
satogli a dimora il monastero Pege (i) col tempio dei 
Santi Quaranta. Partito in fine dalla città Psello ascen- 
de la cattedra di generale filosofia dichiarato essendone 
maestro per eccellenza. Passato in seguito ad esporre 
con istudio sommo le Aristoteliche e Platoniche dottri- 
ne s' appalesò nel ragionare agli uditori uomo di mol- 
ta erudizione , spiegandole con tanto acume d' in- 
gegno quanto occorreane per essere di leggieri tenuto 
versatissimo in tutte le parti loro, ed in preferenza nella 
dialettica. Se non che meno generosa la natura nell'ac- 
cordargli doni per le altre discipline poco sapea di gra- 
nitica ed un vero nulla di eloquenza. Erane pertanto 
il discorso mancante d' ordine, difettosissimo nella scel- 
ta delle voci e privo di rettorici abbellimenti, quindi rozzo, 
squallido, sempre intralciato e come spirante V acerbità 
della frode. Questa gramezza appunto formava il pretto 
carattere del suo favellare, ed era sorgente di quell' at- 
titudine disdegnosa verso de' suoi nemici. Avvegnaché 
poi nello scrivere, cangiato a quando a quando stile, 
s' innalzasse con dialettici assalimenti molesti e tumultuosi 



(i} ni>«, fonie. 



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LIBRO QUINTO. 389 

appalesava non di meno parlando maggior prontezza ne- 
gli epichercmi, di maniera che nelle dispute ben po- 
chi regger poteano alla violenza del precipitoso ed in- 
superabile torrente delle sue argomentazioni, ridueendo 
alle strette ed al silenzio chiunque prendea a fargli con- 
tro. Imperciocché usava interrogazioni avvolte da ogtii 
lato iu doppia frode coli' intendimento di gettar V avver- 
sario, comunque fossene la risposta, in un pelago d' ine- 
stricabili difficoltà, si tanto erangli preste ed alla mano 
tutte le dialettiche sottigliezze. Ma di preferenza rendea- 
si terribile per quel vicendevole accozzamento di contra- 
rie voci nel formare dimande e risposte, soffocando e, 
quasi direi, strangolando il suo oppositore cogli intor- 
tigliati lacci de' frequenti c maliziosi quesiti; né aveavi 
mezzo nel contender seco di ritraisi da cosiffatto labi- 
rinto. Qui avea principio e fine il saper suo accompa- 
gnato da grande inclinazione allo sdegno, vizio in lui 
dominante e struggitore di tutti gli altri pregi, se P ul * 
dallo studio e dalle naturali disposizioni riportato avea- 
ne alcuno. 

XXXVI. Ricordami parimente di avere in posteriori 
tempi veduto molti frequentare la reggia privi affatto di ele- 
gante loquela e fondamento di verace dottrina, ma solo, 
rozzi imitatori del dialettico maestro loro, ponendo ogni 
siodio nell' eseguirne gli sconci gesti ed appalesantisi 
colla grande agitazione delle membra orgogliosi ad una 
e villani. E 1 ragionavano sulle idee, possedevano poche 
ed oscure nozioni riguardanti la metempsicosi, ed altro 
che di simile farneticavano proscritto dal cristiano 
dogma. 

Anna Commena. 19 



apo ANNA COMNENA 

XXXVII. Non desterà poi maraviglia il mio detto che 
assidui costoro visitavan la reggia, se pongasi mente all'a- 
mor sommo da quell'augusta coppia (i miei genitori)portato 
alle lettere ed ai letterati ; il perchè addivenuta palese 
questa loro affezione, quanti aveanvi iniziati in esse cal- 
cavano di continuo le imperiali soglie, ove impertanto 
gli augusti anzi attendevano a coltivare il proprio spi- 
rito che non ad animare altrui allo studio. E per verità 
erano da entrambi consumati i giorni, vegliate le notti 
meditando i sacri Libri. E qui abbia luogo senza offesa 
della rettorica una breve digressione. Ben di soven- 
te V augusta mia genitrice allorquando apprestate 
sul desco le imbandigioni, ricevea l' invito di recarsi a 
desinare, solo a malincorpo intralasciar potea la lettura 
de' sacri Libri, da lei ardentissimamente studiati, e delle 
opere de* santi Padri, dando in ispecie la preferenza a 
quelle dell' inclito martire e filosofo Massimo, recandole 
sommo diletto la spiegazione delle naturali quistioni , 
sommissimo poi P accurata indagine de 1 soprannaturali 
dogmi, nel cui intendimento cercava e sapea riposto il 
vero frutto d' ogni sapienza. Empievami, lo confesso, di 
stupore il mirare tali cose, ed osava tratto tratto mani- 
festartene il mio pensamento. Come mai, diceste* puoi tu 
di quaggiuso elevare così alto lo sguardo? Io, credimi, nel 
dirizzarvi le mie luci tremo, e neppure a fior d' orecchio 
ardisco udir verbo di cotanto sublimi arcani, correndo 
la fama che lo stile del Santo, altissimo senza pari e su- 
periore ad ogni umano intendimento, colle incessanti e 
dilicatissime sue contemplazioni renda vertiginoso il cer- 
vello de' lettori. Ed ella, compiacendosi delle mie paro- 



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LIBRO QUINTO. 991 
le, rispondeami : Ben comprendo questa tua lodevole te- 
menza, trepidando io medesima nello svolgerli; ma at- 
tendimi un poco : non appena giunta sarai a gustarne 
sufficientemente gli altri scritti, sopra cui è uopo da prin- 
cipio informare la nostra mente, perverrai quindi a par- 
tecipare Ja soavità di questi. Al rimembrare di cosiffatte 
voci sentomi piagalo il cuore e tradotta quasi in altro 
pelago di narrazioni, se non che la storica legge mi fre- 
na ed obbliga di tornare in cammino. Si prosegua dun- 
que il racconto intorno ad Italo. 

XXXVIII. Costui Bdando nella prefata quantità de'suoi 
discepoli e fermo nel reputarsi a tutti superiore avea in di- 
spregio chiunque si fosse; né pago ancora, tendea co' 
suoi discorsi ad eccitare gli incauti alle sommosse, ad- 
divenuta essendone la scuola vero semenzaio di non po- 
chi tiranni, i cui nomi di obblivione degni potuto avrai 
di leggieri qui riferire, se la distanza del tempo non si 
fosse interposta a cancellarli dalla mia memoria senza 
grave scapito della presente narrazione diretta solo ad 
esporre V avvenuto sotto l'impero di Alessio e nulla, 
quasi direi, curante Je anteriori vicende, nel novero del- 
le quali si convien mettere V operato da Italo. 

XXXIX. Mio padre dunque amantissimo delle lettere, 
al prendere il governo dell'impero vedendole pressoché sii 
abbandono, e generalmente sbandeggiate le norme d'un 
esatto ragionamento iva ripensando se avessevi mez- 
zo di tornarne in vita, con molto profitto della cit- 
tà e dell 9 universo intero, le molto scarse faville qua e 
là sotto la cenere sepolte. Era pertanto assiduo oelP e- 
sortare ed incorare i talenti inclinati allo studio (pochi 



aoa ANNA COMNENA 

a fe, nè per grandi progressi meritevoli d'elogio, trapas- 
salo ooa avendo il limitare dell'aristotelica filosofia) per- 
suadendoli ad accordare il primo luogo • di onore e di 
estimazione sopra ogni altra dottrina a quella de' sacri 
Libri, e quindi agli ammaestramenti de'Greci. 

XL. Considerato poi che Italo era tutto nel pro- 
movere tumulti e discordie fidò al proprio germano 1- 
saacio sebastocratere la cura di vegliarne le azioni; uo- 
mo costui suflìcientissimo all' incarico, essendo pieno di 
amore per le lettere, non privo di cognizioni, d' animo 
forte e certo di superare gli ostacoli cui s'avvenisse nel 
condurre a buon fine i suoi intraprendimenti. Di fatto 
e' trovò Italo quale mio padre , fondato sulla pubblica 
opinione, lo avea in sospetto. Laonde obbligollo di com- 
parire alla sua presenza nel mezzo di numeroso con- 
sesso, e quindi per ordine dello stesso augusto fratello 
si rimise il reo unitamente al processo di lui nell'eccle- 
siastico tribunale. Quivi il forsennato vie peggio infu- 
riando per essergli troncata ogni via di occultare più a 
lungo la propria ignoranza , e vanamente adducendo 
in sua difesa dogmi contrarj ai sacri canoni ed al- 
tre mille bazzecole , nè meno di prima fiero mai sem- 
pre, petulante e maledico nel citare al cospetto de' pa- 
dri e capi della Chiesa documenti di umana ed abbomi- 
nevole natura, per comune sentenza fu consegnalo ad 
Eustrazio Garida , presule del sinodo, dell? adunanza e 
sede, onde persuaderlo, mediante V istruzione, a profes- 
sare più sane dottrine. Ma egli correndo i pochi gior- 
ni di sua dimora col prelato negli edifizj sovrapposti al 
gran tempio, con fittizie parole e fallaci argomentazio- 



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LIBRO QUINTO 295 
ni lo aggirò per modo , esperimentatolo men dotto di 
quanto era mestieri , che da censore e giudice il fé' di- 
fensore e seguace de 1 suoi errori, ed avvocato dell' ini- 
qua sua causa e persona. Divulgatasi la faccenda tutto 
il popolo, tumultuariamente accorso nel tempio,addiman- 
dava con alte grida nelle sue mani Italo; questi allora 
vedendosi nell' imminente pericolo di essere precipitato 
abbasso dalla sommità del sacro luogo, ascesane la più 
elevata parte vi si ascose laddove a nessuno cadde in 
pensiero d' iostituire diligente ricerca. 

XLI. Andò quindi la grida che i suoi perversi do- 
gmi disseminatisi per la città giugnessero a sedurre mol- 
ti chiarissimi personaggi della stessa corte imperiale ca- 
gionando non lieve travaglio all'animo del religioso prin- 
cipe, il quale addimandatane la tavola contenente quin- 
dici capi ordinò che si dovessero dall'eretico, asceso a 
capo nudo il pulpito, ritrattare, condannare e ferir d'a- 
natema, ripetendo gli uditori per singulo la condanna 
proferita contro di essi. Ma non guari dopo corruccia- 
losi egli dell' operato e furente per la sofferta ignomi- 
nia eccolo di nuovo mettere in campo nelle adunanze 
gli errori da lui medesimo testé abjurati e proseguire 
sconsigliatamente , privo d' ogni riguardo alle ammoni- 
zioni d' Augusto , ne' suoi falsi principj. A reprimerne 
dunque la ognor crescente alterigia il nome e la perso- 
na di lui soggiacquero allo stesso anatema per lo innan- 
zi contro agli scritti fulminato. Se non che dati poscia 
nuovi segni di pentimento vennegli rimessa gran parte 
della meritata condanna , ferma tuttavia contro le sue 
dottrine, rimanendone il nome solo di celato e di tra- 



agi ANNA COMNENA LIBRO QUINTO, 

verso, pochi avendone contezza , esposto all' antedetta 
censura. Tornato in sé di fermo, come narravamo, abiu- 
rò le precedenti eresie, tali ebe la migrazione delle a- 
nime da uno in altro corpo, e il disprezzo e la riprova- 
zione del culto prestato alle sante imagini, ed ammendo 
giusta lè norme dell' ortodossa dottrina i suoi ragionari 
solle idee, mostrandosi veracemente pentito, riprensore di 
tutte le insegnate opinioni contrarie alla fede, e non più 
incitatore di tanti e così forti scombugli. 



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ANNA COMNENA PORFIROGENITA 

CESÀREA 



ALESSIADE 
LIBRO SESTO 

ARGOMENTO. 

Seconda spedizione di Roberto. - Sue bat- 
taglie contro de* Veneti, e sua morte. - Felici im- 
prese co' Maomettani. - Costoro guerre civili e 
principio della scitica. 

SOMMARIO. 

RlSOLUZIONE di espugnare Castorio, edap- 
pareccìdo ; assalimento della rocca; imperiale strata- 
gemma; fatti gli accordi rì esce il presidio. -I Pau- 
liciani con graziosa lettera invitati alla reggia. Pri- 
gionia , e confiscazione de beili loro. Sentenza, ed 



596 SOMMARIO. 

alleviamento di pena verso i colpevoli. - Mormorio con- 
tro l'imperatore per le cose tolte ai sacri templi. Giù- 
dizio del sinodo sopra i tesori levativi ed apologia fatta 
in proposito dalV Augusto. Sua umile confessione e 
giusto risarcimento. - Disvelata congiura; imperiale 
clemenza neW incamerare i beni de* rei. -Il manicheo 
Bleso corrucciatosi con Augusto sen /ugge, ed occupa- 
ta Beliatoba legasi cogli Sciti. - Alessio rappattuma- 
tosi co 3 Manichei lo richiama indarno. - Tornata di 
Baimundo al padre. - Mestizia di Roberto e suo ge- 
neroso divisamente ; apparecchi per nuove imprese. - 
Gida, prole di Roberto, non tentato in fallo dall im- 
peratore. - Aulone e Botrento occupati dai figli di 
Roberto, il quale da Idrante mette alla vela perAu- 
lone. - Alessio chiede soccorso ai Veneti, appresta 
un armata di mare e fornitala di tutto l occorrente 
ne ordina la partenza. -IV zneu' riportano due vit- 
torie sopra Roberto, ed una mal fondata sicurezza e- 
sponeli a grande strage. - Insigne vittoria di Roberto 
contaminata da barbarie. - Illirica fedeltà verso A- 
lessio generosissimo co' Veneti. - Cef alema occupa- 
ta dai Latini. - Falsa interpretazione d un vaticinio 
antico riguardante la morte di Roberto avvenuta in 
seguito presso Gerosolima deserta città d* Itaca. - Ri- 
torno di suo figlio nell* Apulia. - Seppellimento di 
Roberto nel momstero della santissima Trinità. - Dii^ 




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SOMMARIO. 3 97 
rachio notamente città imperiale. - Vaticinio deU 
t astrologo Seth intorno a Roberto. - Digressione ri- 
guardante gli ammaestramenti de genetliaci. - Onde 
Anna tratto abbia le costoro notìzie, e perchè le scri- 
va. - Motivi di Augusto nel contrariarli. - Varj e- 
sperimenti dell 3 arte genetliaca. - L' alessandrino ge- 
netliaco sbandeggiato. - Eleuterio e Catanangefamo- 
si genetliaci - Morte d'Alessio due volte erroneamen- 
te predetta. - Perchè non esigliato Catanange. -Elo- 
gio di Roberto. - Difesa delle accuse fatte dai calun- 
niatori contro Alessio. - Porpora, luogo destinato ai 
puerperj delle Auguste. - Natività d'Anna Comnena 
illustrata da miracolo , e sua affezione ai proprj ge- 
nitori. - Popolare letizia al nascere dei principi , e 
speciale nella famiglia dei Duca al natale di Anna. - 
Il costei nome e quello di Costantino, prole di Mi- 
chele, proferiti di seguito nelle acclamazioni. - Secon- 
dogenita sorella dAnna. - Quanto si fosse il giubi- 
lo popolare al nascimento d un principe; descrizio- 
ne del fanciullo. - ^Stato dell' impero turco. - Com- 
pendio delle cose da narrarsi. - Disperazione di Fi- 
lareto, ed atroce proposito del figlio. - Antioclùa in 
possesso di Amere So lima. - Caratice mette a bottino 
Sinope. - Tutuse vincitore di Amere Solima, il qua- 
le si uccide. - U imperatore nulla si cura d* uri am- 
basceria inviatagli dal gran sultano \ e lintefpetredi essa 



> 



q 9 8 SOMMARIO. 

prende a seguire le partì, romane. - Caratice paga 
il fio delle ribalderie commesse nel tempio intitolato 
alla santissima tergine. - Le rocche marittime dal 
sultano restituite alt impero. - Siaois ìiceve il Batte- 
simo. - / satrapi delle rocche date loro in custodia 
rendonsene padroni. - Apelcasemo aspira alla so- 
vranità maomettana; scorrazza la Bitinia e gli vien 
mandato contro Taticio. - A Nicea i Galli fugano 
le schiere turche. - Taticio retrocede perseguitato sem- 
pre da Apelcasemo. - Combattimento a Preneto u- 
scendone, colf ajuto de Galli, vittoriosi i Romani - 
Apelcasemo divisando costruire vascelli da corseggia- 
re prende Ohio. - Manuele Butumite e Taticio spe- 
diti a combatterlo ne incendiano le navi. - 1 Latini 

* 

ottenuto a forza il permesso di far giornata lo vinco- 
no, ed egl i figgendo ripara a Nicea ove riceve gra- 
ziosa lettera dell'imperatore coW invito di venire a 
lui; passato quindi a Costantinopoli vi è regalmente 
accolto, ed intanto Eustazio edifica una marittima 
rocca di fronte ai Turchi. - Apelcasemo dimorando 
nella città regale ha titolo di Sebastotato (4), ed ot- 
tenuti ricchissimi doni si parte. - Parallelo di Ales- 
sio con Temistocle. -Prosuch assale Nicea, e l impe- 
ratore, avutane domanda, soccorre Apelcasemo. - Ri- 



(i) Augustissimo. 



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SOMMARIO. «»99 

strettezza dell'impero a confronto della sua primiti- 
va estensione, ma Alessio ne dilata i confini e pensa 
ricondurlo al? antica grandezza. - Il nemico per te- 
ma de Romani si ritira da Nicea. - Puzano desti- 
nato a combattere Apelcasemo. - Il sultano brama 
imparentarsi coir Augusto. - Nicea più volte battuta, 
ma sempre vanamente, da Puzano. - Ad Apelcase- 
mo, venuto con doni ad ossequiare il sultano , è ne- 
gata la f acuità di accostarlo, ne guari dopo e frodo- 
lentemente strangolato. - Alessio nel? animo suo non 
vuol sapere di affinità col turco, mostrando tuttavia 
il contrario a parole. - Tutuse colV opera di dodici 
sicarj uccide il fratello sultano. - Setta de Casii. * 

ucciso, 

e questi è superato in campo e morto da Spargiaruch. - 
Pulcase comandante in Nicea è tentato dalf Augu- 
sto. - I figli di Solima accolti in Nicea. - Clitziasthlan 
creato sultano rimove dal comando Pulcase. - Stra- 
ge de Romani capitanati da Alessandro Euforbcno, 
vendicata poscia da Opo. - Satrapi appaciatisi con 
Alessio. - Pacuriano, domestico dell'occidente, e Bra- 
na vinti ed uccisi dagli Sciti, e questi di ricambio da 
Taticio sconfitti. 



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3oo ANNA COMNENA 

ALESSIADE SESTA 



I. JL IMPERATORE a malincorpo vedea Cantoria 
in mano de' Galli avenli a duce Briennio come altrove 
si è delto. Stabilito adunque di riprendere, cacciati i 
difensori, la rocca, raguna ed arma l'esercito proveden- 
dolo di tutto il necessario per venire alle armi col ne- 
mico e battere quelle mura. Compiuti gli apparec- 
chi ed intimata la partenza marcia a quella volta, e pas- 
so a descriverne la posizione. Larga palude inondala 
traente dal fortilizio il nome; estendesi dal continente 
in essa una punta di terra angusta da prima, allargan- 
tesi nella più elevata parte e terminante in iscogliosi 
poggetti. Sulla strettura dell' istmo poi sorge un edifi- 
zio a mo' di castello circondato da mura ad intervalli 
munite di torri , e Castoria n' è il nome. L' imperatore 
assediando là entro Briennio, uomo risoluto di non ce- 
dere infino agli estremi , opinò volersi di primo lancio 
battere colle macchine la cinta e le torri. E poiché uo- 
p' era di apprestare alle truppe un campo donde avvi- 
cinassero il nemico e giunto il bisogno rinserrarvisi , 
commette a' suoi d'ergere il palancato, rincalzarlo di 
. terra all'intorno e costruirvi ad eguali distanze lignee 
torri rendute stabili con lame di ferro e chiovi nelle 
giunture e commessure loro. Da quivi non altrimenti che 



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LIBRO SESTO. 3oi 
da città o rocca moveano a schiere, presentandosi la op- 
portunità, per guerreggiare i Franchi. Accostate poscia 
le macchine e rallentate le baliste si diè principio a bat- 
terne senza tregua le mora , che malmenate di que- 
sta foggia minacciavano pronta rovina. L' imminente pe- 
ricolo tuttavia non iscemò nè punto, nè poco la gallica 
fiducia e costanza nel difendersi combattendo; chè anzi 
diroccatane già parte mostravasi il presidio vie più lon- 
tano da qualunque arrendimento. 

II. In tale stato di cose V imperatore comprenden- 
do non potersi che pochissimo ripromettere d'un felice 
successo dalla forza aperta , venne ad una risoluzione 
generosa in pari tempo e scaltra. Comandò, intendomi, 
che alla coperta de' nemici fosse condotto per la palu- 
de qualche numero de' suoi militi dagli omeri de' Galli, 
ov' e' teneansi più sicuri, per sorprenderli quando egli 
stesso dal continente col resto dell' esercito accingereb- 
besi ad attaccarli di fronte. Se non che al consiglio di 
lui opponendosi V assoluta mancanza di barche nel ma- 
rese fe' comando alle sue genti di porre sopra carra pa- 
liscalmi in buon dato e condottili per la spiaggia varar- 
li in quelle acque. Avea inoltre per lo innanzi osservato 
che i Galli agevolmente e lesti ascendevano da una par- 
te la sommità de' monticeli! siti, giusta il detto , al ter- 
mine del promontorio verso il lagume; se poi volessero 
intraprenderne per altra esterna la discesa non potreb- 
bero venirne a capo senza consumarvi lungo tempo. Ar- 
gomentò pertanto che questi scogli di facile salita inte- 
riormente, ed inaccessibili e scoscesi dal lato di contro 
alla palude fossero con qualche veiisimiglianza dal pre- 



3o2 ANNA CONNENA 

sidio mal guardali , coin' è il caso di soperchio fidan- 
do nella posizione del luogo. 

III. Fatto entrare adunque Giorgio Paleologo con 
eletti guerrieri ne' paliscalmi ordina loro di approdare 
alP estremità della palude vicino alle radici de' rialti sco- 
gliosi, e dato in terra da lui attendessero il concertato 
segno, alla cui vista ratto aggrapperebbonsi per que' di- 
rupi onde raggiugnerne le piò elevate cime. Dopo di ebe 
s' avvierebbero con passo accelerato , percorrendo un 
suolo piano ed interamente privo di fabbriche, ad assa- 
lire col massimo coraggio i nemici, nel momento stesso 
eh 1 egli giugnerebbe a guerreggiarli di fronte; mentre 
così operando i Galli mancanti di forze per sostenerti 
da ambo i lati ceder dovranno laddove il numero dei 
combattenti fia minore. Paleologo ricordevole degli or* 
dini ricevuti approda ai piò delle collinette, e quivi in- 
dugia attendendo che la veletta da lui mandata su d'un 1 
altura per tenere di vista il campo al mirare V imperia- 
le segno lo avvisi d' imprendere. 

IV. Ai primi albori i Romani dimoranti nelle trincee 
con Augusto dando a tutta possa nelle trombe annun- 
ziano ai Franchi V imminente attacco, ed intanto che 
questi del miglior animo persistono a respignerlo, Paleo- 
logo avuto dall'esploratore il concertato segno ed asce* 
so velocemente il colle mostrasi in armi co' suoi aventi 
gli scudi uniti e disposti a far giornata. Briennio li aoc- 
chia e quantunque di già molto imbarazzalo nel difen- 
dere le mura dagli assalitori, vedendosi gravitare di so- 
pra il capo nuove schiere apparecchiate con braccio 
forte a pugnar seco dagli omeri, anzi che sbigottire, ani- 

» » 



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LIBftO SESTO. 3o5 
ma i conti ad una valorosa resistenza. Ma costoro fatti 
dal pericolo dimentichi del rispetto dovuto al coman- 
dante con libero discorso ritraggono dal proposito di- 
cendo: 

« Egli non è affatto permesso al mancare ogni 
speranza di vincere il mettere a soqquadro le umane 
vite. Vedi a fe del Nume aggiugnersi male a male e 
sovrastare un pericolo d? insuperabile grandezza. La- 
scia pertanto che del suo meglio ciascheduno provegga 
a sé stesso o passando nelle imperiali truppe, o per 
via (T accordi ottenendo il ripatriare. » 

V. Alle parole segue tosto il fatto. L' Augusto im- 
pone che un militare vessillo ergasi presso il tempio di 
S. Giorgio (avendovi non lunge di là questo edificio de- 
dicato al santo Martire) ed altro verso Aulone promet- 
tendo che tutti coloro i quali avvierebbonsi al tempio 
del martire illustre viverebbero di poi in perfetta pace 
sotto l'impero; ed a quelli direttisi all' opposta insegna 
d'Aulone verrebbe accordato di restituirsi liberamente 
alle patrie terre. Approvate le condizioni seguono i conti 
le imperiali parti ; ma Briennio, fermo nel credere di re- 
car onta alla onoratezza sua imitandoli, non volle nulla- 
mente aderirvi; giurò solo di guardarsi nell'avvenire dal 
portar le armi contro V impero se con idonea scorta di 
sicurezza fossene tradotto ai confini, donde riparerebbe 
nel suolo natale; Alessio, consentito largamente alla pro- 
posta, corse ornato di splendente vittoria la via di Bi- 
sanzio. 

VI. Qui siami coucessa altra breve digressione per 



3oi ANNA COMNEMA 

narrare il gasligo da mio padre dato ai Pauliciani (i); 
ribellatisi costoro, come altrove notammo, egli mal vo- 
• lentieri comportava di metter piede nella reggia viven- 
do tuttavia impuniti gli autori della gravissima fellonia. 
Passalo adunque da una in altra vittoria compie e co- 
rona le sue illustri imprese coli' aggiugnere alla gloria 
della cacciata de' Galli da Gastoria, l'ornamento d'una 
segnalata punigione de' fuggitivi Manichei. Imperciocché 
la grandezza dell' animo suo non comportava che dopo 
avere inalzato così magnifici trofei degli occidentali ne- 
mici le pubbliche esultanze fossero disturbate dal non 
avere 6n qui purgato quasi direi col fuoco la disubbi- 
dienza de' Pauliciani. Non volle tuttavia ricorrere al fer- 
ro ed all' aperta guerra per conseguire il divisato scopo, 
abborrente dallo spargere il sangue come de' suoi, così 
degli stessi ora nemici, ma di ritorno tra poco nella sua 

(i) Discepoli d'un Armeno appellato Costanzo e favoreg- 
giatore de' Manichei, il quale per evitare V odio portato a co- 
storo nomò, Terso Panno 788, i seguaci suoi Pauliciani, co- 
me dire, all' intutto professanti le dottrine di S. Paolo. Pro- 
tetti dall' imperatore Niceforo e' crebbero molto in numero; 
fattisi quindi loro capi altri due Armeni Paolo e Giovanni 
ebbero da questi la denominazione di Paolo-Giovanniti. 

Essi pretendevano consistere la validità del Battesimo nelle 
parole: Ego surn aqua viva; e che per la consecrazioue ba- 
stasse il profferire: Occipite, manducate et bibite. Proibivano 
di più il fare elemosina onde non fornir di cibo creature 
derivanti dal principio malefico. V. Sander. Haer. i3a; 
Baron. A. C. 535 , u.° 14; 745, n.° 37; Bossuet, HisL de 
fariatA lib. II. 



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LIBRO SESTO. 3o5 
grazia. E per verità chi non accagionerebbe di sover- 
chio ardire il provocamelo di armati resi forti dal nu- 
mero, fin qui tranquilli, sebbene a cognizione delia reità 
loro, entro le proprie abitazioni e terre, schivi dal 'mo- 
lestare o predare i vicini, e che ridotti dall'orrore delle 
armi alla disperazione potrebbero forse recare sinistri 
e ben di peso alla repubblica? Scrisse dunque loro, di 
ritoroo a Costantinopoli, invitandoli con belle promesse 
ad un abboccamento seco, ed eglino fidando in queste 
e tuttora conturbati per Pannunzio delle galliche scon- 
fitte risolverono dopo lunga ripugnanza di consentirvi. 

VII. Alessio fa alto a Mosinupoli mentendo cagioni 
d'indugio, ma in realtà per quivi attendere i Manichei. 
Arrivati, finge desiderio di volerli tutti per singulo co- 
noscere. Chiede il nome di ciascheduno e io fa scrive* 
• re. Conformato quindi il volto a severità ordina che 
siengli presentati per decine soltanto divisi , volendo 
imprima cosi interteuerli onde agevolare il colloquio 
intorno alle private faccende , volgerebbe poscia il di- 
scorso a quanto riguardava la chiamata della pubbli- 
ca ambasceria. Fatto il comando , erano a nome in- 
trodotti giusta il catalogo. Entrati, pronte guardie, tolti 
loro i destrieri e le armi , conducouli nelle prigioni 
assegnate ad ognuno di essi. All' udire in seguito il pro- 
prio nome appresentavansene altri non sapevoli affatto 
della sorte de' precedenti e dovendola tosto partecipa- 
re. Di questo modo egli ebbe in sue mani i capi della 
ribellione, e pubblicatine gli averi guiderdonò i corag- 
giosi e fedeli militi che pieni di costanza e valore 
prestato aveano, affrontando pericoli e battaglie, la fer- 
Anna Commena. 20 



3o6 ANNA COMNENA 

ma e laboriosa opera loro. Spedì parimente a rimovere 
dalle proprie abitazioni le mogli de' prigionieri ed in- 
camerarne le facultadi , intanto che i mariti rinchiusi 
in munite rocche pagavano il 60 delle abbandonate ban- 
diere. Secondando tuttavia V indulgente sua natura a po- 
co a poco ne mitigò di molto la pena, ed ammise pur 
anche alla grazia del Battesimo chi di essi, iuvitato a ri- 
ceverlo, non fuvvi renitente. Non ommesso in fine mez- 
zo alcuno per indagare apertamente la verità, diede ban- 
do nelle isole ai soli principali autori della perfida tra- 
ma, consentendo agli altri di stabilire ovunque bramas- 
sero la propria dimora; il perchè profittando ciascuno 
dell' accordatogli favore punto non si ristette dall' an- 
teporre la patria, ove ratto incaminossi per accudire 
alle sue private bisogne. 

Vili. L' Augusto di ritorno alla città regale sapea 
con grandissima agitazione dell'animo suo il perfido 
borboglio, circolante pe' trivj e chiassi, della mal dispo- 
sta plebe verso dì lui. Travagliavalo per certo il vedere 
da tanti pericoli pur ora incontrati e da così grandi e 
numerosi intraprendimenli non essergli derivato altro 
frutto che gli oltraggi e le ingiurie uscenti dalle bocche 
di quelli stessi ingratissimi cittadini vie meglio suoi de- 
bitori della propria salvezza. Riducevansi poi le tumul- 
tuanti voci all' aver egli anzi spogliato i sacri templi che 
ornatili ed arricchiti giusta il dover suo. Il quale spinto 
da fatale necessità onde abbattere l' impeto Serissimo 
d' inevitabile procella quasi dal mondo intero suscitata 
contro il nome romano, e addimandandolo le pubbli- 
che faccende, trovandosi affatto vuoto l'imperiale te- 



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LIBRO SESTO. 307 
soro, ebbe ricorso ali 1 estremo rimedio col procacciarsi 
una prestanza dai sacri luoghi. Dico prestanza, poiché, 
ben lunge dal rapire in tirannesca guisa, non appena 
cessato 1* imminente pericolo, cagione del por mano alle 
ecclesiastiche suppellettili, procedere doveasi ad una gene- 
rosa loro compensagioue. E quantunque vivo ognora alia 
sua mente il retto proposito di rendere ai templi, tosto 
ultimate le guerre, il prezzo degli ottenuti arredi, non tra- 
lasciò nelle attuali circostanze di provvedere alla peri- 
colante sua fama studiandosi rintuzzare a tu ti' uomo la 
cagiono delle propalatesi dicerie. 

IX. Al qual uopo riunito nel palazzo alle Blacher- 
ne un consiglio divisò alla presenza di esso confessarsi 
da prima reo, e quindi prendere egli medesimo la dife- 
sa delia propria causa. Accorsovi V intero senato, i ca- 
pi della milizia ed il clero appalesavansi tutti premuro- 
sissimi di conoscere Io scopo di quell'adunanza} uè 
aveavene alcuno salvo il rammentare le querimonie 
del volgo contro il sovrano, e quindi costituirli giudici 
del suo operato. Presenti gli amministratori de' sacri 
luoghi si producono i libri (solili chiamarsi in volgare 
favella Brevi) contenenti il catalogo di tutto il vasella- 
me , e degli ornamenti proprj di ciaschedun tempio. 
L' Augusto sedea sopra alta scranna, preside in appa- 
renza e direttore di tutto il concistoro, ma in realtà me- 
glio diremmo sommesso ed obbediente all' esame ed ar- 
bitrato de' giudici. Teneasi conto esatto e noveravansi 
i doni già tempo fatti alle chiese dalla generosità di mol- 
ti fedeli. Si ponea a riscontro del primo un secondo ca- 
talogo delle cose pigliate dagli stessi dooatori , o dal- 



3o8 ANNA COMNENA 

V ivi assiso imperante. Per così diligente ricerca si chia- 
rì non essersi da mio padre levate che le sole decorasio* 
ni d' oro e di argento poste al sepolcro dell' imperatri- 
ce Zoe con ristrettissimo numero di altre suppellettili 
di poco servigio nel sacro ministero. Indagato pubbli- 
camente di questo modo il tutto egli si confessò reo, 
e consentì che il consiglio passasse a dar sentenza. 

X. Cangiato quindi a poco a poco il piano del di- 
scorso ed il tuono della voce: « Ài mio ascendere al tro- 
no, ei disse, voi ben sapete da quanti barbari fosse 
guerreggiato V impero, e come grande in esso la man- 
canza de' > necessarj mezzi onde preservarlo dalle armi 
loro; voi, ripeto, ben lo sapete e molto più di voi lo so io 
stesso, il quale per sì grave cagióne e per attendere alla 
pubblica salvezza mi vidi costretto ad esporre il mio ca- 
po a terribili ed innumerevoli pericoli, essendomi le tan- 
te volte e così lungamente raggirato infra le costoro 
spade e frecce, donde he* potuto a stento campaio la vita. 
Giovami similmente credere che sieno tuttora impresse 
nelle menti vostre le armi da Persiani portate contro 
di noi, le scitiche scorribande , e quelle aste fabbricate 
ed affilate nella Longobardia per trafiggere i nostri 
petti e fianchi. Mancavano armi e danaro, e la circon» 
gerenza delV impero toccava il suo centro. Ricordivi in- 
fine che in tante malagevoli circostanze si fecero leve 
di truppe , venne aumentato ed agguerrito V esercito e 
tutti fummo neW accudire alle belliche imprese. Or dun- 
que non temo di esporre con verità, e come Pericle di" 
età in simile circostanza, che il tolto venne da me pro- 
fittevolmente speso. Imperciocché per T onor vostro, cui 



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LIBRO SESTO. 3og 
parlo, per la comune salvezza e libertà fu contornato. 
Nulla è tuttavia da maravigliare che odansi Querule vo- 
ci incolpandoci di avere così operato contro V autorità 
de* canoni antichi; poiché da cosiffatte censure neppu- 
re lo stesso real profeta David potè in eguali urgenze 
andare esente. Il quale costretto, secondo la storia, da 
estrema necessità di cibo non titubò di accostare alla 
sua bocca, laico essendo, unitamente ai proprj militi i 
sacri pani, vietato a chiunque, de* sacerdoti in fuori, il 
mangiarne; arbitrio meno scusabile di quello sopra cui 
aggirasi la nostra difesa. Poiché Vantica legge non ad- 
duceva caso onde potessero i laici usare di questi pa- 
ni. Quando invece dai santi canoni medesimi che gli astio- 
si oppongonci vien permessa chiaramente la vendita 
de* sacri vasi aW uopo di redimere gli schiavi. Ora ver- 
remo noi con giustizia incolpati di grave loro trasgres- 
sione se per liberare molle città grandissime, infra le 
quali Costantinopoli, e sarei per dire T universo intie- 
ro dalV imminente pericolo di cattività, pigliato abbia' 
mo ad imprestanza non già sacri vasi, bensì ornamen- 
ti ed accessorj degli ecclesiastici arredi, pochi e di non 
molto valore in confronto de'' non tocchi, a riparo di 
cotanto infortunio? Il perchè la mia coscienza mi ras- 
sicura di non paventare in causa di ciò giudizio co- 
munque, neppur quello df ingiusti e maligni arbitri, sal- 
vo e* non sieno aW intutto ciechi, a bastanza certo di 
nulla aver commesso nel tenore del reggimento nostro 
da essere con diritto biasimato. » 

■ 

XI. Dopo queste parole con basso tuono di voce 
confessandosi non di meno reo e condannando se stes- 




3io AMIA COMNENA 

so umilmente si protestò meritevole di gastigo. Impose 
quindi ai conservatori de' registri di svolgerli onde co- 
noscere il numero ed il valore delle cose lolle, dispo- 
nendo subito che ogni anno dai curatori del Gsco si con- 
segnasse al foro di Antifoneto (i) rilevante quantità d'o- 
ro come insino ad oggi fedelissimamente si è praticato. 
Imperciocché erasi levato, giusta il detto, qualche or- 
namento posto al sepolcro della rammentata imperatri- 
ce. Fé' comando eziandio che tutti gli anni i Calcopra- 
ti ricevessero una somma d' oro ad alimento degli indi- 
vidui soliti celebrare le divine lodi nel sacro edifizio de- 

- 

dicalo alla Madre di Dio. v 

XII. A breve intervallo di tempo fu scoperta una 
congiura contro l'Augusto parteggiandovi i principali se- 
natori, duci e tribuni dell' esercito, né poggiava sopra 
mal fermi indizj, poiché, alla comparsa di fedeli accusa- 
tori, tutti coloro in essa comunque avvolti o fattine per 
qualche indizio sapevoli, da pruove fuor d' ogni Opposi-» 
zione convinti, furono costretti a confessare il proprio 
delitto. L' imperatore non di meno per tratto di sua eie* 
menza volle che i soli capi soggiacessero alle pene dalle 
leggi prescritte, condannandoli alla confiscazione delle 
sostanze loro ed al bando: tale ebbe fine la congiura. 
Ma è tempo di riprendere la interrotta narrazione su 
de 9 Manichei. 

XIII. Allorché mio padre da Niceforo Botaniate fu 



(i) Eranvene parecchi in Costantinopoli, gli uni secolari, 
gli altri ecclesiastici , ed a qnesti presedevano le principali 
dignità del clero. « 



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LIBRO SESTO. 3u 
assunto alla dignità di gran domestico annoverò un co- 
tal Bleso manicheo infra suoi famigliari ministri, e reso 
meritevole di accostarsi al sacro Fonte lo congiunse in 
matrimonio con altra delle imperiali ancelle. Ora costui 
vedendo complici dell' antedetta cospirazione te quattro 
sorelle dimoranti in patria, prigioniere e spogliate 
d'ogni loro sostanza , abbandonatosi a tristezza somma 
opinò il sinistro maggiore di quanto ei potesse com- 
portare. Andava quindi in traccia di qualche spediente 
per sottrarsi dalle mani imperiali ; se non che la sua don- 
na da manifesti indizj argomentandone la fuga, presen- 
tatasi all' incaricalo della custodia de' Manichei appa- 
rsogli quanto erale noto intorno al consorte. Bleso, a- 
vutone sentore, e pensando alla necessità di eseguire 
tosto il fatto divisamento, ragunò all' istante tutti i par- 
tecipi de' suoi consigli e chiunque avea seco legami odi 
sangue o di stretta amicizia e condirseli ad occupare 
Btliatoba. Sorge la terricciuola su di elevato e forte luo- 
go occupando la cima d' un poggio dominante la forra 
postane alle radici. Impadronitosi delle case rinvenute 
deserte ivane devastando le terre vicine con giornaliere 
scorribande, spignendole talvolta indio alla natia città 
di Filippi, e retrocedendone poscia carico di preda} nè 
pago di questi ladronecci fece lega cogli Sciti a dimo- 
ra nelle vicinanze dell' Istro. Conciossiacosaché seppe 
talmente conciliarsi i reggitori de' popoli domiciliati 
in Glabinitza, Dislran e prossimani luoghi che persuaseli 
ad accordargli di pieno volere in matrimonio la figlia di 
un illustre concittadino loro. Di questo modo lo sdegna- 
tissimo fuggitivo era tutto, come si pretende, nel fabbri- 



• 



3n ANNA COMNENA 

care contro l'imperatore mali gravissimi, intendomi uno 

scitico assalimento. 

XIV. L' Augusto colla sua connaturale sapienza au-" 
tivedendo e considerando il peso del sovrastante peri- 
colo, mandogli frequenti lettere piene di amorevolez- 
za e promesse onde richiamarlo. Inviogli a simile un 9 
aurea Bolla per assicurarlo del suo intero perdono e 
d'una libertà senza limili; ma quando mai seppe il gran- 
chio muover passi a dirittura? Egli punto non cangiossi 
da quel di ieri o di ier Peltro. Fattosi di continuo ad 
incitare gli Sciti contro ai Romani con isebiere di armate 
genti andava per lo largo e lungo malmenando tutti que' 
dintorni. Alessio poi non gittò fatica e tempo co' Mani- 
chei suoi popolani, tornati avendoli a segno e resi ob- 
bedienti e fedeli al trono. 

XV. Baimundo intanto (ed è ben ora di tornare a 
lui ) dimorava in Àulone ; qui pervenutegli le nuove ri- 
guardanti Briennio e la risoluzione de 9 conti, postisi gli 
uni sotto le imperiali bandiere ed il resto qua e là di- 
sperso; tornato di fretta alla patria si presenta al geni- 
tore in Salerno. Questi dall' aspetto e dalla mestizia 
de) figlio presentì un disgraziato annunzio, ma allorché 
dal colloquio ebbe vie meglio compreso ove andassero a 
terminare le grandissime speranze, capovoltesi tutte amo' 
di embrici, da lui risposte, abbandonando V Illirico, in 
Baimundo e nell'esercito fidatogli, come a! primo rimirar- 
lo coprì il suo volto di pallore, quasi tocco da fulmine, 
così uditone per intiero il tragico racconto cadde in 
somma tristezza, avvegnaché ben lontano dall'abbando- 
narsi a vili concepimenti o ad azioni sconvenevoli alla 



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LIBRO SESTO. 3i3 
generosità dell 1 animo suo; elevossi piuttosto a marziali 
divisamenti e ad eroiche minacce di far pagare ben ca- 
ro al nemico i sofferti rovesci. Diedesi pertan to a mac- 
chinare entro sé nuova guerra, e ad escogitare gli op- 
portuni mezzi di mettere io punto eserciti più forti dei 
primi. Fervente di natura nel condurre ad effetto le sta- 
bilite imprese nulla potea indurlo a ritrarne il piede quan- 
tunque gravi si fossero i pericoli e i disagi che andreb- 
bevi ad incontrare. Uomo per verità superiore ad ogni 
temenza , e così affidato in tè stesso che reputava do- 
ver tutto cedere al primo comparire delle sue falangi. 
Di colpo adunque, dato bando al torpore prodottogli 
dalla rancura de' tocchi sinistri , manda ogni dove 
annunziando un secondo tragetto ed una seconda guerra 
contro V Illirico, e presso di sè chiamando tutti i pro- 
vetti nelP arte bellica e la gioventù bramosa di gloria. 
Ed ecco dopo non lungo tempo venire a lui altissimo 
numero di militi, fanti e cavalli, splendidamente armati, 
ed, a mirarne l'occhio ed il volto, spiranti marziale furo- 
re. Tal moltitudine detta sarebbesi da Omero 
Folta come delle api il picchi volgo; 
accorreanvi poi uè più nè meno dalle regioni e città vi- 
cine che da luoghi lontani e posti sotto differente cielo. 
Di questo modo pertanto agguagliando il tenore degli 
apparecchi alla grandezza del suo scopo apprestavasi 
alla guerra con tutto il corredo necessario a vendicare 
le sofferte stragi da Baimundo. 

XVI. Apprestato V esercito, chiama a sè i figli Ro- 
gerio ed il nomato Gida che mio padre con maneggi 
tentato avea di unirlo in matrimonio al suo sangue, prò* 



/ • 

3i4 ANNA COMNENA , 

mettendogli , aderitovi , onori sommi accompagnati da 
libéralissimo dono d'immenso danaro. Il giovane di buon 
animo udivane, e dichiarò fin d' allora obbligata la sua 
parola e prestatovi il proprio consenso, celando tuttavia 
con {scaltrissimo infingimento il fallo commesso, onde 
non giugnessene alle orecchie paterne e de' fratelli in- 
dizio alcuno. 

XVII. Roberto ragunati presso di sè i figli e confe- 
rita ad ambedue la capitananza di tutte le genti in sella 
mandolli innanzi coli' ordine di occupare immediata- 
mente Anione , il che riusci loro , valicato il mare , al 
primo comparirvi in armi. Postovi quindi sufficiente 
presidio si diressero colle truppe a Butroto imposses- 
sandosi agevolmente anche di questa città. Egli trat- 
tante avviatosi con tutto il naviglio alla opposta piaggia, 
di là marina marina pervenne a Brontesio divisando poscia 
entrare nelP Illirico ; se non che riferitogli essere da I- 
drunte più breve il tragitto, fattosi indietro mise alla 
vela coli 1 esercito per Auloue, e di qui salpando con le 
navi e costeggiando il lido si riunì alla prole in Butro- 
to. Ma poiché eragli ribellata Corifo, da prima caduta 
in suo potere , lasciati i figli ove stanziavano e seguito 
dall' armata di mare awiossi a Gorcira bramoso di ri- 
conquistare la perduta rocca. 

XVIII. A tali imprendimenti di Roberto non ista- 
va ozioso P imperatore, nò si conturbava punto all' u- 
dire così grandi e minaccevoli apparati. Scrisse dunque 
innanzi tutto ai Veneti persuadendoli come potè il me- 
glio a spiegare novamente lor forze marittime contra 
di lui , e promettendo loro cbe ne avrebbero copio- 



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LIBRO SESTO. 3i5 
srssimo danaro così per le spese occorrenti al naviglio, 
come pe' militari stipendj. Egli poi spedì contro il ne* 
mico biremi , triremi e piratiche navi d 7 ogni guisa e 
forma, postovi a bordo gran numero di genti espertissi- 
me nelle marine pugne. Il sempre audacissimo Roberto 
non rifiotossi di venire a battaglia, estimando anzi di- 
cevole al suo valore il porsi in cammino spontaneamen- 
te ad incontrare il periglio. Annunziatagli pertanto la 
venuta delle combinate forze navali ad assalirlo, e 9 par- 
titosi co' suoi vascelli in ordinanza gittò le àncore nel 
porto di Cassope. In quello di Passari fu la prima sta- 
gione de 9 Veneti, i quali saputo P inoltrar di Roberto ve- 
leggiano a dirittura con tutto il guerresco apparato per 
venire a battaglia. Vivo fu il conflitto non solo colle ar- 
mi offensive da lontano, ma vie più ancora giunti che 
furono in vicinanza. Da ultimo ne uscì colla peggio Ro- 
berto; se non che Panimo suo indomito, alieno dal con- 
fessarsi vinto, raccolte le poche forze rimasegli si dispo- 
ne a nuovo cimento e più fiero del primo. Né giùnse a 
gabbare i duci delle nemiche flotte, poiché questi, fidan- 
do nella fresca vittoria, il terzo giorno gli si presentano, 
e venuti coraggiosi alle mani tornano a riportarne segna- 
lati vantaggi, dopo di che riparansi nel porto di Passari. 
Quivi o presumendo troppo di sé stessi, come frequen- 
te è il caso , per gP inalzati trofei , o tenendo a vile il 
nemico quasi fosse appieno sconfitto, diedersi adopera- 
re con maggiore trascurataggine e sicurezza di quanto 
si convenia avendo tuttavia in armi e da presso il vaio* 
rosissimo duce latino*, e, passando eoo silenzio le altre 
negligenze, rimandano a Venezia le navi celeri compo- 



3t6 ANNA COMNENA 

ti enti, senza tema di errore, molta parte dell'armata di 
mare, come fosse mestieri l'invio di cotanti nunzj a ban- 
dirvi la nobilissima ottenuta vittoria sopra V antedetto 
condottiero. 

XIX. Roberto fattone sapevole da un Pietro Conta- 
rmi veneto disertore , pervenuto non guari prima sotto 
i latini vessilli , quantunque in preda ancora all' in- 
credibile ambascia e tristezza accagionatagli dalla rei- 
terata sconfitta, destatosi non di meno a nuove speran- 
ze risolvè di affrontare a tutta possa il nemico. I 
Veneti con istupore e perturbamento venuti a saperne 
la inopinata comparsa legaoo insieme i maggiori vascelli 
rimpelto al porto di Corifo e fatto il cosiddetto pelago- 
limene (i) introduconvi nel mezzo le piccole navi e si 
rimangon tutti armati ad attenderlo. Giunto in breve 
comincia P aringo e con vie più di furore che non si 
fosse nelle precedenti battaglie praticato, mettendo a 
pruova tutta la fermezza ed il coraggio loro. Da ambe 
le parti valorosamente si resiste, da per tutto ferve la 
pugna, nè bavvi chi pensi a volger le spalle. Se non 
che terminata ai Veneti , per la diuturnità della guer- 
ra, la vittuaglia, donde eran colme le navi, queste col 
solo carico delle genti ed armi galleggiando oltre il bi- 
sogno leggiere, non arrivandovi l'acqua tampoco alla se- 
conda cinta, si rendettero malagevolissime da governare. 
Al premersi dunque dal corpo de' militi il lato di con- 
tro al nemico, tutte, piegando lentamente al peso, af- 
fondarono in mare, ed eranvi in esse forse tredici mi- 

(i) Disposizione imitante la forma d'un porto di mare. 



i 



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Ll&RO SESTO. 3. 7 
gliaia di combattenti; il perchè le campate dall'a- 
cqua caddero in potere dei Latini. 

XX. Roberto profittando barbaramente di così illustre 
vittoria cercò nella vendetta di alleviare il suo dolore 
pe' sinistri da prima sofferti, ordinando che si tormen- 
tassero e disformassero molti de 1 fatti prigionieri; a chi 
pertanto furono cavati gli occhi, a chi divelto il naso, 
ed a chi mozzate le mani o vero i piedi, né mancarono 
di quelli che soggiacquero alla perdita delle une e degli 
altri. Spedì similmente banditori ne 1 luoghi vicini ad 
annunziare che senza tema di patir danno e con piena 
sicurezza potea ognuno venire a lui per redimere a prez- 
zo i suni; oltre di che ingiugnea loro d' indurne gli a- 
nimi a contrarre pace seco; ma funne la risposta: « Sap- 
pi, duce Roberto, che neppur vedendoteli per trucida- 
re e mogli e prole di nostra pertinenza ci potresti se- 
durre a rompere la giurata fede all'imperatore, o a 
distoglierci dall' incontrare qual tu vuoi pericolo all'uo- 
po di proteggerne i diritti ». 

XXI. Trascorso breve tempo i Veneti apprestati 
dromoni (1) e triremi con altro piccolo e veloce naviglio 
ed afforzato assai più di prima 1' esercito mossero di 
nuovo contro Roberto a dimora non lunge da Butroto, 
ed appiccatavi fiera battaglia ne escono compiutamente 
vincitori, occidendogli molta gente colle armi e pur mol- 
ta sommergendone; per poco altresì non caddero nelle 
mani loro il figlio Gida e la consorte Gaita. Della qua- 
le solenne vittoria V imperatore avutane dai loro messi 

(1) Kaii di velocissimo corso. 



3t8 ANNA COMNENA 

notizia largamente con doni ed onori guiderdonolli , al 
duce veneto conferendo la dignità di protosebasto annes- 
sovi il competente annuale soldo. Comandò inoltre che 
dalP imperiale tesoro si sborsasse ogni anno molto da- 
naro alle venete chiese, e fece tributar) i Melili aventi 
botteghe in Costantinopoli del tempio magnificamente 
eretto ed intitolato ali* apostolo ed evangelista Marco. 
Largheggiò a simile in doni co' lavoratori e bottegai a 
dimora dall'antica ebraica scala (1) alla nomata Bigia e 
con le altre scale comprese in questo intervallo. Nè pa- 
go ancora aggiunsevi quantità di beni stabili cosi in Co- 
stantinopoli come in Di rr acino, ed ovunque n' ebbe da 
loro inchiesta. Ma più che tutto si fu il rendere nel 
romano dominio ogni maniera di merci ad essi spettan- 
ti per sempre immuni da qualsivoglia dazio o gravezza, 
di guisa che poteansi quinci trasportare altrove ed in- 
trodurre senza pagare neppur un obolo a titolo di tassa 
commerciale o di tributo agli appaltatori del fisco, ai 
gabellieri o ad altri cosiffatti raccoglitori del regio da- 
naro. Godettero in fine d'un assoluto libero traffico 
ed esente da ogni giurisdizione de 9 magistrati romani. 

XXII, Roberto (per compiere quanto rimaue a nar- 
rarsi di lui) neppure dopo tale sconfitta potò starsene 
queto} ma di già spedito avendo parecchie navi, capi- 
tanate dal figlio, alla volta di Cefalenia colla brama di 
occupare la città posta nell'isola, egli stesso colle ri- 
manenti apprestate ed alP àncora nel porto di Bonlitza, 
dove accampato era eziandio tutto P esercito , asceso 



(i) Luoghi in Costantinopoli così nomati. V. Meursio. 



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LIBRO SESTO. 319 
Una galea tenne lor dietro. Giunto ad Atere (promon- 
torio di Cefalenia) prima di unirsi alle truppe che se- 
guir lo doveano, ed al figlio mandato innanzi fu incol- 
to da gagliarda febbre, e non comportandone V ardore 
chiese delP acqua. Alla dimanda, quanti lo attorniava* 
no corsi tosto in traccia di qualche fonte, uno de- 
gli indigeni rispose : Là in quella isola di nome Itaca 
ergevasi ab antico una grande città nomata Gerusalem- 
me, distrutta poscia dal tempo. Starvi non di meno tut- 
tora una perenne sorgente di limpida e potabile acqua. 
Roberto alle costui parole cadde in gravissimo turba- 
mento comprendendo all' udire il nome del luogo ove 
infermava e la vicinanza di Gerusalemme rimanergli solo 
ben poco a vivere. Poiché ricordava un pronostico fat- 
togli da uomini dediti con tal foggia di vaticinj a sosten- 
tare lor vita, e soliti con simiglianti piagenterie a pro- 
cacciarsi il favore de' grandi, ammonendolo essere egli 
per estendere il suo dominio ovunque infino a questo 
Atere, ma da qui prendendo la via di Gerusalemme pa- 
gato avrebbe l'estremo tributo alla natura} nè mi sa- 
prei dire asseverantemente se ammalasse di ardente feb- 
bre, o di dolore ai fianchi} certo si è che mancò ai 
vivi nel sesto giorno delle sofferenze sue. La consorte 
Gaita lo raggiunse spirante col figlio tutto in lagrime , 
come è il caso alla vista di cotanto lugubre spettacolo. 
Partecipatane quindi la morte a Bogerio prescelto dal 
padre viveute a succedergli nel principato, questi all'u- 
dirne oltre ogni credere attristossi, preso non di meno 
del suo meglio animo ragunò V esercito per mani- 
festargli con assai dirotto pianto la gravissima perdita 



3ao ANNA COMNENA 

del genitore, dopo di che fattogli sacramentare fedeltà 
lo ricondusse nell' Apulia. Durante il tragitto, sebbene 
corresse la state, i vascelli ebbero molto a soffrire da 
gagliardissima tempesta venendone alcuni sommersi ed 
altri spioti ne' guazzi. Quello destinato a tradurre il ca- 
davere di Roberto fracassatosi nel mezzo, i curatori della 
cassa ove giacea il defunto trattala dalle onde poterono 
con difficoltà, seco trasportandola, metter piede sani e 
salvi in Yenusio. Quivi il cadavere fu deposto vicino al 
monistero intitolato alla santissima Trinità nel sepolcro 
de' fratelli precedentemente partitisi di questo mondo. 
Egli cessò di vivere 1' anno ventesimosesto del suo du- 
cato e nell' età di anni settanta. 

XXIII. L'imperatore alla nuova della inopinata mor- 
te di Roberto respirò , quasi alleviato finalmente d' un 
gran peso che prelevagli da lungo tempo il dorso, e 
statuendo opportuno il momento di troocarc ogni in- 
dugio non omise artifizj per seminare discordie infra le 
genti di presidio in Dirrachio onde tornarne di leggieri 
al possesso. Chiamati pertanto i Veneti di piè fermo in 
Costantinopoli esortolli a persuadere con lettera quelli 
di Amalfi ad assisterlo nel riconquistare la città, atten- 
dendovi senza posa egli stesso col far loro continui doni 
e promesse. Nè diede in fallo, essendb tutta la stirpe la- 
tina venale, pronta ed avvezza, amando oltre misura il. 
danaro, a tradire le più accette cose ed a patteggiarne, 
sempre animata da sordido guadagno. I Dirrachiesi dun- 
que, la guernigione ed i coloni spinti dalle graudi offer- 
te di Augusto andati a romore innanzi tutto uccidono i 
traditori della rocca all' imperiale nemico ed i pVrseve- 



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LIBRO SESTO. 3*t 
ranti a rimanergli fedeli. Presentatisi di poi volontaria- 
mente alP Augusto ;?li consegnano il forte riportandone 
immunità e generosissimi premj non al disotto delle con- 
cepite speranze. 

XXIV. La morte poi di Roberto era stata mollo a- 
vanti preconizzata da un Selli di nome, il quale spaccia- 
vasi profondo conoscitore di astrologia. Questi dopo il 
tragitto nelP Illirico depositò una carta suggellata con 
entrovi tale vaticinio nelle mani di parecchi intrinsichis- 
simi dell' imperatore, pregandoli di non aprirla che a 
un determinato tempo; accadutone il trapasso, dischiu- 
sala ad inchiesta dell'autore, furonvi letti i destini di lui 
non altrimenti espressi: Il gran nemico, suscitato che ab* 
bia da occidente molte sedizioni, per la uon pensata ca- 
drà. Tutti ammirarono la perizia dell'astrologo, c di ve- 
ro come non asserire eh' egli giunto si fosse nelP arte 
divinatoria all'apice della perfezione? Ora su di essa, 
rotto per poco il filo della storia, prenderò a ragionare 
brevemente. 

XXV. Nuova affatto e sconosciuta dall' antichità ò 
la professione de' pronosticanti le cose avvenire. Non al 
fiorir di Eudossio , celebrassimo infra gli astronomi, 
eravi ancora l'arte di predire} non la conobbe Pla- 
tone , non quel Manetone , profondissimo in ogni stu- 
dio , per mancanza d' un compiuto metodo intorno 
all' Oroscopia (i), desiderandosi a que' dì un'accurata 



(i) Arie professata da coloro, i quali pretendevano potersi 
conoscere mediante la posizione degli astri, all'epoca delle na- 
scile, i destini che accompaguerehhero V umana vi la. 
Anna Comnena. * 21 



3aa ANNA COMNENA 

ed in tutte le sue parti esatta notizia del collocamen- 
to de 1 poli a fine di osservare nel punto delle nasci- 
te la giacitura e la configurazione de' celesti aspetti, 
nè avendovi (in qui altri ammaestramenti necessarj a 
questa scienza, che di poi il suo perfezionatore, chiun- 
que egli si fosse, aggiuntili a quanto di già sapeasene , 
tramandò alla posterità} ammaestramenti ritenuti indi- 
spensabili da coloro che vanamente dannosi allo studio 
di tali frascherie. £ si, pur noi delibammo qualche pri- 
mo rudimento di essa non col pensiero di usarne, cessi 
Iddio, ma per desio, penetratane vie meglio la vanità, 
di riprendere con maggior sicurezza chi perde tempo e 
fatica in istudj così da nulla e fallaci. Meno poi mossa 
da giattanza entro in tali argomenti', solo dirò che ac- 
cintami ad esporre V avvenuto sotto l'impero di Ales- 
sio, ho riputato mio ufficio il dimostrare che lo scibile 
tutto ebbe per lui , amantissimo de' filosofi e della fi- 
losofia, un assai grande perfezionamento, non eccettua- 
ta la oroscopia, quantunque egli avessela in aperto odio 
giudicandola, se non erro, tendente a distogliere le più 
semplici' menti dal riporre lor speranze in Dio col tener- 
le assorte nella osservazione degli astri ed in assoluta 
dimenticanza delle proprie faccende. Ecco appunto il 
motivo che animò Alessio contro le astrologiche disci- 
pline; con tutto ciò questa sua avversione non giunse a 
produrre nelP impero carestia di persone che vi appli- 
cassero gli animi loro. Poiché, oltre il testé ricordato 
Seth, fiori di que' tempi l'egizio alessandrino premuro- 
sissimo di far palesi gli astrologici reconditi misterj , e 
narrasi di lui che da molti consultato desse risposte ac- 



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1 



LIBRO SESTO. 3j3 
coralissime riguardo all'avvenire, non valendosi ora nep- 
pure dell 9 astrolabio (i), ed ora col semplice sguardo e- 
seguendo le sue divinazioni, poscia confermate dagli e- 
venti. Il che non dobbiamo in conio veruno ascrivere a 
magia, dipendendo il suo operato unicamente da qual- 
che artificioso inganno. 

XXVI. L : imperatore vedendo costui frequentato da 
copiosa gioventù ed ovunque insignito dei nome di pro- 
feta, volle pur egli due fiate consultarlo ed ebbene rispo- 
ste concordi al vero. Ma paventando non fosse per ve- 
nirne autorità maggiore airabborrita professione, e molti 
seguendone le tracce si dessero a coltivarlo , comandò 
che bandito dalla città viver dovesse non lunge da Ra- 
desto, facendogli tuttavia somministrare a spese del teso- 
ro copiosa vittuaglia ed ogni altro bisogno della vita. 
Coltivò parimente in grado sommo tale scienza il pro- 
fondissimo dialettico Eleuterio, nato a simile in Egitto, 
di cui si narra che sortito avesse dalla natura ingegno 
convenevolissimo a queste meditazioni, ed applicatecelo 
cotanto da ritenerlo sopra tutti voglioso di aspirare 
al colmo dell' eccellenza e di non rimanere a niuno 
secoudo nel meritarvi lode. Se non che da Atene ca- 
. pitò a Costantinopoli un Catanange di nome, il quale 
pretendea soprastare di gran lunga a quanti Io precedet- 
tero nella cognizione delle astrologiche discipline. Costui 
interrogato sulla morte dell' imperatore determinava 
il giorno che i destini chiamerebboolo a nuova vita. Pas- 



ti) Strumento adoperato dagli astronomi per conoscere la 
posizione de 1 corpi celesti. 

i 



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3q4 ANNA COMNENA 

sò mio padre il tempo indicalo in buona salute, ma giun- 
tone il termine un .fiero leone chiuso in gabbia vicino alla 
reggia dopo quattro giorni di febbre cadde spento. 
Laonde parve a molli che il pronostico di Catanange, 
dal capo imperiale forviando , colpito avesse il quadru- 
pede. Lo stesso dopo anni molti ripetute con maggio- 
re esattezza, a parer suo, le osservazioni tornò a predir- 
ne il trapasso, ma pur ora in fallo, quantunque il dì me- 
desimo vaticinato per la imperiale morte ai vivi mancasse 
la genitrice Anna. L'Augusto, sebbene riuscite più vol- 
le bugiarde le predizioni di lui, non estimò tuttavia di 
esiliarlo dalla città giudicando che la presenza medesi- 
ma dell'astrologo, caduto sì di frequente in errore nel- 
V esercizio di sua professione verso il capo dell'impero, 
varrebbe ad infamarne Parte} paventava' inoltre la tac- 
cia di aver punito anzi per vendetta di privata offesa 
ebe miraudo alla pubblica utilità chi osato avea teme- 
rariamente di profetizzare sua morte. Ora è uopo tor- 
nare in cammipo per distorre altrui dal pensiero , che 
intertenendoci sopra argomenti di astrologia cerchia- 
mo avvolgere in tenebre il corpo della storia. 

XXV1L Roberto, conformandoci alia prevalente ri- 
nomea, fu eccellentissimo capitano. Pronte di mente nel 
provvedere ai repentini bisogni, di maestoso aspetto, vol- 
to e persona^ urbano e piacevole ne' suoi famigliari di- 
scorsi, di acuta e a un' otta piena e sonora voce, di af- 
fabile scontramelo e di assai facile accesso. Bispondea 
poi all'eroica sua taglia una lunga chioma tulio all'in- 
torno del capo, cui bellamente univasi folta e lunga bar- 
ba ; oltre di che fu costantissimo osservatore dei patrii 



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LIBRO SESTO. 5a5 
costumi. Tutto poi il gagliardo vigore spirante dal suo 
volto e dalle rimanenti parli del corpo nella giovanile 
età non sofferse diminuzione comunque infino agli 
estremi della vita} ed egli ben lo sapendo reputavasi ati- 
cbe a titolo della personale avvenenza e robustezza me- 
ritevole dell 1 impero. Bramoso del proprio onore, nò cu- 
rante meno l'altrui, molto cortesemente trattava i suoi 
inferiori , di preferenza largheggiando in generosità e 
guiderdoni con quelli della cui grandissima benevolenza 
sapeasi in possesso. Avido accumulatore di pecunia, e 
strettissimo di mano al dispensarne reputava non iscon- 
veniente al suo elevato grado qualunque eziandio bassa 
maniera di lucro, compresovi il mercanteggiare ed il 
sordido traffico. Non di meno tutto cedeva in lui ad una 
esorbitante passione di gloria; il perchè vittima ad un 
tempo di tanti e così variati desiderj soggiacque di leg- 
gieri air universale censura. Emmi noto il biasimo che 
riportò mio padre dall'accusa di poco senno per non 
essere nella prima spedizione riuscito a vincerlo, come 
potuto avrebbe, e' dicono, se con temeraria fretta per- 
vertita non si fosse da lui una speranza certa. Poiché 
temporeggiato qualche poco ad assalirlo infallantemente 
pervenuto sarebbe a rinchiudere e circondare i Galli 
stretti di qua dai nomati Arbaniti e di là dalie genti 
dalmatine speditegli da Bodino, tutti svaccandosi per 
conseguire una manifesta vittoria. Tale sentenziano 
imperili critici lontani dal tiro de"' projettili, e<la luogo 
sicuro intenti ad avventare fidissimi colpi alla vita 
e fama di valorosi personaggi sfidanti i pericoli da vi- 
cino e grondanti di sudore in campo. Or dunque po- 



3q6 ANNA COMNENA 

sia mente al valore di Roberto, alla sua scaltrezza nel 
condurre una guerra, alla presenza del suo intrepido 
spirito in ogni evento, cose a tutti note, come non com- 
prendere quanto malagevole si fosse V uscir vittorioso 
d' un capitano, il quale anche dai sinistri della guerra, 
se pur incappassevi talvolta, solea più risoluto e corag- 
gioso riaversi ? 

XXVIII. L'imperatore cacciato il conte Briennio da 
Castoria ed avente seco i Latini, come narravamo, alle 
calende di dicembre correndo la settima indizione tor- 
nato portator di trofei in Costantinopoli trovò P augu- 
sta consorte a stanza ne' regali appartamenti desti- 
nati in epoche anteriori ai puerperj delle sovrane (abi- 
tazione, con voce antica nomata Porphyra, o Porpora^ 
donde si rese celebre in tutto il romano impero il nome 
de' Porfirogeniti (i) ). Ivi quasi nell'aurora del giorno 
di sabato nacque loro una fanciulla coi lineamenti non 
dubbj dell' imagine paterna, giusta le osservazioni fatte 
in allora e divolgate da quanti la videro; ed io senz'al- 
tro fui quella. Né tacerò di avere sovente udito dalla 
mia genitrice a narrare che al principiarle i travagli del 
parlo tre giorni prima del vociferato ritorno di Alessio 
nella reggia (imperciocché sapeasi eh' egli posto fine alla 
guerra contro Roberto, ove incontrato avea tanti peri- 
coli e sudori, venuto era nella risoluzione di retrocedere 



(i) Si corregga la noia a pag. 1 55 nel modo segnente: 
Etili). Naia nel porpora; Appartamento nel palazzo del so- 
vrano destinato ai parti delle imperiali donne; ed a pag. 278 
leggasi Latto invece di Lario. 



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LIBRO SESTO. 3q 7 
in Costantinopoli e percorrerne di già la via. solo tre 
giorni di viaggio essendone lontano) , opinava non di* 
cevole ed importuno lo sgravarsi disgiunta dal consor- 
te, ma solo per breve distanza e tempo. E si racconta 
che al primo doloroso foriere del termine de' suoi pa- 
timenti, fatto il segno della Croce sul venire, dicesse: 
Rimanti* o fanciullo* attendi la tornata paterna. Le 
quali parole giunte all' orecchio della protovestiaria sua 
genitrice fu da costei seriamente ripresa dicendole : Deh ! 
non sai tu che il suo arrivo tardar potrebbe d'un mese? 
ed in allora come reggere ai dolori d'un parto oltre 
il naturale periodo spinto ? Così la genitrice^ ma l'au- 
gusta vide i suoi voti compiuti. 

XXIX. Fu questo, direi quasi, un segno precursore 
del sincero mio affetto verso dei genitori , il quale ri- 
portar dovea in seguito piena conferma da una costan- 
te pratica di tutta la vita} nè dubito, protetta dalla 
mia coscienza , invocarne P attestazione di quanti mi 
conobbero. Eglino certamente sanno che mai in parte 
alcuna venne meno la mia divozione verso di essi, e fu 
tuttodì cotanto P amor mio portato loro quanto era me- 
stieri perchè non le avversità, non P afrezza de' tempi , 
non il peso de' travagli o de' pericoli, grandi come che 
vuoi, pervenissero ad intimorirmi o raffreddare nelP a- 
marli : P onore, il danaro, la vita stessa un vero nulla 
curante , e pronta anzi a soffrir tutto che mancare a 
questo commendevole officio. Nè arrestatami entro i 
limiti degli esterni segni, al presen tarmisi la opportunità 
li travalicai, per sì nobile motivo ponendo in balia della 
sorte anima e corpo. Ma, riserbati di tali argomenti a 



3a8 ANNA COMNENA 

migliore occasione, prendiamo con più saggio consiglio 

a riferire le bisogne del primissimo viver mio. 

XXX. Per la nascita d'una primogenita, oltre la co- 
stumanza ne' regali parti largheggiatosi di pecunia col 
popolo ed esercito, e soprattutto di onoranze col senato, 
ne derivò generalmente pubblica esultazione, distinguen- 
dosi a molti doppj in essa i propinqui dell'augusta. I 
quali sciogliendo il freno ad ogni maniera di allegrezza 
e gongolanti di gioja, sentivansi nella incapacità, vuoi col 
canto o con altre festevoli guise, di agguagliare appunto 
la forza interna del giubilamento loro. Passali alcuni 
giorni i miei genitori onoraronmi della corona e del- 
l' imperiale diadema. Accordarono similmente a Costati- 
tino, figlio di Michele Duca per lo addietro imperatore, 
del quale fatto abbiamo lunga menzione altrove, e che 
partecipava in allora l' impero, di apporre il suo nome 
in rosso alle donazioni , di procedere, cinto il capo di 
tiara, vicino all'Augusto nelle solenni processioni (1), 
e di essere nomato il secondo nelle acclamazioni. £ sic- 
come pur io, a que' dì coronata, dovea entrarvi, cosi fu 
ingiunto ai coristi 1' acclamare, di seguito al nome del* 



(i) Ciò è quando l'imperatore nelle solennità recavasi con 
pompa grandissima dal suo palazzo alla chiesa di S. Sofia 
per assistere ai divini uffizj ; disponevansi allora in alcuni 
punti della via da lui calcata individui, i quali al comparir 
del sovrano davan fiato alle accennate acclamazioni , consi- 
stenti il più in voti all' Altissimo per la prosperità, salute e 
lunga vita del sovrano e di quanti altri della imperiale 
famiglia crausi giudicali meritevoli di quest' onore. 



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LIBRO SESTO. 3tii) 
P imperatore, Costantino ed Anna. Che poi tal pratica 
durasse lungamente inalterata l'ebbi nel tratto successi- 
vo più volte dalla voce de' miei genitori e congiunti; 
augurio de" sinistri e delle prosperità che accompagnar 
doveano mia vita. Ebbero quindi gli augusti altra fan- 
ciulla di volto simigliante ad essi, la quale dal nascer 
suo dava segni di quella virtù e sapienza che al cre- 
scere degli anni manifestaronsi chiaramente in lei. 

XXXI. Surse quindi negli animi loro desiderio vivis- 
simo di prole maschile, e viderlo compiuto correndo l'un- 
decima indizione. In quest' avventurosa circostanza fu 
tanta la gioja d' entrambi che la stessa memoria delle 
passate sciagure parea cancellata e rasa dal giubilo 
di nuova letizia. Il popolo del pari , avvezzo a calcare 
le orme de' regnanti, poneva tutte le sue cure nelP ap- 
palesarsi al più elevato grado festoso. Bello a era il mi- 
rare I 1 esultanza della reggia scevera compiutamente 
d'ogni mestizia; chi di essi dai più intimi penetrali del 
benevolente animo loro tramandando segni di veracis- 
sima allegrezza , e chi premendo con finta , ma neces- 
saria giovialità l'astio dell* avverso cuore, poiché i sug- 
getli non sanno rattenersi dal guardare con occhio si- 
nistro chi li governa, quantunque si studiino con men- 
tito ossequio ed affettate piagenterie di meritare la be- 
nevolenza di coloro medesimi cui portan odio. Il bambolo 
del resto avea pelle tendente al bruno , spaziosa fronte 
anziché no, scarne gote, nari non rincagnate, né ricur- 
ve a mo' d' aquilino rostro, partecipanti bensì ambe le 
forme, ed occhi neri. La sua indole tendea generalmen- 
te al cupo, quanto è dato pronosticare dall' apparenza 

Anna Comneha. aa 



53o ANNA COMNENA 

d' un or ora nato corpicciuolo, ma disvelatesi alla sfug- 
gita dai vivi suoi movimenti. Precipua cura de' geni- 
tori fu quella di assicurargli la successione dell'impero, 
ed a riuscirvi portatolo nella grande chiesa lo rendon 
partecipe della grazia battesimale e della regal corona. 
Tanto occorse a noi Porfirogeniti nei principi del viver 
nostro, a quali avventure poi durante la vita andammo 
soggetti verrà esposto laddove ognuna di esse avrà ac- 
concio luogo. 

XXXII. Qui rannodando il filo della storica narra- 
sione riferiremo come l'imperatore Alessio, cacciati i Sa- 
raceni dai liti della Bitinia, dal Bosporo e dalle sovra- 
stanti regioni, erasi indotto a trattare di pace con So- 
limano} dopo di che volte le redini verso V Illirico e 
vinti del tutto, con guerra più d'ogni altra ricolma dì 
pericoli e fatiche, Roberto ed il figlio Baimondo, libe- 
rato avea da calamità gravissima gli occidentali con- 
fini dell 1 impero. Tornato poscia indietro venne a sa- 
pere che tutta la piaggia orientale della sua dominazione 
era balestrata con frequenti scorrerie dai Musulmani, 
lig) di Àpelcasem , e eh' eglino avean ben anche messo 
piede senza timore di offesa nella Propontide e sulle 
marittime terre lungo quella regione , fomentandone 
l'ardire i prosperi eventi. Qui dunque prenderemo ad 
esporre in qual modo (i) Amer Solima partendosi da 
Nicea dichiarò prefetto di quel presidio Àpelcasem, 
e come Puzane spedito in Asia dal sultano de' Persi 
fu dal costui fratello Tutuse vinto e morto; di qual 

(i) Nome di onoratila e dignità presso i Turchi e Persiani. 



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LIBRO SESTO. 53t 
mariterà finalmente lo stesso Tu l use dopo la vittoria so- 
pra Puxane venne dai proprj consobrini strangolato. 

XXXIII. Ebbevi un Filareto di nome, originario del- 
l'Armenia, famoso per coraggio e prudenza, ed inalza- 
to da Romano Diogene, allora imperante, alla onoran- 
za di Domestico. Questi vedute in parte co' suoi occhi 
le compassionevoli sciagure di Diogene, in parte assicu- 
rato del crudele accecamento d'un principe cui egli tan- 
to dovea, non comportavano la turpe cacciata dal tro- 
no e P ingiustissimo tollerato supplicio. Di più non 
opinando onorevole e sicuro per sè stesso il viver sotto 
ai carnefici di Romano, cominciò a volgere il pensiero 
ad una ribellione appianandosi la via di agevolare il suo 
divisamento occupando la città d'Antiochia. Se non che 
impedito di condurvi tranquilla vita dalle continue sa- 
raceniche scorrerie sopra tutti que'dintorni, e detestando 
qualunque si fosse speranza di romana sorgente, risolvè 
appigliarsi a cosa non meno atroce che empia , dan- 
dosi a professare le superstizioni e seguire le costumanze 
de'Turchi, non esclusa la circoncisione. Inorridì il figlio 
alla nuova di sì grande scelleraggine, e dopo lunghi ed 
inutili sfoni per indurlo a ritrarsi dall' operato, dispe- 
ratone alla fine il ravvedimento, con otto giorni di viag- 
gio messo piede in Nicea, esorta Amer Solima , ivi sul- 
tano, ad assediare Antiochia e combattervi il proprio 
genitore. Quegli, prontamente aderitovi, apprestò con 
tutto V ardore l'occorrente all' impresa , fidando il go- 
verno di quella città ad Apelcasem, personaggio salito 
in così alta riputazione presso di lui, che meritògli il glo- 
rioso nome di eccellentissimo sopra tutti i duci. Solima 



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33a . ANNA COMNERA 

dunque in compagnia di Filarete suo figlio colla marcia 
di notti dodici (riposando in cambio durante il giorno per 
non mover sospetto della sua venuta nel nemico) giunto 
alla sprovvista sotto Antiochia , e rinvenutala non pre- 
parata a difesa col primo batterne le mura ebbela in 
suo potere. 

XXXIV. Verso quel tempo medesimo un Garatice 
di nome con repentino assalimento guastò Sinope in- 
dotto da segni manifestanti que' regali tesori abbon- 
devole d' oro e d' altro danaro comunque. Se non che 
Tutuse, fratello del gran sultano ed al governo de' Ge- 
rosolimitani, di tutta la Mesopotamia e di Galep sino a 
Bagda era disideroso al maggior segno di possedere An- 
tiochia. Or dunque Amer premurosissimo di conservare 
sotto il proprio dominio una città con sì forte passione 
occupata intima all'esercito la partenza, e Tutuse da 
Calep muove armata mano ad incontrarlo } si viene per- 
tanto a grande e feroce battaglia, nella quale passatosi 
dalPavventare dardi e frecce alle spade e lance le truppe 
di Solima impotenti di resistere all'impeto de'Tutusani 
voltarono all' avviluppata gli omeri. Nè il duce riuscito 
essendo con rampogne miste a persuasioni e promesse 
di richiamarli da una colpevole fuga al proprio dovere, 
allorché vide il male più forte del rimedio, si ritirò, sa- 
pevole dell' imminente suo pericolo, e gittata in terra 
lo scodo arrestossi in luogo creduto da lui sicuro. Fat- 
tosi non di meno palese il nascondiglio ai consanguinei, 
vanno i satrapi di frequente a visitarlo, e cou fallaci 
discorsi tentano di persuadergli che si partisse di là 
seco loro, bramosissimo essendo il zio Tutuse di abbrac- 



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LIBRO SESTO. 333 
ciarlo. Ma egli certo di non potervi fondare speranza 
veruna, e dover in cambio tutto paventare, fermo si mise 
al niego. Insistendo tuttavia i satrapi e dalle esortazioni 
d' intraprendere un cammino odioso , venuti a dichia- 
rargli cbe trarrebbonlo di forza seco, egli compresa la 
vanità di resister loro da solo, ratto sguainata la spada 
si trafisse da banda a banda il corpo , dando alla sua 
esistenza malvagio fine , come ne fu la vita. Il sultano 
all' annunzio di tal nuova, reputando ben da temere e 
da non perder d'occhio il formidabile aumento di pos- 
sanza in Tutuse derivatogli dalla riportata vittoria, spe- 
di Siauso alP imperatore onde strig nervi lega, promet- 
tendo, aderitovi, di far ritirare i Turchi da tuttala ma- 
rittima piaggia, di metterlo al possesso delle rocche e 
castella ivi erette , e di prestargli inoltre del miglior 
suo modo assistenza ovunque si presentasse il bisogno. 

XXXV. L' Augusto ricevuto il foglio del sultano 
disdegnò entro sè la fattagli proposta di lega; osservato 
quindi Siauso, e dal volto, dalla barba e da tutto il con- 
tegno di lui argomentandolo uomo prudente, interrogollo 
da qual patria e famiglia tratto avesse i natali? Da 
madre ibera, e' rispondea, ma da padre turco. Alessio 
allora grandemente lo sollecitò ad accostarsi di suo 
buon volere al sacro Fonte. Egli vi consentì e promise 
che rigenerato dalle Acque lustrali più non tornerebbe 
presso de 9 suoi. E poiché avea seco il diploma del sul- 
tano in perfetta regola sottoscritto e munito di sigillo, 
affinchè ottenuta V imperiai lega cacciar potesse , mo- 
strandolo, dalle città e rocche le saraceniche guernigioni 
ed introdurvi i prefelli da Alesio mandati a supplirle, 



354 ANNA COMNENA 

questi Io consigliò di recarsi ne' prefati luoghi, di cam- 
biarvi quelle genti colle romane facendo loro vedere 
il diploma , e compiuta la missione di retrocedere a 
Costantinopoli. Siauso di buonissimo grado accolta la 
proposta, camminò prima di tutto a Sinope, ove pre- 
sentata la patente a Caratice, fecelo di là partire senza 
lasciargli por mano sopra danaro alcuno del regio te- 
soro. Qui prendiamo a narrarne gli avvenimenti. Nella 
ruberia già da noi esposta, egli violato avendo il tempio 
della immacolata nostra Signora madre di Dio, tosto 
per divino comando ne fu commessa al demonio la pu* 
nigione, di maniera che ali 9 istante venue a patire d'un 
male simigliatile ad epilepsia rivoltolandosi per terra c 
dalla bocca gittando spuma', tale appunto erane lo stato 
in cui giacea allorché Siauso comunicatogli il sovrano 
comando, cacciollo di là, onde sostituirgli nella prefet- 
tura Costantino Dalasseno mandatovi espressamente 
dall' imperatore. 11 satrapo non altrimenti, passato dal- 
l' una città all'altra, in virtù della prefata lettera patente 
levò da per tutto i presidii turchi, ponendo a difesa delle 
rocche e città duci e truppe inviatevi dall' imperatore. 
Eseguita di questo modo lodevolmente la sua missione, 
ricevè, di ritorno a Costantinopoli, il santo Battesimo, 
qd infra gli altri molti doni s'ebbe il ducato d 1 A nchialo. 

XXXVI. Vulgatasi per l' Asia la morte di Amer 
Solima i satrapi cui obbedivano le guernigioni delle 
città e castella diedersi privatamente a considerarle di 
loro proprietà, e quindi ciascheduno reputandosi pa- 
drone assoluto del luogo cui presiedeva cominciò a go- 
derne il dominio e custodirlo. Imperciocché allorquando 



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LIBRO SESTO. 335 
Amer correndo alla volta di Antiochia, giusta il nar- 
rato, commise ad Apelcasem la difesa di Nicea , di pas- 
saggio consegnò a varj satrapi molte cittadi vuoi del- 
la marittima piaggia e di Cappadocia , vuoi dell' Asia 
intiera, col patto che ognuno di essi eoa fedeltà ed 
accuratezza le guardasse iofinoattanlochè egli sarebbe 
di ritorno. Ora Apelcasem archisatrapo di Nicea, ovve- 
rà la sede e il palazzo del sultano , detto sultanicio , 
dato avendo a suo fratello Polcase la Cappadocia tenea 
per fermo e sicuro di essere poscia inalzato alla dignità 
di sultano, e come avessela già , quasi direi , in mano, 
essendo uomo fiero, d'animo inquieto ed ostinato, nè 
soddisfatto de' suoi possedimenti , iva rapinando l'altrui 
e con iscorrerie mandava sua gente a guastare tutta la 
Bitinta non esclusa la Propontide stessa. Ma l'impera- 
tore, valendosi contro siffatte violenze del suo metodo 
lungamente sperimentato , frenò i ribaldi e costrinse 
il duce loro a formare pensieri di pace e di alleanza. 
Costui non di meno tardo nel risolversi, pieno la mente 
di macchinazioni, appalesava che stretto unicamente da 
sciagure e temenze vi si determinerebbe. L'Augusto fat- 
tone accorto risolvè d'indurvelo armata mano spedendogli 
contro un forte esercito, e Taticio, nome piò volte da 
noi ricordato, n'ebbe il comando. Fornito pertanto di un 
sufficiente numero di truppe coraggiose e disciplinale 
e' marciava colPordine di raggiugnere a dirittura Nicea, 
di essere guardingo nelP imprendere, e di non rischiare 
precipitosamente una battaglia, dovendo in prima co- 
noscere il numero de' nemici , la posizione de luoghi, e 
solo venire alle armi quando si appresentasse qualche 
speranza di vittoria. 



336 ANNA COMMENA 

XXXVII. I Turchi appressatosi V imperiai esercito 
alle mura di Nicea stettersi qualche tempo silenziosi ; 
ma finalmente spalancate di subito le porle ne sortono 
dugento cavalieri, i quali assaliti all'istante, e maleoncj 
dai Galli armali di lunghe aste (avendovene allora molti 
nell'esercito ) , vengon respinti nella rocca } uè di ciò 
pago Talicio fe'comando a'suoi di rimanere altelati nel 
luogo medesimo infino al tramonto. Dopo di che non 
comparendo più uom de'Tnrchi fuor della città retro- 
cedette verso Basilia fortificando il campo in adatto suolo 
dodici stadj o in quel torno lunge da Nicea. Quivi du- 
rante In notte è destato da un contadino per annun- 
ziargli con asseveranza il prossimo arrivo di Prosuc 
alla testa di cinquanta mila guerrieri mandati dal nuevo 
sultano Paragiaruc ; e così riferivano parimente altri 
relatori, di maniera che vano era il dubitarne. Il duce 
prestatovi orecchio , e giudicando insufficienti i suoi 
mezzi a sostenere lo scontro di cotanti nemici , stabilì 
porre un argine agli ardimentosi principi e darsi a con» 
sigli anzi sicuri che gloriosi, nella persuasione di seguire 
il partito migliore se tenutosi lontano dall' esporre la 
poca genie seco a guerreggiare barbari sì tanto superiori 
di numero ed assai più agguerriti con danno manifesto 
delle còse romane, riuscito fosse a ricondurla sana e 
salva indietro. Fatta questa risoluzione, volgendo cer- 
tamente il pensiero a Costantinopoli, ordinò la partenza 
dirigendosi alla volta di Nicomedia. Se non che al pri- 
mo diloggiare fattone accorto Apelcasem e compren- 
dendo la strada che percorrerebbe il Romano, pigliò ad 
inseguirlo coli 1 intendimento e colla speranza di rcn- 



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LIBRO SESTO. 53; 
dettene a suo bell'agio padrone, allorché stanco e con- 
trariato dalla natura del suolo e' s'avvenisse a qualche 
difGcultoso luogo. Giunti i Romani a Prendo Apelca- 
sem opinando propizio il momento di riportar vittoria, 
messo in ordinanza l'esercito sfida a battaglia Taticio, 
il quale stretto dalla necessità schiera parimente le truppe 
comandando che i Galli in arcione posti di fronte princi- 
piino T attacco, e questi impugnate le aste a brìglia 
sciolta colla velocità del fuoco lo assalgono, e sconvol- 
tene le file con grave strage e tumulto meltonlo in fuga. 
Dopo di che Taticio per la regione de' Bitinj rimenò 
le troppe a Costantinopoli. 

XXXVIII. Apelcasem tuttavia non potè quetare; 
uomo d' orgogliosissime speranze , elevandole infino ad 
impromettersi il trono del romano impero, o, speri- 
mentando in così ardua impresa meno propizia la for- 
tuna, certo d'occupare per intero la marittima piaggia 
compresevi le isole stesse. Tronfio de'suoi smisurati pro- 
getti stabili innanzi tutto l'armamento di vascelli da 
corseggiare , al quale proposito occupata #Chio (città 
marittima de' Bilinj), dato avea in brocco, procacciato 
essendosi uu arsenale assai acconcio alle stabilite co- 
struzioni, né lentamente procedeavi l'opera. A tale an- 
nunzio l'imperatore armò all'istante le binimi egli altri 
vascelli in poter suo, e creatone di ungano (1) Manuele 
Butumite imposegli di mettere alla vela colla maggiore 
celerilà contro Apelcasem , onde tògliergli il tempo ne- 
cessario di condurre a termiue la già mollo inoltra- 



(i) Ammiraglio. 



338 ANNA COMNENA 

ta opera delle navi ed incendiare quelle in lavoro 
qualunque fossene lo stato; cosi riguardo al mare. In 
pari tempo mandò Taticio pel continente con agguerrita 
soldatesca. Àpelcasem avuta notizia d'ambo i condot- 
tieri ed eserciti ad un tratto speditigli contro dalla città 
regale, si diresse colla velocità del fulmine a tener d'oc- 
chio Butumite, ma conosciuto da varie indicazioni degli 
esploratori l'iuoltrar di Taticio, rivolto in fretta il pen- 
siero alla presente condizione delle faccende sue opinò 
disadatto il terreno sul quale dimorava per venire alle 
armi co 9 Romani , giudicandolo di soverchio alpestre , 
disastroso, angusto, male in ordine, e non capace di for- 
nire agli arcadori comoda posizione da cui respignerne la 
cavalleria* Postosi adunque incammino colle truppe s'im- 
padronisce d'un luogo nomato da alcuni Àlica e Cipa- 
rissio da altri. Butumite in questa , prevenendo colla 
prontézza sua il suono della voce , travalicato il mare 
ne mise in fiamme le navi. Nel dì appresso ecco arrivare 
Taticio, il quale scelto opportuno luogo per inalzarvi 
le romane fende subito cominciò a molestarlo incessan- 
temente, ora spingendogli contro piccoli drappelli di 
gente a combatterlo da vicino , ora travagliandolo da 
lunge con saettamento continuo, durando quindici giorni 
di seguito nel badaluccare non altrimenti. Àpelcasem 
intanto opponeva una costanza , che meglio sarebbesi 
temerità nomata. 

XXXIX. I Latini militanti allora sotto il duce im- 
periale annojati del ritardo sollecitavanlo ad accordar 
loro di combattere eglino soli i Turchi, sebbene questi 
mollo confidassero nella convenevolezza dell' occupato 



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LIBRO SESTO. 33 9 
suolo. Parve a Taticio da principio contrario alla mili- 
tare prudenza il consentire alla dimanda, ma vedendo po- 
scia aumentarsi di giorno in giorno il contrario esercito 
da nuovi ajuti di genti saraceniche, vinto il senno dal 
pericolo, cangiò di parere e snl tramonto schiera* 
te le truppe Io richiese di battaglia ordinata. Grande 
fu la strage nemica ed il numero de* fatti prigionieri ; 
molti di essi inoltre sraenticatisi dell 1 attendamento , del 
vasellame e delle altre suppellettili riposero nella fugn 
ogni speranza di campare la vita. Ad Apelcasem stesso 
appena riuscì di riparare salvo a Nicea, ed i Taticiani 
ricchi di bottino tornarono al campo. L' imperatore in- 
formatone e dato ascolto ai consigli della sua prudenza, 
maggiore di quanto il volgo estimava, d'altronde peritis- 
simo nell'intavolare maneggi colle più caparbie menti e 
indurle, colla P opportunità, a secondare ogni suo volere, 
pigliò tosto la inopinata risoluzione d'invitare il nemico 
ad una pace. Scrivegli dunque assai cortesemente , e- 
spertissimo in quest'arte, consigliandolo di astenersi nel» 
l'avvenire da vani sforzi e dal trarre inutili colpi all'aria} 
di procedere in cambio a Costantinopoli, ove ricevereb- 
be amplissime largizioni ed onoranze, come pure ver- 
rebbegli tosto impegnata la sovrana parola in adempì* 
mento delle fatte promesse. 

XL. Apelcasem letto il foglio ed in pari tempo 
udendo che Prosuc , espugnate parecchie fortezze in 
mano dei satrapi, movea coli' esercito alla volta di Ni- 
cea per assediarla, covertando la necessità col manto 
della bramosia d'onore, come suol dirsi, risolvè mettere 
a pruova la fede imperiale ; e' sperava eziandio che 



t 

34o ANNA COMNENA 

più di leggieri potrebbe venuto a colloquio esplorare a 
fondo P animo dell'Augusto, ed assai più facilmente che 
non per via di messi formare seco lui trattati di pace, 
qualora e' fossero di sua convenienza e sicuri. Ben dif- 
ferenti poi erano le mire di Alessio verso i barbari , 
da' quali vano era lo sperare una sincera pace \ il'per- 
chè divisava onesto ogni mezzo conducente ad ottenere 
la pubblica sicurezza tanto bisognevole all'impero, sprov- 
veduto all'intuito dell'occorrente, a cagione delle attuali 
circostanze, per venirne a capo colle armi e co' trattati 
mai sempre vilipesi dalla maomettana fellonia. Apelca- 
sem dunque al generoso invito dei nunzj imperiali di 
metter piede franco da timore in Costantinopoli, ed alle 
costoro promesse che il sovrano darebbesi tutta la pre- 
mura di accoglierlo onorevolmente, di alleviarne 1' ani- 
mo con ogni maniera di spettacoli e sollazzi, e di ac- 
commiatarlo infine con sovrabbondanti onoranze e ric- 
chissime largizioni v'acconsentì , e pervenutovi riportò 
manifestazioni di rispetto e di esultanza superiori a 
quanto giungeano i suoi desiderj , cosicché deliziava in 
esse. 

XLI. L'Augusto invece propostosi di cacciare i Sa- 
raceni da Nicomedia ( capitale della Bilinia avente a 
presidio cittadini turchi) e considerato che per ottenere - 
l'intento necessitavagli la costruzione d' una marittima 
rocca, rivoltovi il pensiero stabilì darvi appunto mano 
allora quando Apelcasem sollazzandosi entro Costanti- 
nopoli discorrea quietamente le condizioni della pace. 
Laonde tradotto sopra navi da carico tutto l'occorrente 
ed una frotta di muratori e manuali necessari all'uopo 

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LIBRO SESTO. 34 1 

destinavi al comando Eostaiio drtragario dell' arma* 
ta di mare, botandogli all'orecchio d'operare con segre- 
tezza e grande celerilà, intendómi di troncare, come fi 
fosse, tutti gli impedimenti ed indugi on ^ e venirne pre- 
stamente alla fine: che se per ventura alcuni Turchi vi 
si opponessero, e'ridurrebbeli al silenzio con generosis- 
sime offerte di danaro, con banchetti e benefit) comun- 
que; aggiugnerebbe inoltre, quasi per incidenza', trat- 
tarsi di cosa che mirando ai vantaggi loro non era tut- 
tavia il momento di propalarla, e nulla pigliarsi a fare 
senza la volontà e saputa di Apelcasem ora in Costan- 
tinopoli e nella più intrinseca imperiale amicizia. Si 
guarderebbe intraltanto di lasciar libero il passo a qual- 
siasi nave dalla marittima piaggia della Bitinia diretta 
alla capitale, affi oche per mezzo di lei Apelcasem non 
venisse in cognizione del nuovo edificio; tali gli ordini 
conferiti ad Eustazio. 

XLII. L' imperatore intanto era instancabile nel 
cattivarsi con sovrabbondanti e còtidiani doni il suo o- 
spite invitandolo al bagno, volendolo a compagno ne- 
gli spettacoli de 1 giuochi equestri , nella caccia, ed egli 
medesimo conducendolo ad osservare le colonne e le 
statue erette ad ornamento delle pubbliche piazze. Or- 
dinò a simile in grazia di lui che nel teatro fatto costruire 
ab antico dal gran Costantino si desse un equestre 
certame, e vedendolo nel corso della rappresentazione 
festevolissimo lo esortava con gentili parole ad inter- 
venire ogni dì alla corsa delle quadrighe ed agli altri 
esercizj del circo. Ma intanto che Apelcasem perdea 
di questa fatta il suo tempo ebbe compimento la rocca, 



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34* ANNA COMNENA 

ed Alessio venuto a saperlo dopo sottoscritti solennemen- 
te gli accordi , licenziollo con tutti gli onori , e nuo- 
ve amplissime largizioni, aggiuntavi per cumulo la digni- 
tà di sebastotato (i), inviandolo per la via del mare. 
Costui non guari dopo conosciuto V inalzamento del 
forte , avvegnaché ne rimanesse piagato il suo animo , 
non cangiossi di volto e di voce, e quasi fingendo astu- 
tamente di non udirne si tacque. Un tratto simile nar- 
rasi di Alcibiade, il quale venuto a notizia che i Lace- 
demoni contradiavano la riedificazione di Atene dai 
Persiani distrutta, consigliò tutti i suoi di porvi concor- 
demente mano , non risparmiando fatica , nel mentre 
ch'egli recatosi come legato a Sparta, e trattivi alla lun- 
ga gli affari avrebbeli forniti del tempo necessario a com- 
piere P impresa. Tardi s' accorsero i Lacedemoni del- 
l'inganno, all'arrivo ciò è de'nunzj colla nuova che per 
intero state erano ricostruite la città e la rocca di Ate- 
ne, e questa finissima astuzia dello scaltrito duce è ri- 
portata in alcuna delle opere di Peanese. Né ad essa 
viene secondo lo stratagemma del padre mio, facendo- 
mi anzi lecito il dirlo superiore in accorgimento, poiché 
egli con imbandigioni e spettacoli ammaliando il bar- 
baro e menandolo con piacevoli modi per le lunghe 
terminò intrattanto la statuita fabbrica « ed alla fine 
delle fini, compiuta l'opera, lo fe'partire dalla regia città 
ben pasciuto e meglio beffato. 

XLI1I. Del resto Prosuc in ordine all' indicato- 
gli col mezzo di notturno avviso da Taticio , spigneva 



(i) Altissimo. 



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LIBRO SESTO. 343 
del miglior modo innanzi con forte esercito l'assalimento 
diNicea, eslimando potervi entrar di forza. Il perchè dopo 
tre mesi tuttavia intestava»! a combatterla con pertinace 
speranza di occuparne le mura, e con risoluzione di non 
ritrarsi dal suo proposito in appresso. Là entro Apel- 
casem e le site genti opponeangli con gravissimo disagio 
resistenza , e volti gli animi a qualche efficace prov- 
vedimento risolverono d'implorare P imperiale soccorso, 
conoscendosi nella impossibilità di reggere più lunga- 
mente alle armi nemiche, e non opinando convenevole 
e sicuro il fidare lor vite alla clemenza di chi esperi- 
mentato aveano sì fieramente iracondo ; essere quindi 
mestieri ansi piegare il collo sotto il giogo del roma- 
no servaggio che darsi vinti a Prosuc A tale invilo 
l'Augusto incontanente mando* vi Taticio col fior delle 
truppe ivi per ventura pronte, e con vessilli e scettri 
ornati di argentei chiovi , ordinandogli ad uno di 
valersi delle truppe fidategli giusta V imperiale inten- 
zione ed a profitto delle romane faccende , piuttosto 
che aver d'occhio i vantaggi del barbaro e secondarne 
i desiderj, non curandosi gran fatto di lui, uè volendo 
a qualunque costo e pericolo patteggiarne la salvezza ; 
essere non di meno opportuno Io aescarlo con alcuna 
speranza di liberazione. Perciocché venuti alle prese 
due nemici egualmente al romano impero molesti , la 
politica suggeriva doversi aiutare e sostenere il più de- 
bole non già per renderlo vittorioso, ma per impedirne 
la totale sconfitta; di questa guisa infallantemente cac- 
ciato avrebbelo dal forte e ricondotto la città sotto il 
romano dominio; operazione da non volersi di per sé con- 



344 ANNA COMNENA 

siderare, sì bene come un gradino per ritornare poscia 

all'impero molte e molte altre città e regioni perdute. 

XLIV. E di vero le frontiere di esso, in ispecie 
dopo il saracenico afforzamento nelle fatte usurpazioni, 
ristrette eransi ed unite per modo che da oriente in al- 
lora il Bosporo , da occaso Adrianopoli costituivano i 
suoi limiti, quando in prima le due colonne , a Gades 
P una detta Erculea, termine della occidentale regione, 
e Paltra innalzata da Bacco all'opposto confine e presso 
del Gume Indo, misoravanne la lunghezza (dico la lun- 
ghezza, giugnendo appena il discorso ad abbracciare la 
sua larghezza , dalla banda meridionale racchiudente 
P Egitto , Meroe, Pioterà Trogloditide e tutto il suolo 
prossimano alla zona torrida:, a settentrione poi Tuie e 
gli altri abitatori del polo boreale segnavanne la fine). 
Alessio dunque vedendoli di soverchio avvicinati, im- 
prese con animo generoso e propizia fortuna, datovi 
principio da Bizanzio, quasi dal centro, ad ampliarli, 
con discacciarne ovunque i barbari usurpatori, e tanto 
ne dilatò la circonferenza che ora estendesi da occi- 
dente al mare Adriatico e da oriente al Tigri ed 
Eufrate^ si parea di più ch'egli pervenuto sarebbe a 
ridonare alla romana repubblica P antica prosperità 
se le continue guerre ( colpa 1' avverso destino che lo 
travagliò al di là di tutti i suoi predecessori con ogni 
maniera di frequenti ed assai gravi fatiche e peri- 
gli) opposte non si fossero al compimento d'un'opcra 
sì tanto illustre^ qui rannodo il filo dell'interrotto argo- 
mento. 

XLV. Alessio dunque premuroso di allargare Pim- 



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. LIBRO SESTO 345 
pero statuì la spedizione d'uà esercito a Nicea , in so- 
stegno di Apelcasem , non per sottrarlo dai pericoli, ma 
per conseguire egli stesso una vittoria. Se non che in 
allora eziandio ebbe contraria la sorte, andate essendo le 
cose del tenore seguente : la guernigione al vedere i 
romaneschi aiuti al possesso d'una cittadella da S. Gior- 
gio traente il nome, di subito corse ad introdurli entro 
le mura, ed eglino ascesele sopra la porta orientale , 
ed inalberativi ordiuatamenté gli scettri e le 'bandiere 
in ispaventevole guisa , venendo V opera accompagna- 
ta da minacciose grida, indussero le truppe assediatici - 
ci, opinaudo giuntovi l'Augusto co' suoi militi e quindi 
surto infra di esse il timore, con generale allristamento 
nelle ore notturne a partire. Dopo di che il romano e- 
sercito retrocedette a Costantinopoli non estimandosi a 
bastanza copioso per resistere ai barbari di ritorno} es- 
sendo ben manifesto eh' e' retrocedevano coliamolo di 
uscire novamente con truppe di gran lunga maggiori 
dalle proprie frontiere, vuoi per cancellare l' ignominia 
di lor fuga, vuoi per vendicare il sofferto smacco. 

XLVI. Il sultano rimaso gran tempo in aspet- 
tativa di Siauso da lui spedilo a Costantinopoli, e venuto 
a sapere in fine che noti trattavasi d' indugio , ma di 
assoluto locale tramutamento per vivere in cristiano 
suolo e giusta le costumanze quivi di pratica ; oltre a 
ciò , che fatto ritirare da Sinope Caratice e pubblica- 
mente ricevuto il santo Battesimo erasi trasferito in 
occidente per menare sua vita nel ducato d'Anchialo, 
dalP imperatore avutone il possesso in guiderdone de' 
prestati servigi ; a tali nuove , ripelo , il sultano provò 

Ahna Comnena. 22* 



I 



346 ANNA GOMNENA 

da principio gravissima rancura, così portando il caso, 
«, pel momento occuttato il dispiacere e lo sdegno, de- 
liberò inviare nuove truppe contro Apelcasem sotto 
la capitananza di Puzano, dandogli eziandio lettera per 
l'Augusto all'uopo di sollecitare il parentaggio infra loro 
sovrani, ed eccone il tenore: «Non mi è ignoto, o Augusto, 
quali si fossero le bisogne tue, e quali pur sieno di pre- 
sente. Fo'dire, come alV ascendere il trono avesti di su- 
bito a guerreggiare molti nemici, e come sopito appena 
V aringo latino d'altro il romore prenda a susurrarti 
neW orecchio, quello intendomi degli Sciti pronti, ap- 
parecchiato che abbiano Pesercito, a combattervi', come 
da ultimo lo stesso nostro Ame.r Apelcasem , rotta 
la tregua da te stabilita con Solima , vada guastando 
sino alla stessa Damali V Asia. Or dunque se brami 
vedere cacciato il predatore da queste contrade e ricon- 
dotta alla tua soggezione V Asia infino alla stessa Antio- 
chia , manda qui tua figlia per addivenirmi carissima 
nuora disposando il primogenito della mia prole. Se 
ti piace accogliere la proposta più non avrai nelV avve- 
nire impacci, rendendoti il soccorso delle mie armi cer- 
ta ogni impresa cui volgasi Vanirne tuo , così rispetto 
alV oriente, come aW Illirico ed a tutte le occidentali re- 
gioni. » Tale scrivea il sultano di Persia. 

XLVII. Puzano avvicinato V esercito a Nicea , 
ed una e più volte assalitene vanamente le mura, sem- 
pre difese con valore da Apelcasem ora co'soli proprii 
militi, ed ora, sopraggiunto il bisogno, assistito dalle im- 
periali truppe , marciò a riconquistare tutte le altre 
città e fortezze. Allontanatosi pertanto di là pose oste 



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LIBRO SESTO. 347 

al fiume Lampe intorno a Lopadio. I! nemico uditane 
la partenza caricò d'oro tredici muli, quanto reggerne 
ognuno potea, e con essi egli medesimo corse la via con- 
ducente al Persiano, sperando la mercè del generosis- 
simo dono riportar conferma dell' occupata prefettura. 
Il sultano, a que'dì trasferitosi in certo luogo detto Spa- 
ca , udendone 1' arrivo non degnossi riceverlo 9 e cir- 
convenuto da importunisstrai intercessori di tal grazia, 
chiuse loro la bocca rispondendo : « Poiché ebbi con- 
ferito una volta questo potere ad Amer lPuzano è mia 
volontà di non privamelo mentre è assentè e privo 
<f avviso. Apelcasem dunque raggiunto il duce gli 
consegni Poro, e secolui tratti come opinerà meglio le 
sue faccende, io approverò V operato». Molte furono le 
obbiezioni addotte da Apelcasem e di per sè e col 
mezzo dc'suoi patrocinatori contro la proposta; consi- 
derato quindi chVperdea tempo inutilmente avviossi da 
ultimo in traccia di Puzano. Fatto breve cammino, ecco 
presentargli du gerito illustri personaggi e satrapi spe- 
diti contro dal prefato duce , sapevole della costui 
partenza da Nicea, e postegli le mani addosso lo stran- 
golarono con laccio di minugia. Nè fu il supplizio uti 
arbitrio del condottiero, come parrebbe dalla mia nar- 
razione, ma ordine dello stesso persiano monarca, non 
altrimenti disponendo intorno ai destini dell'ucciso} di 
ciò basti. 

XLVIII. L' imperatore letto il foglio dal sultano 
trasmessogli non ricettò nell'animo suo neppure un 
primo pensiero intorno alla dimanda in esso contenuta, 
ed il perchè accingomi ad esporre. Se l'augusta pul- 



348 ANNA COMNENA 

sella condotta fosse in Persia onde legarsi in matrimo- 
nio col primogenito del regnante, a tenor della inchiesta, 
menato avrebbevi, Dio il sa, tristissima vita, partecipan- 
do un regno peggiore di qnal tu vuoi disagio. Eranvi i- 
noltre contrarie tutte le divine leggi, ed il paterno im- 
periale animo infin dai preliminari di così malagurate 
nozze detestavate, nè, correndo in allora prospere a ba- 
stanza le cose di lui, aveavi necessità veruna che l'im- 
pero a prezzo di questa carissima donzella comperas- 
se l'amicizia de 9 barbari. Laonde appena letto il foglio 
ebbe a ridere della costui audace speranza e soggiu- 
gnere di averlo un desiderio inspiratogli dall' angelo ri- 
belle. Valendosi tuttavia della consueta sua prudenza 
nel maneggio degli affari politici fu d'opinione che non 
si dovesse manifestare il disprezzo sommo in cui avea 
tal personaggio , ma lusingarne in cambio la vana fi- 
ducia , e quasi avvolgerlo, prendendone le trattative, in 
dubbiosi pensieri. Laonde fecegli ambasceria composta 
dì tre chiari individui sommessi a Curticio ed apporta- 
tori di officiosissima lettera, in cui signiGcavagli di aver 
molto gradito la dichiarazione de' suoi pacifici senti- 
menti e di non essere lontano dall'appagarne le inchie- 
ste , se non che pur egli altre faceane distintamente 
esponendole. Era tuttavia un vero nulla curante il buon 
esito delle medesime , solo intento a raggirarlo e indu- 
giarne le risoluzioni, durante il qual tempo la romana 
repubblica non avrebbe a temerne le offese. Del resto 
pervenutagli la nuova della costui tragica fine mentre 
l'ambasceria partita da Costantinopoli camminava alla 
volta di Corosano, imposele di farsi indietro. L' autore 



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LIBRO SESTO. 34o 
poi della uccisione, fu quegli che aveavi maggior inte- 
ressamento, vo'dire il germano Totuse. Imperocché tolto 
di mezzo Amer Solima e vinto e morto il proprio ge- 
nero andandogli contro armata mano dall'Arabia, tron- 
fio per tante prosperitadi non potea di buon grado pre- 
stare orecchio alle notizie recategli dai messi intorno 
alla condotta del fratello sultano , disapprovandone gli 
accordi maneggiati di proposito coll'imperatore ed es- 
sendone già molto inoltrate le negoziazioni. Certo dun- 
que di troncarne il filo privandolo della vita , mandò 
chiamando una dozzina di Casii (nome lor proprio in 
lingua persiana) spiranti sangue, e li diresse frettolosa- 
mente ambasciatori presso di lui , onde sorprenderlo 
nel modo seguente: « Andate, loro diceva, e giunti 
annunziatevi tosto apportatori di secreti al sultano ; 
così introdotti e ritrattosi ognuno, accostandovi al suo 
orecchio trucidatelo, » . 

XL1X. 1 legali ovvero, a nomarli più acconciamen- 
te , i sicarj ascoltato l'ordine tutti giubilanti , di con* 
cordia alle usanze loro, volano , quasi procedessero 
a banchetto, ad eseguire il comando. Arrivati e pronun- 
ciatisi ambasciatori del germano, di nulPaltro richiesti, 
ollengon fede. Escono i famigliari, ed figlino circonda- 
tolo , e tratti alla non pensata di sotto le ascelle i pu- 
gnali tolgonlo di colpo ai vivi. Così enormi scelleraggini 
sono proprie de'Casii, avendo a costume la infame genia 
di compiacersi del sangue versalo e provar sommo diletta 
nello spignere il ferro entro le umane viscere ; se ven- 
gano poi messi in brani dallo sdegno di chi porge al- 
trui soccorso, hanno per compiute lor brame, persuasi 



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35o ANNA COMNENA 

che nulla conseguir possano di più magnifico e deside- 
rabile quanto una simigliante fine , preferendola ezian- 
dio agli stessi reami. E'consumano l'intera vita commet- 
tendo sì gravi misfatti, dai quali ritraggono e viltuaglia, 
ed ogni altro bisogno} l'audacia infra essi tenendo 
luogo di qual tu vuoi retaggio paterno. Succedonsi a 
vicenda nell'esercizio della tristissima professione, ed' 
il primo a nascere ammaestra i suoi discendenti a cal- 
carne le tracce. Del rimanente nessuno degli spediti ad 
uccidere il sultano fé' ritorno a Tutuse , avendo tutti 
colla morte pagato all'istante il fio della malvagità loro. 

L. Puzano fatto sapevole dell' avvenuto marcia di 
subito colle truppe alla volta di Corosano; essendone a 
breve distanza gli si fa incontro Tutuse, fratello del sul- 
tano spento, ed impugnate le armi dubbia lungamente 
pende la sorte infra gli eserciti, ostinatissimi nel batta- 
gliare e fermi a non cedere. Se non che da ultimo il va- 
loroso Puzano combattendo animosamente e ponendo 
egli solo in iscompiglio tutte le nemiche falangi cadde 
percosso da mortale ferita. Le sue genti allora più non 
pensarono che a salvarsi alla spicciolata fuggendo. 11 
vincitore di poi retrocedette a Corosauo pieno l'ani- 
mo della speranza di ascendere tosto alla sultanizia 
dignità, senza conoscere il pericolo sovrastante al suo 
capo. Gli si presenta in cambio sulla via Spargiaruc, fi- 
glio del trucidato sultano Tapara, lieto per lo scontro, 
usando frase poetica , non meno che leone alla vista . 
di grassa preda, e mettendo a pruova tutte le forze del 
suo corpo ed animo, voglioso di prenderne vendetta, ne 
rompe I' ordinanza, fuga ed incalza le truppe. Lo stesso 



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LIBRO SESTO. 35f 
Tutuse poco stante ricolmo di eccessiva fidanza, qual 
altro arditissimo Navate, fuvvi da morte colpito. 

LI. Del rimanente alla partenza d'Apelcasem col- 
P oro da offrire al sultano, come in addietro narrava, il 
costui germano Pulcase occupò Nicea. L' imperatore ad* 
divenutone consapevole prende, nè affatto indarno, a ten- 
tarne P animo con promesse magnifiche di larghissimi 
doni; ma il Turco, non meno circospetto che premuro- 
so de'suoi vantaggi, pone ritardi colPaddurre mai sem- 
pre nuove difficoltadi e celare la vera cagione di trarre 
in lungo le pratiche, all' uopo di attendere i risultamene 
ti del viaggio di suo fratello; al quale tenendo d'occhio 
ed aspettandone il ritorno fomentava intanto con buone 
parole nell' imperatore la concepita brama, onde stesse 
ognora in poter suo l'aderirvi; ma ecco sorvenire nuovi 
garbugli. Tapera messo a morte dai Casii avea non guari 
prima chiamato a sè i due figli del gran Solima, i quali 
dopo la sua uccisione, abbandonato Corosano, eransi 
tradotti in Nicea, ove gli ottimati li ricevettero benigna- 
mente, opinando pubblica esultanza lo accogliere in lauta 
perturbazione dell 7 impero turcheschi principi di sangue 
reale; Pulcase prestatovi il suo consenso restituì loro 
la signoria della città formante parte del retaggio pater- 
no. Ora il maggiore di essi , per nome Clitziastlan , 
creato sultano comandò ai Turchi a dimora in Nicea 
di trasferirvi lor donne e prole, acciocché aumentatane 
la popolazione coli 1 aggiunta di così numerose famiglie 
renderla potesse città regia, principale stanza del re- 
gnante, e quasi metropoli del saracenico impero. Dopo 
tjueste disposizioui rimuove dalla prefettura Pulcase e 



■ 



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35a ANNA COMNENA 

conferita all'archisatrapo Mocutnet un assoluta potestà 
sopra tutti que' satrapi calca la via di Melitene; tanto 
e non più sia detto intorno ai sultani. 

LII. L' archisalrapo Elcane, occupate Apoltoniade 
« Cizico città marittime, iva di là con incessanti scor- 
rerie disertando tutta la piaggia. Mio padre a tale noti- 
zia arma sufficiente numero di piccole navi a que 9 dì 
fuor di servigio (non essendo ancor pronta P armata di 
mare), e postovi sopra, colle macchine idonee alla espu- 
gnazione delle città, prodi guerrieri capitanati da Ales- 
sandro Euforbeno, personaggio di schiatta illustre -e ri- 
nomatissimo valore , impose loro di mettere alla vela 
contro il nemico. Alessandro in brev' ora giunto ad A- 
polloniade e battutene vigorosamente le mura per sei 
giorni cootinui ed altrettante notti, riuscì ad occuparne 
tutta la cinta esterna, chiamata dal volgo Exopolon, ed 
a ributtare nella rocca 1' usurpatore , il quale di là op- 
poneva fortissima resistenza, sperando ricevere d' ora in 
ora, nè a torto, gente ausiliatrrce. In fatto capitatogli 
poco stante poderosissimo barbarico esercito, V imperiai 
duce vedendo le sue truppe molto inferiori di numero 
estimò prudente consiglio anzi cessare dalla pugna che , 
a indubitata strage esponendo i militi commessigli, ag- 
giugnere al disonore d' una fallita impresa la rovina di 
tanti magnanimi guerrieri. Sciolto dunque prestamente 
r assedio , trovandosi ora di rimbecco egli medesimo 
alle strette ed in ben triste posizione di cose, rivolse 
tutto affannoso V auimo suo ad investigare se all' in- 
torno rinvenisse opportunità di salvezza, nè paroglisi 
innanzi spediente migliore di quello presentatogli dal 



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LIBRO "SESTO. 353 
mare. Laonde entrato colle sue truppe negli antedetti 
navicelli ordina che si dia ne' remi. Elcane, uditone, 
mette incontanente soldieri così alla foce del padule, 
come sul ponte del fiume onde rinchiudere da ogni 
parte i fuggitivi. Havvi colà un tempio ab antico eretto 
da S. Elena, traente il nome dal gran Costantino, e co- 
municandolo a dì nostri al ponte. Arrivati quivi gli im- 
periali, le genti d' Elcane, fior dell'esercito, ed in altis- 
simo numero a guardia di esso ponte e della foce del 
padule, come narrava, surte dagli agguati prendono a 
combatterli \ accorgendosi allora i nostri di aver dato, 
privi di scampo, nella ragna, tradotto il naviglio presso 
entrambi i lidi balzati fuori ed animosamente procedono 
ad incontrare il nemico. Assaliti da questo con impeto 
oppongongli forte resistenza, ma da ultimo i pochi ri- 
manendo sconfitti dal maggior numero, molti ed i più 
intrepidi dovettero abbassare le armi ed arrendersi pri- 
gionieri, e pur molti giuntarvi nelT acqua la vita. 
•1 LUI. Alessio turbatosi all'acerbissimo annunzio im- 
pone ad Opo, fidatogli sufficiente esercito, di prender- 
ne vendetta. Il duce entra di colta in via per la terra 
ferma, occupa di passaggio Cizico , e messovi presidio 
spedisce contro Pimaneuo trecento prodi guerrieri scelti 
dal corpo delle sue legioni e bene ammaestrati nella e- 
spugnazione de : luoghi forti. Questi compierono del mi- 
glior modo l'ufficio loro impadronitisi della rocca al 
primo assalimento, uccidendovi parte della guernigione, 
e mandato il resto, per diritto di guerra prigioniero, ad 
Opo, il quale di subito inviollo ad Augusto. Di qua le 
imperiali truppe ritto muovono ad Apoliooiade e con 

AXNA GoMNENA. 2 3 



I 



354 ANNA COMNENA 

vigorosa oppugnazione, costringono Clcane a confessare 
la propria debolezza, il quale, preso dalla necessità con- 
siglio, abbandona la città, la rocca e perfino se stesso 
al nemico} oltre di cbe addivenuto seguace d'Augusto 
procede, accompagnato da suoi congiunti, alla città 
regale. Pervenutovi, fu da mio padre in graziosissima 
guisa accolto , e come il sommo de' prodigatigli favori 
vuoisi ritenere lo averne disposto l'animo ad acco- 
starsi al sacro Fonte. 

LIV. Vulgatasi poscia la fama del nobile ed onori- 
fico ricevimento fatto in Costantinopoli ad Clcane, due 
archisatrapi cbiarissimi appo i Saraceni, da Opo invitati 
precedentemente, ma indarno, a seguirlo nel volgere i 
suoi passi alla corte imperiale , giuntivi di lor posta vi 
furono con parità di onoranze ammessi. Scaliario noma* 
vasi 1' uno, e V altro venne ornato in appresso del titolo 
d'Iperperilampro (i); oltre di cbe ambedue appalesatisi 
vogliosissimi di partecipare l'amicizia stessa e le copio* 
se beneficenze ad Elcane concedute videro appieno sod- 
disfatti lor voti. Per verità la propagazione della cristia- 
na fede costituiva in mio padre V oggetto della sua prin- 
cipalissima cura, inalzatosi nella pratica e nel culto della 
virtù, colla meditazione e collo studio de' sacri dogmi, 
assai più di quanto puossi attendere dalla intelligenza 
d' una vita secolare, emulando perfino i lumi e le solle- 
citudini episcopali, prontissimo egli stesso ad ammae- 
strare altrui ne' divini misteri e nel divulgarli, non ba- 
dando a spese e fatiche. Di maniera che per nulla mag- 

(i) Più che famosissimo. 



! 

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LIDRO SESTO. 355 
giormente zelava quanto per indurre non pur questi no- 
madi Sciti, ma eziaudio tutta la Persia, e V intero no* 
vero de' barbari abitatori delP Egitto e dell'Africa, ini- 
ziati nelle profane orgie di Maometto, ad abbracciare , 
abjurando V ereditaria superstizione, i uostri sacri riti. 

LV. Ora la storia passar debbe a nuovo argomento, 
che è a dire alla narrazione di altra guerra vie più ter- 
ribile della prima. Vastissimo campo di turbolenze pre- 
sentasi alla mia mente, ed il mio discorso vien traspor- 
tato insiem colla repubblica dagli uni in altri tempestosi 
flutti. Gente scitica traente origine dai Sauromati , ab- 
bandonate le proprie sedi, camminò al Danubio, c poi- 
ché necessità costringeala di venire a pacifici accordi 
coi littorani del fiume, inviansi messi da ambe le parti 
onde provvedere alle comuni bisogne. I principali degli 
stranieri coloui , per non riferirli tutti, furono Tato, 
nn Gale di nome, Sestlabo e Satza (è mestieri il ricor- 
dare questi chiarissimi personaggi presso le masnade 
loro, avvegnaché la barbarie di cosiffatte voci aspro ren- 
da il corpo della storia, e ne imbratti le pagine). Signo- 
reggiava il primo di essi in Dristra, il secondo in Bit- 
zina ed il resto nelle altre città vicine. Eglino dopo 
molti colloquj stringono gli accordi, e valicato quieta- 
mente il Danubio ne popolano V opposto lido , impos- 
sessandosi, privi d' ogni riguardo e ben anche armata 
mano , del paese a confine -, dopo di che pigliano a 
coltivare il terreno seminandovi miglio e frumento. Bal- 
bo manicheo allora ed i congiurati e seguaci delle sue 
parti, rendutisi già padroni del castello di Beliatoba, sito 
in eminente luogo, giusta il narrato per lo avanti, sapu- 



356 ANNA COMNENA 

to come audavan le cose degli stranieri Scili mandarono 
ad esecuzione i divisamenti da gran pezza nelP animo 
intraltenuti. Costoro adunque, occupati gli scabrosi ed 
angusti sentieri e da quivi aperto il passo ai barbari, 
spedironli, dato a sostegno della propria inumanità la 
forza y a guastare crudelissimamente il suolo romano 
scorrazzandolo e ritirandosi poscia carichi delP accumu- 
lata preda. Tutta la gente de' Manichei agogna per na- 
tura P umano sangue, e nel versarne con giornalieri 
combattimenti ripone, quasi direi tranguggiandolo, non 
so che specie di brutale contento. 

LV1. Alessio ricevuto il triste annunzio comandò a 
Pacuriano, domestico dell' occidente (sapendolo peri- 
tissimo del condurre gli eserciti, delP ordinarli a batta- 
glia, del provvedere a tutte le belliche occorrenze e 
rimediare con prontezza ai subiti eventi) , di muovere 
prendendo seco Brana, duce pur questi di specchiato va- 
lore, a guerreggiare gli Scili. Ambo i capitani obbedienti 
al comando raggiungono il nemico a campo infra le gole 
oltre ai monti di Beliatoba. Qui Pacuriano computan- 
done a veduta P immenso numero e paventando , con- 
sigliato dalla guerresca sua prudenza, P infelice risulta- 
merito d' una battaglia combattuta con tanto disuguali 
forze, disponeasiad abbracciare più sicuro partito, esti- 
mando per lo migliore la conservazione delle proprie 
truppe, che non il cimentarsi ad un aringo di cui avreb- 
be in seguito a scontare la temerità colla strage di molta 
sua genie; se non che alP impeto ferventissimo di Bra- 
na, sprezzato!' de' perigli e di ardenlissioio cuore, nulla- 
mente attagliava il salutare proposito. Egli pertanto, ce- 



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LIBRO SESTO. 35; 

dendo alla tema di con (radiarlo, ordinò a' suoi di ar- 
marsi, e formato lo schieramento vi si locò nel centro; 
dopo di che va innanzi ad assalire il nemico esercito, una 
cui parte semplicemente delle molte vantaggiando a gran 
doppj il numero totale de 1 nostri, ad occhio veggente 
mostrava la minoranza degli imperiali in cammino per 
venire alle armi ; a tal vista universale fu la sorpresa e 
la costernazione prodotta dal presentimento d' una irre- 
parabile strage. Azzuffatisi non di meno cogli Sciti molti 
vi giuntarono la vita, e Brana stesso ne accrebbe il nu- 
mero da mortai colpo spento. 11 domestico dopo lumi- 
nose proove di valore, ed avuto più e più volte buon 
successo nel riordinare le file, spronò alla perfine il de- 
striero contro P oste nemica, ed urtato nella corsa ad 
un faggio morto si giacque. In allora tutte le truppe 
dieronsi alla fuga provvedendo ognuno del suo meglio 
alla propria salvezza. 

I L VII. L'imperatore alla relazione di questo eccidio 
n' ebbe grave cordoglio lamentando ora insiemementé, 
ed ora per singulo tutti gli estinti; addoloravalo poi di 
preferenza la perdita del gran domestico suo predilet- 
tissimo infin da quando, non asceso ancora il trono , e 
nel commercio della militare carriera, ed in quello della 
cittadinesca vita osservato aveane le molte virtudi. Laon- 
de non potè rattenere copiose lagrime' e profondi sospi- 
ri mirandosi privo d' un così amato duce. Non venne 
tuttavia meno il suo coraggio, uè si tenne pago, in tan- 
to disonore e pericolo della romana repubblica , di ab- 
bandonarsi a vane querele, ma fatto venire di corsa Ta- 
ticio lo spedì con molto danaro alla città di Axlrianopoli 
Anna Comnena. a 3* 



358 ANNA COMNENA 

per contarvi gli annui stipendi alle genti coscritte ed 
altre arrotarne ovunque, inGnocbé ne risultasse un eser- 
cito di numero e forza tale da potersi con sicurezza op- 
porre alle scitiche masnade. Comandò parimente ad 
Umpertopulo che guernito di convenevole presidio Ci- 
nico in fretta raggiugnesse co' soli Galli Talicio, il quale 
già provveduto di fresca milizia ed animato dal costui ar- 
rivo procede a combattere il nemico. Pervenuto in vici- 
nanza dr'Filippopoli mentre afforza il campo da presso 
le ripe del fiume scorrente alla volta di Salino, mira gli 
Sciti retrocedere da un ladroneccio con grosso bottino 
di rpba e prigionieri. A tale vista scelti issofatto dal cor- 
po delle sue truppe coraggiosi guerrieri , avvegnaché 
raccolto ancor non avesse la salmeria nel vallo, pigneli 
a seguirne le tracce; armata intanto la sua persona e le 
truppe ordina l 1 esercito e calca le orme, pronto a bat- 
tagliare, del vanguardo. Se non che trovati que' barbari 
predatori di già riunitisi ai loro commilitoni quasi alle 
ripe d'uno stagnante fiume, egli, parlilo in due Teserei- t 
to e prescritto sì agli uni che agli altri il dar nelle trom- 
be, ad alte grida mescolate col suono affronta gli Sciti, 
e fattavi giornata molti ne uccide, e costringe il lesto a 
campar la vita sparpagliatamenle fuggendo. 

LVIII. Il vincitore impossessatosi della preda calcò 
la via di Filippopoli, eragunatevi sue genti aocchiava, 
come da vedetta, se gli si appresentasse propizia occa- 
sione di tornare alle prese col nemico. Ma udendone gre- 
mito il suolo da per lutto alPinlorno, nè prestando sover- 
chia fidanza alle indagini sue, inviò da ogni banda esplora- 
tori, i quali (osto riferirebbongli, adoperando la massima di* 

t 

X 

I 



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LIBRO SESTO. 35 9 
ligenza nell'investigare minutissimamente le cose, quanto 
operatasi dai barbari, e furonne le indicazioni concordi : 
immenso popolo scitico essére a campo ne 1 dintorni di 
Beliatoba e mettervi a sacco tutti i prossimani luoghi. 
11 romano duce porto orecchio al rapportamelo e rin- 
venutolo conforme ad altre voci da Ini sentite, che un 
secondo scitico esercito era di già in via, comprese di 
leggieri non aver forze bastevoli per resistere a così 
elevato numero di avversar]. Laonde perduta la speran- 
za di condurre a buon termine i suoi imprendimene si 
rimase qualche tempo scorato e doloroso $ ma presto 
rammentando il suo innato valore , aguzzato il ferro e 

10 spirito, animò le truppe alla pugna. Se non che nel 
volgere i suoi pensieri a togliere le difficoltà di questo a- 
ringo ecco arrivare a fretta un messo apportatore , al- 
l'aspetto, di grandi avvenimenti, il quale con tremola e 
pronta voce gli partecipa essere in cammino ed a breve 
distanza i barbari per dargli battaglia. Le costui parole 
avrebbono per verità ripieno di timore animi non pre- 
disposti^ i nostri io cambio vie più incoraggiati dall'an- 
nonxio , fermi nelP assunto loro , usciti in armi va- 
licano speditamente PEbro, e di là dal fiume il duce spiega 
con grande perizia le sue legioni occupandone il centro. 

11 barbaro a simile, non dipartendosi dalia propria costu- 
manza, schieragli di fronte le truppe, ed a ben farle incora. 

L1X. Ambo gli eserciti all'apparato ed ai movimen- 
ti si parean accinti a provocare il nemico e desiderosi 
di venire a battaglia, ma in realtà e gli uni e gli altri 
studiavausi celare con tali ostentazioni la scambievole 
tema, sembrando ai Romani mal sicuro cimento lo sfi- 



3eo ANNA COMNENA LIBRO SESTO. 

dare quelle sterminate scitiche falangi essendo eglino di 
così basso numero^ atterriva poi gli avversar j la presen- 
za delle armi romane ordinate in pianura e splendenti 
non meno per le tante insegne, che per la lucentezza , 
rimpetto al sole, delle vesti loro. I soli millantatori e te- 
merari Latini, da lor posta chiedeano il conflitto, non 
risparmiando scherni e minacce a chi mostravasi di con- 
traria sentenza $ il perchè venivane frenato e represso 
l'orgoglio da Taticio, personaggio d'animo calmo e sa- 
gacissimo nel congetturare di colpo e con certezza quan- 
to si fosse uopo attendere dagli incerti futuri eventi. Un 
dì intiero i due nemici si mantennero fermi nelP eguale 
posizione ed apparenza, non avendovi chiosasse inoltrare 
o comparire in sella nel mezzo. Al cader delle tenebre 
in fine i comandanti di qua e di la fecero sonare a ricolta, 
e passata la notte entro i loro campi ne 1 due susseguenti 
giorni replicarono questa boriosa mostra, nulla ommet- 
tendo entrambe le parti ad ostentare un pronto assalto } 
se non che, nessuno andato più oltre, gli Sciti verso i primi 
albori del terzo dì fecersi indietro; nò giunsero ad ingan- 
nare Taticio, il quale a furia si pose ad inseguirli, ma più 
corse la lepre che non il levriere, poiché il nemico ripa- 
ratosi alP istante in Sidero (nome di paese tra profon- 
dissime valli) e quindi in salvo , non abbandonò ai ro- 
mani persecutori che le sue pedate. 11 duce Taticio di 
poi ricondusse le truppe in Adrianopoli commettendone 
la difesa ai Galli, e congedata parte deli 1 esercito si di- 
spose col resto a battere la via della città regale. 

FINE DEL PRIMO TOMO. 




1 



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INDICE 



DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO PRIMO TOMO. 



PROLOGO Pag. i 

LIBRO PRIMO. 
Gcsle di Alessio prima di ascendere il trono, e suoi motivi 

per guerreggiare Roberto duca di Calabria . • ** i5 

* 

LIBRO SECONDO. 

Diportamenti di Botaniate Terso i Comneni. Motivi che 
indussero costoro, abbandonato Costantinopoli, a ribel- 
lare. Alessio a preferenza del fratello Isaacio ascende 
Y imperiai trono w 90 

LIBRO TERZO. 

Alessio dà sesto alle romane faccende - Accorda pace ai 

Turchi. - Approntasi a guerreggiare Roberto . . » i45 

LIBRO QUARTO. 

Roberto combatte Dirrachio, e vince nella pugna Alessio 

Augusto . . , »• ao3 

LIBRO QUINTO. 

Angustie dell'impero mancante di pecunia. Domanda al 
clero de' preziosi arredi. Baimundo al governo del- 
l'Illirico e sue militari geste. Italo promulgatore di false 
dottrine » a$5 

LIBRO SESTO. 

Seconda spedizione di Roberto. - Sue battaglie contro dei 
Veneti, e sua morte. - Felici imprese co' Maomettani. 
- Costoro guerre civili e principio della Scitica . » 29/1 



I 



# • 9 



I 



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INDICE DELLE TAVOLE. 

0 



I. Pianta di Costantinopoli 
IL Stemma dei Paleolo^hi 



IH» Pianta della chiesa di S. Sofia in Costantinopoli 



13L Imagini di Romano ed Eudocia 



V. Bosporo di Tracia 



Pog- «9 
» iij 



» 148 



i54 
'94 



YL Michele Costantino Porfirogenito e Teodora. Medaglia 

coli* effigie di Alessio Comneno Porfirogenito . ** aì3_ 



t ■ 



4 9 



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PREZZO DEL PRESENTE TOMO 
in moneta italiana 



per li signori Associati 





f 


all' intera edizione 


agli autori separati 






in 8.° 
carta 


in 8.° 
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in 4-° 

carta 

velina 


in 8.° 
carta 


in 8.° 
carta 


in 4-° 

carta 

velina 






comu- 
ne 


con 
colla 


comu- 
ne 


con 
colla 


Fogli a 5 in 8.° a 
centesimi i5. . . . 

» 46 in 4«° a 
centesimi i5 . . . . 
xi. 3 carte topografo* i 
varia grandezza; n. 3 
di stemmi , ritraiti 
( figure intiere ) e 


3 45 

a 70 

— 20 


4 14 

a 70 
— ao 


6 90 

a 7 o 
— Oo 


4 i4 

a 70 
— ao 


4 83 

a 70 
— 20 


8 aS 

a 70 


Somma 


italiana 


6 35 


7 °4 


9 9° 


7 04 


7 7 3 


11 a8 


iu moneta 


austriaca 


7 00 


8 09 


11 38 


« 09 


8 88 


la 96 



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Associati all' estero. 



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